Versione 1.1/6.10.09
Sommario: 1. I reparti speciali di Abu Mazen. – 2. Il Quisling di cui già si sapeva. – 3. Ancora su Abu Mazen e il rapporto Goldstone. – 4. Si trascina, lo sventurato, con fatica e vergogna. –
1. I reparti speciali di Abu Mazen. – Iniziamo il nostro viaggio nello studio sulla percezione di Abu Mazen da parte dei «Corretti Informatori» ed i loro ambienti di riferimento, partendo dall’ultima notizia. Andando al link oltre al “corretto” commento si trovano i testi di due articoli usciti su Manifesto dell’8 novembre 2008, p. 9. Per i “corretti informatori” costituisce una buona notizia che gli “uomini delle forze di sicurezza dell’Autorità palestinese” abbiano “forse” il compito non di proteggere i palestinesi della Cisgiordania ma di combattere altri palestinesi, cioè «Hamas e il terrorismo». Nel vecchio buon vocabolario che dà un senso logico alle parole, chiamando pane il pane e vino il vino, quanto i “corretti informatori” ritengono una “buona notizia” (per loro) è invece per tutti (loro compresi) una eclatante dimostrazione di “tradimento” e di “collaborazionismo”. Qui dei palestinesi combattono altri palestinesi, non l’invasore occupante. E questa storia risale a qualche anno fa, ad un episodio di cui i media rovesciano il significato. L’operazione di questi giorni era già stata tentata nel giugno dello scorso anno, ma le vittime designate accortesi che si trattava di un colpo di stato, lo hanno sventato in tempo. Dispiace che Abu Mazen vi si sia prestato. Capisco le divergenze interne sulla migliore politica da seguire, ma il tradimento e l’intesa con il nemico è cosa che non può ma essere giustificata e difesa. Non sappiamo come andrà a finire. Purtroppo solo nelle favole la giustizia ed i buoni trionfano sempre. La realtà dimostra spesso il contrario. L’inganno nasce dal fatto che chi vince dice se stesso buono e cattivo il vinto. Noi veniamo educati secondo questa narrazione. Solo il pensiero critico riesce con il tempo a scoprire faticosamente la verità. E non è difficile tappare la bocca ai pochi che hanno saputo far cadere i veli della menzogna. Il sapere è così spesso una scienza triste perché si ha la visione del male, dell’ingiustizia, della prepotenza senza potervi dare rimedio. Una volta tanto però ci è possibile seguire il “male” nel suo farsi, non dopo secoli dall’evento e grazie a qualche casuale rinvenimento di documenti di archivio.
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2. Il Quisling di cui già si sapeva. – La notizia ha dell’invredibile nella sua assurdità, ma dovrebbe convincere anche i saggi della natura di Abu Mazen, cioè un quisling. Che la politica di Israele sia quello di produrre governi fantocci è cosa evidente. È da attribuire ad Abu Mazen la responsabilità per il blocco del rapporto Goldstone a Ginevra. Che ciò sia solo negli interessi di Israele che evidentemente ha usato la carta Abu Mazen dovrebbe far riflettere sulla natura del cosiddetto “processo di pace”, in realtà solo un lento processo di sterminio e di pulizia etnica che dura dal 1948.
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3. Ancora su Abu Mazen e il rapporto Goldstone. – Riporto integralmente questo testo ripreso da Forum Palestina:
Ancora su Abu Mazen e il rapporto Goldstone
Arrivano nuovi particolari sugli argomenti impiegati da Israele per indurre l’Autorità Palestinese di Abu Mazen a ritirare il suo sostegno al rapporto Goldstone sui crimini di guerra a Gaza.
L’emittente Al Jazeera ha ripreso la nota dell’agenzia Shehab, secondo la quale militari israeliani avrebbero mostrato a funzionari dell’AP un video fortemente compromettente per il presidente Abu Mazen, ripreso mentre, durante l’operazione “Piombo Fuso”, insiste con il ministro della difesa israeliano Barak per il proseguimento dell’operazione militare, sostenendo la posizione in questo senso del premier Tzipi Livni, contrapposta ad un Barak piuttosto riluttante. Inoltre, gli Israeliani sarebbero in possesso della registrazione di una conversazione telefonica, sempre durante l’offensiva contro la Striscia di Gaza, in cui il segretario della presidenza dell’AP, Tayyeb Abdul Rahim, incita un interlocutore israeliano ad attaccare il campo profughi di Jabalya e quello di Shate, poiché la capitolazione di questi campi avrebbe provocato il collasso del potere di Hamas a Gaza.
Si apprende ora che quell’interlocutore era Dov Weisglass, potente collaboratore di Sharon e dei suoi successori. In quella conversazione, Weisglass avrebbe detto ad Abdul Rahim che un attacco del genere avrebbe provocato la morte di migliaia di civili, e che il dirigente dell’AP avrebbe risposto: “Quelli hanno votato tutti per Hamas, si sono scelti il loro destino”.
