giovedì 25 giugno 2009

Il G8 di Frattini e la «cupidigia di servilismo»


Il palinsesto della mia giornata prevede altro, con alcune scadenze da rispettare. Tuttavia, voglio rapidamente svolgere per iscritto alcune riflessioni legate all’attualità. Più volte la tv di stato ed i principali quotidiani stampati ci hanno ricordato un evento non evento: il G8 di Franco Frattini a Trieste. L’insipienza del personaggio è tale da lasciar scivolare la notizia come priva di importanza e non meritevole di attenzione. Il sistema mediatico ha infatti questa natura: si enfatizzano le notizie che interessano chi li mette in circolazione e si ignorano o silenziano quelle che invece interessano i cittadini che non gestiscono le leve del potere, per cui questi cittadini le notizie devono andarsele a cercare altrove, fuori del sistema della propaganda di regime. Ebbene, ciò premesso, la considerazione su Frattini e il G8 da tenersi a Trieste sotto presidenza italiana è quella che segue al capoverso successivo.

Si è appreso che Ahmadinejad non ha accettato l’invito di Frattini, che avrebbe rivestito i panni di improbabile e non credibile mediatore, come se la sua “grande amicizia” per Israele non fosse nota ai sassi. Un mediatore deve essere neutro ed avere la fiducia di quanti ne accettano il ruolo: Frattini pretendeva di far vedere a Obama quanto è un bravo diplomatico! Ridicolo e penoso! Né per Fini né per Frattini sia Geddafi sia Ahmadinejad possono avere fiducia alcuna: hanno sposato, armi e bagagli, la causa del sionismo, assai peggiore del nazismo, pur nella necessaria distinzione dei due concetti e contestualizzazione storica. Bene ha fatto Geddafi a non andare da Fini, bene farà Ahmadinejad a non andare da Frattini. A costo di scandalizzare qualcuno, dico che io – italiano ad una ed una soltanto fedeltà, nazionalità e cittadinanza – mi identifico più con Geddafi e Ahmadinejad che non con Fini e Frattini, che per me rappresentanto più Israele e il sionismo che non l’Italia e la mia persona in particolare.

Il ruolo servile dell’Italia non è cosa di oggi. Lo aveva già denunciato Vittorio Emanuele Orlando parlando di “cupidigia di servilismo” dei nostri governanti. La tradizione si è conservata ed è stata fatta propria perfino da chi pretendeva di rappresentare la nazione più di altri partiti: il potere val bene qualche sacrificio ideologico. Dunque, che Ahmadinejad andasse a Trieste per sentirsi tirare le orecchie dal sionista Frattini sarebbe stato veramente una grande ingenuità. Per noi italiani il fatto che nè Geddafi nè Ahmadinejad vadano da queste persone è un modo per far sapere a tutto il popolo italiano che gli “amici di Israele” non vengono riconosciuti come rappresentanti politici di popolo italiano, quello che resta fuori di una Lobby, che si interseca in innumerevoli associazioni, fra cui ad esempio la ultra lobbistica Associazione «Amici di Israele», gestita e diretta da Israele, e di cui era presidente l’incredibile Deborah Fait, che per fortuna nostra ma per sfortuna dei palestinesi dal 1995 si è trasferita nella terra coloniale indicata sulla carta geografica con il nome di Israele: la sua creazione è stata l’ultima avventura coloniale del Novecento. Espressioni mediatiche e idiote come “diritto all’esistenza, riconoscimento” e simili nascondono un’assai triste e squallida storia di nascita, che si cerca di celare con espressioni prive di senso logico. Gli ebrei d’Italia, di Russia, di Polonia e tutta l’altra schiuma del mondo si sono riversate con le loro zanne e i loro artigli su quelle infelici regioni allo stesso modo in cui in epoche meno informatizzate i fuggiaschi e gli avventurieri o i disperati d’Europa si riversarono in America, massacrando i nativi. Nessun «Olocausto», nessuna Giornata della Memoria rievoca queste autentiche vergogne del nostro passato, fatto di cose buone ma anche di cose cattive, un passato che occorre poter liberamente ricostruire e ricordare per evitare il male fatto e redimerci con il bene che possiamo fare. In nessun modo corrisponde alla dignità, al buon nome e agli interessi economici del popolo italiano la copertura di quella che l’informatissimo Robert Fisk definisce giustamento l’ultima conquista coloniale dell’Occidente, ed io aggiungo al prezzo di un vero «Olocausto» che possiamo vedere, sentire e toccare con i nostri occhi, mentre quell’altro cui ci vogliono convincere con grande profusione di mezzi noi non possiamo né vederlo, né sentirlo né toccarlo, ma vergogna delle vergogne sappiamo che vengono rinchiusi in carcere quanti dubitano che le cose siano andate esattamente per come ce le raccontano.

