domenica 14 giugno 2009

Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. – Cap III § 2: I «centri di sterminio» di Bełżec, Sobibór, Treblinka.

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Introduzione. – Capitolo I. Paragrafo: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9. Capitolo II: § 1. - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 1.4 - 1.5 - 1.6 - 1.7 - 2 - 3 - 3.1 - 3.1.1 - 3.1.2 - 4 - 5 - 6 - 7. Capitolo III: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 8.1 - 8.2 - 8.3 - 8.4 - 8.5 - 8.6 - 8.7 - 8.8 - 8.9 - 9 - 10. Capitolo IV: § 1 - 2 - 3. Capitolo V: § 1 - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 2 - 2.1 - 2.2 - Conclusione - Appendice - Abbreviazioni - Bibliografia - Note.
Rinvii:
Testo integrale - Graf -

CAPITOLO III
I «centri di sterminio»
2.
I «centri di sterminio» di Bełżec, Sobibór, Treblinka

Sulla genesi dei presunti campi di sterminio orientali, Hilberg scrive:
«L’Amt Haushalt und Bauten (diventato, dopo la riorganizzazione del marzo 1942, WVHA-C) e il suo organismo regionale, edificarono tre campi, in condizioni sommarie, a Bełżec, Sobibór e Treblinka. Si scelsero i luoghi in base al loro isolamento e in funzione della loro vicinanza a scali ferroviari. Il progetto si caratterizzò per molta improvvisazione e per la grande economia: manodopera e materiale vennero procurati sul posto, con una spesa minima» (p. 951).
L’attuazione del presunto ordine di sterminio di Hitler non veniva dunque preso troppo sul serio da Globocnik, suo presunto esecutore.

Hilberg riassume poi in meno di una pagina e mezza la genesi dei campi di Bełżec, Sobibór e Treblinka, appellandosi a poche testimonianze del dopoguerra e a due documenti relativi alla costruzione del campo di Treblinka. Al riguardo scrive:
«Il dottor Eberl sfruttava il ghetto anche per rifornirsi di interruttori, chiodi, fili e carta da parati. Una volta in più, gli Ebrei contribuirono involontariamente alla loro distruzione» (p. 954).
Egli rimanda come fonte al libro a cura dell’Istituto Storico Ebraico di Varsavia Faschismus-Getto-Massenmord. Dokumentation über Ausrottung und Widerstand der Juden in Polen während des zweiten Weltkrieges. Berlino, 1961 (271), e precisamente a una lettera inviata da Eberl al Commissario del distretto ebraico del 26 giugno 1942, riportata in fac-simile a p. 304 (nota 37 a p. 1052). Tuttavia questo documento ha come oggetto il campo di lavoro di Treblinka (Betrifft: Arbeitslager Treblinka), non il presunto campo di sterminio. Ora, proprio nella nota precedente Hilberg informa:
«Un campo di lavoro (Treblinka I) esisteva già, non molto lontano dal posto. Si inviava a Treblinka I della manodopera ebraica prelevata dal ghetto di Varsavia, e i detenuti, polacchi o ebrei, potevano essere usati per la costruzione. Treblinka I, dove comandava l’Hauptsturmführer van Eupen, era amministrativamente indipendente dal campo di sterminio» (nota 36 a p. 1052).
Egli attribuisce pertanto al presunto campo di sterminio un documento relativo al campo di lavoro.

