domenica 14 giugno 2009

Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodogia. – Cap III § 8.8: Le cremazioni all’aperto.








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Rinvii:
Testo integrale - Graf -

CAPITOLO III
I «centri di sterminio»
8.8
Le cremazioni all’aperto

Su questo argomento Hilberg scrive:
«In previsione di un’evoluzione, lo specialista di Auschwitz incaricato dell’eliminazione dei cadaveri, l’Hauptscharführer Moll - un uomo descritto come un sadico dotato di un’energia inesauribile - diresse gli scavi di otto nuove fosse di più di quaranta metri di lunghezza, otto metri di larghezza e due metri di profondità» (p. 1040).

Nell’edizione italiana del libro di Hilberg qui c’è un po’ di confusione nelle fonti. Le note 482 e 483 si riferiscono entrambe al libro di Müller. Secondo questo testimone, infatti, verso la metà di maggio del 1944, nel cortile interno del crematorio V furono scavate prima 2 fosse di 40-50 metri di lunghezza, 8 di larghezza e due di profondità, poi altre 3, inoltre 4 fosse - presumibilmente delle medesime dimensioni - presso il cosiddetto “Bunker V”, sicché in totale esistevano 9 fosse (538). Ma se si esaminano le altre fonti addotte da Hilberg, i conti non tornano.
Il giudice Sehn dice al riguardo che «dietro il crematorio V furono scavate sei enormi fosse» (539). Il testimone Werner Krumme, che Hilberg chiama in causa nella pagina seguente, parla di una sola fossa (540); Pery Broad ne menziona 10, Charles Sigismund Bendel ne adduce tre, di cui indica anche le misure: 12 metri di lunghezza e 6 di larghezza (541), Heinrich Schuster riferisce invece di 2 roghi.

Hilberg precisa:

«I resti putrefatti erano puliti, ogni tanto, con un lanciafiamme» (p. 1041).

La fonte è l’affidavit del già menzionato Werner Krumme del 23 settembre 1945, NO-1933 (nota 486 a p. 1072). Questo testimone dichiarò:
«Nelle vicinanze dei crematori fu scavata una grossa fossa (eine grosse Grube), nella quale fu gettato un numero considerevole di cadaveri. La truppa speciale (Sondertruppe) doveva accatastare gli uni sugli altri i cadaveri e la legna, poi sopra vi venivano gettati benzina e olio combustibile. Talvolta bisognava usare perfino i lanciafiamme per accelerare il processo» (542).

Il contesto della citazione è dunque diverso da quello addotto da Hilberg, mentre il contesto generale (la unica fossa esistente) lo contraddice apertamente. Krumme aggiunge che
«intorno al sito di cremazione furono appesi grossi tendaggi in modo che le fiamme non si potessero vedere da lontano» (543),

ma Hilberg assicura che
«quando si arrivava da Katowice, i fuochi di Auschwitz erano visibili a 19 chilometri di distanza» (p. 1031).

Pery Broad, che evidentemente aveva la vista pià aguzza, riusciva a vederli a 30 km di distanza:

«Nel circondario di Birkenau c’erano circa 10 grandi siti di cremazione (Brandstätten) dove di volta in volta venivano cremate 200-1.000 persone. Il bagliore di questi fuochi era ancora visibile nel raggio di almeno 30 chilometri. Alla stessa distanza si percepiva l’inconfondibile odore della carne bruciata» (544).

Heinrich Schuster si accontentava invece di 20 km:
«Perciò presso i crematori III e IV [IV e V] furono erette due enormi pire funerarie sulle quali furono bruciati in continuazione montagne di detenuti gasati. Il fuoco e il fumo si potevano vedere a 20 km di distanza» (545).

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