lunedì 8 giugno 2009

Alle radici del pensiero liberale di Alan Dershowitz: la tortura e la faida.

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La mia scheda su Alan Dershowitz, il campione di liberalismo fatto sbarbare in Italia per imbastire un “processo ai nemici di Israele” si è arricchito di un nuovo paragrafo. Ne potrei scrivere parecchi altri se non avessi cose più interessanti ed impegnative da fare. Qui l’occasione è dato dal prosieguo della mia lettura delle “Cronache mediorientali” di Robert Fisk in tutte le sue 1180 pagine. Non è una lettura piacevole. Non la consiglio a chi non ha uno stomaco forte. Gli orrori descritti sono quanto mai deprimenti e non aiutano certo che deve vincere la depressione o è a rischio di depressione. Mi sono comunque imbattuto per tre volte nel nome di Alan Dershowitz ed ho pensato che dovevo “condividere” sulla rete, a beneficio dei miei Cinque Lettori nonché dei motori di ricerca italiani, quanto ho potuto apprendere. Estraggo e riporto qui il paragrago, rinviando all’intera scheda chi è interessato alle mie riflessioni in progress sull’illustre personaggio venuto dall’America. Premetto come filo conduttore del discorso che in Italia non vi è mai stata una cultura autenticamente liberale, dove qui per liberale si intende letteralmente il rispetto della libertà dei propri simili, liberi innanzitutti di pensare e di esprimere il loro pensiero senza dover temere nulla in conseguenza di ciò che semplicemnte pensano o credono. Appunto perché questa cultura della libertà non è mai esistita chiunque ne può usurpare la titolarità senza andare incontro a contestazioni o rivendicazioni. Di un caro amico, da tempo parlamentare ora addirittura nel PdL, ricordo quando ebbe a dire che lui addirittura considerava un insulto l’esser detto “liberaldemocratico”. Continuo a volere molto bene al mio amico e non ne dirò mai il nome, neppure sotto tortura.

Sua Scheda
Sommario: 1. Ma quanto coraggio! – 2. La battaglia contro l’insegnamento altrui e a sostegno del proprio. – 3. Il liberale torturatore. – 4.

3. Il liberale torturatore. – Sto avanzando lentamente nella lettura di Robert Risk, “Cronache mediorientale”, di pagine 1200 circa. Vi è molto da apprendere ed al confronto la restante informazione giornalistica mi sembra di un livello molto basso, oltre che inattendibile per conclamata falsità, legittima suspicione, inconsistenza e contradditorietà dei dati. Nel libro di Fisk sono moltissimi i nomi di persone, luoghi, fatti. In uno di questi contesti mi sono imbattuto proprio nel nome di Alan Dershowitz. Di cosa si tratta? Cerco di riassumerlo in breve. Un certo Nathan Lewin, «tra i principali avvocatid i Washington e fugura di spicco della comunità ebraica – nonchè più volte candidato alla carica di giudice federale – voleva l’esecuzione dei parenti degli attentatori suicidi» (p. 577). Il contesto – lo si sarà capito – è quello di Gaza e del fenomeno insorto dopo la beffa degli accordi di Oslo, cioè i numerosi suicidi di parecchi palestinesi che preferivano morire piuttosto che vivere nelle condizioni disumane a cui li avevano e li hanno costretti gli eredi delle “vittime”. Si può presumere che il suddetto faccia parte di quella Israel lobby, di cui parlano Mearheimer e Walt, il cui libro – secondo il giornalista, pure dell’ambiente, Maurizio Molinari – sarebbe stato criticamente “demolito” proprio dal nostro Dershowitz, giunto di recente sull’italico suolo a proseguire la sua opera di demolizione in nome di un presunto liberalismo. Costui si allinea alla proposta del suo correligionario, dando la seguente motivazione che riprendo interamente da Fisk nella stessa pagina 577 del libro:

«…Alan Dershowitz, il professore della Harvard Law School che favoriva il ricorso limitato alla tortura per ottenere informazioni, dichiarò che la proposta di Lewin, per quanto inadeguata, era un tentativo legittimo di giungere a un equilibrio tra la prevenzione del “terrorismo” e la tutela della democrazia. Altri ebrei americani di grande prestigio candannarono le opinioni di Lewin•» (op. cit., 577).
Questa è la cultura giuridica, filosofica giuridica, politica e ed etica del bellimbusto sbarcato in Italia e ospitato dall lobby nostrana. Ha perfino l’impudicizia di critica la competenza storica di Ilan Pappe. Nel testo di Fisk il nome di Dershowitz è citato ancora due volte. A p. 598 dove insieme con Wiesel chiede «immediatamente alla Casa Bianca di non imporre a Sharon la partecipazione a nuovi colloqui per la pace in Medio Oriente». A che titolo? In nome della Lobby che non esisterebbe! Il nome compare ancora più avanti, a pagina 857, dove non sono ancora ancora arrivato, da pagina 584 dove mi trovo al momento nella mia lettura sequenziale, pagina dopo pagina, cercando di apprendere da chi indubbiamente sa le cose di cui parla e scrive. Il contesto è quello dell’11 settembre ed il titolo dell’intero capitolo è: Perché? Riporto per esteso il contesto in cui si trova il nome Dershowiz:
…Continuavano ad arrivare telefonate. La radio italiana, la CBS, BEC World, la BBC Cardiff, la BBC Belfast, Pacifica, la NPR, Radio France International. Tutti volevano sapere quello che nessuno poteva ancora sapere. Chi è stato? Come ci sono riusciti? Ma nessuno - proprio nessuno - voleva sapere perché «loro» potessero avere voluto compiere un simile gesto. Questa infatti era la domanda proibita. Eamon Dunphy mi inserì in collegamento con Dublino nella sua trasmissione, insieme ad Alan Dershowitz, il professore di Harvard di sinistra e filoisraeliano. Io cercai di spiegare che ci dovevano essere dei motivi dietro questa atrocità, che non si commettono crimini soltanto perché si è malvagi e non si ama la democrazia. Dershowitz - mentre l’ascoltavo, cercavo una parola per definire la sua collera incontrollata e isterica - ecco, era forsennato. Fisk era malvagio, un uomo pieno di condiscendenza e pericoloso; Fisk era antiamericano e «l’antiamericanismo equivale all’antisemitismo…». Dershowitz urlava contro di me e anche contro Dunphy, il quale alla fine interruppe il collegamento. Ma io compresi il messaggio. Dopo questi massacri, in America ci sarebbe stata una linea unica. Qualsiasi forma di opposizione alla politica statunitense - quella mediorientale soprattutto sarebbe stata criminale e “a favore dei terroristi”. Ora, chiunque criticasse l’America sarebbe stato tacciato di antisemitismo. Gli antisemiti sono nazisti, fascisti. L’America non si poteva toccare - e, naturalmente, – e naturalmente Israele nemmeno – e chi, fra noi, avesse posto la questione del «perché» sarebbe divenuto un sostenitore del terrorismo. Dovevamo soltanto stare zitti. La notte dell’11 settembre il canale della BBC che trasmette notizie 24 ore su 24, facendo la rassegna dei giornali inglesi del mattino seguente citò un editorialista americano filoisraeliano che liquidava il mio pezzo: “Robert Fisk ha vinto il premio del cattivo gusto”» (op. cit., 857).
Caspita! quante cose si scoprono con un poco di pazienza e di diligenza filologica. Il testo di cui sopra si presta a commenti di diverso genere. Intanto l’accusa a Fisk di “malvagità” da parte di un uomo, professore di diritto alla “Harvard Law School (! )” e avvocato (che avvocato!), che nel brano precedente vediamo sostenitore della tortura – dopo che noi in Italia abbiamo avuto Beccaria – e perfino del principio medievale della faida, in questo caso l’uccisione dei parenti degli attentatori suicidi, a scopo di dissuasione, è cosa che fa uscire dalla grazia di dio. Lascio ad ognuno immaginare quali possono essere i miei commenti, essendo egli libero di fare i suoi. Costui è stato fatto venire in Italia “per processare i nemici di Israele” oltre che per dirci chi potrà essere o non essere il prossimo Papa. Questa è l’America che ci ha liberato e della cui liberazione saggiamente gli arabi ed il mondo mediorientale dice di non volerne sapere. La cultura religiosa islamica ha il non piccolo pregio di considera già “sacrilega” la sola presenza di truppe americane sul loro suolo. Noi abbiamo ben oltre 100 basi americane, intendo nella sola Italia. Per venire poi all’11 settembre proprio questa mattina ho avuto un lieve disgusto epistolare con un nuovo sito, anonimo, intitolato “perle complottiste”, credo affiliato a qualche altro del genere. Senza voler leggere altri libri sulla materia, ritengo di aver pienamente maturato il diritto ad una privata opinione, come già dissi a Lorsignori. Io non mi stupirei se chi è stato capace di mentire innumerevoli volti al suo bestiame elettorale, ed in ultimo a proposito dei falsi armamenti di Saddam, scatenando – sulla base di false informazioni provenienti da Israele - una guerra che è costata solo in Iraq un milione di morti, pare, e tre mila milardi di dollari (!!!), può ben essere stato capace di caricarsi sulla coscienza appena 3.000 vittime civili. Perché dovrei astrattamente escludere una simile eventualità? Lorsignori vogliono davvero farci credere di impersonare loro rispetto a noi una superiorità morale? Basta leggere tutto il libro di Fisk – lo sto facendo e sono alla p. 585 – per constatare sulla base di fatti e prove inconfutabili come costoro siano stati capaci di tutto e non si fermano davanti a nulla. Infine, tra le congetture – respinte tuttavia dal gruppo di Giulietto Chiesa – vi sono anche quelle di chi dietro l«attentato terroristico» alle Torri Gemelle vede proprio lo zampino di Israele. Naturalmente io non so, ma come dice un nostro politico di navigata esperienza, a sospettar si fa peccato, ma spesso ci si indovina.

(segue)

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