Hilberg riassume poi i preparativi delle SS per il presunto sterminio ebraico:
«Persino durante la costruzione dei tre campi, dei convogli di deportati ebrei provenienti dal Distretto di Cracovia, dal Reich e dal Protettorato, arrivavano nella regione di Hrubieszów-Zamość. La Divisione centrale dell’Interno del Governatorato generale (Siebert) ordinò al direttore della Suddivisione della Popolazione e dell’Aiuto Sociale, della Divisione dell’Interno dell’Ufficio del governatore di Lublino (Türk), di aiutare Globocnik a trovare posto per gli Ebrei che stavano affluendo nel distretto. Il vice di Türk (Reuter) ebbe dunque uno scambio di pareri con l’esperto di Globocnik incaricato delle questioni relative al “reinsediamento” degli Ebrei, l’Hauptsturmführer Höfle. Quest’ultimo fece alcune osservazioni interessanti. Si stava costruendo un campo a Bełżec, vicino alla frontiera del Governatorato generale, nel sotto-distretto (Kreis) di Zamość. Nel frattempo, dove si potevano scaricare 60000 Ebrei sulla linea Deblin-Trawniki? Höfle era pronto a ricevere quattro o cinque trasporti al giorno, a Bełżec.
“Questi Ebrei attraverseranno la frontiera e non ritorneranno mai più nel territorio del Governatorato generale (Diese Juden kämen über die Grenze und würden nie mehr ins Generalgouvernement zurückkommen)” » (p. 954).
La fonte è il già citato Faschismus-Getto-Massenmord. Dokumentation über Ausrottung und Widerstand der Juden in Polen während des zweiten Weltkrieges, pp. 269-270 (nota 38 a p. 1052).

Hilberg lascia intendere che i trasporti ebraici inviati nella regione di Hrubieszów-Zamość fossero destinati allo sterminio (e a tale scopo vi arrivavano «persino durante la costruzione dei tre campi»); che si era incerti su dove scaricare 60.000 Ebrei sulla linea Dęblin-Trawniki, ma «Höfle era pronto a ricevere quattro o cinque trasporti al giorno, a Bełżec», sicché questi 60.000 Ebrei dovevano essere tutti sterminati.

In realtà il documento in questione dice tutt’altro. Riprendo l’analisi che ho proposto nel mio studio sul campo di Bełżec, al quale rimando per un inquadramento generale della questione (272).

Riporto anzitutto la traduzione del documento:
«Ho concordato un colloquio con l’SS-Hauptsturmführer Höfle per lunedì 16 marzo 1942, alle 17,30. Nel corso del colloquio l’SS-Hauptsturmführer Höfle ha dichiarato quanto segue:
1. Sarebbe opportuno suddividere già alla stazione di partenza i trasporti ebraici che arrivano nel distretto di Lublino in Ebrei abili e inabili al lavoro. Se la ripartizione alla stazione di partenza non è possibile, bisognerebbe eventualmente effettuare la ripartizione del trasporto a Lublino secondo i punti di vista summenzionati.
2. Gli Ebrei inabili al lavoro andranno tutti a Bełżec, l’estrema stazione di confine della circoscrizione di Zamość.
3. L’SS-Hauptsturmführer Höfle sta per costruire un grosso campo nel quale gli Ebrei abili al lavoro possano essere registrati col sistema degli schedari secondo le loro professioni e da lì possano essere richiesti.
4. Piaski sarà liberato degli Ebrei polacchi e diventerà punto di raccolta per gli Ebrei che arrivano dal Reich.
5. A Trawniki per il momento non verranno acquartierati Ebrei.
6. Höfle chiede dove, sul tratto Dęblin-Trawniki, possano essere scaricati 60.000 Ebrei. Informato sui trasporti ebraici che ora procedono da parte nostra, Höfle ha dichiarato che, dei 500 Ebrei che arrivano a Susiec, gli inabili al lavoro potrebbero essere selezionati e inviati a Bełzec. Secondo il telescritto del Governo del 4 marzo 1942, un trasporto ebraico viaggia[va] dal Protettorato con stazione finale Trawniki. Questi Ebrei non sono stati scaricati a Trawniki, ma sono stati portati a Izbiza. La richiesta del capo della circoscrizione di Zamość di poter prelevare da lì 200 Ebrei per il lavoro è stata accolta da Höfle.
Infine egli ha dichiarato che può accogliere 4-5 trasporti al giorno di 1.000 Ebrei con stazione finale Bełżec. Questi Ebrei andranno oltre il confine e non ritorneranno più nel Governatorato generale»
(273).
Höfle era un ufficiale superiore sostituto dell’SS-und Polizeiführer del distretto di Lublino (Globocnik) e in tale qualità, secondo la storiografia ufficiale, «egli coordinò la costruzione del campo di sterminio di Bełżec e le deportazioni in esso dal distretto di Lublino» (274). Bełżec, che cominciò la sua pretesa attività di sterminio il giorno dopo il colloquio summenzionato, il 17 marzo 1942, secondo tale storiografia, sarebbe stato un campo di sterminio totale, senza distinzione tra Ebrei abili e inabili al lavoro. Il documento summenzionato dice invece che:

