lunedì 3 novembre 2008

Interviste: 46. Elie Wiesel e le sue benefiche emanazioni

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Non avrei voluto destinare una scheda a Elie Wiesel. La sua immagine è per influenzata dal giudizio pesante che ne dà Norman G. Finkelstein nel suo volume «L’Industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei». La mia lettura di questo libro non è recente e non vorrei andare a ripescare testualmente i brani che riguardano il personaggio, di cui ricordo che sono pagate profumatamente le conferenze che sul tema “Olocausto” Elie fa in giro per il mondo. Si è provato di recente a diffamare Romano Prodi, facendo credere che avrebbe ricevuto milioni di dollari solo per fare una breve vacanza in Iran ospite di Ahmadinejad. Prodi ha fatto sapere che non ha preso nulla ed ha pure pagato di tasca propria il viaggio e il soggiorno. Sarebbe interessante se i «Corretti Informatori» pubblicassero una contabilità completa ed esaustiva di quanto direttamente o indirettamente l’«Olocausto» abbia contribuito alla ricchezza ed al benessere di Elie Wiesel. Di Prodi sappiamo quale fosse il suo mestiere ed i suoi presumibili guadagni, ma per quanto io ne sappia Elie Wiesel è una figura tutta intrisa di «Olocausto». Di recente Umberto De Giovanngeli fra tante interviste fatte ne ha voluto aggiungere una alla sua lista includendo Elie Wiesel. Ciò è stato salutato positivamente dai «Corretti Informatori», che addirittura hanno intravisto una specie di ravvedimento e conversione nel vituperato giornalista dell’Unità. Per l’idea che me ne sono fatta, forse condizionata dalla mia fonte, nutro una netta antipatia per Wiesel. Per questo non avrei voluto occuparmene, non volendo rischiare di cadere nelle stesse animosità eguali e contrarie tipiche dei «Corretti Informatori». A farmi decidere è stato il recente attacco a Desmond Tutu. I due personaggi saranno da me studiati in coppia: l’uno in quanto gradito, l’altro sgradito in quel di Torino, da dove presumo che Angelo Pezzana scriva i suoi elevatissimi commenti.

Versione 1.1
Status: 16.2.10
Sommario: 1. L’intervista miracolosa. –

1. L’intervista miracolosa. – Avevo letto piuttosto di corsa l’intervista rilasciata da Elie Wiesel a Umberto De Giovannangeli e pubblicata su l’Unità del 26 ottobre 2008, alla pagina 20. Mi era parsa alquanto banale, infarcita dei soliti luoghi comuni sull’«Olocausto», per giunta fatti passare con legge di stato ed inflitta ogni anno a scolaresche e insegnanti. Non insegnando nelle scuole medie, questo supplizio mi è risparmiato. I «Corretti Informatori» hanno talmente caricato di senso una simile intervista che mi sembra doveroso riportarla per intero, magari con qualche nostra estemporanea annotazione.
«Ricordare è un investimento
[Qui non si capisce bene se sono le parole testuali di Elie Wiesel o un resoconto più o meno consapevolmente ironico di Umberto De Giovannageli. Nel testo ripubblicato da IC mancano le virgolette di apertura, da noi solo in seguito ricostruite. È probabile che i “Corretti Informatori” siano rimasti ingannati dal loro stesso errore. A me la parola “investimento” fa subito pensare al libro di Norman G. Finkelstein, il quale agli aspetti economici dell’Olocausto ha dedicato un libro intero divenuto celebre. Se con questo inizio vi è poi premeditata ironia di Umberto De Giovannageli, gli IC dimostrano di non averla colta. In ogni caso chi è terzo nella faccenda può benissimo cogliere tutta l’ironia insita nel termine “investimento”, avendo ben presente il libro di Finkelstein che per l’occasione io ho tirato fuori dallo scaffale.]
sul futuro e non solo un tributo alla memoria delle vittime di un tragico passato.
[Di “memoria”, “vittime”, “tragico passato” ognuno di noi può avere ed ha vedute che possono essere ben diverse da quelle di Elie Wiesel. Il guaio è che ognuno di noi è stato spossessato del suo diritto alla memoria, che è necessariamente personale e non avocabile da soggetti che nessuno ha mai delegato. L’«Olocausto» è così divenuto una vera e propria religio, nella quale tuttavia non si riconoscono affatto ebrei come Avraham Burg che in un libro appena uscito anche in italiano spiega gli effetti perversi di una identità ebraica tutta costruita sull’«Olocausto». Eccola trovata una citazione pertinente, presa dal testo di Finkelstein: «L’informazione sull’Olocausto» – osserva Boas Evron, rispettato scrittore israeliano, è in realtà – «un’operazione di indottrinamento e di propaganda, un ribollio di slogan e una falsa visione del mondo il cui vero intendimento non è affatto la comprensione del passato, ma la manipolazione del presente» (N.G. Finkelstein, op. cit., ed. BUR, p. 65]
Non possiamo, non dobbiamo dimenticare ciò che accadde nei lager nazisti.
[Ed invece dobbiamo! Se consideriamo tutto il periodo dal 1917 al 1945 come un’unica guerra civile europea, come ci ha insegnato Ernst Nolte, allora dobbiamo dimenticare, applicando quella stessa antichissima legge inglese, di cui sono avvalsi gli odierni cittadini del Sud Africa, che avrebbe avuto anche più fondati motivi per un rancore infinito. Dietro un simile “ricordo” vi è tutta una operazione economica e politica. L’aspetto politico non è forse altrettanto e non ha trovato adeguata espressione letteraria. In pratica, si vuole colpire e condannare il passato storico e l’identità politica dell’Europa odierna, che non dovrà mai assurgere al ruolo di soggetto politico indipendente ed unito su base continentale.]
