sabato 8 novembre 2008

Protagonisti: 59. Yasser Arafat, l’uomo del bidone di Oslo

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Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo! Con uno sguardo sull’Europa e sui luoghi da dove si tengono i fili.
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Sezioni tematiche. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. L’11 settembre: misteri, dubbi, problemi. – 4. Rudimenti sul Mossad: suo ruolo e funzione nella guerra ideologica in corso. – 5. Free Gaza Movement: una sfida al blocco israeliano di Gaza. – 6. La pulizia etnica della Palestina. – 7. Studio delle principali Risoluzioni ONU di condanna a Israele. – 8. Cronologia del conflitto ebraico-palestinese. – 9. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 10. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 11. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 12. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 13. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; VIII. Morris; – 14. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 15. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 16. La sotterranea guerra giudaico-cristiana dei nostri giorni. – 17. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 18. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 19. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 20. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Anche se morto l'11 novembre del 2004 Yasser Arafat resta una figura centrale per comprendere la storia recente del conflitto israelo-palestinese. Riprendendo un giudizio apparso su “Repubblica del 10 febbraio 2005 Arafat «era il volto del suo popolo... era riuscito a rappresentarli tutti, a emergere come il volto del popolo palestinese, per loro stessi e per il loro mondo. Il fine ultimo di Arafat era l’unità nazionale, senza di cui, ne era convinto, non si poteva ottenere nulla. Era divenuto l’anello di connessione tra i palestinesi della diaspora e quelli rimasti in patria, tra coloro che avevano perduto tutto nel 1948 e coloro che erano stati occupati nel 1967». In effetti, se se si tenta di tracciare un quadro storico del conflitto secolare che vede i palestinesi nel ruolo di preda e i coloni sionisti in quella di predatori, ci si rende conto di come esista una strategia di lunga durata, premedita e cadenzata nel tempo, volta a trasformare le popolazioni indigene in una moltitudine da spossessare, sterminare, disperdere. Se si va a prendere uno schizzo storico tracciato da un sionista nostrano si vede come riappare nel XXI secolo la teoria razzista delle popolazioni selvaggie, di cui al convegno di Berlino le potenze coloniali si riservano di poter fare ogni cosa. Insomma, mi sono reso conto che per capire l’attualità dell’oggi bisogna ancora riflettere sulla figura di Arafat e solo dopo su quella del suo successore, Abu Mazen, che al momento mi appare come un fantoccio nelle mani congiunte di Usa e Israele.

Versione 1.0
Status: 9.11.08
Sommario: 1. Satira odiosa contro Arafat: le vignette dei «Corretti Informatori». –

1. Satira odiosa contro Arafat: le vignette dei «Corretti Infomatori». – L’«odio» è una fattispecie penale che grazie alla legge Mancino viene usata strumentalmente per fini di lotta politica. Non mi stancherò mai di ripetere che la sua introduzione dalla dottrina morale al sistema giuridico è un altro attentato alla certezza del diritto. Tuttavia, è possibile documentare come di “odio” ve ne sia molto di più di quanti si appellano alla legge Mancino che non nei soggetti contro i quali la denuncia è rivolta. Nell’archivio di «Informazione Corretta» l’odio si taglia a fette e si pesa a quintali. Le vignette collezionate contro Arafat potrebbero essere respinte usando le stesse argomentazioni a difesa degli stessi per Fiamma Nirenstein, cui Vauro aveva dedicato una vignetta. Classico caso di parzialità e faziosità. Non si salva dall’«odio» dei «Corretti Informatori» neppure il conferimento ad Arafat del Premio Nobel per la Pace, la cui istituzione tanto varrebbe abolire se si ritiene non credibile la giuria che conferisce simili premiazioni. Personalmente non avrei nulla in contrario e non sono stato certo io ad istituirle. Ma finché esistono non credo che il premio possa valere quando viene conferito a Elie Wiesel e non quando a riceverlo è invece Arafat o Desmond Tutu, che ha ripetutamente affermato essere Israele uno stato dell’apartheid, incompatibile con la nozione condivisa di democrazia. In breve, credo che si possa così riassumere l’intera vicenda storica del conflitto sionista-palestinese. Nella seconda metà dell’Ottocento si venne elaborando il concetto di popolo ebraico come un sottoprodotto del nazionalismo europeo, da cui emersero poi degenerazioni razzistiche fra le quali le più rilevanti furono il nazismo ed il sionismo. Approfittando delle congiunture internazionali di volta in vola più favorevoli fu elaborato dai Savi del Sionismo il piano di conquista coloniale della Palestina, che secondo l’ideologia elaborata era la terra dei padri dove ritornare, la Terra Promessa. Geneticamente non vi è nessuna relazione fra le orde di coloni sbarcate in circa un secolo sulla costa della Palestina e gli antichi abitanti della provincia romana. Non 70 d.C. non vi nessuna espulsione di massa: i romani non avrebbero avuto i mezzi tecnici per una simile deportazione di massa. Rinvio qui a Shlomo Sand, di cui è ora disponibile una traduzione francese per chi non legge l’originale ebraico. Ad un piano lungamente premeditato e preparato da parte dei colonizzatori si contrappone la totale sorpresa e impreparazione delle vittime sacrificali designate, cioè i palestinesi. Al piano di colonizzazione era strettamente associato fin dagli esordi un piano mediatico per accreditare un’immagine “buona” degli aggressori e occupanti coloniali ed una “cattiva” delle vittime aggredite. La resistenza e l’unificazione politica delle vittime palestinesi si forma molto tardi ed in condizioni di grande precarietà. Si inserisce qui la figura storica di Yasser Arafat, che è troppo complessa per poter essere da me trattata in questo contesto. Ma non è tanto di Arafat che io intendo occuparmi quanto dei suoi denigratori ed “odiatori” professionali. Nell’archivio di IC si trova su Arafat il più grande numero di scheda dal 2001 ad oggi. Li passeremo in rassegna non per studiare Arafat, ma i nostri «Corretti Informatori», certamente un caso significativo di criminalità politico-mediatico, che purtroppo gode di impunità e tolleranza. Con questo non mi faccio io promotore delle stesse denuncie e diffamazione che loro spalmano ogni giorno nel ciberspazio, ma rivendico a me stesso il diritto di potermene difendere con una lecita critica ed una demistificazione che si avvale degli strumenti analitici a mia disposizione.

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