Gaza. Solidarizzare con chi resiste, denunciare chi collabora con i bombardamenti israeliani
In queste ore la Striscia di Gaza è stata trasformata in una trappola mortale dai bombardamenti israeliani che hanno già fatto centinaia di morti e altrettanto feriti che moriranno nelle prossime ore perché gli ospedali erano al collasso già da due anni a causa del vergognoso embargo.
I palestinesi di Gaza sono chiusi in ogni lato dai militari israeliani e da quelli egiziani, sottoposti a micidiali bombardamenti e impediti a uscire da questo nuovo “ghetto di Varsavia” per cercare rifugio, alimenti, assistenza medica e protezione.
Chiunque abbia un minimo senso di giustizia e verità oggi non può e non deve tacere di fronte al genocidio in corso a Gaza, un genocidio fatto prima di lento strangolamento economico/sanitario e di assedio e poi da missili, bombe e cannonate sull’area del mondo a maggiore densità di popolazione.
Noi riteniamo che sia giunto il momento di prendere posizione e di avviare una vasta campagna di mobilitazione tesa a impedire l’annientamento politico e materiale della popolazione palestinese da parte di Israele.
Per questi motivi riteniamo che:
1) Oggi occorre schierarsi apertamente con chi a Gaza oppone resistenza con ogni mezzo all’aggressione israeliana e condannare altrettanto apertamente chi si dissocia dalla resistenza. Riteniamo pertanto inaccettabili le parole e l’atteggiamento del presidente palestinese Abu Mazen e degli altri dirigenti dell’ANP che ritengono Hamas, e non Israele, responsabili della situazione, cercando di approfittare dell’aggressione per determinare un nuovo rapporto di forza dentro lo scenario palestinese. Abu Mazen si dovrebbe preoccupare di smentire le dichiarazioni del ministro israeliano Tzipi Livni la quale ha confermato che l’offensiva militare contro Gaza e Hamas andrà avanti fino a quando non ci sarà un nuovo equilibrio di potere funzionale agli interessi israeliani. Se la prospettiva di Abu Mazen e dell’ANP è simile a quella di un governo come quello di Al Maliki in Iraq, è evidente come tale prospettiva non possa trovare più alcun sostegno da parte di chi anima la solidarietà con la lotta del popolo palestinese.
2) Sulla situazione in Palestina emergono le gravissime complicità dei regimi arabi reazionari e filo imperialisti – in modo particolare dell’Egitto – che si rende ancora complice dell’embargo e del blocco contro la popolazione palestinese di Gaza arrivando a schierare le forze armate ai confini e facendo sparare contro i palestinesi che cercavano di fuggire dalla trappola di Gaza cercando rifugio e protezione in Egitto.
3) Va affermato con forza che la responsabilità della drammatica situazione a Gaza è della politica di annientamento perseguita da Israele con la complicità dell’Egitto, degli USA e dell’Unione Europea e non di Hamas. Non si può continuare a fare confusione su questo.
Gaza è assediata per terra e per mare da due anni chiudendo in trappola un milione e ottocentomila persone. La tregua non è stata rotta da Hamas o dalle altre organizzazioni palestinesi attive nella Striscia di Gaza ma dalle autorità israeliane che durante la "tregua” hanno ucciso 25 palestinesi, effettuato arresti e rastrellamenti in Cisgiordania, mantenuto chiusi i valichi impedendo ai palestinesi di Gaza di entrare, uscire o ricevere i rifornimenti necessari per sopravvivere. Ogni simmetria tra il lancio di razzi palestinesi a dicembre e i feroci bombardamenti israeliani è una ingiuria alla verità e alla giustizia.
4) I governi europei (incluso quello italiano) hanno preso posizioni formali ed equidistanti sul mattatoio in corso a Gaza che rivelano una grande preoccupazione per le ripercussioni degli avvenimenti in corso ma senza trarne le dovute conclusioni nelle relazioni politiche, diplomatiche e commerciali con Israele. Hanno accettato e mantenuto l'embargo contro i palestinesi di Gaza ed hanno mantenuto i rapporti di collaborazione militare, scientifico, economico con le istituzioni israeliane. Il governo israeliano ha messo non solo l’Europa ma anche la nuova amministrazione USA di fronte al fatto compiuto potendo godere di un livello di impunità per i propri crimini di guerra e contro l’umanità che la storia dal dopoguerra a oggi non ha assicurato a nessun altro stato.
5) Il popolo palestinese vive un momento estremamente difficile dal quale potrebbe uscire ridotto ad una esclusiva questione umanitaria che negherebbe decenni di lotta politica e di ambizioni alla liberazione nazionale della Palestina. Il popolo palestinese da anni affronta la più pericolosa potenza militare esistente in Medio Oriente – Israele – potendo contare sul sostegno solo delle altre forze che animano la resistenza antisionista nella regione, a cominciare dal Libano. L’unità di tutte le forze della resistenza a livello regionale è un passaggio che i movimenti di solidarietà in Europa devono appoggiare con ogni sforzo.