E che al fondo dell’Olocausto vi era il proposito di annientare gli ebrei, colpevoli di esistere: chi continua a negarlo infligge alle vittime dei campi di sterminio una seconda morte. Come non vedere che nel voluto oblio della memoria c'è chi cerca di costruire una nuova pratica dell'intolleranza?».
[Nella “corretta” edizione dei «Corretti Informatori» mancano le « di apertura (si veda). Pertanto si può ritenere che a parlare era finora proprio lui: Elie Wiesel, non Umberto De Giovannageli che relazionava o addirittura esprimeva il suo pensiero. No, il primo pensiero sull’«investimento» è proprio di Elie. Caspita, eccome, se lui non ha investito sull’«Olocausto»: deve proprio tutto all’«Olocausto»! Quanto poi a come gli abbiano attribuito il premio della pace, occorrerebbe conoscere almeno la motivazione. Per Desmond Tutu sappiamo della sua lotta per abbattere l’apartheid. Ma Elie cosa ha fatto? Conferenze strapagate? Wikipedia per Wiesel non ce lo dice, mentre una motivazione per Tutu possiamo leggerla: «Il comitato del Nobel citò il suo "ruolo come figura unificante nella campagna per risolvere il problema dell'apartheid in Sudafrica». Naturalmente una motivazione deve esserci anche per Elie e siamo certi che il premio se l’è proprio sudato. Però, quanto diversi i due Colleghi Nobel per la Pace. Wiesel ha però avuto il premio due anni dopo Tutu, cioè nel 1986. La dietrologia non è il mio sport preferito e mi basta rilevare la differenza abissale fra i due premiati.]
A parlare, è Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace 1986, che nei campi di sterminio di Auschwitz (vi perse la madre, il padre e la sorellina) e Buchenwald trascorse undici mesi. Ricordare non è solo un tributo ai milioni di donne e uomini annientati nei lager. «L'antisemitismo e l'odio razziale, riflette Wiesel, segnano anche questo inizio secolo. Non posso perdonare gli aguzzini e coloro che ne esaltano le gesta».
[E che dire di quegli aguzzini che a oltre 60 anni dalla fine della guerra continuano a vivere, anche in senso materiale, sullo sfruttamento delle presunte colpe altrui? È qui d’obbligo una puntuale citazione di Carl Schmitt che nel suo diario annotava il 16 novembre 1947: «Vivere della colpa altrui è il modo più basso di vivere a spese degli altri. Ma essi hanno vissuto sempre così. Della confisca dei beni dei proscritti e dei nemici post hors la loi. Il bottino della guerra civile, la conquista del bottino associata alla guerra civile; il diritto all’indennizzo da parte del vincitore. La guerra civile non conosce trionfi; parve già sconveniente il fatto che nel settembre del 46 a. C., in occasione del trionfo di Cesare, venisse esibito in effigie il suicidio di Catone, sebbene il trionfo non fosse sui cittadini sconfitti, ma per la quadruplice vittoria riportata su Gallia, Egitto, Ponto e Numibia». È incredibile, ma ancora si continuano a pretendere risarcimenti... di guerra! Il corrispondente in Roma della FAZ, Heinz-Joachim Fest, ha avuto quelle parole di buon senso che in Italia nessun governante è più in grado di pronunciare, aumentando ogni giorno di più il distacco fra la retorica ed il senso comune della gente. Da noi i discorsi ufficiali sono fatti per non essere ascoltati e per non essere presi sul serio neppure da quelli che li pronunciano. Curioso poi come a smentire un semplice giornalista scendano in campo le autorità ufficiali. La cronaca delle azioni e reazioni seguite al discorso presidenziale ha appassionato o meglio particolarmente indignato il siciliano Antonino Amato, di cui riporto l’ampio commento: «Ai Tedeschi i conti non tornano. Ma, poiché hanno perso la Seconda Guerra Mondiale, di necessità hanno fatto virtù. E, pertanto, dal 1945 ai nostri giorni pagano dei “risarcimenti di guerra” a tutti. Era sufficiente dire ed affermare di avere subito danni da parte del “Tedesco invasore” perché i Tedeschi mettessero mano al portafoglio. E pazienza se tutti gonfiavano i “danni” per avere maggiori “risarcimenti”. Memori della “giustizia di Brenno” che aveva statuito: “Guai ai vinti”. Ed è su questa base che, finora, hanno accettato i nostri giudizi, le nostre sentenze e i nostri verdetti. Tanto per dire: a Bentivegna, che mise la bomba in Via Rasella uccidendo 36 soldati, la medaglia d’oro e il riconoscimento di “eroe della resistenza”; a Erich Priebke, che, su ordini superiori, aveva diretto la rappresaglia, l’accusa di “boia” e il “carcere a vita”. Malgrado la tardissima età. E malgrado Germania ed Italia abbiano ristabilito da tempo immemorabile rapporti di “amicizia” e di “alleanza”. C’è da concludere che, in Italia, la “resistenza contro il Tedesco invasore” non è finita nel 1945 ma continua anche ai nostri giorni. Dubito che continuerà. Perché i Tedeschi che, dal 1945 ai nostri giorni hanno abbozzato, cominciano a manifestare chiarissimi segni d’insofferenza. Chiarisco su questo il mio pensiero. Nel corso di una guerra (convenzionale oppure asimmetrica) avvengono mille brutture. Ed è normale che, nel corso della lotta, ciascuno di noi giustifichi le proprie brutture e punti il dito accusatore sulle brutture altrui. Poi, a guerra finita, si torna al “diritto” e alla “giustizia”: si firmano appositi “Trattati” per passare dallo “stato di guerra” allo “stato