lunedì 7 luglio 2008

Aule di giustizia: 30. Edgar Morin ed i suoi accusatori

Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Aloni - Arbour - Barghouti - Blondet - Burg - Caio - Cardini - De Giovannangeli - D’Orsi - Facci - Finkelstein - Giorgio - Morgantini - Odifreddi - Paci – Pappe - Romano - Sabahi - Sand - Spinelli - Stabile - Storace - Tizio - Vanunu - Vattimo - Viola -
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!

«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Bordin - Buffa - Colombo - Diaconale - Fait - Ferrara - Frattini - Israel - Livni - Loewenthal - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - PanellaPezzana - Polito - Prister - Santus - Volli

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 5. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 6. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 7. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; – 8. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 9. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 10. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 11. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 12. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 13. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Versione 1.1
Status: 8.7.08

Sto leggendo il libro di Edgar Morin, Il mondo moderno e la questione ebraica, la cui prefazione è successiva alla sentenza di cassazione del 12 luglio 2006, che assolveva dall’accusa di “diffamazione razziale” gli autori di un articolo apparso su “le Monde” il 4 giugno 2002. Trovo barbariche e terroristiche le intrusioni della magistratura in un ambito prettamente culturale. Se i giudici – in Italia, in Francia, altrove – si occupassero di ladri di galline, di pascolo abusive e nei casi più gravi di omicidio, i cittadini avrebbero più fiducia nella cosiddetta Giustizia. Il processo intentato a Morin non è passata inosservato ai «Corretti Informatori» di Torino, se non altro perché “La Repubblica” diede notizia di ciò che succedeva in Francia, dove la libertà di pensiero è più gravemente compromessa che in Italia. Leggendo il libro di Morin e confrontandolo con l’«eletto commento» acquista nuova luce e produce maggiore allarme sociale la situazione che Morin denuncia nel suo libro. Una scheda su Edgar Morin si giustifica in questa nostra analisi concetrata sulla situazione italiana in quanto è ormai divenuto chiaro che non ci si può fermare ai confini nazionali. Anche questa è globalizzazione.

1. Testo e contesto di un episodio di polizia del pensiero. Andando al link si coglie il gaudio per la sentenza della corte francese di appello, che condannava Edgar Morin sulla base della sola estrapolazione di poche frasi della sentenza di primo grado, favorevole a Moerin, del tutto sganciate dal loro contesto. Per i «Corretti Informatori» si tratta di una procedura assolutamente corretta: offrono il loro sostegno di rinforzo al giudice adito da Francia-Israele. Ed in effetti anche loro nel loro piccolo procedono allo stesso modo. Nella loro rassegna stampa isolano addirittura pochi aggettivi, usati magari in senso del tutto metaforico, per inoltrare ogni possibile delazione. È successo in almeno un caso che abbiamo documentato e che risulterebbe ora laborioso ricostruire in tutto il suo iter. Se ne ricava la prova provata di una faziosità protetta e tollerata quanto funesta per l’ordine pubblico. Si rinvia al link per la notizia italiana del caso e per il suo “corretto commento”, mentre qui di seguito riporto a mo di ampia citazione tutta o buona parte della prefazione del citato libro di Morin, dove sono ricostruiti accuratementi gli aspetti giudiziari della questione.

In seguito alla pubblicazione di un articolo firmato da Danièle Sallenave, Sami Naïr e da me stesso, «Israele Palestina: il cancro», uscito su Le Monde il 4 giugno 2002, l’avvocato Gilles William Goldnadel, in nome di “France Israel” e della sua associazione “Avocats sans frontières,” ha perseguito gli autori per «apologia del terrorismo e antisemitismo». Respinto e condannato in primo grado, ha fatto appello e ha ottenuto la condanna, non per apologia del terrorismo, ma per diffamazione razziale. II tribunale di prima istanza aveva giudicato il testo nel suo insieme; la corte d’appello ha giudicato due passaggi estratti dal loro contesto, che, così isolati, potevano assumere un senso concernente gli ebrei in generale. Noi autori dell’articolo abbiamo fatto ricorso in cassazione. Il verdetto è stato pronunciato il 12 luglio 2006. Annulla il giudizio d’appello, condanna a un’ammenda i nostri accusatori, riconosce che i passaggi da loro isolati debbano essere situati nel loro contesto interno (l’articolo) e nel loro contesto esterno e, ripudiando un giudizio grottesco, conclude definitivamente il caso.