1. Era prevista la suddivisione tra Ebrei abili e inabili al lavoro.
2. Era previsto l’impiego a scopo lavorativo degli Ebrei abili al lavoro.
3. Era previsto un grosso campo di smistamento degli Ebrei abili al lavoro catalogati «col sistema degli schedari secondo le loro professioni». Questo progetto è inconciliabile con la tesi dei campo di sterminio totale.
4. Gli Ebrei inabili al lavoro sarebbero stati inviati tutti a Bełżec. Il campo avrebbe potuto «accogliere 4-5 trasporti al giorno di 1.000 Ebrei», evidentemente di Ebrei inabili al lavoro, che sarebbero stati deportati «oltre il confine» e non sarebbero più ritornati nel Governatorato generale. Per questo Bełżec viene chiamata «l’estrema stazione di confine della circoscrizione di Zamość». Questa frase ha senso solo in funzione di un reale trasferimento oltrefrontiera (275).
5. Piaski doveva essere «il punto di raccolta» (Sammelpunkt) per gli Ebrei che arrivavano dal Reich. Questa località si trova (distanza stradale) 24 km a sud-est di Lublino e a 91 km da Bełżec. La distanza ferroviaria da Bełżec è ancora maggiore (circa 130 km). Ciò è in contrasto con la tesi secondo la quale Bełżec era un campo di sterminio totale, perché in questo caso il «punto di raccolta» sarebbe stato il campo stesso.
6. Era previsto di scaricare 60.000 Ebrei in un punto della linea Dęblin-Trawniki. Dęblin si trova 76 km a nord-ovest di Lublino (in direzione di Varsavia), Trawniki 13 km a est di Piaski (per il quale funge da stazione), sulla ferrovia Lublino-Rejowiec-Chełm /Lublino- Bełżec (prima della stazione di Rejowiec una diramazione della ferrovia piega verso sud fino a Bełżec). Anche questo progetto è inconciliabile con la tesi di Bełżec come campo di sterminio totale.