di pace”. Anche noi lo abbiamo fatto. Solo che, su queste cose, abbiamo messo su due “vergogne”: 1. Nel 1945 si profilava il “pericolo sovietico” ed era giocoforza mobilitare i Tedeschi per “difendere l’Europa”. così che lo “Yankee liberatore” ci ordinò di “lasciar perdere coi fatti di guerra”. Detto, fatto: tutti i fascicoli concernenti procedimenti penali contro i Tedeschi furono nascosti in un armadio e non se ne parlò più. 2. Poi, nel 1989, l’Unione Sovietica implose e lo “Yankee liberatore” ritenne utile sollevare un grande polverone sul “male assoluto”: nel 1990 fu scoperto l’armadio zeppo di fascicoli, lo si definì “armadio della vergogna” e si riaprirono dei fascicoli ingialliti. E, vergogna sulla vergogna, si perseguirono dei “criminali” che, all’epoca dei fatti, erano giovanissimi; ma che, quando li si cercò, erano morti oppure moribondi. Scordandoci dell’ammonimento del giureconsulto antico che ammoniva: “Summum Jus, summa iniuria”. La via dello “antifascismo” è infinita. E non conosce il ridicolo. Anche la via della vergogna. Succede, dunque, che se lo “Yankee liberatore” ci ammazza un ufficiale (Nicola Calipari) la “giustizia italiana” dichiari che “c’è carenza di giurisdizione”. Succede anche che la “giustizia italiana” condanni dei vecchi per fatti avvenuti 60 anni prima. Insomma: la “giustizia italiana” ha “giurisdizione” sul “Tedesco invasore del 1943/45” ma non ha “giurisdizione” sullo “Yankee liberatore dal 1945 ai nostri giorni”. Inutile dire che, a questo punto, dire “antifascisti” è poco. E’ necessario aggiungere: “spudorati”. Inutile dire che non è colpa dei magistrati che applicano la legge, ma dei politici che hanno emanato delle strane leggine. In ogni caso, all’ennesima sentenza che condanna la Germania per “fatti di guerra avvenuti nel 1943/45”, i Tedeschi reagiscono. Con brutte (bruttissime) parole pubblicate su un autorevole quotidiano tedesco. Parole che sono state condannate dalle “autorità tedesche”. Solo che…. Solo che le autorità tedesche: “la Germania ha nei giorni scorsi sollecitato l’Italia ad appoggiarla presso la Corte dell’Aja, dove le autorità di Berlino stanno per presentare ricorso sul tema degli indennizzi”. E i “nostri” cosa risponderanno? Che “la guerra continua”? Già: ma “contro chi” continua una guerra finita nel 1945? Misteri dell’antifascismo.».]
Oggi ricorda Elie Wiesel, lo spettro di una nuova Shoah torna ad essere agitato da «una figura che non può avere un posto nel panorama dei leader politici internazionali. Dovrebbe diventare "persona non grata", per ciò che sta facendo al suo Paese, al suo popolo, a tutta l'umanità. Il nome di questa persona èMahmoud Ahmadinejad: costui rappresenta la parte più buia dell'orizzonte politico odierno».
[La campagna contro Ahmadinejad ripete il canovaccio di quella contro Saddam Hussein, basato su una colossale menzogna, che è costata un milione di vittime civili e oltre 3 mila miliardi di dollari. Si direbbe che il governo israeliano stia mobilitando tutte le sue risorse mediatiche, fra cui Elie, per far passare questa linea di propaganda che era giunta fin quasi al successo, quando nella scorsa estate era dato come imminente un attacco all’Iran. Adesso, in piena crisi economica mondiale, sembra che questo pericolo sia stato scongiurato. La guerra di propaganda tuttavia continua. E Wiesel ne è una comparsa.]
«Stiamo lasciando alle nuove generazioni un mondo pieno di paura - riflette il grande scrittore della Memoria - cosa ne faremo, lo trasformeremo in una fortezza?» Professor Wiesel, a Roma sono riapparse scritte contro gli Ebrei e che negano la Shoah. A un ragazzo di oggi che le chiedesse: cosa è stato l'Olocausto, che risposta darebbe? «È stato il Male assoluto.
[Dire “male assoluto” significa entrare nel dominio della metafisica. Per giunta, se si vuole veramente sapere cosa è o è stata una determinata cosa, ogni generazione, anzi ogni singola persona, deve poterlo apprendere direttamente con i suoi mezzi. Non deve doverlo sapere dalla bocca d’oro di Elie Wiesel. Ma come si può veramente conoscere qualcosa, se non si è liberi di studiarla senza essere vincolati ad una verità di stato, ad una Memoria fissata per legge? Con il “male assoluto” l’«Olocausto» - già in sé un termine religioso mutuato dalla Bibbia – conduce a una “religio”, che viene ormai imposta come tale. Se non è “assoluto” è certamente un male quello che viene inflitto a quanti non si lasciano persuadere dalla dottrina Wiesel. Ogni anno migliaia di persone in Europa vengono perseguiti per reati di opinione connessi al cosidetto Olocausto. Non già per aver commesso un qualche atto materiale lesivo di persone o cose, ma solo per avere osato esprimere opinioni difformi, solo per aver osato contraddire un Elie Wiesel. Non intendo qui in alcun modo entrare nel merito delle veridicità o meno delle cosiddette teorie negazioniste, con le quali in realtà si mira a denigrare, diffamare, denunciare persone innocue, ma non mi stancherò mai di ribadire che la libertà di pensiero e di ricerca è alla base di tutta la cultura illuministica vera radice dell’Europa moderna.]
Ecco cosa è stato. Ciò che ha caratterizzato quel periodo fu una determinazione assoluta nel pianificare e condurre a compimento l'annientamento di un popolo.
