lunedì 15 dicembre 2008

Eroi del pensiero: 61. Montazed al-Zaidi e le scarpe della libertà

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Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Ahmadinejad - Alemanno - Aloni - Arafat - Arbour - Barghouti - Barnard - Berti - Blondet - Burg - Cardini - Carter - Chiesa - Chomsky - Cocco - De Giovannangeli - D’Escoto - D’Orsi - Facci - Farrahkan - Finkelstein - Giorgio - Grillo - La Russa - Michael Lerner - Gideon Levy - Luzzatto - Man - Moore - Morgantini - Morin - Odifreddi - Oz - Paci - Pannella - Pappe - Piccardo - Pillay - Prodi - Ramadan - Romano - Sabahi - Salamelik - Salerno - Sand - Schiavulli - Shamir - Spinelli - Stabile - Sternhell - Storace - Tizio - Toaff - Tutu - Vanunu - Vargas Llosa - Vattimo - Veneziani - Viola - Zaidi - Zanotelli -
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo! Con uno sguardo sull’Europa e sui luoghi da dove si tengono i fili.
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Abu Mazen - Allam - Battista - Broder - Bordin - Buffa - Bush - Calabrò - Casadei - Cicchitto - Colombo - Diaconale - Fait - Fallaci - Feiglin - Ferrara - Fourest - Foxman - Frattini - Guzzanti - Israel - B.H. Lèvy - Lieberman - Lisistrata - Livni - Loewenthal - Magni - Mella - Meotti - Merkel - Morris - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - Palazzi - PanellaPetraeus - Pezzana - Polito - Prister - Ranieri - Rocca - Ronchi - Ruben - Santus - Schwed - Sfaradi - Shalev - Steinhaus - Sussmann - Taradash - Tas - Teodori - Ulfkotte - Volli - Wiesel

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Sezioni tematiche. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. L’11 settembre: misteri, dubbi, problemi. – 4. Rudimenti sul Mossad: suo ruolo e funzione nella guerra ideologica in corso. – 5. Free Gaza Movement: una sfida al blocco israeliano di Gaza. – 6. La pulizia etnica della Palestina. – 7. Studio delle principali Risoluzioni ONU di condanna a Israele. – 8. Cronologia del conflitto ebraico-palestinese. – 9. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 10. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 11. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 12. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 13. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; VIII. Morris; – 14. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 15. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 16. La guerra giudaico-cristiana dei nostri giorni. – 17. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 18. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 19. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 20. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

In Calabria dove sopravvivono nei costumi antichissime influenze arabe, su cui purtroppo manca ch’io sappia un’adeguata letteratura, è costume dire, commentando programmi televisivi, che ci si vorrebbe levare una scarpa e lanciarla in faccia a tal o tal altro personaggio. Non mi invento nulla e non esagero. Un mio amico dalla statura erculea, vicino ai due metri, ma di carattere mite e gentile, aveva però perso la sua pazienza di fronte alle abituali uscite di Vittorio Sgarbi. Ci confessò che era stata fortissima la tentazione di levarsi una delle sue enormi scarpe per lanciarla sul televisore nel momento in cui appariva la faccia di Sgarbi. Si era trattenuto solo perché non voleva rompere il televisore, che avrebbe poi dovuto ricomprare. Quello che poteva sembrare un modo di dire è invece diventato storia, traducendosi in un’immagine che meglio di ogni altra esprime il giudizio della storia sulla presidenza Bush, la peggiore che mai vi sia stata. L’uomo che ha avuto tanto coraggio si chiama Montazer Al-Zaidi ed è giusto che il suo nome si imprima nella nostra Memoria. Noi qui raccoglieremo tutte le notizie che lo riguardano e le manterremo costantemente aggiornate. Ho già ricevuto dalla Germania un invito a firmare una petizione in favore di al-Zaidi. L’obiettivo è il raggiungimento di 50.000 firme. Chi vuole può firmare cliccando qui e poi riempiendo i relativi campi.

