mercoledì 3 giugno 2009

Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio». – Cap II § 6: Le deportazioni nei «centri di sterminio»: La Slovacchia.

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Introduzione. – Capitolo I. Paragrafo: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9. Capitolo II: § 1. - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 1.4 - 1.5 - 1.6 - 1.7 - 2 - 3 - 3.1 - 3.1.1 - 3.1.2 - 4 - 5 - 6 - 7. Capitolo III: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 8.1 - 8.2 - 8.3 - 8.4 - 8.5 - 8.6 - 8.7 - 8.8 - 9 - 10. Capitolo IV: § 1 - 2 - 3. Capitolo V: § 1 - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 2 - 2.1 - 2.2 - Conclusione - Appendice - Abbreviazioni - Bibliografia - Note.
Testo integrale - Graf -

CAPITOLO II
Le deportazioni
6.

La Slovacchia

Sull’inizio delle deportazioni ebraiche dalla Slovacchia, Hilberg asserisce:
«Himmler avrebbe potuto, in questo momento, chiedere la deportazione di tutti gli Ebrei di Slovacchia, ma non lo fece. Sotto le sue istruzioni, l’RSHA pregò il Ministro degli Esteri di ottenere dal Governo di Bratislava “20000 Ebrei slovacchi giovani e robusti” per deportarli “all’Est”: un colpo da maestro che contribuì a dar credito in Slovacchia alla leggenda del “reinsediamento”» (p. 722).
Qualche riga dopo, egli aggiunge:
«Per quanto riguarda l’estorsione, consisteva in una fattura presentata dal Reich al Governo slovacco per “alloggio, cibo, abbigliamento e riconversione” (Unterbringung, Verpflegung, Bekleidung e Umschulung (230)). Il prezzo da pagare per queste spese fittizie era di 500 reichsmark a testa, per un totale di 45 milioni di reichsmark se i 90000 Ebrei slovacchi avessero dovuto essere deportati. [...]. Con sorpresa del Ministero degli Esteri, le autorità slovacche accettarono “senza alcun tipo di pressione da parte tedesca”» (p. 722).
I fatti non sono in realtà così semplici. La Slovacchia intraprese la deportazione all’Est dei propri Ebrei su proposta del governo del Reich. Il 16 febbraio 1942 Luther inviò all’ambasciata tedesca a Bratislava un telescritto nel quale informava che «nel quadro dei provvedimenti per la soluzione finale della questione ebraica in Europa» (im Zuge der Massnahmen zur Endlösung der europäischen Judenfrage) il governo del Reich era pronto a trasferire immediatamente «20.000 Ebrei slovacchi giovani e forti» (20.000 junge kräftige slovakische Juden) all’Est (nach den Osten), dove c’era bisogno di impiego lavorativo (wo Arbeitseinsatzbedarf besteht) (231).

Come nel caso della Francia, la genesi delle deportazioni ebraiche dalla Slovacchia fu in relazione coll’impiego lavorativo di Ebrei abili al lavoro.

Con riferimento al telescritto summenzionato, nel suo rapporto al Ministro degli Esteri del 21 agosto 1942, Luther scrisse:
«Il numero degli Ebrei deportati all’Est in questo modo non era sufficiente per coprire il fabbisogno locale di mano d’opera. Perciò il RSHA, per ordine del Reichsführer-SS, si rivolse al ministero degli Esteri affinché pregasse il governo slovacco di mettere a disposizione 20.000 Ebrei slovacchi giovani e forti della Slovacchia per la deportazione all’Est. L’ambasciata di Pressburg (232) riferì [in risposta al messaggio] D III 1002 che il governo slovacco aveva accettato la proposta con entusiasmo, [perciò] si potevano fare i preparativi».
Die Zahl der auf diese Weise nach dem Osten abgeschobenen Juden reichte nicht aus, den Bedarf an Arbeitskräften dort zu decken. Das Reichssicherheitshauptamt trat daher auf Weisung des Reichsführer-SS an das Auswärtige Amt heran, die Slowakische Regierung zu bitten, 20000 junge, kräftige slowakische Juden aus der Slowakei zur Abschiebung in den Osten zur Verfügung zu stellen. Die Gesandschaft Pressburg berichtete zu D III 1002, die Slowakische Regierung habe den Vorschlag mit Eifer aufgegriffen, die Vorarbeiten könnten eingeleitet werden»]
(233).
Il programma iniziale dei trasporti ebraici fu redatto il 13 marzo 1942 e comprendeva l’invio di 10 treni ad Auschwitz e 10 a Lublino nel seguente ordine cronologico:

dataconvoglio n.luogo di partenzaluogo di arrivo
25/31PopradAuschwitz
26/32ZilinaLublino
27/33PatrónkaAuschwitz
29/34SeredLublino
30/35NovákLublino
1/46PatrónkaAuschwitz
2/47PopradAuschwitz
4/48ZilinaLublino
6/49NovákLublino
7/410PopradAuschwitz
8/411SeredLublino
10/412ZilinaLublino
11/413PatrónkaAuschwitz
13/414Poprad Auschwitz
14/415SeredLublino
16/416NovákLublino
17/417PopradAuschwitz
18/48PatrónkaAuschwitz
20/419PopradAuschwitz
21/420NovákLublino (234)

Ogni trasporto doveva contenere 1.000 persone (235).

Il 24 marzo l’SS-Obersturmbannführer Liebehenschel, capo dell’Amt DI (Zentralamt) dell’SS-WVHA, inviò un telescritto al comandante del campo per prigionieri di guerra di Lublino, SS-Standartenführer Koch, con oggetto «Ebrei dalla Slovacchia», nel quale scrisse:
«I 10.000 (diecimila) Ebrei dalla Slovacchia destinati al locale campo, come già comunicato, vi vengono trasferiti con treni speciali a partire dal 27 marzo 1942. Ogni treno speciale trasporta 1.000 (mille) detenuti. Tutti i treni vengono diretti alla stazione di frontiera di Zwardon (Alta Slesia), dove arrivano di volta in volta alle 6,09 del mattino e durante una sosta di due ore vengono [presi in carico e ] fatti proseguire verso il luogo di destinazione dal commando di scorta della Polizia di Sicurezza sotto la sorveglianza dell’ufficio della Polizia di Stato di Kattowitz» (236).
Die für das dortige Lager bestimmten 10000 (Zenhtausend) Juden aus der Slowakei werden ab 27.3.1942, wie bereits mitgeteilt, mit Sonderzügen nach dort überstellt werden. Jeder Sonderzug führt 1000 (eintausend) Häftlinge mit. Alle Züge werden über den Grenzbahnhof Zwardon (OS) geleitet, wo sie jeweils 6.09 Uhr früh eintreffen und während eines zweistündigen Aufenhaltes von Begleitkommandos der Schützpolizei unter Aufsicht der Staatspolizeistelle Kattowitz an den Bestimmungsort weitergeleitet werden»].
Il 27 marzo un impiegato dell’ufficio della Polizia di Stato di Kattowitz, tale Woltersdorf, inoltrò all’Amtsgruppe D dell’SS-WVHA e ad altri due uffici un rapporto sul primo trasporto di Ebrei slovacchi a Lublino, con oggetto «Impiego lavorativo di 20.000 Ebrei dalla Slovacchia» (Arbeitseinsatz von 20000 Juden aus Slowakei), nel quale informava:
«Arrivo del primo treno a Zwardon con 1.000 Ebrei abili al lavoro il 27 marzo 1942 alle 6,52. Partenza alle 8,05 da Zwardon per il KL Lublino. Nel trasporto c’era anche un medico ebreo, sicché il numero totale è di 1.001 persone» (237).
Il 29 aprile l’ambasciata tedesca a Bratislava trasmise al governo slovacco una «Nota verbale» (Verbalnote) nella quale si legge:
«Gli Ebrei trasportati e ancora da trasportare dal territorio della Slovacchia nel territorio del Reich, dopo preparazione e rieducazione professionale, saranno avviati all’impiego lavorativo nel Governatorato generale e nei territori orientali occupati. L’alloggiamento, il vettovagliamento, il vestiario e la rieducazione professionale degli Ebrei inclusi i loro parenti procurano spese che per ora non possono essere coperte dalla capacità di lavoro degli Ebrei, inizialmente piuttosto esigua, poiché la rieducazione professionale produce effetti solo dopo qualche tempo e poiché soltanto una parte degli Ebrei trasportati e ancora da trasportare è abile al lavoro».
Die aus dem Gebiet der Slowakei in das Reichsgebiet abbeförderten und noch abzufördernden Juden werden nach Vorbereitung und Umschulung zum Arbeitseinsatz in dem Generalgouvernement und in den besetzten Ostgebieten kommen. Die Unterbringung, Verpflegung, Bekleidung und Umschulung der Juden einschliesslich ihrer Angehörigen verursachen Kosten die vorläufig aus der anfänglich nur geringen Arbeitsleistung der Juden nicht gedeckt werden können, da sich die Umschulung erst nach einiger Zeit auswirken [sic] und da nur ein Teil der abförderten und noch abzufördernden Juden arbeitsfähig ist»].
Per coprire queste spese, il governo del Reich chiedeva a quello slovacco un rimborso di 500 Reichsmark a persona (238).

