mercoledì 3 giugno 2009

C. Mattogno: Hilberg e i «centri di sterminio». – Cap II § 1 Hilberg e gli Einsatzgruppen - 1.6: Compiti e struttura degli Einsatzgruppen

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Introduzione. – Capitolo I. Paragrafo: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9. Capitolo II: § 1. - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 1.4 - 1.5 - 1.6 - 1.7 - 2 - 3 - 3.1 - 3.1.1 - 3.1.2 - 4 - 5 - 6 - 7. Capitolo III: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 8.1 - 8.2 - 8.3 - 8.4 - 8.5 - 8.6 - 8.7 - 8.8 - 9 - 10. Capitolo IV: § 1 - 2 - 3. Capitolo V: § 1 - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 2 - 2.1 - 2.2 - Conclusione - Appendice - Abbreviazioni - Bibliografia - Note.
Testo integrale - Graf -

CAPITOLO II
Le deportazioni
1.

Hilberg e gli Einsatzgruppen

1.6
Compiti e struttura degli Einsatzgruppen

Perplessità ancora maggiori suscitano le affermazioni di Hilberg sui compiti degli Einsatzgruppen.

Secondo le direttive emanate dal generale Walther von Brauchitsch il 28 aprile 1941, gli Einsatzgruppen dovevano da un lato sequestrare, prima delle operazioni, materiali, archivi, cartoteche di organizzazioni, formazioni o gruppi ostili alla Germania e arrestare singole persone particolarmente importanti (emigrati, sabotatori, terroristi di primo piano), dall’altro individuare e combattere le attività antitedesche e informare i comandanti dell’esercito sulla situazione politica nelle retrovie (141). Nel suo ordine agli Alti Capi delle SS e della Polizia del 2 luglio 1941, Heydrich precisò che gli Einsatzgruppen dovevano giustiziare i funzionari del Komintern, i funzionari di alto e medio livello dell’apparato del partito comunista sovietico, i commissari del popolo, gli Ebrei che avessero delle cariche nel partito comunista o nello Stato sovietico, gli altri elementi radicali (142).

Le attività antiebraiche degli Einsatzgruppen erano del resto soltanto uno dei numerosi compiti che dovevano svolgere. Ad esempio, il rapporto del capo dell’Einsatzgruppe A del 15 ottobre 1941, che conta almeno 143 pagine, più vari allegati, riferisce, tra l’altro, su: istituzione di polizia ausiliaria e personale di protezione, ristrutturazione del sistema carcerario, epurazione e messa in sicurezza dell’area operativa, lotta contro il comunismo, messa in sicurezza dei materiali, ricerca e arresto di comunisti e lotta contro il lavoro illegale comunista, lotta contro l’ebraismo, lotta antipartigiana, altri lavori di polizia di sicurezza, controspionaggio, identificazione e schedatura di persone, lavoro di polizia criminale (143).

All’epoca, l’Einsatzgruppe A, il più importante numericamente, aveva una forza di 990 persone, di cui Hilberg indica la ripartizione in base alle funzioni (p. 305), ma in data 1° febbraio 1942 essa era scesa a 909 (144). Nella tabella che seguo riporto la relativa ripartizione del personale:

Einsatzgruppe A15 ottobre 19411° febbraio 1942
Waffen-SS [attivi]340 151
Waffen-SS [riservisti]/126
Motociclisti172/
Autisti [Kraftfahrer]/185
Amministrativi1826
Servizio di Sicurezza (SD)3537
Polizia criminale (Kripo)4155
Polizia di Stato (Stapo)8985
Polizia ausiliaria87/
Polizia d’ordine133134
Personale femminile1322
Interpreti51 /
Operatori telegrafici39
Operatori radio823
Incaricati speciali/3
Impegnati in servizi indispensabili
53
Totale990909


All’inizio il personale operativo era il 73% del totale, poi questa percentuale si abbassò ulteriormente. Tra l’altro, il «personale femminile» (!) salì da 13 a 22 donne. Una tale struttura, sia per la varietà delle funzioni, sia per l’esiguo numero degli effettivi operativi, non si concilia troppo con gli immani massacri che sarebbero stati perpetrati da questo Einsatzgruppe: 249.421 Ebrei fucilati nel solo inverno 1941-1942 (p. 392).