Versione 1.4
Status: 19.12.08
Sommario: 1. Le scarpe della libertà nel commento dei «Corretti Informatori». – 2. La migliore cronaca giornalistica dell’accaduto. – 3. Bush criminale di guerra preso a scarpate. – 4. Una scarpata ci vorrebbe per Angelo Pezzana e tutti gli altri. – 5. Due «(s)corretti commenti» uno più idiota dell’altro.

1. Le scarpe della libertà nel commento dei «Corretti Informatori». – Nel linguaggio dei «Corretti Informatori» la parola stabilità assicurata significa servaggio assicurato. La firma del SOFA sottoscritta dall’ennesimo governo fantoccio significa une estensione del sistema delle basi americane nei paesi resi vassalli e tributari. Ciononostante un coraggioso giornalista, che ha evidentemente eluso tutti i metal detector e sistemi di controllo, facili da immaginare visto l’eccezionalità della visita e dell’ospite, ha però potuto far uso delle sue scarpe che sono state più micidiali di qualsiasi bomba. Hanno poco di che ridere, decantando la forma atletica del presidente, i nostri Infami. Vi è tanta di quella profonda, autentica, eloquentissima verità in un lancio di scarpe che vale da solo intere biblioteche e sofisticatissimi analisi di ogni genere. Il testo di Maurizio Molinari e l’altro di Ennio Caretto, rassegnista di radio radicale per la stampa estera, rimangono largamente, immensamente al di sotto dell’eloquenza oratoria del loro collega iracheno che si è servito non della penna, ma delle sue scarpe per scrivere il più eloquente ed indovinato articolo che mai sia stato e mai sarà scritto su George W. Bush, grande amico del nostro presidente Berlusconi, che aveva avuto un’avventura analoga con il lancio di un treppiedi. Il treppiedi lo centrò alla testa e per qualche tempo il presidente apparve incerottato. Bush è riuscito a schivare il lancio, ma ciò che è altamente eloquente è proprio il suo abbassarsi per evitare la scarpata. Inutile aspettarsi da un Pezzana, da un Ferrara, da un Molinari che possano comprendere l’alto valore simbolico del lancio delle due scarpe a Bush. In effetti, a loro le due scarpe si addicono se adagiate energicamente sul loro di dietro in entrambi i glutei.

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2. La migliore cronaca giornalistica dell’accaduto. – Cliccando sul link si accede al testo di un articolo di Repubblica online, che riportiamo di seguito per esteso. Andando al link però si può accedere al video e a una selezione di 18 foto in successione ed altro. Da notare la faccia di Bush, che avrebbe dovuto per lo meno arrossire. Invece ride e ridendo rivela la sua natura criminale. Se Eichman portava colpa, Bush non è di meno in fatto di colpa, ma non porta nessuna pena. Quel mattacchione di Marco Pannella, al quale neppure l’amico/dipendente Bordin ha ato adeguata copertura mediatica, ha chiesto fondatamente l’incriminazione di Bush. Non se ne è parlato! Potenza della Israel Lobby.
Arrestato ma non ancora incriminato, il gesto del giornalista riscuote consensi. Uno stuolo di legali si offre. Gli Ulema lo appoggiano. In Rete il video impazza.

L’Iraq scende in piazza per al Zaidi
“Duecento avvocati pronti a difenderlo”

BAGDAD - Manifestazioni di piazza e stuoli di avvocati pronti a prendere le sue difese. L’Iraq si mobilita per il cronista che ieri ha tirato le sue scarpe al presidente americano George W. Bush.
Montasser al Zaidi, sciita di 28 anni, giornalista del canale tv al-Baghdadiya, che trasmette dal Cairo, è stato arrestato, sottoposto a perizia psichiatrica ma non ancora formalmente incriminato. Ma ha già raccolto un’ondata di consenso. Oggi i manifestanti, che hanno affollato Sadr City, roccaforte del leader religioso anti-Usa Moqtada al-Sadr, hanno lanciato le proprie scarpe contro i veicoli militari americani. Anche a Najaf, città sciita, la folla ha espresso tutto il suo dissenso contro l’America di Bush, gridando e protestando.

