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Il libro non è freschissimo, ma l’ho tenuto d’occhio fin dalla sua prima uscita in libreria ed alla fine approfittando di uno sconto mi sono deciso a comprare di Robert FISK le sue Cronache mediorianti, un volume di quasi 1200 pagine. All’inizio con le cronache dell’Afghanistan faceva fatica ad orientarmi. Troppo remoti e distanti sono per me quei paesi. I nomi di luoghi e di persone mai prima sentiti e difficili da ricordare già dopo poche pagine. E tuttavia la mole del libro, l’impegno professionale dell’autore che ha trascorso metà della sua vita nei luoghi di cui parla, ed altri motivi mi hanno indotto alla lettura anche di questo libro insieme a quello di altri e diversi libri, meritevoli di esser letti a fronte di tanti immeritevoli e di cui magari occorre aver cognizione tuttavia. Sono giunto esattamente alla pagina 436 di una lettura sequenziale, cioè pagina dopo pagina, diversa da altre e più rapide tecniche di lettura. Dopo la pagina 300 ho incominciato a capire le impostazione di fondo che non condivido con il suo autore, ma cionostante la lettura merita di essere continuata. Dopo la pagina 400 si incomincia a parlare della Palestina e Fisk dice il vero in qualche pagina che non ritrovo quando scrive che il conflitto israelo-palestinese – impropriamente detto “conflitto” secondo quanto ha spiegato Ilan Pappe – è il più importante del nostro tempo. Direi non già semplicemente per gli aspetti militari e materiali, ma per la sostanza ideologica che lo pervade e che influisce nel nostro modo di pensare. Qui mi fermo perché non posso certo ricalcare le 1200 pagine del libro. Mi sono però piaciute un paio di citazioni trovate nelle ultime pagine lette e che voglio riportare a beneficio dei miei quattro lettori, copiandone il testo con lo scanner e l’OCR che dovrebbe ben riuscire considerando la nitidezza della pagine.
La prima è dello storico George Antonius (1891-1941), che nel 1938 metteva in guardia contro «i rischi di un’eccessiva fiducia nell’attendibilità della vasta letteratura esistente [nel 1938!], con parole che conservano il loro valore»: così Fisk a p. 436. Ed ecco ora l’ampia citazione:
La seconda ampia citazione, che si trova a p. 437 di Fisk, è di ben altro tenore, di ben altra fonte, ma tuttavia convergente nel descrivere una stessa amara verità: l’«Olocausto» del popolo palestinese, deciso ben prima che Hitler e il nazismo comparissero sulla scena, giusto appunto per fornire la motivazione mediatica e etica ad una decisione che era già stata presa dagli attori comprimari della scena mondiale, gli stessi di ieri e di oggi. Si tratta di un discorso tenuto da Lloyd George (1863-1945) alla Camera dei Comuni nel 1936 durante un dibattito sulla rivolta araba. È la vera storia, la vera genesi della Dichiarazione Balfour:
La prima è dello storico George Antonius (1891-1941), che nel 1938 metteva in guardia contro «i rischi di un’eccessiva fiducia nell’attendibilità della vasta letteratura esistente [nel 1938!], con parole che conservano il loro valore»: così Fisk a p. 436. Ed ecco ora l’ampia citazione:
…va utilizzata con cautela, in parte per la forte componente di propaganda scoperta o velata, in parte perché la difficoltà di accesso alle indispensabili fonti arabe ha ostacolato l’autentica equanimità anche nell’opera degli storici più onesti e imparziali. La medesima disparità vizia il flusso dell’informazione quotidiana. La propaganda sionista è attiva, estremamente ben organizzata e diffusa; la stampa mondiale, quantomeno ne1le democrazie occidentali, ne è in larga misura influenzata; essa controlla molti dei canali disponibili per la diffusione delle notizie, in particolare per quanto riguarda quelli di lingua inglese. In confronto, la propaganda araba è primitiva e infinitamente meno efficace: gli arabi possiedono ben poche competenze, dell’ubiquità poliglotta e delle risorse finanziarie che sono la forza della propaganda ebraica. II risultato è che da una ventina d’anni circa [1938 - 20 = 1918] il mondo guarda la Palestina attraverso la lente del sionismo, e ha inconsapevolmente acquisito l’abitudine a ragionare partendo dai suoi presupposti.Caspita! Siamo nel 1938, anno delle famigerate leggi razziali, ma sembra oggi! Ho voluto mettere in corsivo le parti che mi sembrano di straordinaria attualità, senza che il suo autore nel 1938 potesse venire accusato di antisemitismo per il fatto di aver già riconosciuto allora il controllo dei media e dell’informazione da parte ebraica.