In seguito alla condanna in appello, moltissime testimonianze di simpatia, di sbigottimento e d’indignazione ci sono pervenute, cosa che ha suscitato il furore degli sconvolti che hanno stigmatizzato come antisemiti e razzisti non solo noi autori, ma anche tutte le persone che ci avevano manifestato amicizia e sostegno. Se è vero che ciò che è esagerato è insignificante, non è meno vero che ciò che è esagerato è molto significativo di una mentalità disordinata.

Per quanto mi riguarda, ho sentito le accuse di razzismo che mi sono state rivolte non solo come grottesche, ma anche come offesa a tutta la mia vita. Se qualcosa caratterizza la mia opera e il mio pensiero è proprio il rifiuto di ogni disprezzo e di ogni odio nei confronti di un popolo o una nazione. Del resto, sono molto fiero di essermi ben guardato, durante la mia resistenza all’occupazione, dal denunciare i tedeschi in quanto tali e dal trattarli da boches, riservando la mia condanna al nazismo.


Mi ricordo un aneddoto che mi raccontò Jeanne, la moglie di Léon Blum. Si riferisce all’epoca del Fronte popolare, quando il suo attuale marito era presidente del Consiglio. Innamorata, andava spesso a trovarlo tra una seduta e l’altra sul lungo Senna di fronte al palazzo Bourbon. Un giorno, mentre stavano discorrendo, una donna elegante si avvicinò a Léon Blum, gli sputò in faccia e poi se ne andò. Questi prese con indifferenza il suo fazzoletto e si asciugò senza interrompere un istante il suo discorso né fare il minimo commento. Non c’è risposta a uno sputo.

Non mi sono lasciato abbattere troppo dalla pioggia di insulti che, per un certo tempo, è dilagata, né affliggere dalla convinzione, inculcata nella mente degli indottrinati, circa il mio razzismo o il mio antisemitismo. Ho avuto subito coscienza di non essere né il primo, né il più gravemente colpito da una tale ingiustizia. Ho subito pensato ai trotzkisti, coperti e subissati di ingiurie in quanto spie e assassini "hitlerotrotzkisti". Ho pensato ai critici del Partito comunista e dell’URSS denunciati come "anticomunisti viscerali". Io non sono quindi che una delle innumerevoli vittime dell’isteria politica. Vera isteria di guerra che vede nel non conforme un nemico e nel nemico un mostro di ignominia. Come vedremo più avanti, l’isteria di guerra ha trovato in Francia un brodo di coltura favorevole al suo fiorire. In effetti, sebbene lontani dal Medio Oriente, ebrei e arabi tendono in Francia a identificarsi con uno o l’altro dei protagonisti del conflitto. Insomma, so di non essere altro che una delle tante vittime dell’incomprensione. Ciò può sembrare paradossale quando, come nel mio caso, si predica la comprensione; ma la comprensione è proprio la cosa più assolutamente incompresa dai non comprensivi. Costoro non comprendono, in particolare, di usare la stessa logica di discredito e di stigmatizzazione che gli antisemiti hanno usato contro gli ebrei.