[Altra colossale bugia di cui un concittadino di Elie Wiesel sta facendo giustizia nelle stessa Israele, dove il libro di Shlomo Sand,
scritto in ebraico, è stato per 19 settimane in cima alle classifiche: “Come fu inventato il popolo di Israele”. Da qualche settimana è disponibile anche in traduzione francese ed io ne ho quasi terminata la lettura: un libro avvincente. Con grande perizia e capacità di persuasione l’autore spiega come nella seconda metà del XIX secolo fu proprio il sionismo ha inventarsi il popolo ebraico, supponendo che tutti gli ebrei sparsi per il mondo fossero i discendenti dei deportati in seguito alla distruzione del Tempio ad opera dei Romani nel 70 d.C. Niente di più falso. Quella deportazione non ha mai avuto luogo e gli ebrei sparsi per il momento sono in senso genetico discendenti di popolazioni diverse via via convertite all’ebraismo in epoche in cui la religione di Mosè aveva una sua capacità espansiva. Il proselitismo fu una pratica comune all’ebraismo fino a quando non venne soppiantato dal cristianesimo e dall’Islam. L’odierna religio holocaustica è perfettamente funzionale al disegno nazionalistico e identitario della politica sionista israeliana. Questo spiega l’enfasi di asserzioni come quelle testè fatte da Elie Wiesel ed anche l’estremo rigore penale verso persone che semplicemente muovono sul tema obiezioni critiche o conducono ricerche le cui conclusioni non sono predeterminate o sono finanziate a condizioni che giungano alle tesi predeterminate. Del resto di “olocausti” in Medio Oriente ne vengono fatti in continuazione. La principale resta la Nakba, i cui “sopravvissuti” invano reclamano il loro “diritto al ritorno” nelle loro case, nei loro villaggi. Di risarcimento in senso proprio qui vi sarebbe parecchio da parlare
.]
Questo è stato l'Olocausto, in questo consiste la sua novità rispetto al passato: per la prima volta nella storia, si intendeva eliminare completamente dalla faccia della terra un popolo.
[Ahimé di popoli nella faccia della terra ne sono scomparsi parecchi: mancano all’appello tutti i popoli amerindi, di cui non si riteneva neppure che fossero esseri umani. Mancano i sanniti, i volsci, gli etruschi, ne mancano proprio tanti e tantissimi: molti furono sterminati, molti si estinsero e morirono in senso politico di morte naturale. Gli ebrei di cui qui si parla non furono mai un popolo propriamente parlando. Furono cittadini tedeschi soprattutto ad avere subito discriminazioni e persecuzioni. Lo “sterminio” è un concetto diverso e controverso, molto serio perché non sia riconosciuta la riguardo piena libertà di pensiero e di ricerca. L’accusa e il sospetto è che l’«Olocausto» sia un’invenzione sionista che fa il paio con l’invenzione del «popolo» ebraico, entrambi funzionali alla «fondazione» dello Stato di Israele nel 1948 con un discutibile atto dell’ONU, appena creato dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, le stesse potenze che istituirono il Tribunale di Norimberga, dove i vincitori si ergevano a giudici dei vinti dichiarati criminali per reati che gli stessi giudici avevano commesso ed avrebbo commesso in misura maggiore]
Gli ebrei non furono perseguitati e sterminati per motivi specifici, perché credevano o non credevano in Dio, perché erano ricchi o poveri, o perché professavano ideologie nemiche: no, gli ebrei venivano uccisi, umiliati, torturati per il semplice fatto di essere tali.
[Ma la storia è lunga migliaia di anni e non si esaurisce negli appeni 11 anni del regime nazista! La storia comunque si ripete in modo ancora più grave: i palestinesi si trovano oggi esposti ad un trattamento non migliore di quello inflitto dai nazisti agli ebrei.]
Perché erano colpevoli di esistere: questo è l'orrore incancellabile della Shoah»
[A portare la “colpa di esistere” non furono e non sono i soli, ma sono i soli ad avere preteso ed ottenuto un risarcimento andato non alle vittime ma ai loro presunti rappresentanti, secondo quel che Finkelstein racconta.]
La memoria dell'Olocausto sembra smarrirsi: c'è chi afferma che ciò è un bene, che ricordare serve solo a perpetuare antiche divisioni. «No, no, sono assolutamente contrario. Dimenticare le vittime significa null'altro che infliggere loro una seconda morte! Una vera riconciliazione, inoltre, non può avvenire che a partire dal ricordo, preservando la memoria di ciò che furono quegli anni. È vero: oggi c'è chi esalta l'oblio, chi ritiene giunto il momento di archiviare il passato. A questa operazione sento il dovere morale di ribellarmi, ieri come oggi: perché per nessuna ragione al mondo è possibile cancellare la distinzione tra il carnefice e la sua vittima. Ed ancor oggi l'Olocausto insegna che quando una comunità viene perseguitata tutto il mondo ne risulta colpito».
[A trarre concreto vantaggio economico e politico dall’industria del ricordo è principalmente lo stato di Israele, che da più parti è a sua volta accusato di fare oggi ad altri, ai palestinesi, ciò che lamenta sia stato fatto non già a se stesso ma a vittime di cui si proclama rappresentante ed erede. L’invasione coloniale della Palestina è stata accompagnata dalla bufala del ritorno dei figli di Davide nella terra dei padri. Shlomo Sand, ebreo e cittadini israeliano, ha narrato e divulgato questa storia di cui la propaganda fa ampio uso.]
La diffidenza verso il diverso sembra oggi concentrarsi
sui Rom… «Di nuovo dovrebbe sorreggerci la memoria: ricordo che nei lager nazisti morirono migliaia e migliaia di rom. Morirono assieme a milioni di ebrei. Non intendo entrare in polemiche politiche, ciò che voglio dire è che l'Europa ha un debito verso la popolazione rom. Questa consapevolezza dovrebbe guidare la definizione di politiche di integrazione, il che naturalmente non significa giustificare comportamenti malavitosi che riguardano la persona, il singolo individuo e non l'etnia di appartenenza. Mi lasci aggiungere che la multietnicità propria delle società moderne non va vissuta come un pericolo bensì come un valore, una opportunità comune di crescita, ma perché questa aspirazione si trasformi in realtà compiuta è necessario far vivere una cultura della solidarietà che è qualcosa di più ricco e impegnativo di una cultura della tolleranza. Sento parlare di classi separate per bambini immigrati, di sbarramenti…, ma una società multietnica pienamente democratica, deve abbattere i ghetti e non realizzarne di nuovi. L'inclusione non è nemica di un comprensibile bisogno di sicurezza».