Il lancio delle scarpe, infatti, è un’ingiuria particolarmente grave per la cultura araba e islamica, tanto più che il cronista ha tacciato il presidente Usa di “cane”, offesa pesantissima poichè si tratta di un animale considerato impuro dai musulmani. Pe questo al Zaidi rischia una condanna a due anni di carcere per oltraggio a un capo di Stato straniero in visita, che diverrebbero addirittura quindici se fosse giudicato colpevole di tentato omicidio.
Ma al suo fianco sono scesi più di “200 avvocati iracheni e di altri Paesi”. Un esercito di legali pronti a difenderlo, a titolo gratuito, dice Khalil al-Dulaymi, ex avvocato del defunto presidente iracheno Saddam Hussein. «La nostra linea difensiva – dice l’avvocato – si baserà sul principio che gli Stati Uniti occupano l’Iraq e che quindi ogni forma di resistenza è legittima, compreso il lancio delle scarpe».

Ulema. Il gesto del giornalista trova anche il plauso del consiglio degli Ulema. «Un momento storico – lo definiscono – che ha mostrato agli Stati Uniti ed a tutto il mondo quello che gli iracheni pensano dell’occupazione».

Internet. Ritrasmesso su Youtube in più di 70 video e visto già 600.000 volte fino a questa mattina, il lancio delle scarpe contro il presidente americano è già un “cult” della rete.
(15 dicembre 2008)
Repubblica

Da notare sopra nel testo il dato della “perizia psichiatrica”: quella che in condizioni di libertà sarebbe stata una più che giustificata reazione ad un folle criminale che ha sulla coscienza innumerevoli vittime ed uno spreco immenso di risorse materiali – 3.000 miliardi di dollari il costo della guerra in Iraq – è invece sospettata di follia. Ma chi è il vero folle? Bush o al-Zaidi? La scarpa diventerà probabilmente il nuovo simbolo del movimento pacifista di tutto il mondo. Magari le proprie scarpe vecchie, appositamente conservate per l’uso finale. Andremo alle manifestazioni con sacchetti di scarpe vecchie per lanciarle contro i personaggi della Israel lobby di ogni angolo del mondo, una lobby a cui si deve non solo la guerra in Iraq e Afghanistan, ma ogni altra guerra che ci si appresta a scaternare in quell’area del mondo insieme al bavaglio mediatico che nel frattempo verrà messo a tutte le voci dissenzienti di Europa. Non ci resta che parlare con i piedi, cioè con le scarpe, non potendo usare la bocca. Questa è la la democrazia, la prima libertà rooselveltiana, la libertà di parola, che ora è stata importata anche in Iraq, aiutata da un SOFA, su cui riposarsi. Chi ha visto il film di Michael Moore ricorderà la scena della processione di insediamento di Bush jn., quando è dovuto correre per sottrarsi alla folla inferocita per le elezioni truffaldine che lo avevano portato alla Casa Bianca. Con il lancio delle scarpe in Bagdad George W. Bush chiude il suo secondo mandato presidenziale esattamente come lo aveva aperto.

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3. Bush criminale di guerra preso a scarpate. – Andando al link si trovano malamente riportati da «Informazione (S)scorretta» le cronache di una serie di giornali di quelli “non amati” dai sionisti torinesi, moralmente complici insieme con Bush di una guerra iniziata a suon di menzogne e finita a scarpate. Queste scarpate si estentono idealmente ai diffamatori professionali di IC che goffamente tentano di giustificare e difendere l’ingiustificabile e l’indifendibile. La guerra in Iraq ed in Medio Oriente biene condotta anche grazie a tanti manutengoli mediatici che meritano tante scarpate per ognuna delle loro parole tanto menzognere quanto infami.