Circa l’attendibilità dei dati numerici che appaiono nei rapporti degli Einsatzgruppen, rimando a quanto ho rilevato altrove (145). Qui adduco una sola smentita, esemplare: Il Generalfeldmarschall Erich von Manstein fu comandante della 11a Armata e combatté nella regione del Mar Nero e in Crimea. Nel 1949 egli fu processato dal tribunale militare britannico di Amburgo per complicità nei massacri eseguiti dall’Einsatzgruppe D. Von Manstein fu difeso da Reginald T. Paget, che nel 1951 pubblicò sul processo un libro nel quale riferì quanto segue riguardo alle attività dell’Einsatzgruppe D (146) in Crimea:
«Le cifre addotte dal Servizio di Sicurezza mi sembrarono assolutamente impossibili. Singole compagnie di circa 100 uomini con circa 8 automezzi pretendevano di aver assassinato in due o tre giorni 10.000 o 12.000 Ebrei. Poiché, come si ricorderà, gli Ebrei credevano di essere trasferiti e conseguentemente portavano con sé i loro averi, sarebbe stato impossibile per il Servizio di Sicurezza caricare su un autocarro più di venti o trenta Ebrei alla volta. Per ogni automezzo, per il caricamento, il tragitto di 10 chilometri, lo scarico e il ritorno ci volevano all’incirca due ore. D’invero i giorni sono brevi e di notte non si viaggiava. Per uccidere 10.000 Ebrei sarebbero state necessarie perlomeno delle settimane.
In un caso potemmo verificare le cifre. Il Servizio di Sicurezza affermava di aver ucciso a Simferopol in novembre [1941] 10.000 Ebrei e in dicembre dichiarò la città libera da Ebrei. Grazie a una serie di controprove riuscimmo a dimostrare che a Simferopol c’era stata una sola fucilazione di Ebrei un unico giorno, il 16 novembre. A Simferopol c’era una sola compagnia del Servizio di Sicurezza. Il luogo dell’esecuzione si trovava a 15 chilometri dalla città. Il numero delle vittime non può essere stato superiore a 300, e questi 300, secondo ogni probabilità, non erano solo Ebrei, ma una congerie di elementi vari sospettati di appartenere al movimento di resistenza. Al tempo del processo l’affare Simferopol ebbe grande risonanza, perché fu menzionato dall’unico testimone vivente dell’accusa, un caporale austriaco di nome Gaffal. Egli affermò di aver sentito parlare dell’azione ad una mensa di genieri, dove era portaordini, e di essere passato davanti al luogo dell’esecuzione a Simferopol. Dopo questa dichiarazione ricevemmo una grande quantità di lettere e potemmo addurre parecchi testimoni che si trovavano presso famiglie ebraiche nel quartiere i quali riferirono di funzioni religiose nella sinagoga nonché di un mercato ebraico dove si compravano icone e roba vecchia fino alla partenza di von Manstein dalla Crimea e dopo. Non c’era dubbio che la comunità ebraica a Simferopol aveva continuato ad esistere alla luce del sole e sebbene alcuni dei nostri testimoni avessero udito voci di soprusi del Servizio di Sicurezza contro gli Ebrei, risultò che la comunità ebraica non era consapevole di un particolare pericolo»
(147).
L’attività di massacro ebraico da parte degli Einsatzgruppen, contrariamente a quanto asserito da Hilberg, non era diretta contro tutti gli Ebrei orientali in modo indiscriminato, né contro gli Ebrei in quanto Ebrei.

La “Braune Mappe”, nel paragrafo «Stato della popolazione», distingueva due categorie di Ebrei orientali:
«L’ebraismo nei singoli commissariati del Reich, e all’interno di questi nei commissariati generali, rappresenta una parte molto numerosa della popolazione totale, ma con grosse differenze. Ad esempio, in Rutenia Bianca e in Ucraina vivono milioni di Ebrei che vi risiedono da generazioni. Nei territori centrali dell’Unione Sovietica, invece, gli Ebrei sono immigrati in massima parte nell’epoca bolscevica. Un gruppo speciale è costituito dagli Ebrei sovietici (Sowjetjuden) penetrati in Polonia orientale, in Ucraina occidentale, in Rutenia Bianca occidentale, nei Paesi baltici, in Bessarabia e in Bucovina nel 1939-1940 al seguito dell’Armata Rossa. Nei confronti di questi vari gruppi è in atto un trattamento parzialmente diverso.
Anzitutto bisogna eliminare (auszuscheiden) con duri provvedimenti – per quanto non siano fuggiti - gli Ebrei immigrati negli ultimi due anni nei nuovi territori occupati dai Sovietici. Poiché questo gruppo, col suo terrore verso la popolazione, ha attirato su di sé un odio intensissimo, alla loro eliminazione ha provveduto in massima parte la popolazione stessa già all’apparire delle truppe tedesche. Tali misure di rappresaglia non devono essere impedite. La restante popolazione ebraica residente dev’essere anzitutto registrata coll’introduzione del dovere di iscrizione. Tutti gli Ebrei vengono contraddistinti con segni distintivi visibili (stelle ebraiche gialle)»
(148).
In via di principio, i “Sowjetjuden” venivano fucilati o abbandonati alla furia della popolazione, mentre la «restante popolazione ebraica residente», nel complesso, veniva ghettizzata. Tuttavia moltissimi altri Ebrei orientali furono trattati in modo brutale e fucilati, per sabotaggio, per attività antitedesche, come portatori di malattie infettive e soprattutto per rappresaglia.