Questo fatto è confermato pienamente dal rapporto del 7 aprile 1942 dell’SS-Hauptsturmführer Richard Türk, capo della Abteilung für Bevölkerungswesen und Fürsorge nell’ufficio del Governatore del distretto di Lublino. Il rapporto, relativo al mese di marzo, contiene infatti un paragrafo intitolato «Azione di trasferimento ebraico del Capo delle SS e della Polizia» (Judenumsiedlungsaktion des SS- und Polizeiführers) nel quale Türk riferisce:
«Coll’incaricato del Capo delle SS e della Polizia sono state e sono attualmente discusse le possibilità di alloggio [die Unterbringungsmöglichkeiten], invero limitate, lungo la linea ferroviaria Dęblin-Rejowiec-Bełżec. Sono state verificate possibilità di ripiego.
In base alla mia proposta, in via di principio è chiaro che gli Ebrei locali devono essere evacuati (auszusiedeln sind) per quanto possibile nella stessa misura in cui gli Ebrei vengono insediati (eingesiedelt) dall’Occidente.
Attualmente lo stato del movimento di trasferimento è che dal Reich [qui] sono stati trasferiti [hergesiedelt] circa 6.000 Ebrei, circa 7.500 sono stati evacuati [herausgesiedelt] dal distretto e 18.000 dalla città di Lublino.
In particolare, da Piaski, circoscrizione di Lublino, sono stati evacuati 3.400 [Ebrei] e finora vi sono arrivati 2.000 Ebrei del Reich (Reichsjuden); da Izbica, circoscrizione di Krasnystaw, 2.200 e finora sono arrivati 4.000 Ebrei del Reich; da Opole e Wawolnica, circoscrizione di Pulawy, 1.950 evacuati».
Il rapporto menziona poi il «trasferimento ebraico» da Mielec e Bilgoraj, specificando che la maggior parte dei trasferiti erano inabili al lavoro:
«Il 13.3.1942 la circoscrizione di Cholm ha ricevuto circa 1.000 Ebrei, di cui 200 sono stati alloggiati a Sosnowice e 800 a Włodawa.
Il 14.3.1942 Miedzyrzec, circoscrizione di Radzyn, ha ricevuto circa 750 Ebrei.
Il 16.3.1942 la circoscrizione di Hrubieszow ha ricevuto 1.343 Ebrei, di cui 843 sono stati alloggiati a Dubienka e 500 a Belz.
La maggioranza erano donne e bambini e c’era solo un piccolo numero di uomini abili al lavoro.
Il 16.3.1942 la circoscrizione di Zamosc ha ricevuto circa 500 Ebrei, che sono stati alloggiati tutti a Cieszanow.
Il 22.3.1942 57 famiglie ebraiche con 221 persone sono state trasferite da Bilgoraj a Tarnogrod»
(276).
La storia della politica nazionalsocialista di trasferimento ebraico nel distretto di Lublino conferma pienamente le direttive di Höfle menzionate sopra ed è in aperto contrasto con la tesi ufficiale dello sterminio ebraico. Nel quadro di questa politica, nella regione di Lublino, in cui originariamente si doveva creare una «riserva ebraica», furono deportati, dall’11 marzo al 15 luglio 1942, in 72 trasporti, 69.084 Ebrei provenienti da Vechio Reich, Slovacchia, Vienna e ghetto di Theresienstadt, che poi furono in parte assegnati a campi di lavoro locali, in parte trasferiti nei territori orientali (277).

Hilberg scrive ancora che
«dapprima a Bełżec si utilizzò gas in bottiglia; si trattava dello stesso preparato di monossido di carbonio che si mandava nei centri di eutanasia, o forse di acido cianidrico (acido prussico)» (p. 955).
Nella nota 39 a p. 1052, Hilberg spiega: «Il gas in bottiglia (Flaschengas) è nominato da Oberhauser (Obersturmführer di Bełżec). Vedere il testo della sua testimonianza orale in Rückerl, NS-Vernichtungslager, pp. 136-37. Il giudizio reso dal tribunale al processo Oberhauser precisa che il gas era del cianuro (Zyklon B). Ibid. , p. 133».

In tale fonte Oberhauser parla infatti di gasazioni «mit Flaschengas» (278), la sentenza menziona l’impiego di «Zyklon B-Gas» (279).

Le affermazioni di Hilberg contengono due imprecisioni. Anzitutto il «Flaschengas» non è ovviamente «gas in bottiglia», ma gas in bombola; in secondo luogo lo Zyklon B era «cianuro di idrogeno» o «acido cianidrico» liquido assorbito in una sostanza porosa e confezionato in barattoli ermeticamente chiusi. Hilberg invece lascia intendere che si potesse trattare di acido cianidrico in bottiglia, forse per creare una conferma fittizia alla storia di Kurt Gerstein del trasporto a Bełżec appunto di acido cianidrico in bottiglie (280).