La seconda ampia citazione, che si trova a p. 437 di Fisk, è di ben altro tenore, di ben altra fonte, ma tuttavia convergente nel descrivere una stessa amara verità: l’«Olocausto» del popolo palestinese, deciso ben prima che Hitler e il nazismo comparissero sulla scena, giusto appunto per fornire la motivazione mediatica e etica ad una decisione che era già stata presa dagli attori comprimari della scena mondiale, gli stessi di ieri e di oggi. Si tratta di un discorso tenuto da Lloyd George (1863-1945) alla Camera dei Comuni nel 1936 durante un dibattito sulla rivolta araba. È la vera storia, la vera genesi della Dichiarazione Balfour:
Mr Balfour preparò la prima versione della sua dichiarazione in uno dci momenti più bui della guerra. L’esercito francese si era ammutinato; l’esercito italiano era alla vigilia della disfatta; l’America cominciava appena a prepararsi per l’intervento. Rimaneva soltanto la Gran Bretagna a far fronte alla più potente alleanza militare che il mondo avesse mai visto. Per noi era importante assicurarci ogni aiuto che potessimo legittimamente ottenere. il Governo giunse alla conclusione, sulla scorta di informazioni raccolte in ogni parte del mondo, che fosse di vitale importanza assicurarsi le simpatie della comunità ebraica... Certo non nutrivamo alcun pregiudizio contro gli arabi, considerando che in quel momento centinaia di migliaia di nostri soldati stavano combattendo per la loro emancipazione dal Turco. Date le condizioni, e sulla base dei pareri raccolti, il Governo decise che era auspicabile ottenere la solidarietà e la cooperazione di quella straordinaria comunità, gli ebrei, in ogni parte del mondo. Ci aiutarono, in misura molto consistente, in America; e ci aiutarono anche in Russia, in quel momento, perché la Russia era in procinto di ritirarsi lasciandoci soli. In queste condizioni proponemmo la cosa ai nostri Alleati. La Francia, l’Italia e gli Stati Uniti accettarono... Gli ebrei, con tutta l’influenza di cui disponevano, risposero nel modo più nobile all’appello.Devo spiegare qualcosa? Devo commentare cosa? È un brano questo, come il precedente, da impararare a memoria. Capita spesso che una grande verità la si possa trovare in nascosti anfratti e malgrado i loro autori. La nobile risposta è quella tipica dell’usuraio. Torneremo certamento su questi brani, ma già nella mente mi si affacciano decine e decine di libri che potrebbero essere scritti. Via via che la lettura di Fisk, che ha le sue proprie vedute, annoterò qui le cose che mi sembrano meritevoli di essere ricordate e su cui riflettere.
1 commento:
Il discorso di Lloyd George alla Camera dei Comuni e' la prova provata di quanto affermato da C. Mutti:
"Uno dei motivi per cui i giudeo-americani intervennero nella guerra contro gl'Imperi Centrali deve essere ricercato nell'appoggio promesso dall'Inghilterra al movimento sionista; è così che alla dichiarazione di guerra statunitense (6 aprile 1917) seguì, a breve distanza (2 novembre 1917), la Dichiarazione Balfour, con la quale il ministro degli Esteri inglese manifestava a Lord Rothschild – uno dei massimi esponenti del sionismo – l'impegno di Londra ad appoggiare l'invasione ebraica della Palestina."
(Claudio Mutti, ebraicità ed ebraismo, Ed. di Ar, p. 37)
Saluti,
Antonio Grego
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