La vicenda è stata pubblicata anche dal quotidiano israeliano Maariv, il quale aggiunge che, oltre alla minaccia di rendere pubbliche le registrazioni video ed audio, il premier israeliano Netanyahu avrebbe avvertito Abu Mazen che il suo sostegno al rapporto Goldstone avrebbe gravemente danneggiato il processo politico.
A sua volta, il delegato del Qatar al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, Cheikh Khaled Ben Jassem, ha detto ad Al Jazeera che «la decisione di ritirare il rapporto è stata palestinese. L’accusa del capo del governo della Striscia di Gaza, Haniyeh, secondo la quale il presidente Abbas avrebbe personalmente pronunciato la decisione, è vera».
4. Si trascina, lo sventurato, con fatica e vergogna. – Non mi è giunta notizia di manifestazioni in Roma per accogliere degnamente Abu Mazen. Probabilmente ce ne saranno, ma io non ne ho avuto notizia. Lieberman era stato accolto con scarpate in faccia sulla sua effigie affissa in un muro di Piazza Argentina. Qui le scarpate in faccia non sarebbe più sufficiente. Ci vorrebbe qualcosa di più consistente: la classica pedata sul sedere, magari di un manichino confezionato allo scopo. Il palese tradimento apre tuttavia degli sviluppi che occorrerà seguire. Cosa venga poi a fare a Roma è un mistero. Probabilmente, a fare del turismo e ad provari gli agi di un Quisling.
2 commenti:
Ciao Antonio, ti segnalo questo evento sponsorizzato dalla prof.ssa Marina Caffiero:
Giorno della Memoria 2009
Seminario di formazione per docenti
Identità, diversità e memoria
Martedì 25 novembre 2008, ore 9.00 – 18.00
Teatro dei Dioscuri, Via Piacenza, 1 - Roma
Programma
Ore 9.00 Accoglienza e registrazione
Ore 9.30
Indirizzi di saluto
Maurizio Fallace, Direttore Generale per i Beni librari, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore
Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità ebraica di Roma
Victor Magiar, Assessore UCEI per il Giorno della Memoria
Ore 10,00
I sessione:
Introduce:
Liliana Di Ruscio
coordina:
Michele Sarfatti
Ore 13.00
Pausa Pranzo
Le condizioni del fare storia
Enrico Castelli Gattinara, Università di Roma La Sapienza
Vero e falso. Il mestiere dello storico tra uso delle fonti e problemi di divulgazione.
Marina Caffiero, Università di Roma La Sapienza
Lo studio empirico del pregiudizio.
Enzo Campelli , Università di Roma La Sapienza
Una lettura filosofica delle memorie di terza generazione.
Raffaella Di Castro, ricercatrice
Proiezione del filmato “Sogni bruciati”, regia di Rebecca Samonà, a cura di Sira Fatucci e Lia Tagliacozzo, realizzato dall’UCEI-DIRE. Intervengono le autrici, introduce Gloria Arbib (UCEI-Fondo 249).
Ore 14.00
II sessione:
Introduzione ai lavori
Paola Rita Stella, Assessore alle Politiche della Scuola della Provincia di Roma
Enrico Modigliani, Progetto Memoria della Fondazione CDEC e del Centro di Cultura Ebraica della Comunità Ebraica di Roma
coordina:
Bice Migliau
Come ascoltare e far ascoltare un testimone.
Rita Gravina, Dottore di ricerca Università di Teramo
Tavola rotonda:
Nel 70° anniversario delle leggi razziali: le scuole ebraiche di emergenza nel 1938 a Roma.
Parlano i testimoni: Silvana Ajò, Gino Fiorentino, Giacometta Limentani, Laura Supino
Dibattito
Nei locali del Teatro dei Dioscuri sarà esposta la mostra: 1938-1945. La persecuzione degli ebrei in Italia” a cura della Fondazione CDEC.
Ciao
Mi segno l’evento. Conto di andarci se non ne sarò impedito da maggiori impegni. Se ci andrò, ne darò una cronaca. Se mi sarà concesso intervenire, lo farò sapendo di giocare fuori casa. Chi accetta l’idea di un simile convegno è già orientato. La “formazione” dei docenti è in realtà un “condizionamento” istituzionalizzato dei docenti. Ringrazio il buon Dio di non essere io docente nelle scuole medio-superiori dove l’on. Colombo ha messo il cappio ad oltre un milione di insegnanti italiani. Ancora nelle unversità non siamo sottoposti ad una simile “rieducazzione”. La “memoria” è qualcosa di soggettivo ed è sempre diversa da persona a persona. La storia non è poi la memoria. Insomma, ci andrò e se anche lei è presente mi contatti pure. Speriamo che non ci arrestino entrambi. Tocca perciò essere prudenti.
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