Circa i tre «centri di sterminio» summenzionati, Hilberg afferma:
«La capacità limitata dei campi, preoccupava Globocnik: temeva di trovarsi “ingolfato”» (p. 955).
La fonte è la lettera di Brack a Himmler del 23 giugno 1942, NO-205.

Ma questo documento non menziona affatto «la capacità limitata dei campi», espressione introdotta da Hilberg. Il testo dice:
«In questa occasione il Brigadeführer Globocnik ha espresso l’opinione di attuare ora in qualche modo l’azione ebraica il più presto possibile, per non restarci un giorno impantanati dentro se delle difficoltà renderanno necessario arrestare l’azione».
Bei dieser Angelegenheit vertrat Brigadeführer Globocnik die Auffassung, die ganze Judenaktion so schnell wie nur irgend möglich durchzuführen, damit man nicht eines Tages mitten drin steckenbliebe, wenn irgendwelche Schwierigkeiten ein Abstoppen der Aktion notwendig machen»].
Hilberg riassume in 10 righe la presunta costruzione di nuove camere a gas nei tre campi summenzionati (p. 955), osservando:
«Le informazioni relative al numero e alle dimensioni delle camere a gas che erano nei campi, non si basano su documenti, ma sui ricordi dei testimoni» (nota 43 a p. 1052).
Infatti al riguardo non esiste alcun documento. Quanto alle testimonianze, per giudicare il loro valore è sufficiente esaminare il caso di Bełżec. Per questo campo, Hilberg adduce tre testimoni: Kurt Gerstein, del quale mi occuperò successivamente, Rudolf Reder e Chaim Hirszman (nota 427 a p. 1070), che sono considerati tutti e tre «inattendibili» da uno dei massimi esperti olocaustici del campo di Bełżec, Michael Tregenza (281). In effetti i primi due resero dichiarazioni inconciliabili: mentre Gerstein attribuiva la morte delle vittime nelle locali camere ai gas prodotti da un «motore Diesel» (Dieselmotor) (282), Reder parlava di un «motore con propulsione a benzina» che consumava «4 bidoni di benzina al giorno» (283), di un «motore azionato a benzina» (motor pędzony benzyną) che consumava «circa 80-100 litri di benzina al giorno» (284) i cui gas di scarico, però, non erano impiegati per uccidere le vittime. Nell’interrogatorio del 29 dicembre 1945, infatti, Reder demolì la storia delle gasazioni omicide con i gas di scarico di un motore, dichiarando:
«Non so dire se attraverso questi tubi si sprigionasse qualche gas nelle camere, se si comprimesse l’aria nelle camere oppure se l’aria venisse pompata via dalle camere. [...]. L’aria nelle camere, dopo la loro apertura, era pura, limpida e inodore. In particolare, in esse non si percepiva alcun fumo dei gas di combustione del motore. Questi gas erano convogliati dal motore direttamente all’esterno e non nelle camere (Gazy te były odprowadzane z motoru wprost na dwór a nie do komór)» (285).
A p. 502 Hilberg scrive che il campo di Bełżec era destinato allo sterminio degli Ebrei della Galizia, ma successivamente, con riferimento al 31 dicembre 1942, afferma che «nel distretto della Galizia, gli Ebrei ancora presenti venivano fucilati»(p. 541). Nella relativa nota, Hilberg informa che «il dato delle deportazioni al 10 novembre 1943 [recte: 1942] era di 254989: al 27 giugno 1943, il dato complessivo raggiungeva la cifra di 434329 vittime. Katzmann a Krüger, 30 giugno 1943, L-18»(nota 463 a p. 875).

Perciò, secondo l’interpretazione di Hilberg, 254.989 Ebrei erano stati gasati a Bełżec e i restanti (434.329 - 254.989 =) 179.340 erano stati fucilati! Ma allora perché il «centro di sterminio» fu chiuso nel novembre o dicembre del 1942?