[Senti chi parla! I rom che soffrirono nel lager come gli ebrei non ebbero gli stessi risarcimenti dei sionisti. Non ebbero un loro stato, non godono di infiniti privilegi e pensioni aggiuntive. L’Europa ha debiti verso tutti, l’Europa sconfitta è il debitore del mondo, non ha invece debiti verso se stessa e le sue generazioni future, che devono succedersi con una memoria che è il risultato di una lobotomizzazione pedagogica. L’integrazione di cui Elie parla è cosa di cui non vogliono sentir parlare in Israele: va bene in Europa se serve a disintegrare politicamente l’Europa, anziché unirla, non va bene se deve essere applicato in Israele dando vita a uno Stato Unico di ebrei, palestinesi, cristiano. No, qui lo stato deve conservare il suo carattere “ebraico”, cioè razziale e razzista in quanto il connotato “ebraico” non ha valore religioso ma etnico. Prima di parlare di cultura della solidarietà Elie Wiesel dovrebbe farsi un giro lungo le recinzioni del lager di Gaza e chiedersi cosa ci sia lì dentro, poi magari chiedere un permesso alle autorità israeliane per verificare l’emergenza umanitaria in Gaza. E così via. Prima di portare la sua propaganda all’estero – in fondo il suo lavoro – farebbe meglio Elie a riferire di ciò che succede in Israele ovvero in Palestina.]
– Per chi ha vissuto l'esperienza dei lager nazisti ha un senso la parola «perdono»?
– «È la domanda che ha accompagnato la mia esistenza di sopravvissuto. Ma parole come perdono o misericordia non trovano posto nell'inferno di Auschwitz, di Buchenwald, di Dachau, di Treblinka.... No, non è possibile perdonare gli aguzzini di un tempo e coloro che ancora oggi ne esaltano le gesta. In questi sessantatre anni, ho pregato più volte Dio e la preghiera è la stessa che recitavo quando ero rinchiuso nel lager:
[per quanto tempo e da quanto tempo i palestinesi sono rinchiusi nei loro lager?]
"Dio di misericordia, non avere misericordia per gli assassini di bambini ebrei, non avere misericordia per coloro che hanno creato Auschwitz, e Buchenwald, e Dachau, e Treblinka, e Bergen-Belsen... Non perdonare coloro che qui hanno assassinato.
[La vendetta è mia, dice il signore, ma Elie gli chiede di esercitarla su delega senza però nessun processo istruttorio per una migliore conoscenza dei capi di imputazione. Gli esecutori materiale di un verdetto presunto sono poi quegli stessi che traggono vantaggi di ogni genere dall’esecuzione, sempre secondo quanto Finkelstein narra.]
Ma questo non vuol dire condannare per sempre il popolo tedesco, perché noi ebrei, le vittime, non crediamo nella colpa collettiva. Solo il colpevole è colpevole.
[Bontà sua! I tedeschi stanno ancora pagando e ciò che i tedeschi pagano è una delle fonti di ricchezza di Israele. La Colpa, la Memoria sono per Israele una fonte di reddito non meno lucrativa di quanto il petrolio non lo sia per gli stati arabi. La ricerca della verità storica è il più grave dei pericoli cui Israele possa andare incontro.]
I nostri aguzzini volevano cancellare la nostra identità,
[quale identità? La cancellazione dell’identità è incompatibile con la tesi dello sterminio. Nel corso della storia gli ebrei hanno spesso cancellato la loro identità assimilandosi alle comunità nelle quali si trovavano. L’Islam non faceva conversioni forzate, come il cristianesimo o lo stesso ebraismo in Kazaria, ma imponeva agli “infedeli” il pagamento di quelle tasse da cui erano invece esentati i musulmani (Sand). Io stesso non esiterei oggi a convertirmi all’Islam se ciò comportasse l’esonero da ogni tassazione. I governi islamici dell’epoca non avevano nessun interesse a favorire conversioni di comodo, perdendo in questo modo le loro entrate tributarie. Delle due l”una: o la tesi dell’assimilazione che fa perdere l’identità originaria ed integra perfettamente l’ebreo nella restante popolazione, oppure la tesi dello sterminio che presuppone una precisa identificazione.]
prima di negarci la vita, per ridurci solo a numeri, quelli marchiati a fuoco sulle nostre braccia.
[Siamo alla fiction. A rivedere però sempre lo stesso film ci si stanca infine]
Ma non ci sono riusciti: hanno ucciso sei milioni
[Sulla revisione dei numeri sembra che almeni ci sia accordo fra gli studiosi. In ogni caso una conta ragionieristica non dovrebbe essere proibita per legge. In realtà il numero 666 e così via sembra abbia un significato magico-cabalistico che mal si concilia con le scienze storiche]
di ebrei ma non sono riusciti a cancellare la nostra identità».