In questi giorni in molte città italiane – Roma, Milano, Bologna, Napoli, Pisa, Firenze, Lecce, Cagliari, Padova, Vicenza, Bari e tante altre – ci sono state alcune prime, tempestive e spontanee manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese, contro la strage in corso a Gaza e il terrorismo di stato israeliano. Questa mobilitazione deve proseguire nei prossimi giorni. Cortei sono già stati annunciati in diverse città italiane per sabato 3 gennaio. La nostra iniziativa deve dimostrarsi di essere capace di spezzare o mettere in crisi la catena delle complicità con i crimini di guerra israeliani a cominciare dagli anelli della disinformazione, della subalternità politica e della collaborazione militare e commerciale tra Italia e Israele.
29 dicembre 2008
2.
Gaza e noi
Il documento che segue è una lettere di un giornalista alla redazione del “Corriere della Sera” e rivela l’esistena di un dibattito interno. Il documento è da me ripreso dal «Informazione (S) corretta», la cui natura richiede ormai poca illustrazione così come sono scontati i suoi “scorretti" ed infami commenti. Per quanto riguarda il mondo dei giornali, in specie, il “Corriere della Sera” sono diverse le considerazioni che possono farsi: proprietà, direzione, redazione, linea politica, grado di autonomia dei singoli giornalisti, rilevanza e sensibilità dei temi toccati.
Gaza e noi
Da: Farina Michele
Inviato: domenica 28 dicembre 2008 18.56
A: Corsera - Redazione Completa
Oggetto: Gaza e noi
Cari tutti,
permettete questa (cestinabile) turbata intrusione che riguarda la nostra copertura dei fatti di Gaza.
Mi sembra che i commenti che partono oggi dalla prima del Corriere vadano sostanzialmente nella stessa direzione, avendo come giusto bersaglio il terrorismo di Hamas, il diritto di Israele a difendersi etc.
Non discuto qui la linea politica del giornale, né la scelta dell’ottimo Antonio Ferrari che firma la nostra analisi,
né le cronache del grande Franck SuperBat Battistini. Ma forse i lettori potrebbero essere interessati a un più articolato assortimento di punti di vista in sede di riflessione. Che esistono, “nel mondo”, in Israele e anche tra gli editorialisti del nostro giornale (ho avuto modo di parlare recentemente con Sergio Romano, il “realista” Romano, che ha avuto parole dure contro l’”assedio” israeliano di Gaza). Certo noi non siamo Haaretz, il minoritario Haaretz, che nel suo profluvio di commenti tutto sommato equilibrati dà spazio anche alle parole forti di Yossi Sarid, che conclude il suo scritto (titolo: “speriamo che questa volta sapremo quando fermarci”) in questo modo: “A million and a half human beings, most of them downcast and desperate refugees, live in the conditions of a giant jail, fertile ground for another round of bloodletting. The fact that Hamas may have gone too far with its rockets is not the justification of the Israeli policy for the past few decades, for which it justly merits an Iraqi shoe to the face”.
“Not the justification”. Noi non siamo Haaretz (e io non sono un pacifista all’acqua di rose). Ma sui bombardamenti a Gaza è critica l’Unione Europea nel suo insieme (sul Corriere di oggi citiamo nel titolo solo Sarkozy, pur presidente di turno Ue). E’ critica la Chiesa (occhiello della Repubblica di oggi in prima pagina, di oggi, non di domani).
Critiche rituali? Posizioni scontate che non meritano una presa di posizione di fronte ai nostri lettori?
Certo Hamas si merita una “scarpa irachena” in faccia anche per l’uso criminale della popolazione civile (palestinese e israeliana). E si può discutere se Yossi Sarid abbia ragione a lanciare un’altra scarpa in direzione opposta, nel cortile di casa sua. Ma forse un grande giornale come il Corriere, nel giorno dei 200 morti a Gaza, sarebbe stato il posto giusto in cui trovare traccia (anche) di questa discussione.
Grazie per l’attenzione
Michele Farina
Redazione Esteri
(segue)
2 commenti:
Caro dott.Caracciolo, sto monitorando la crescita della lobby "In Difesa di Israele", permettimi di segnalarti questi links:
http://forum.panorama.it/viewtopic.php?pid=200687 (Leggi il 3° messaggio)
http://www.icn-news.com/index.php?do=news&id=5458
http://www.unaviaxoriana.it/cgi-bin/uvpo/index.cgi?action=viewnews&id=712
Cari saluti
Luca
Grazie, anche io mi sto organizzando ed ho approntato un format per trattare la propaganda immessa da “in difesa di israele”. Quello che può sembrare una nuova temibile arma del sionismo mediatico può invece essere sfruttata all’inverso. I siti e i blog che pubblicheranno i lanci di iddi (in difesa di Israele) si qualificheranno essi stessi come sionisti ed è possibile farne un censimento, monitorandoli e confutandoli. Rendono quasi un prezioso servizio alla resistenza. Credo che la propaganda più insidiosa e pericolosa del sionismo sia quella occulta, subdola e subliminale. Massimo esempio l’equiparazione napoletana fra antisionismo e antisemitismo, scritta molto probabilemte da Arrigo Levi, consulente presidenziale. La propaganda aperta e sfacciata mi sembra per la verità alquanto grossolana e facile da affrontare davanti al tribunale del giudizio dei terzi, ossia la posta in gioco di ogni comunicazione di questo genere.
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