venerdì 14 novembre 2008

Cronisti: 60. Michelangelo Cocco l’altra bestia nera del “Manifesto”

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Michelangelo Cocco è insieme con Michele Giorgio l’altro giornalista del “Manifesto” le cui cronache fanno letteralmente imbestialire i «Corretti Informatori». Ogni sua frase, ogni aggettivo che non pare in sintonia con il sionismo suscita il commento irato e fazioso dei sionisti torinesi, e non è un modo di dire. Abbiamo potuto appurare dell’esistenza di apposita sezione di sionismo piemontese. Ci ha indotto ad aprire una specifica scheda su Cocco la qualità delle sue informazioni e la qualità delle reazioni che esse suscitano nella nostra cartina di tornasole, cioè i «Corretti Informatori”. In particolare la reazione di fronte all’unica ipotesi possibile e realistica di una convivenza pacifica per porre fine ad un conflitto che dura da cento anni. Vale a dire la costruzione dello Stato unico dove non si distingua fra ebreo e palestinesi. Il timore della prevalenza demografica dei palestinesi, non compensata dall’immigrazione ebraica, rivela il sostanziale razzismo dell’attuale stato di Iraele.

Versione 1.2 / 27.09.09
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Sommario: 1. La casa negata. – 2. I lettori sanno bene perché esistono i posti di blocco. – 3. Le guerre preventive. – 4. La cronaca del Tuc. – 5. Tra il puerile e l’isterico. –

1. La casa negata. – Uno dei “topoi” più frequenti della propaganda israeliana è il “diritto all’esistenza di Israele”. È un’espressione curiosa ed ambigua quanto mai. Curiosa perché ciò che esiste semplicemte esiste: è un dato di fatto, non un diritto. Èsiste ciò che è, non ciò che non è. Parlare di un diritto ad esistere di cui sia titolare un soggetto inesistente è un’assurdità da manicomio. In realtà si intende altro. Si intende un riconoscimento di piena legittimità di uno status di fatto fondato su violazione di diritti altrui. La Nakba è in un certo senso il corrispettivo dell’«Olocausto». Nel 1948 750.000 palestinesi furono scacciati dalle loro case e dai loro villaggi per non farvi più ritorno. Poco importa che se ne siano andati – come sostengono gli storici di regime – per timore della guerra in atto o per qualsiasi altro motivo. Quelli erano i loro villaggi e le loro case e per nessun motivo potrebbero essere privati del loro diritto. Il diritto all’esistenza di Israele è in pratica il diritto all’annientamente del popolo palestinese: è un diritto inammissibile da parte di una comunità internazionale che pretenda di essere regolata sul principio dei diritti umani.

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2. I lettori sanno bene perché esistono i posti di blocco. – Nel regime di apartheid che vige in Israele sono evidenti i numerosissimi segni di una condizione di vita assurda che però gode della protezione dell’unica Superpotenza rimasta. I posti di blocco o Check Point sono uno dei modi in cui Israele continua la sua pulizia etnica. Aumentare il grado delle angherie alla popolazione indigena, cui già sono state sottratte terre e case, per costringerle ad andarsene ed in questo aumentare il grado di purezza della razza sionista. L’infame commento ha il consueto grado di infamia e noi non facciamo altro che registrarlo. Riceviamo regolarmente la newsletter di «Informazione Corretta» e quindi siamo anche noi lsuoi lettori: per la verità siamo più lettori di «Informazione Corretta» che non del “Manifesto” che leggiamo sempre con interesse grazie al servizio che i “Corretti Informatori” ci offrono. Naturalmente, il nostro giudizio è diametralmente opposto e li ringraziomo del servizio che ci hanno offerto: farci conoscere che esistono persone come loro. Non lo avremmo mai sospettato. Ma esistono!