Del resto, non è la prima volta che il mio senso della verità, della giustizia o dell’onore mi procura di farmi trattare da traditore: traditore della Francia per aver partecipato alla Resistenza durante la Seconda guerra mondiale o essermi opposto alla guerra d’Algeria; traditore del socialismo per aver resistito allo stalinismo e per non aver avuto fede nel programma comune della sinistra; eccomi infine traditore degli ebrei per aver manifestato la mia compassione nei confronti dei palestinesi che subiscono le miserie e le umiliazioni di una occupazione. Molti integralisti che giustificano incondizionatamente Israele, in effetti, attribuiscono a una ideologia astratta ciò che è espressione di una compassione concreta.

La mia prima reazione all’offesa è stata voler offrire alla lettura dei miei contemporanei non solo l’articolo condannato in appello, «Israele-Palestina: il cancro», ma anche i diversi articoli che ho pubblicato sul conflitto e che qui ho riunito sotto il titolo "Il nodo gordiano ebreo-israelo-palestinese". I miei coautori pensano che si dovrebbe pubblicare "Il cancro" isolatamente, accompagnato dai tre giudizi successivi e dalle testimonianze che concernono questo testo. In ogni caso, ho già espresso il mio parere nei suddetti articoli raccolti nell’ultima parte del presente volume.