L’11 maggio l’SS-Hauptsturmführer Wisliceny, rappresentante di Eichmann in Slovacchia, scrisse la lettera che segue al ministero degli Interni slovacco:
«Come il RSHA, Berlino, mi ha cominicato per telegrafo il 9 maggio 1942, sussiste la possibilità di accelerare l’azione di deportazione degli Ebrei dalla Slovacchia, potendo essere ancora inviati trasporti addizionali ad Auschwitz. Questi trasporti possono tuttavia contenere soltanto Ebrei ed Ebree abili al lavoro, nessun bambino. Allora sarebbe possibile aumentare la quota dei trasporti di 5 treni al mese. Per l’attuazione pratica mi permetto di presentare la seguente proposta:
Nel corso dei trasferimenti dalle città vengono selezionati e portati nei due campi di Sillein e Poprad gli Ebrei che possono essere ritenuti abili al lavoro»(corsivo mio)
(239).
Wie mir das Reichssicherheitshauptamt Berlin am 9.5.1942 telegraphisch mitteilte, besteht die Möglichkeit, die Abschiebungsaktion der Juden aus der Slowakei zu beschleunigen, indem noch zusätzliche Transporte nach Auschwitz gesandt werden können. Diese Transporte dürfen aber nur arbeitsfähige Juden und Jüdinnen enthalten, keine Kinder. Es wäre dann möglich, die Abtransportquote um 5 Züge per Monat zu erhöhen. Zur praktischen Durchführung erlaube ich mir folgenden Vorschlag: Bei der Aussiedlung aus der Städten werden solche Juden, die als arbeitsfähig angesprochen werden können, aussortiert und in die beiden Lager Sillein und Poprad vebracht»].
La proposta non fu accettata, perché nel mese di maggio i 19 trasporti di Ebrei che lasciarono la Slovacchia furono tutti inviati nel distretto di Lublino, con destinazione Lubartów, Luków, Międzyrzec Podlaski, Chełm, Dęblin, Puławy, Nałęczów, Rejowiec e Izbica. Complessivamente furono deportati circa 20.000 Ebrei (240).

In una lettera datata 24 marzo 1943, Gisi Fleischmann, la nota dirigente sionista slovacca che Hilberg menziona a p. 725, scrisse:
«Oggi però gli Schlichtim [i deportati] ci hanno portato rapporti, che giustificano una piccola speranza da parte nostra, secondo i quali là c’è ancora un piccolo resto [di Ebrei slovacchi]. Abbiamo ricevuto circa 200 lettere da Deblin-Irena e Konskowola, distretto di Lublino, dove, oltre ai nostri Ebrei, ci sono anche Ebrei belgi che vi sono arrivati nelle ultime settimane» (241).
È da notare che tutti i trasporti di Ebrei partiti dal Belgio fino al marzo 1943 erano stati diretti ad Auschwitz (242), perciò gli Ebrei belgi che si trovavano a Dęblin-Irena (243) e a Końskowola, un paesino a 6 km da Puławy, nella regione di Lublino, provenivano necessariamente da Auschwitz, nel quadro della migrazione all’Est menzionata sopra.

Le deportazioni ad Auschwitz ricominciarono solo dal 19 giugno 1942.