Hilberg dimentica di riferire che il 10 novembre 1942, quando ormai il presunto «centro di sterminio» stava per cessare o aveva già cessato la sua attività, l’SS-Obergruppenführer Friedrich Wilhelm Krüger, in qualità di Höherer SS- und Polizeiführer nel Governatorato generale e di segretario di Stato per la sicurezza, istituì ben 32 zone di residenza ebraica nel distretto di Galizia (286). La dimenticanza di Hilberg è tanto più strana in quanto l’istituzione di tali zone è menzionata esplicitamente da Katzmann proprio là dove riferisce la cifra delle deportazioni:
«Quando lo Höherer SS- und Polizeiführer con la sua ordinanza di polizia sull’istituzione di zone di residenza ebraiche (Judenwohnbezirken) del 10 novembre 1942 aveva affrontato ancora una volta in generale la questione ebraica, erano già stati evacuati o trasferiti (aus- bezw. umgesiedelt) 254.989 Ebrei» (287).
Katzmann parla poi dell’impiego di una parte degli Ebrei restanti nelle industrie degli armamenti tedesche, di cui descrive le condizioni di detenzione:
«Oltre al pasto principale, bisogna somministrare anche la colazione e la cena. Bisogna garantire un vitto completo anche in caso di malattia (auch im Krankheitsfalle ist volle Verpflegung zu gewähren). [...]. Le forze lavorative ebraiche ricevono il permesso di portare con sé, prima del trasferimento al campo, un abbondante vestiario, soprattutto invernale. [...]. Lo Höherer SS- und Polizeiführer della Galizia e il comando degli armamenti di Lemberg sono concordi nel ritenere necessario che le forze lavorative ebraiche debbano anche essere mantenute abili al lavoro, il che comporta alloggio, vestiario e assistenza medica adeguati» (288).
Il 26 giugno 1943 questi Ebrei erano 21.156, ripartiti in 21 campi di lavoro (289).

Circa la cifra delle «vittime» citata da Hilberg, il rapporto dice:
«Nel frattempo fu effettuata energicamente l’ulteriore evacuazione (Aussiedlung), sicché, con decorrenza dal 23 giugno 1943, tutte le zone di residenza ebraiche poterono essere sciolte. Il distretto di Galizia è perciò in tal modo judenfrei, ad eccezione degli Ebrei che si trovano nei campi sotto il controllo dello SS- und Polizeiführer. Gli Ebrei catturati ancora singolarmente vengono trattati in modo speciale (sonderbehandelt) dai relativi posti della Polizia d’ordine e della Gendarmeria. Fino al 27 giugno 1943 in totale erano [stati] evacuati (ausgesiedelt) 434.329 Ebrei» (290).
Il rapporto parla di «Sonderbehandlung» e «sonderbehandelt» altre due volte, in relazione alla «gentaglia ebraica asociale e scansafatiche» e agli Ebrei che avevano ottenuto disonestamente i certificati di lavoro (291). Poiché Hilberg ritiene che anche questa «Sonderbehandlung» sia un «eufemismo» per indicare l’uccisione, bisogna credere che Katzmann usasse due serie di «eufemismi»: quella Aussiedlung-ausgesiedelt/Umsiedlung-umgesiedelt per gli Ebrei presuntamente assassinati a Bełżec, e quella Sonderbehandlung-sonderbehandelt per quelli presuntamente assassinati in Galizia; di questi però dovrebbero far parte anche i presunti 179.340 fucilati summenzionati, che dunque dovrebbero rientrare nella seconda categoria, ma che invece figurano cumulativamente tra i 434.329 ausgesiedelt, perciò questo «eufemismo» indicherebbe nello stesso tempo i presunti gasati a Bełżec (254.989 Ebrei) e i presunti fucilati in Galizia (179.340 Ebrei)!