Progressivamente, questa pubblicazione, sebbene mi sembrasse sempre necessaria, mi è parsa sempre più insufficiente. Tali articoli trattano del nodo gordiano che lega tragicamente la condizione ebraica, Israele e la Palestina. Sebbene siano già datati, il fulcro della tragedia rimane, e cerco di renderla attuale nella terza parte di questo saggio, dedicata alla questione ebraica nei tempi moderni. Certo, tale argomento è stato già abbondantemente trattato, e in molteplici modi, ma sempre in maniera unilaterale, riduttiva, mutilata, snaturata. Esige di essere esaminato in tutta la sua ampiezza e la sua complessità, dunque nella sua difficoltà. Mi sono quindi impegnato in tale compito, per comprendere sia i tempi moderni, dai quali non si può astrarre il fermento ebraico, sia la questione ebraica, da cui non si può astrarre la questione dei tempi moderni. A un tratto il «nodo gordiano ebreoisraelo-palestinese» è divenuto una sorta di appendice o di supplemento a ciò che costituisce il testo principale di questo volume: «Il mondo moderno e la questione ebraica».
Giova riepilogare le date di questa vicenda giudiziaria e dell’informazione che ne è stata data., o come si dice della sua copertura mediatica. L’articolo incriminato fu scritto il 4 giugno 2002. Vi fu quindi una denuncia che ebbe un primo grado di giudizio, dove fu respinta l’accusa. Segue l’appello che condanna Morin ed altri. Mentre non si trovano notizie del primo grado di giudizio favorevole a Morin, se ne trovano di quelle della sentenza di appello a lui sfavorevole. Un primo eletto commento lo si trova nelle’Archivio di IC in data 31 marzo 2004 ed è del seguente tenore:
«Il 17 marzo Edgar Morin è comparso davanti al tribunale di Nanterre
[Morin andò assolto per l”accusa, ma i “Corretti Informatori” non lo hanno mai fatto sapere]
per rispondere all’accusa di diffamazione razziale. Sul Monde ha definito Israele “un popolo dominatore e, tranne un’ammirevole minoranza, sprezzante e che prova soddisfazione a umiliare”».
Così Giulio Meotti apriva un suo articolo pubblicato da Il Foglio in data 26-03-2004 e [regolarmente ed assiduamente ripreso da] ripreso da Informazione Corretta.
[con allora il seguente eletto commento]:
Il fenomeno dell’antisemitismo in Francia, direttamente connesso alla situazione mediorientale,
[si coglie almeno questo nesso, che per gli IC non dice abbastanza, ma che nel libro di Morin trova la sua giusta interpretazione proprio in relazione ad un antiebarismo da parte araba che prima non esisteva affatto: L”articolo di Meotti sembrava poi fatto apposta per essere passato all’ADL. Non dice nulla del processo in Tribunale, se non che ha avuto inizio il 17 marzo. Per avere un’informazione compiuta esiste per fortuna un dossier di AAARGH del settembre 2005, cui si rinvia e su cui si ritornerò per attingere notizie]]
è in crescita e non solo tra i francesi musulmani. Giulio Meotti offre una panoramica degli episodi più significativi. Leggere per capire.
[per non capire! Non si hanno neppure informazioni giornalistiche elementari del caso di cui si parla! Non sanno fare neppure il mestiere del giornalista, o meglio il loro mestiere è un’altro.]
Ci chiediamo, ma la "douce France" sarà mai esitita, o è stato tutto frutto della nostra immaginazione?
[Se mai della vostra allucinazione]
Con il ricorso il cassazione la vicenda si conlude definitivamente il 12 luglio 2006 con piena assoluzione di Morin e rigetto della sentenza di appello. Esattemente due anni fa. Orbene cosa si trova nell’archivo di IC, almeno sotto la voce Morin? Compare in IC la notizia della comparsa in primo grado, e cioè il 31 marzo 2004, ma non si trova la notizia che in questo primo grado Morin e gli altri vennero scagionati dall’accusa. Invece in Archivio si trova la notizia della condanna in appello, alla data del 30 maggio 2005 con il seguente commento:
Il direttore di Le Monde, Jean Marie Colombani e i tre firmatari di un editoriale intitolato "Israele-Palestina, il cancro", Edgar Morin, Danièlle Sallenave e Samy Naïr sono stati condannati per diffamazione razziale dalla corte d’appello di Versailless, il 26 maggio 2005. Dovranno versare un euro all’Associazione Francia – Israele e all’associazione Avvocati senza frontiere, che avevano intentato la causa, e 6.000 euro di spese processuali.
Due, in particolare, i passaggi dell’articolo che hanno motivato la sentenza.
Il primo deplora che "una nazione di fuggiaschi, generata dal popolo per più lungo tempo perseguitato nella storia dell’umanità, avendo subito le peggiori umiliazioni e il peggiore disprezzo, sia capace di trasformarsi in due generazioni in un popolo dominatore e sicuro di sé".
Il secondo passaggio recita: "gli ebrei d’Israele, discendenti delle vittime di un apartheid chiamato ghetto, ghettizzano i Palestinesi, gli ebrei che furono vittime di un ordine spietato impongono il loro ordine spietato ai palestinesi".
La Corte d’appello rimprovera al "Monde" di aver imputato " alla totalità degli ebrei d’Israele il fatto preciso di umiliare i palestinesi e di trarne soddisfazione" e di aver imputato agli ebrei nella loro totalità, anche al di là dei soli ebrei d’Israele, la persecuzione del palestinesi".
La notizia è enfatizzata il 3 giugno 2005, con un commento dove si irride alle critiche mosse da Morin alle motivazioni della sentenza di appello:
LA REPUBBLICA di venerdì 3 giugno 2005 pubblica a pagina 22 un articolo sulla condanna per diffamazione razziale di Edgar Morin e di Le Monde.
L'articolo concede ampio spazio alle ragioni di Morin, mentre non sono riportate dichiarazioni né dei giudici che hanno emesso la sentenza, né dell'Associazione Francia-Israele e di Avvocati Senza Frontiere, che avevano presentato la denuncia.
Curiose le argomentazioni di Morin:
[tanto curiose che sono state accolte e fatte proprie dalla cassazione, della cui pronuncia curiosamente gli Eletti Correttori non hanno mai dato notizia ai loro Eletti Lettori]
le sue frasi, che imputano agli ebrei di comportarsi come nazisti e di trarre soddisfazione dal dominare i palestinesi, sono state fraintese perchè estrapolate dal contesto.
A noi non riesce di immaginare un contesto in cui le sue parole perdano l'inaccettabile significato che hanno.
Inoltre le "origini ebraiche" di Morin farebbero sì che, qualsiasi cosa dica o scriva, non possa essere interpretata come antisemita. Una pretesa che non ha nulla a che fare con la logica e con il pensiero critico.
[Appunto, ma è esattamente la vostra logica, non quella di Morin che dice ben altro! Scrive Morin: «L’ebreocentrismo astratto mette Israele al di sopra dell’ONU e della comunità internazionale» (op. cit., p. 96)]
Per la sentenza di appello sfavorevole a Morin si sono riportati addirittura i passi, mentre per quella di primo grado assolutoria non se ne era data neppure notizia. Per i corretti ed eletti Lettori di IC il processo di primo grado avrebbe ben potuto continuare fino ad oggi secondo tempi italiani, se non fosse stata data loro notizia della sentenza di appello. La notizia della sentenza di cassazione, poi, che annulla il pronunciamento della sentenza di appello, non è mai stata data e risulta ignota ai “Corretti Lettori di IC“ che sanno e credono ciò che viene loro correttamente detto. Davvero un bell’esempio di “correttezza” di informazione!