Hilberg non dice che i «20000 Ebrei slovacchi giovani e robusti» furono realmente deportati all’Est, circa 10.000 ad Auschwitz (244) e 10.000 a Lublino-Majdanek, forse perché, in questi due presunti «centri di sterminio», essi non furono sterminati, ma immatricolati e assegnati al lavoro. Perciò viene anche meno la sua pretesa relativa alla «leggenda del “reinsediamento”».

Hilberg riferisce poi che
«a Budapest il Nunzio apostolico, monsignor Angelo Rotta, ricevette da Bratislava un breve biglietto scritto da un ebreo, non firmato e non datato. Il biglietto diceva: “Siamo condannati alla distruzione. Sappiamo per certo che saremo trasportati in Polonia (a Lublino)”» (p. 724).
Nella relativa nota 1309 a p. 917, Hilberg scrive:
«Rotta al cardinal Maglione, 13 marzo 1942, accompagnato da una nota ebraica, in Segretariato di Stato di Sua Santità, Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guerre mondiale, cit., pp. 457-58. Vedere anche segretario di Stato del Vaticano al Consolato Slovacco, 14 marzo 1942, che esprime la sua profonda inquietitudine riguardo all’imminente espulsione di 80.000 Ebrei verso la Galizia e Lublino, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa. Ibid., pp. 459-60».
Acclusa alla lettera del 13 marzo 1942, il nunzio Rotta inviò al Vaticano «una supplica al Santo Padre dei disgraziati ebrei della Slovacchia minacciati di un’espulsione generale in Polonia». La supplica, redatta in tedesco dalla comunità ebraica di Presburgo (Bratislava), comincia con queste parole:
«Santo Padre!
La comunità ebraica di tutta la Slovacchia, 90.000 anime, si rivolge a Sua Santità per chiedere aiuto e salvezza.
Siamo condannati alla rovina (wir sind zum Untergang verurteilt). Come sappiamo per certo, dobbiamo essere deportati (hinaustransportiert) in Polonia (Lublino)»
(245).
Qui non si parla dunque di «distruzione» (nell’accezione di Hilberg: Ausrottung, Vernichtung), ma di «rovina»(Untergang).