4. Una scarpata ci vorrebbe per Angelo Pezzana e tutti gli altri. – Angelo Pezzana disonora tutto il popolo dei sodomiti, che già hanno in questo momento problemi di gran lunga più seri di quelli degli ebrei. Angelo è poi doppiamento sfortunato in quanto al tempo stesso sodomita ed ebreo: due problemi storici in una stessa persona! Mentre il mondo intero trae l’ovvia verità dal geniale lancio delle scarpe i sionisti torinesi, agenti in Italia dei sionisti isrealiani, unici beneficiari della guerra contro l’Iraq e l’Afghanistan e sobillatori per un”analoga guerra all’Iran, ebbene questi infami si arrampicano sugli specchi per ingannare le loro stesse facce riflesse da quegli specchi. Fanno pena o fanno schifo? Non ai posteri l’ardua sentenza, ma ai terzi estranei. Ho così poca considerazione di questi individui che neppure lontanamente mi immagino di inviare al loro indirizzo la mia opinione, quella stessa opinione che loro inviano a tutti i media italiani, appena riportano notizie su Israele da loro non gradite. So che ogni tanto vengono a spiare per trarre ogni occasione utile a lanciare le consuete accuse di antisemitismo, odio per Israele e simili baggianate tanto disoneste quanto assurde. Altro non sanno dire. Altro non sanno fare. Ma ce ne infischiamo di loro e riportiamo l’interessante testo dell’Unità, depurandolo dal loro stupido quanto infame commento, tuttavia sempre consultabile, cliccando sul link del titolo, per quanti cercando documenti comprovanti la stupidità umana smascherata come tale.
L’Unità, 17 dicembre 2008, p. 20

Se le cavallette decidono di ribellarsi

di Ascanio Celestini

Un miliardo e duecento milioni di islamici infestano il mondo. Cavallette che ci rubano il lavoro, violentano le nostre donne, impacchettano le loro femmine sottomesse dietro veli e palandrane, bombardano grattacieli americani con aeroplani ripieni di gente, fanno esplodere metropolitane e autobus, organizzano sassaiole contro militari indifesi, si ubriacano nei nostri quartieri pisciando sui muri, spacciano droga intossicando i bravi ragazzi che sono la futura classe dirigente, fanno sobbalzare i grassi nel sangue occidentale con polpette fritte e panini unti, impuzzoniscono i sedili di splendenti mezzi pubblici dove profumati cristiani depositano i propri igienici deretani. Sono gli stessi che appena gli capita svestono le loro castissime donne svendendole nelle strade malfamate delle nostre città. Sono zozzoni irrecuperabili e se noi non fossimo moderne personcine democratiche fino al midollo dovremmo raschiare nel fondo del pensiero lombrosiano e dire che sono razze inferiori.

Persino i migliori, i pochi laureati tra questi scimmiotti, nonostante abbiano avuto l’onore di essere ammessi al discorso di addio del buon George W. Bush, si sfilano le scarpe e gliele lanciano addosso. Questa potrebbe essere una versione dei fatti. Magari non con tutte queste immagini insieme. Magari il termine «scimmiotto» potrebbe essere usato in un bar romano e caciarone dove l’islamico è visto come violentatore, ubriacone e piscione puzzolente. Forse nella terra del carroccio si preferisce immaginarli come ladri di lavoro e terroristi che si riuniscono in moschea nonostante qualche onesto attivista padano porti il proprio suino da passeggio a orinare da quelle parti. È probabile che nel mezzogiorno baciato dal sole i temibili venditori di kebab e falafel impauriscano gli stimabili cittadini per la loro morfologia visibilmente differente dai tratti ariani caratteristici di questo spicchio d’Italia e certamente ai più accorti non potrà sfuggire che questi pezzenti sbarcati in gommone sono naturalmente spinti a traviare i giovani mediante spaccio di droga.