Quanto alle due frasi estrapolate dal giudice di appello e che sono cosi riportate dalla “Repubblica”, la prima del seguente tenore:
«S’immagina a stento che una nazione di fuggitivi, originata dal popolo perseguitato più a lungo nella storia dell´umanità, che ha subìto le peggiori umiliazioni e il peggiore disprezzo, sia capace di trasformarsi in due generazioni in “popolo dominatore e sicuro di sé” e, con l’eccezione di un’ammirevole minoranza, in popolo sprezzante che prova soddisfazione a umiliare».
e la seconda di questo genere:
«Gli ebrei, che furono vittime di un ordine impietoso impongono il loro ordine impietoso ai palestinesi».
Si tratta di affermazione così eteree che ove dovessero essere prese come normale capo di imputazione per casi analoghi impedirebbero a chiunque di scrivere. Per altro verso, non sarebbe forse un male. Oggi si scrive troppo. Ma il guaio è che continuerebbe a scrivere solo gli accusatori di Morin: non si potrebbe immaginare un mondo più allucinante.

Vi fu all’epoca, nella primavera del 2004, un appello italiano di solidarietà, di cui è bene conservare memoria, riportando questo brano dal quotidiano Il Mattino, sopra citato, (ma anche e meglio nell’archivio di Metaforum) del 31 marzo 2004:
Un appello in difesa di Edgar Morin: lo firmano, per primi, Mauro Ceruti, Alessandro Pizzorno, Gianni Vattimo, Gianluca Bocchi, Emanuela Zonca, Oscar Nicolaus. «Accusare Morin di antisemitismo e di razzismo - dicono - è scandaloso. Innanzitutto perché Morin ha confermato più volte la propria identità ebraica. Il processo a Morin mostra che delle pesanti minacce gravano sulla libertà d’espressione in Francia. Dopo gli attacchi ad Alfred Grosser, Daniel Mermet, Rony Brauman e altri intellettuali, il tentativo di mettere a tacere Morin cerca di porre fine alle critiche a Sharon e alla sua politica. Gli accusatori di Morin sono probabilmente convinti di difendere lo stato israeliano. In effetti, se identificano le azioni del governo israeliano con la comunità ebraica, rischiano di rilanciare l’antisemitismo».
Va dato merito a Gianni Vattimo e ad altri di non essere stati disattenti a ciò che allora succedeva e di cui – confesso – io allora neppure mi accorsi. La mia solidarietà è ora certamente tardiva, ma non per questo meno convinta e partecipata. Del resto, gli Appelli – tutti gli appelli – si scontrano con una congiura del silenzio e con il fronte mediatico. Giustamente, Vattimo ha di recente fatto una battuta a questo riguardo, cioè il controllo dei media, citando i Protocolli di Sion. È diventata l’occasione per una nuova crociata, alla quale ho visto associarsi perfino Massimo Cacciari, di cui mi professo amico. Ancora una volta si è estrapolato dal contesto.

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