[Ossia quale identità? Si parla di identità etnica o identità religiosa? E se etnica, quale? Quella kazara? o berbera? o araba? O semplicemnte isareliana-sionista, cioè una identità che nasce “dopo” Auschwitz, non prima? Caro Wiesel, i letterati fanno il loro mestiere facendo fiction e creando illusioni. Noi qui siamo interessati alla fredda e lucida verità storica, politica, morale delle cose. Se poi insisti nella tesi dello “sterminio”, assai utile al sionismo che vedeva nell’assimilazionismo il vero pericolo per la sua scomparsa politica, allora bisogno che la Israel Lobby si mobiliti in Francia, in Germania, in Austria, in Canada e altrove per concedere nuovamente agli studiosi quella libertà di ricerca e di pensiero che viene loro negata. Solo allora il discorso potrà venir fatto seriamente. Per adesso, puoi solo gracchiare, sapendo che nessuno può contraddirti. Non perché dici cose automaticamente vere, ma perché a nessuno è concesso di poterle verificare. E bada bene: nessuno ha qui paura a scoprire che magari sono vere, ma occorre essere liberi per poterlo fare. La libertà è poi un bene immensamente più grande degli Orrori che ti stanno a cuore e di cui ti nutri spiritualmente e materialmente.]
Dal passato ad un presente inquietante.
[Inquietante per chi? Per chi teme di essere smascherato? Per i palestinesi che devono pagare per crimimi presunti di altri e sui quali non si può neppure indagare? Inquietante per i palestinesi che reclamano il loro “diritto al ritorno” nei villaggi da cui i “sopravvissuti” reduci dai lager nazisti li hanno cacciati invocando un chimerico “diritto al ritorno” vecchio di 2000 anni? A simili bufale dovremmo noi essere costretti a credere per legge? ]
– Lei ha
usato parole durissime contro il presidente iraniano Ahmadinejad. Perché?
– «Perché costui, nel ridicolizzare le verità storicamente accertate,
[Accertate da chi? Da Raul Hilberg, capofila dell’accertamento? Vatti a leggere Jürgen Graf e vedrai che non ha accertato proprio nulla. Ma è ancor più grave che per aver scritto questa confutazione di Hilberg lo svizzero Graf deve vivere esule in Russia, dopo essere stato in Iran. Lo credo bene: se questi sono le verità storicamente accertate, si può anche sostenere che Giulio Cesare morì per un raffreddore. Resta comunque una vergogna per l’Europa che una conferenza sull’«Olocausto» la si sia dovuta fare in Iran, essendo per legge proibita in Europa.]
nell'offendere la memoria dei sopravvissuti all'Olocausto ancora vivi,
[non si offende la memoria di nessuna se si indaga su fatti storici. Offendono invece la memoria dei morti i vivi che speculano su di loro, lucrando vantaggi materiali e giuridici]
glorifica l’arte della menzogna.
[Questa arte è da ben altri ampiamente esercitata: costoro ricevuno ogni anno lucrosi premi. La menzogna è assicura perché nessuno può confutarla.]
Da numero uno dei negazionisti al mondo, da antisemita con una mente disturbata, dichiara che la "soluzione finale" di Hitler non è mai esistita.
[Ahmadinejad non è uno storico, ma ritiene di accettare come vere le conslusioni di quegli storici che in Europa e in America sono mandati in carcere solo perché sostengono queste tesi. Che si mandi in carcere qualcuno solo per aver scritto dei libro è già di per se cosa altamente sospetta. Senza essere disturbati di mente viene naturale da credere che probabilmente dicono la verità. I matti in quanto ritenuti non pericolosi in Italia dopo la chiusura dei manicomi girano liberamente per le strade. Gli storici vengono invece mandati in galera o quasi perché ritenuti matti, ma se venissero davvero riconosciuti matti dovrebbe venir scarcerati. Davvero l’Europa, grazie all’«Olocausto», è caduta nella barbarie giuridica, dopo essere stata la terra dello stato di diritto e malgrado pretenda di esportare altrove la sua democrazia e le sue istituzioni. La “mente disturbata” di Ahmadinejad fa però il seguente disturbato ragionamento: se voi Europei proprio davvero vi sentiti colpevoli per l’«Olocausto», assumetevene la Colpa. Date agli israeliani una regione come la Sicilia, dopo averla svuotata dei suoi abitanti, affinché ne facciano la loro terra del Patto! Non vi nessun motivo, nessuna ragione di equità, per la quale a pagare la colpa propria debba essere un terzo innocente, cioè in questo caso i palestinesi, che da cento anni a questa parte vengono cacciati dai loro villaggi, come fosse dei pellerossa d’Oriente.]
E non basta. Secondo Ahmadineiad, non c'è stato un Olocausto nel passato, ma vi sarà nel futuro.
[Ed Israele della sua atomica cosa pensa di farne se non un «Olocausto Finale»? La cultura c’è! Basta passare alla sua realizzazione. Per anni è stato questo un vero e proprio segreto di pulcinella. L’israeliano Vanunu ha subito dure condanne per aver rivelato al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana. Nessuno che io sappia ha mai pensato in Israele a procedere ad uno smantellamento degli arsenali nucleari. Leggo poi che stanno producendo un grave inquinamente ambientale e già vi sono parecchie persone, palestinesi, che muoiono per tumori contratti da radioattività.]
Elucubrazioni di un fanatico?
[Mi preoccuperei delle mie elucubrazioni. Con questa intervista, che è pubblica, a chi credi di rivolgerti, o sublime Elie? A me che ti sto ora leggendo e rispondendo e che per fortuna sono totalmente libero da condizionamenti? O a tua moglie e ai tuoi familiari? O a chi ti paga e ti fa vivere agiatamente per ciò che fai e dici? O ai «Corretti Informatori» che ti sono colleghi nell’arte della menzogna? Io ti ho qui risposto e ti seguirò ancora nelle tue eleucubrazioni.]
Sì, ma il fanatico si rivolge a folle che plaudono alle sue idee.
[Folle che plaudono? E se plaudono, plaudono! Tutti matti? Se ti riferisci agli iraniani, sono ben 70 milioni! Alla Columbia University Ahamadinejad ha fatto consapevolmente ridere il suo pubblico dicendo che in Iran di omosessuali non ce ne sono, ma non gli hanno poi chiesto se invece ci sono 70 milioni di matti che si tengono un governo, un Ahmadinejad, che proprio non ritengono in nessun modo rappresentativo della loro esistenza politica, successiva alla forma politica nata nel 1979 dalla cacciata dello Scià che la CIA aveva loro imposto nel 1953. Non sarà certo qualche “straordinario dissidente” coltivato negli Usa ed in visita anche a Roma da madonna Fiammetta a poter pretendere la legittima rappresentanza del popolo iraniano, che per fortuna conserva ancora il suo diritto di autodeterminazione.]