Ciò risulta esplicitamente fin dai primi rapporti degli Einsatzgruppen. Ecco qualche esempio.
«[Rutenia Bianca] A Gorodnia sono stati liquidati 165 terroristi ebrei e a Tschernigow 19 comunisti ebrei; altri 8 comunisti ebrei sono stati fucilati a Beresna.
Spesso si è sperimentato che le donne ebree manifestano un comportamento particolarmente ostile. Per questo motivo a Krugloje sono state fucilate 28 Ebree e 337 a Mogilew.
A Borissow sono stati giustiziati 331 sabotatori ebrei e 118 saccheggiatori ebrei. A Bobruisk sono stati fucilati 380 Ebrei che avevano svolto fin dall’inizio propaganda di odio e di atrocità contro le truppe di occupazione tedesche. A Tatarsk gli Ebrei hanno lasciato arbitrariamente il ghetto e sono ritornati nei vecchi quartieri, tentando di cacciare i Russi che nel frattempo vi erano stati trasferiti. Tutti gli Ebrei maschi e tre donne ebree sono stati fucilati. Nel corso dell’ istituzione di un ghetto a Sandrudubs gli Ebrei hanno opposto una parziale resistenza, perciò si dovettero fucilare 272 Ebrei ed Ebree. Tra di essi c’era un commissario politico. Anche a Mogilew gli Ebrei hanno tentato di sabotare il loro trasferimento nel ghetto. 113 Ebrei sono stati liquidati. Inoltre sono stati fucilati 4 Ebrei per renitenza al lavoro e 2 perché avevano maltrattato dei soldati tedeschi feriti e avevano loro messo addosso il segno distintivo prescritto. A Talka sono stati fucilati 222 Ebrei per propaganda antitedesca e 996 a Marina Gorka perché avevano sabotato le disposizioni emanate dalle autorità di occupazione tedesche. Altri 627 Ebrei sono stati fucilati a Schklow [sic] perché avevano partecipato ad atti di sabotaggio. A causa di un altissimo pericolo di epidemie, si è cominciata la liquidazione degli Ebrei alloggiati nel ghetto di Witebsk. Si tratta di circa 3.000 Ebrei»
(149).
Per dar conto di queste motivazioni specifiche, che sono in evidente contrasto con un ordine generale di sterminio di tutti gli Ebrei in quanto Ebrei, Hilberg ricorre alle solite, inconcludenti spiegazioni freudiane: si sarebbe trattato di semplici «tentativi di razionalizzazione», autogiustificazioni, «legittimazioni psicologiche» (pp. 339-340).

Perfino la fucilazione ufficialmente più spaventosa, quella di Babi Jar, ebbe una sua motivazione specifica:
«L’esasperazione della popolazione ebraica verso gli Ebrei è straordinariamente grande, poiché li si ritiene colpevoli delle esplosioni a Kiew. Si vede anche in loro i delatori e gli agenti del NKWD, che hanno provocato il terrore contro il popolo ucraino. Come misura di rappresaglia per gli incendi dolosi a Kiew furono arrestati tutti gli Ebrei e il 29 e 30 settembre fucilati complessivamente 33.771 Ebrei» (150).
Questa, secondo Victoria Khiterer, fu «una giustificazione burocratica per le uccisioni» (151): ma se l’ Einsatzgruppe C aveva bisogno di una «giustificazione burocratica» per uccidere Ebrei, non aveva evidentemente ricevuto un ordine di sterminio di tutti gli Ebrei in quanto Ebrei.
(seguito)

NOTE


(141) H. Krausnick, H.-H. Wilhelm,
Die Truppe des Weltanschauungskrieges, op. cit., pp. 129-130. Torna al testo.
(142) Idem, p. 157. Torna al testo.
(143) L-180. IMG, vol. XXXVII, pp. 670-717. Torna al testo.
(144) RGVA, 500-4-92, S. 183, Gesamtstärke des Einsatzgruppe A am 1. Februar 1942. Torna al testo.
(145) C. Mattogno, J. Graf, Treblinka.
Extermination Camp or Transit Camp? Theses & Dissertations Press, Chicago, 2004, capitolo VII, The Role of the Einsatzgruppen in the Occupied Eastern Territories, pp. 203-232. Torna al testo.
(146) Von Manstein fu prosciolto dall’accusa di complicità nei massacri di Ebrei ma fu ritenuto colpevole di non aver protetto la vita della popolazione civile e fu condannato a 18 anni di carcere (19 dicembre 1949), pena poi ridotta a 12 anni. Egli fu rimesso in libertà nel maggio 1953. Torna al testo.
(147) Reginald T. Paget,
Manstein. Seine Feldzüge und sein Prozess. Limes Verlag, Wiesbaden, 1952, pp. 198-199. Torna al testo.
(148)
Richtlinien für die Führung der Wirtschaft in den neubesetzten Ostgebieten (Grüne Mappe), Berlin September 1942. EC-347 IMG, Bd. XXXVI, p. 348-349. Torna al testo.
(149)
Tätigkeits- und Lagebericht Nr. 6 der Einsatzgruppen der Sicherheitspolizei und des SD in der UdSSR (Berichtszeit vom 1. – 31.10.1941). RGVA, 500-1-25/1, pp. 13-14 del rapporto. Torna al testo.
(150) Idem, p. 15. Torna al testo.
(151) Victoria Khiterer, «Babi Yar, the Tragedy of Kiev’s Jews», in:
Brandeis Graduate Journal, vol, 2, 2004 (consultabile in: http://www.berdichev.org/khiterer2004.pdf), p. 6. Torna al testo.

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