Dunque, bene farà Ahmadinejad a non andare a Trieste dopo le villanie che le stesse persone gli hanno riservato appena un anno fa, quando venne per andare alla FAO. Quanto a “democraticità” sono ben certo che egli rappresenta il popolo iraniano molto più di quanto Frattini non rappresenti quello italiano. Lo so che è un’affermazione un poco complicata da sostenere. Ma per lo meno nessuno mi verrà contestare che certamente Lui a Me non mi ha mai rappresentato fin dal primo giorno in cui ricordo di avergli sentito aprire bocca, una bocca tutta israeliana. Sarei felicissimo – e mi dispiace per i palestinesi – che anche lui, come Deborah Fait, si trasferisse in Israele e continuasse lì tutta la sua restante carriera politica. Quanto agli intrighi di questi giorni in Iran, basta ricordare quanto già USA e Gran Bretagna fecero nel 1953, quando per i loro interessi petroliferi abbatterono il governo democratico di Mossaqued per insediare il democraticissimo governo dello Scià, di cui gli iraniani poterono liberarsi con la rivoluzione del 1979, per poi difendere questa rivoluzione con 8 anni di guerra e un milione di morti causati dalla guerra mossa da Saddam, allora grande alleato e amico degli USA. Anche allora, nel 1953, furono pagate 8.000 comparse perché inscenassero manifestazioni. A Fini, non ancora Presidente della Camera, va ricordata la sua presenza in Roma nel dicembre del 2007, ad un convegno organizzato da madonna Fiammetta – poi da lui messa in lista nel PdL, da lui e non dalla base dei militanti del PdL, partito notariamente democratico delle Libertà di un Popolo che non conta nulla nel fare le liste e le candidature: può solo votarle o non votarle, senza che nulla cambi: bella democrazia! –, in un convegno, dicevo, a cui era presente Aznar e dove erano anticipate le sommosse iraniane di questi giorni. All’epoca uno dei “dissidenti” disse pure di quanto denaro aveva bisogno per fare il lavoro.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Dovrebbe essere evidente a tutti i goym-ovvero tutta la restante umanità che non sia tra il"Popolo Eletto" - chi comanda in Europa. Basterebbe osservare quante persone con doppia cittadinanza siano presenti nei nei governi di importanti Paesi Europei, con una predilezione: Ministeri degli Esteri.Una ragione ci sarà?

Antonio Caracciolo ha detto...

A Roma ci sono 400.000 calabresi, di prima seconda e terza generazione. Non contano nulla rispetto ai 10 ebrei della capitale. I calabresi di Roma, ma anche d’America e di tutto il resto del mondo, come pure la totalità degli stranieri che vivono presso altri popoli e Stati, non desiderano né vogliono restare nella condizione di “stranieri”: si integrano con il tempo, si assimilano: i calabresi di Roma (io fra questi) vogliono essere e diventare romani a pieno titolo, in via principale. Le origini identitarie hanno un carattere culturale, antropologico, affettivo, ma assolutamente non hanno carattere POLITICO...

Per i nostri “amici” organizzate in Lobbies – ma non vogliono farlo sapere – l’intero stato americano, italiano, francese, tedesco... DEVE essere asservito in un politica filoisraeliana, anzi israeliano-dipendente?

Non ho ben capito il senso della “acuta” domanda, una argomento che avevo già sentito, proprio in un centro ebraico: «ma ci sono tante domestiche filippine in Roma... E dunque...». I soliti sofismi....

Spero che almeno la risposta sia chiara. Se l’Anonimo è lo stesso di altre volte è cortesemente pregato di girare al largo.