Di questi 179.340 presunti fucilati, Hilberg tenta di documentarne una parte, molto esigua, scrivendo:
«La modalità con cui si procedeva in Galizia, in linea generale, può essere ben illustrata da tre esempi presi da altrettante città. A Stanisławow, il 12 ottobre 1941, circa 10000 Ebrei erano stati radunati in un cimitero e uccisi. Un’altra esecuzione di massa si svolse nel marzo 1942, seguita da un incendio del ghetto che durò tre settimane. In aprile partirono dei convogli per Bełżec, e in estate si procedette di nuovo a dei massacri, nel corso dei quali, membri del Consiglio ebraico e uomini del servizio d’ordine vennero impiccati ai lampioni. In settembre e in ottobre partirono convogli molto carichi per Bełżec, circostanza che fu segnata dalla sanguinosa liquidazione di un ospedale e (secondo quanto venne riportato da un responsabile tedesco dell’agricoltura) da una processione di Ebrei costretti a raggiungere la stazione in ginocchio» (pp. 511-512).
Ma in realtà egli non riesce a documentare nulla, perché si affida a semplici «testimonianze» degli anni 1947-1948 (nota 355 a p. 868).

Chiudo questo paragrafo con le osservazioni di Jean-Claude Pressac sui «centri di sterminio», le quali chiamano in causa anche Hilberg. In un articolo intitolato «Inchiesta sui campi della morte», Pressac scrisse:
«In luogo di una installazione omicida, bisognerebbe accettare l’ipotesi di tre stazioni di disinfestazione installate tra la fine del 1941 e la metà del 1942 a Belzec, Sobibor e Treblinka; la scelta della loro installazione su una frontiera territoriale provvisoria si spiega se si ragiona in termini di igiene profilattica e di lotta contro il tifo per la distruzione di insetti portatori e se si considera che i tedeschi controllavano quasi il tifo nella loro zona di occupazione, mentre ciò non avveniva nei territori conquistati dell’Unione Sovietica. Così il programma di evacuazione all’Est degli Ebrei stabilito alla conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942era rispettato, dopo il transito attraverso questi tre setacci sanitari» (292).
A suo avviso, le presunte camere a gas omicide vi furono costruite più tardi, ma riguardo ad esse, in una intervista concessa a Valérie Igounet il 15 giugno 1995, dichiarò:
«Ho tentato di determinare il numero delle vittime dei campi detti di sterminio (des camps dits d’extermination) su basi materiali: superficie della camera a gas e quantità di persone che vi potevano essere contenute, durata di una gasazione, numero di gasazioni quotidiane, numero di convogli giornalieri in funzione delle capacità reali delle camere, ecc. Ecco le cifre che ottengo in rapporto a quelle di Hilberg tratte dai Polacchi. Chelmno: da 80 a 85.000 invece di 150.000; Belzec: da 100 a 150.000 invece di 550.000; Sobibor: da 30 a 35.000 invece di 200.000; Treblinka: da 200 a 250.000 invece di 750.000; Majdanek: meno di 100.000 invece di 360.000» (293).
Assumendo le cifre minime, Pressac ridusse il numero complessivo delle vittime dei campi “detti” di sterminio da 2.010.000 a 510.000 e concluse:
«Quanto al massacro degli Ebrei, molte nozioni fondamentali devono essere completamente corrette. Le cifre proposte [dalla storiografia olocaustica] sono da rivedere da cima a fondo. Il termine “genocidio” non conviene più (le terme “génocide” ne convient plus)» (294).
NOTE