Parole vuote? Lui non parla per nulla. Sembra impegnato nel mantenere le sue "promesse". Sarebbe un errore mettere in dubbio la sua determinazione.
[Sappiamo che l’Iran non ha mai mosso guerra a nessuno. Ha sempre subito la guerra. Invece Israele ha una pratica di guerre preventive e di pulizia etnica maggiore di quella attribuita allo stesso Hitler. In realtà, qui Elie Wiesel partecipa di un vasto disegno governativo volto a ripetere gli scenari che hanno portato alla “guerra preventiva” degli Usa contro Saddam. La “menzogna” dei falsi armanenti è oggi nota a tutti, anche allo stesso Wiesel, ma la sua faccia non mostra segni di vergogna. Vorrebbe adesso propinarci lo stesso inganno e le stesse menzogne per Ahmadinejad, al quale l’ex-presidente del consiglio Prodi non ha negato la stretta di mano e così pure Kofi Annan o persino l’abbraccio Mieguel D’Escoto, presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, il quale ha definito un crimime la guerra all’Iraq, dove Israele è ampiamente coinvolto.]
Una persona non predica odio per niente.
[L’odio è un sentimeno personale, una malattia tutta personale del proprio animo. Si spera che sia una cosa passeggera. Normalmente lo è. Infatti, l’«odio» è contrario alla perfezione dell’Essere ed alla ricerca della sua Potenza, secondo quanto insegna l’ebrea Spinoza. Invece, l’odio di cui Elie parla è una dottrina elaborata dal Mossad con la quale si tenta di produrre divisioni fra i popoli e di disorientare l’opinione pubblica europea. Si è potuto apprendere di uno specifico finanziamento per produrre islamofobia in Europa a vantaggio della politica israeliana in Medio Oriente. Secondo madonna Fiammetta Nirenstein, che ritiene di essere “padrona del discorso politico” da quando qualcuno l’ha imbucata nel parlamento italiano, noi tutti italiani ed europei siamo israeliani: «Israele siamo noi» piuttosto che non musulmani o iraniani. Di certo madonna Fiammetta è un’israeliana come lo è Elie Wiesel. Cosa sono io e in cosa cosa mi identifico, vorrei poterlo decidere io, madonna Fiammetta permettendo]
Appartengo a una generazione che ha imparato a prendere sul serio le parole del nemico.
[Appunto, chi è qui il nemico? E di quale nemico Elie parla? E quando questo nemico è stato riconosciuto come tale? Con il “nemico”, professionalmente parlando, ho una lunga consuetudine, avendo tradotto e divulgato in italia il maggior teorico del concetto del nemico, cioè Carl Schmitt, per la cui trattazione a chi volesse istruirsi rinvio ad altro mio blog, concepito per fini scientifici e didattici. Qui mi limito a dire che Elie sta ciurlando su cose che non conosce. Qui la massima inimicizia è quella che si sta consumando nel silenzio complice dei media è lo sterminio del popolo palestinese ad opera di uno stato che proprio sull’«Olocausto» ha fondato la sua esistenza e legittimità politica. Ad oggi l’Iran sta rivendicando il suo diritto ad un uso pacifico dell’energia atomica. Non vi è nessun trattato internazionale che glielo impedisca, secondo quanto ha più volte spiegato l’ambasciatore Sergio Romano. Non si diciarare proprio nemico chi esercita un suo diritto e pretendere che il mondo entro in guerra contro di esso.]
Anche perché queste parole sono accompagnate da fatti: chi c'è dietro l'organizzazione terrorista degli Hezbollah?L'Iran.
[Chi c’è dietro Israele? Gli Usa. Cosa sarebbe Israele senza la protezione e le complicità di cui ha fino ad oggi goduto? Da chi ha avuto l’atomica? E perché mai proprio l’atomica se la regola doveva essere quella di mettere al bando per tutti questa arma che distrugge non più solo il nemico, ma l’umanità tutta? Ma a parte una casistica che potrebbe essere fuorviante qui si tratta di altro. Si tratta del diritto da parte di tutto il mondo arabo di poter manifestare la sua solidarietà alle “sofferenze” dei palestinesi. Ho usato “sofferenze” fra virgolette perché la Israel Lobby reagisce perfino contro quanti in America si azzardano a dire che i palestinesi “soffrono”, tacciando ciò come una forma di sostegno al terrorismo o tradimento della sante e bibliche ragioni di Israele. È oggi il primo giorno di Obama, la cui elezione pare non dovuta al denaro dell’AIPAC. Speriamo che il popolo americano sia almeno libero di poter riconoscere e vedere le “sofferenze” dei palestinesi, verso i quali il mondo arabo non ha dimostrato tutta la solidarietà che avrebbe dovuto e potuto.]
L'Iran li fornisce di tutte le armi più sofisticate e degli ufficiali che addestrano le loro milizie.
[Per queste parole Elie Wiesel ha avuto il premo Nobel per la Pace nel 1986? Spero di trovare da qualche parte la motivazione del premio. Di certo Elie Wiesel in tutto l’arco della sua esistenza non ha mai contribuito alla causa della pace. Se gli avessero dato il Premio per le sue qualità letterarie, la cosa sarebbe stata meno contestabile: de gustibus ne disputandum est. Ma è arduo comprendere cosa Elie Wiesel possa mai avere a che fare con la pace. Mah! Non è dato sapere tutto e non resta altro che l’esercizio dell‘arte della congettura. Se si è bravi, si indovina. Ma non si può esprimere ciò che non si può provare. Qui l’autocensura è un obbligo.]