Certo che l’ALTRO è proprio difficile immaginarmelo come me. Se mi accorgo che c’ha qualcosa di diverso devo subito metterlo un palmo più in basso rispetto al mio grado di civiltà, igiene, rispetto, eccetera. In più questi islamici ci fanno paura per un sacco di motivi, e non ultimo per il fatto che c’hanno un Dio che si chiama in maniera differente dal nostro. “Ma Dio in arabo si dice Allah” mi ricorda un’amica. Ma quale Dio in particolare? Un cattolico arabo (e ce ne sono) come chiamerebbe il suo Dio? E un ebreo che si esprime in quella lingua? L’amica mi dice che Allah è solo una parola. Come la parola Dio o God. Certo che la questione è complicata, un fedele dell’Islam spesso enfatizza la doppia elle, considera il suo essere superiore come unico e indivisibile, tradizionalmente gli attribuisce novantanove nomi. Certo che quel Dio non ha figli e Gesu Cristo è solo un profeta. Certo che l’etimologia ci racconta molto del significato di un vocabolo. Certo che le parole non sono soltanto la loro definizione sul vocabolario. Perché poi ci stanno le persone, esseri umani con nome e cognome proprio, con la propria cultura, individui che prendono quelle parole e le usano come si usa un paio di scarpe. Ci entrano dentro e ci vanno a passaggio. E scambiarsi le scarpe è difficile, figuriamoci scambiarsi il cervello, lo sguardo, la cultura. Allora quando il giornalista iracheno Muntadar Al Zeidi scaglia le proprie scarpe contro Bush sento gli esperti che interpretano il lancio come il segno di massimo disprezzo nella sua cultura perché i piedi sono la parte più impura del corpo e imporre il contatto con le suole è davvero un’offesa pesante. Tanto più che il lanciatore ha accompagnato il gesto chiamando «cane» il suo bersaglio. Capisco, ma ‘sta volta vorrei cercare di restarmene anch’io chiuso nella mia cultura. Chiuso come il padano incazzoso, il romano caciarone o il meridionale impaurito. Sicuramente quel giornalista non pensava a quello che ho pensato io, ma dalle mie parti le scarpe ricordano i morti. I defunti che si mettono in viaggio per l’altro mondo e tocca aiutarli a arrivarci sani e salvi. Allora ci stanno quelli che tolgono le scarpe perché renderebbero troppo pesanti i piedi a un poveretto che non ha più la forza dei viventi. Qualcuno gliele mette, ma evita i lacci che lo potrebbero legare al nostro mondo impedendogli di partire. Qualcun altro invece gli lega i piedi per paura che le gambe si aprano appena arrivato alla porta incastrandolo nell’anta che tradizionalmente rimane mezza chiusa. Certe volte addirittura il viaggio nell’al di là si fa da vivi per evitarsi fatiche in uno stato che non possiamo nemmeno immaginare. Allora le scarpe si gettano via e si cammina scalzi sui sassi per conoscere il dolore che si proverà attraversando il ponte trafitto di spade che porta dall’altra parte.

Se fosse questo il significato della scarpa lanciata, se per ogni morto i nostri capi di stato dovessero ricevere una scarpata in testa... in aria volerebbero più scarpe che uccelli. L’attacco, neanche fosse stato un kamikaze pronto ad immolarsi. L’insipienza del presidente che dichiarò «missione compiuta» il 1˚ maggio del 2003 – cinque anni e mezzo di inferno fa – l’ha buttata in farsa. Bush è un ragazzone del Texas, che regala stivali ai capi di Stato in trasferta nel suo ranch. Il suo è un mondo che adora gli speroni. E le scarpe che gli sono piovute addosso non ne avevano. «Mettiti nelle mie scarpe», per gli anglosassoni è lo stesso che dire «mettiti nei miei panni», guarda le cose dal mio punto di vista. Perché la scarpa conserva l’impronta del piede di chi l’ha portata, un pezzo della sua storia: la strada fatta che ha consumato le suole, le pieghe della pelle che ha assorbito la forma del suo contenuto. «Mettiti nelle mie scarpe». Bush non sembra averlo mai fatto quando i suoi bombardieri seminavano ordigni «taglia margherite», prima dei titoli di coda, quando si è accorto che non era su un videogame. Bombe «taglia margherite»: un nome poetico per dire che dove cadevano non sarebbe sopravvissuto neppure uno stelo d’erba. Mucchi di scarpe agli angoli delle strade. Scarpe spaiate, impolverate, sporche di sangue. Chissà perché i morti le perdono subito nell’esplosione delle bombe, sotto alle macerie delle case distrutte, nella follia dei kamikaze che divampano tra la folla.