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3. Le guerre preventive. – Di guerre preventive conosciamo già quelle di Bush contro L’Afghanistan e l’Iraq, guerre fomentate dal sionismo. Guerre preventive sono anche gli “omicidi mirati” ottenuti spesso con la delazione ottenuta mediante tortura e corruzione. I nostri “amici” non escludono nessun genere di mezzi. Ad esempio, il rapimento in Roma di Mordechai Vanunu, responsabile di aver rivelato al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana. Il sindaco Alemanno si è ben guardato dal conferire a Vanunu la cittadinanza onoraria e di chiedere conto al governo israeliano dell’oltraggio recato alla città di Roma ed ai suoi cittadini, una cittadina considerata alla stregua di un cortile di Tel Aviv. Venendo al merito dell’articolo di Michelangel Cocco, che non era chiaramente presente a New York, ma ricostruisce il suo articolo su fonti di agenzia, egli si limita ad un onesto resoconto. Quanto ai documenti tirati fuori da Netanyahu sulla conferenza di Wannsee mi sembra si tratti di una bufala e per una trattazione scientifica rinvio ad un capitolo del maggiore storico su questi problemi, cioè Carlo Mattogno, un capitolo dedicato proprio alla conferenza di Wannsee. Quanto mai oltraggiosa la “foto” allegata. Non credo che Michelangelo Cocco presterà attenzione ai «Corretti Informatori», ma mi chiedo a proposito della foto allegata potrò usare io analoghi mezzi di denigrazione senza venir tacciato di antisemitismo verso i «Corretti Informatori» ed altri esponenti sionisti? “Due pesi due misure”?

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4. La cronaca del Tuc. – Il Tuc è il più grande sindacato inglese, forse ancora più rappresentativo della nostra CGIL che in termini numerici racchiudeva il maggior numero di lavoratori sindacalizzati. Non può non far riflettere che il maggior sindacato inglese abbia aderito alla campagna internazionale di boicottaggio di Israele. Non si tratta del sindacato quasi fantasma che mesi addietro aveva fatto allarmare per un presento boicottaggio organizzato dei negozi ebrei in Roma, quando tutti i “clienti” politici avevavo inscenato l’ennesima manifestazione contro l’antisemitismo, una risorsa polemica e propagandistica sempre più screditata. No, questa voltà è il maggiore sindacato inglese che scende in campo, piaccia o non piaccia, come si suol dire. Soprattutto hanno di che riflettere i sindacati nostrani, che in anni passati si erano distinti depositando una bara in Roma davanti alla sinagoga. Erano altri tempi. Ma non è detto che non possano tornare. Dipende tutta dalla guerra dell’informazione, rivolta non ai politici corrotti e infeudati, ma alla grande massa dei cittadini, fuorviata da un’informazione falsa e da politici che mangiano in Israele, nei ristorandi di Gerusalemme e Tel Aviv intendo dire, ristoranti ben conosciuti da un giornalista sionista di nome Sfaradi, che scrive in genere sul foglio L’Opinione a totale carico del contrbuente italiano. La decisione del sindacato inglese è stata presa a maggioranza assoluta e viene dopo la pubblicazione del rapporto Goldstone, fatt certamente non casuale.

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5. Tra il puerile e l’isterico. – Si accede ad un link di «Informazione Corretta» dove si scarica la consueta dose di livore contro la prosa giornalistica di Michelangelo Cocco che dal Manifesto riporta una cronaca sul rapporto Goldstone, dove si sottolinea che Goldstone ha differenza del recentemente “trombato” – per opera della Lobby – Hosny non è un “musulmano” per definizione odiatore di Israele, ma si tratta di un “ebreo”, Goldstone, che si professa “amico di Israele”, cioè “sionista”. Cionostante Goldstone trova che Israele abbia superato ogni limite tollerabile da una comunità internazione che accettando un regime di impunitò per Israele rischia la distruzione di quei principi e quelle regole che vanno sotto il nome di diritto internazionale e che sono un freno al pieno scatenamente di quella nozione di diritto naturale, cioè di bellum omnium contra omnes, che è il fondamento della realistica dottrina hobbesiana. Che Goldstone si sia dimostrato “amico” di Israele lo si vede negli strali lanciati verso Hamas, che non li meriterebbe perché è un legittimo resistente. Ma Goldstone non è uno storico e limita la sua analisi, il suo rapporto allo strettissimo periodo fra il 27 dicembre 2008 e 18 gennaio 2009, ignorando le relazioni di causa ed effetti di una lunghissima storia che inizia dal 1882 e conosce un’accelerazione sulla via del genocidio partendo dal 1948, anche per responsabilitàà direttamente imputabili al neonato ONU.

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