Gli Hezbollah non vogliono la nascita di uno Stato palestinese a fianco dello Stato d’Israele. Il loro unico obiettivo - e del presidente iraniano - è la distruzione di Israele.
[Se vogliamo essere seri, ed Elie certamente non lo è, le cose vanno poste diversamente. La caratterizzazione “ebraica” dello Stato di israele è insostenibile in quanto razziale e razzista. L’unica soluzione realistica benché ardua è la creazione di uno Stato Unico basato su perfetta eguaglianza dei diritti. Già questo significherebbe la distruzione dell’attuale stato di Israele. La soluzione dei due stati è un inganno e serve per prender tempo in attesa o della totale pulizia etnica dei palestinesi o di una implosione dello stesso stato di Israele in forme e con conseguenze imprevedibili. Basterebbe ad esempio che Obamo togliesse a Israele gli appoggi e le coperture di cui ha finora goduto.]
Ecco perché io sostengo che Ahmadinejad non può avere un posto nel panorama dei leader politici internazionali.
[Lo decide Elie Wiesel, premio Noberl della Pace e dell’eslcusione. Una pretesa semplicemente ridicola che non troverrebbe intervistatori se Elie Wiesel non fosse un prodotto ormai affermato. Non tutti hanno il diritto di dire le stesse sciocchezze: se le dice Bush o Wiesel hanno un peso, se le dicono altri semplici e comuni cittadini non hanno neppure stampa.]
Dovrebbe diventare "persona non grata", per quello che sta facendo al suo Paese, al suo popolo, a tutta l'umanità».
[La realtà per fortuna è altra. Sempre più persone, politici e capi di stato, trovano manifesta la macchinazione, il cui scopo è una nuova guerra. Se ne dissociano e quindi stringono la mano a d Ahamdinejad anche soltanto per far capire che – come dice la nostra costituzione – i problemi non si risolvono con la guerra, quella guerra di cui Israele è responsabile e fomentatrice fin dalla sua nascita e che è insita nella dottrina stessa del sionismo, che non a torto stava per essere formalmente equiparata al razzismo nelle conferenza Onu di Durban nel settembre del 2001, pochi giorni prima dell‘attentato alle Torri gemelle]
– Israele. Cosa rappresenta per Lei?
– «L'alba dei nostri sogni. L’affermazione del diritto del popolo ebraico ad un suo focolaio nazionale.
[Discutibile diritto a scapito dei palestinesi? Il “popolo“ ebraico fu una creazione del sionismo che è stato realizzato con il genocidio e la pulizia etnica dei palestinesi. Ciò non potrà mai trovare consenso nella coscienza morale di ogni cittadino europeo informato dei fatti e non ingannato da una propaganda come quello dello stesso Wiesel. La guerra israelo-palestinese dura ininterrotta da 60 anni. ]
Un diritto difeso a caro prezzo in questi 60 anni».
[Il prezzo pagato è l’offesa quotidiano al diritto stesso e a ogni principio di giustizia. È l’offesa quotidiana alla nostra intelligenza e alla nostra dignità politica. È un rimprovero quotidiano per la nostra complicità e il nostro silenzio]
– Israele potrà un giorno vivere in pace con i palestinesi?
– «È la speranza che so di condividere con la grandissima maggioranza degli israeliani consapevoli che non esiste altra soluzione che quella di due Stati che vivano fianco a fianco, optando per la pace.
[Non due, ma un solo stato, multietnico, con i palestinesi rientrati nei loro villaggi e risarcitii materialmente e moralmente. È Curiose ed ipocrita come Elie Wiesel si permette di dare a noi consiglio circa i roma e l’integrazione, mentre questi stessi consigli non devono trovare applicazione in Israele. L’intervista da lui concessa a Umberto De Giovannageli, che ha ben saputo fare il suo lavoro, è un insulto all’intelligenza del lettore italiana. Ma essa indigna anche per i suoi contenuti. Naturalmente i “Corretti Informatori” possono essere benissimo di diverso avviso. Possono ogni giorno recitare come una preghiere le parole di Wiesel. Resta un fatto circoscritto al loro universo concettuale e morale, ma senza obbligo alcuno da parte di terzi che si riservano piena libertà di giudizio e valutazione politica]
Ma perché ciò possa accadere è necessario che i palestinesi comprendano che non è con l'odio e la violenza praticati da gruppi estremisti come Hamas che vedranno realizzate un giorno le loro aspirazioni».
[Una conclusione da autentico fariseo, secondo l’immagine che dei farisei è data nel racconto evangelico. Non vi è speranza. O meglio la speranza non verrà dai Wiesel, ma da altre direzioni]


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Purtroppo il commento mi richiede più di tempo di quanto non ne avrei voluto dedicare. Devo rinviare perciò a successive sedute di lavoro... Il lavoro è stato fatto ed appena terminato. Ho dovuto spenderci del tempo. Mi riservo di ritoccare il testo, ammorbidendo qualche giudizio forse troppo severo. Non nascondo però che ho provato un grande senso di fastidio nel leggere l’intervista. Non mi sono mai imbattuto personalmente in Elie Wiesel, ma credo di capire tutta l’antipatia che Norman G. Finkelstein nutre verso di lui e si esprime nel suo libro su «L’Industria dell’Olocausto», che rileggerò per l’occasione isolando tutte le parti riguardanti Elie Wiesel. Le citerò come commento di corredo degli altri testi che si trovano nell’archivio dei «Corretti Informatori».


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2. Il «più autorevole testimone vivente»? – In effetti, è ben strano che una notizia a dir esplosiva, che già ho avuto modo di leggere, non sia stato ripresa né per essere smentita né per essere confermata. Finalmente, interviene sulla questione Carlo Mattogno.

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