Da quando la guerra è ufficialmente «finita» 98.133 persone sono state uccise in Iraq, 98.133 paia di piedi che non camminano più. Le loro scarpe finite chissà dove. «Cane», ha gridato Muntazer Al-Zaidi, il lanciatore di scarpe, già diventato un eroe, con uno stuolodi avvocati pronti a difenderlo e una nascente intifada dei mocassini che sommerge di vergogna gli occupanti americani. Da noi «cane» non è una vera offesa, porta con sé il sentore stantio degli insulti di una volta. I militari statunitensi usavano cani - per gli islamici animali immondi - per perquisire le case dei civili iracheni, suscitando ribrezzo e sommosse. Da noi anche un mocassino lanciato è più uno sberleffo che un’offesa umiliante. E invece un paese intero si è riconosciuto in quel paio di scarpe volanti: letteralmente l’Iraq è quel paio di scarpe. Due modi diversi di guardare le stesse cose, la guerra degli occupanti e degli occupati. Due mondi diversi. E una distanza e una sofferenza troppo grandi per pensare che quella di Baghdad sia solo la comica finale. Non sarà una risata a seppellire le guerre di Bush.
Quella di Ascanio Celestini è una riflessione amara su una realtà ben nota alle gente comune, ma estranea alla classe politica, che proprio in questi giorni si distingue per ladrocinio e opportunismo.

5. Due «(s)corretti commenti» uno più idiota dell’altro. – Dopo una giornata faticosa dedicata a scrivere altro non penso di dover terminare la lettura dei due commenti redazionali di «Informazione (S)scorretta» decisamente uno più idiota dell’altro. Di fronte alla disperazione di un popolo che non può fare altro che lanciare le scarpe ai suoi invasori e tiranni, i due Assoluti Idioti non trovano di meglio che dire che questi sono i grandi benefici della democrazia. È come dire a chi in Africa soffre la fame che in questo modo mantengono la linea. Verrebbe la voglia di tirare non le scarpe in faccia a queste due idioti per celebrare i fasti della democrazia, ma di assestare due pedate a ciascuno su entrambi i glutei.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ti segnalo questo interessante articolo al riguardo:
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/esteri/iraq-126/bagdad-solidale-cronista/bagdad-solidale-cronista.html?rss

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Antonio Caracciolo ha detto...

Ho appena respinto un commento, forse della stessa persona, per contenuti illegali (volgarità ed insulti personali). Mi duole perché nella mia liberalità sarei portato a pubblicare proprio tutto. Ma non è un saggio criterio per motivi detti e noti. Voglio tuttavia tentare un estremo salvataggio dei commenti pur respinti. Non potendo lasciar passare i contenuti illegali né potendo tagliare i testi, posso però cercare di rappresentarne i contenuti plausibili e riportarli in forma pubblicabile.

Nel post ho alluso al fatto che Angelo Pezzana è un noto omosessuale. Il dato è pubblico e non credo che per Angelo Pezzana costituisca un’offesa né io riportando il dato ho inteso offendere gli omosessuali in quanto tali. Pezzana è stato fondatore del FUORI e per anni ha tenuto un’apposita rubrica in Radio radicale a ridosso della Reassegna stampa. Per questo mi era capitato di sentire le sue velenose cronache, dove non risparmiava nessuno. Ricordo gli insulti lanciati contro il mio amico Giano Accame. Se quelle trasmissioni ancora esistono nell’archivio sonoro di radio radicale se ne potrà trarre un’immagine del personaggio, che merita lo stesso livore con il quale lui ha trattato e tratta il suo prossimo.