(271) Utilizzo l’edizione pubblicata da Röderberg-Verlag, Francoforte sul Meno, nel 1960, la cui impaginazione corrisponde all’edizione citata da Hilberg. Torna al testo.
(272)
Bełżec nella propaganda, nelle testimonianze, nelle indagini archeologiche e nella storia. Effepi, Genova, 2006. Torna al testo.
(273) Idem, pp. 32-33. Torna al testo.
(274)
Enziklopädie des Holocaust. Die Verfolgung und Ermordung der europäischen Juden. A cura di Eberhard Jäckel, Peter Longerich, Julius H. Schoeps. Curatore principale: Israel Gutman. Argon Verlag, Berlino, 1993, vol. II, p. 619. Torna al testo.
(275) Calcolando i tempi sulla base dei dati forniti dal «testimone oculare» Rudolf Reder, la gasazione di 10.000 Ebrei al giorno (
sic) nelle sei presunte camere a gas del secondo periodo del campo, con tutte le operazioni annesse e connesse, avrebbe richiesto circa tre giorni e tre notti di lavoro ininterrotto, ossia circa sei giornate lavorative, perché le SS operavano solo dall’alba al tramonto, cioè, al massimo, per circa 12 ore al giorno. Vedi al riguardo il mio studio Un nuovo libro olocaustico su Belzec e la sua fonte. Considerazioni storico-critiche. Effepi, Genova, 2007, pp. 45-48. Perciò la gasazione di 4.000-5.000 Ebrei al giorno nelle tre presunte camere a gas della prima fase del campo era a fortiori impossibile. Torna al testo.
(276)
Faschismus-Getto-Massenmord. Dokumentation über Ausrottung und Widerstand der Juden in Polen während des zweiten Weltkrieges, op. cit., p. 271. Cfr. J. Kermisz (a cura di), Dokumenty i materiały do dziejów okupacij niemieckiej w Polsce, tomo II, “Akcje” i “Wysiedlenia” , op. cit., pp. 10-46. Torna al testo.
(277) Vedi al riguardo: C. Mattogno, J. Graf, Treblinka.
Extermination Camp or Transit Camp?, op. cit., capitolo VIII, Indirect Transports of Jews to the Eastern territories, pp.233-267, in particolare pp. 242-244 (lista dei trasporti). Torna al testo.
(278) A. Rückerl (a cura di),
NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 137. Torna al testo.
(279) Idem, p. 133. Torna al testo.
(280) Vedi paragrafo 7. Torna al testo.
(281) Michael Tregenza,
Das vergessene Lager des Holocaust, in: I. Wojak, P. Hayes (a cura di), “Arisierung” im Nationalsozialismus, Volksgemeinschaft, Raub und Gedächtnis. Fritz Bauer Institut, Francoforte sul Meno. Campus Verlag, Francoforte sul Meno, New York 2000, pp. 242-243. Torna al testo.
(282) PS-1553, p. 6; PS-2170, p. 6; T-1310, p. 14. Torna al testo.
(283) Interrogatorio del 29 dicembre 1945. AGK, OKBZN Kraków, 111, pp. 3-3a. Torna al testo.
(284) Vedi paragrafo 7. Torna al testo.
(285) Michael Tregenza,
Das vergessene Lager des Holocaust, in: I. Wojak, P. Hayes (a cura di), “Arisierung” im Nationalsozialismus, Volksgemeinschaft, Raub und Gedächtnis. Fritz Bauer Institut, Francoforte sul Meno. Campus Verlag, Francoforte sul Meno, New York 2000, pp. 242-243. Torna al testo.
(286) PS-1553, p. 6; PS-2170, p. 6; T-1310, p. 14. Torna al testo.
(287) Interrogatorio del 29 dicembre 1945. AGK, OKBZN Kraków, 111, pp. 3-3a. Torna al testo.
(288) Idem, pp. 399-400. Torna al testo.
(289) Idem, p. 401. Torna al testo.
(290) Idem, p. 401. Torna al testo.
(291) Idem, p. 393 e 394. Torna al testo.
(292) J.-C. Pressac,
«Enquête sur les camps de la mort», in: Historama-Histoire, numero speciale 34 (1995), p. 121. Torna al testo.
(293) V. Igounet,
Histoire du négationnisme en France. Éditions du Seuil, Parigi, 2000, p. 640. È tuttavia da notare che Hilberg attribuisce al campo di Majdanek 50.000 vittime ebree. Torna al testo.
(294) Idem, p. 641. Torna al testo.

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