Mi rendo conto di non essere esente da critiche se mi immagino il Sodomita biblico-dantesco come raffigurazione stessa della perversione morale. Probabilmente, anzi certamente, rispetto alla connotazione morale negativa l’elemento sodomitico è solo un carattere accessorio e non essenziale. Il negativo non è propriamente parlando il sodomitico ma una più intima caratteristica personale della quale l’elemento sodomitico diventa un dato accessorio che getta però una sinistra luce sulla Sodomia.

Non sono un esperto di ebraismo, ma mi sembra che neppure nella Bibbia ebraica la Sodomia rientri nell’elenco delle Virtù. Se poi Pezzana, da ebreo sodomita, pensa di voler fare la guerra all’Iran per liberare i Sodomiti islamici iraniani, non si tratta di cosa apprezzabile in quanto una simile guerra comporta un sacrificio di vite altissimo. Del resto, ufficialmente, Ahmadinejad alla Columbia University ha dichiarato che in Iran di omosessuali non ve ne sono e dunque il problema non si pone. Simili problemi possono e devono essere risolti in spirito di carità, certamente non con l’impiccagione ma ancor meno con la guerra.

Infine, l’anonimo commentatore tira in campo la mia persona ed i miei costumi sessuali. Posso soltanto assicurargli e ci tengo a farlo che nel modo più assoluto io omosessuale non sono. Quanto poi alle mia frequentazioni femminili, dove nella mia vita ho dimostrato e dimostro la mia virilità, trattasi di privacy di cui non sono tenuto a render conto a nessuno, e tantomeno ad un anonimo e vile cialtrone, incapace di argomentare e capace solo di insultare al riparo dell’anonimato.

Antonio Caracciolo ha detto...

Lo stesso provocatore, suppongo, torna alla carica con un “Viva Israele”. L’obiezione ed al tempo stesso la domanda è: “Viva Israele” significa forse viva la Nakba, la pulizia etnica, il genocidio, il razzismo, l’apartheid? Io a tutto queste cose non dico: Viva! e sono molto lieto di non aver nulla a che fare con Israele, anche se non posso fare nulla per impedire al governo in carica, pure da me votato, di intrattenere rapporti con uno stato che in nulla è da meno di quello nazista in fatto di connotazione assiologicamente negativa ed a prescindere da qualsiasi serio discorso a carattere storico. Magari fra 70 anni, quando non ci sarò più, qualcuno si domanderà come gli uomini di questa epoca sono stati indifferenti davanto al genocidio palestinese. Io no! E meno che che mai dico: Viva Israele!

Anonimo ha detto...

Tranquillo Antonio, devi aspettarti che ogni tanto venga qualche provocatore che scriva Viva iSSraele o che metta in dubbio i tuoi costumi sessuali, ma non devi preoccuparti.
Intanto ti segnalo che la Israel-lobby "In Difesa di Israele" ieri ha mandato un messaggio lunghissimo che ti inoltro nella casella email, fammi sapere se lo ricevi.
Cari saluti

Anonimo ha detto...

Caro Antonio, da quello che ho potuto vedere leggendo il tuo blog mi sembri uno con lo stomaco forte, quindi mi permetto di segnalarti questo testo, che sembra essere stato approvato dalla Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati e che trovi qui: http://www.fiammanirenstein.com/articoli.asp?Categoria=11&Id=2069
Cordialmente

Anonimo ha detto...

Interessante questo blog e le sue analisi, lo aggiungo ai miei preferiti, così ci vengo più spesso.

Anonimo ha detto...

ok, se non ti schifi ti linko una pagina di solidarietà "particolare" ad al zaidi.
non so bene cos'è: c'è un mezzo articolo, un mezzo commento e soprattutto un mezzo gioco delle scarpe che mi ha fatto scompisciare dal ridere.
te lo linko anche perché è un made in italy e viene nientepocodimeno che da un sito sul feticismo (!).
e complimenti per la completezza del tuo approccio al fatto.