La lettera della Segreteria di Stato alla Legazione della Slovacchia datata 14 marzo 1942 contiene la frase che segue:
«Queste persone (circa 80.000) verrebbero deportate in Galizia e nella regione di Lublino e la deportazione si effettuerebbe separatamente per gli uomini, per le donne e per i fanciulli» (246).
Il 23 maggio 1942 Karol Sidor, ministro plenipotenziario della Repubblica Slovacca presso la Santa Sede, consegnò al segretario di Stato Maglione una nota sulla soluzione della questione ebraica. Questa nota, datata 8 maggio 1942, era la risposta ad una richiesta di informazioni della Santa Sede del 12 novembre 1941. Dopo aver spiegato le ragioni del ritardo della risposta, la nota spiega:
«Ma in questo periodo di tempo (247) avvenne un mutamento circa la soluzione della questione ebraica. Fra il Governo slovacco e il Governo tedesco ebbero luogo trattative sulla soluzione del problema ebraico in Europa e fu considerato che l’emigrazione degli ebrei slovacchi è soltanto come una parte di un più vasto programma integrale. Attualmente un mezzo milione di ebrei sarà mandato dall’Europa in Europa orientale. La Slovacchia sarebbe il primo Stato i cui abitanti d’origine ebraica sarebbero accettati dalla Germania. Contemporaneamente si realizza l’emigrazione degli ebrei dalla Francia (dalla parte occupata), dall’Olanda, dal Belgio, dal Protettorato, dal territorio del Reich. Così anche l’Ungheria ha manifestato di essere pronta di mandare via 800.000 ebrei come ha detto nel suo discorso il Presidente del Consiglio Dott. Kallay il 20 aprile a.c.
Gli ebrei slovacchi saranno collocati in diversi posti nei dintorni di Lublino dove resteranno definitivamente. La popolazione ariana sarà trasferita da quei territori e al suo posto sarà organizzato un distretto esclusivamente ebraico con sua propria amministrazione dove gli ebrei potranno vivere insieme e provvedere per la loro esistenza col proprio lavoro. Le famiglie resteranno unite»
(248).
A pagina 731, Hilberg scrive:
«Il Nunzio apostolico a Bratislava, monsignor Giuseppe Burzio, ebbe una lunga conversazione con Tuka ai primi di aprile del 1943. Temendo nuove deportazioni riportò le “notizie incresciose” che circolavano sui deportati Ebrei in Polonia e in Ucraina (sic). Tutto il mondo ne parla» (p. 731).
Il testo originale dice:
«Vostra Eccellenza è, senza dubbio, a conoscenza delle tristi notizie che corrono sulla sorte atroce degli Ebrei deportati in Polonia e Ucraina. Tutto il mondo ne parla» (249).
Ciò, come viene precisato nell’introduzione al vol. 9 degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à a seconde guerre mondiale, non significava che Burzio o Rotta avessero notizie certe:
«La parola “deportazione” implicava fin dal 1942 e ancor più nel 1943 il sentore di una tragedia senza nome. Qual era la sorte reale delle vittime alla fine della loro deportazione? Fin dal 1942 l’incaricato di Affari della Santa Sede a Bratislava, monsignor Burzio, scriveva che la deportazione “equivaleva a una morte certa” (250). Qualche settimana dopo, il nunzio a Budapest, Angelo Rotta, riferiva allo stesso modo la convinzione dei circoli ebraici d’Ungheria che i deportati slovacchi erano “destinati in gran parte a morte sicura”. Un anno dopo, nella sua conversazione col ministro Tuka, monsignor Burzio avrebbe fatto allusione alle “tristi notizie che corrono sulla sorte atroce degli Ebrei deportati in Polonia e Ucraina”. Nel frattempo le notizie sui trattamenti inflitti ai Polacchi ebrei o non ebrei nei campi di concentramento erano state ampiamente diffuse ad opera del governo polacco in esilio. Il mondo, compresi i rappresentanti del Papa nei paesi dell’Est, era forse al corrente del fatto che agli Ebrei era riservato un trattamento speciale, che erano sterminati al loro stesso arrivo, quelli almeno che erano incapaci di prestare alcun lavoro?» (251).
La domanda è evidentemente retorica. La fonte delle notizie è invece molto indicativa: il governo polacco in esilio a Londra, ossia la maggiore centrale mondiale di propaganda antitedesca.

Le dichiarazioni summenzionate contengono però anche un riferimento significativo: la destinazione delle deportazioni non era solo la Polonia, ma anche la Galizia e l’Ucraina, regioni a est dei «centri di sterminio» o campi di transito di Bełżec e Sobibór.

Nel 1942, la deportazione degli Ebrei slovacchi nella regione di Lublino si svolse come appare nella seguente tabella (252):

Data di partenzaLuogo di arrivoNumero dei deportati
27.3.1942Lublino1.000
30.3.1942Lublino1.000
31.3.1942 Lublino1.003
5.4.1942Lublino1.495
12.4.1942Lubartów1.040
14.4.1942Lubartów1.038
16.4.1942Rejowiec1.040
20.4.1942Rejowiec1.030
22.4.1942Nałęczów1.001
27.4.1942Nałęczów1.251
5.5.1942Lubartów1.040
6.5.1942Łuków1.038
7.5.1942Łuków1.040
8.5.1942Międzyrzec Podl.1.001
11.5.1942Chełm1.002
12.5.1942Chełm1.002
13.5.1942Dęblin1.040
14.5.1942Dęblin1.040
17.5.1942Puławy1.028
18.5.1942Nałęczów1.025
19.5.1942Nałęczów1.005
20.5.1942Puławy1.001
23.5.1942Rejowiec1.630
24.5.1942Rejowiec1.022
25.5.1942Rejowiec1.000
26.5.1942Nałęczów1.000
29.5.1942Izbica1.052
30.5.1942Izbica1.000
1.6.1942Sobibór1.000
2.6.1942Sobibór1.014
5.6.1942Sobibór1.000
6.6.1942Sobibór1.001
8.6.1942Sobibór1.000
9.6.1942Sobibór1.010
11.6.1942Sobibór1.000
12.6.1942Sobibór1.000
13.6.1942Sobibór1.000
14.6.1942Sobibór1.000


39.889

Come abbiamo visto sopra, gli Ebrei che venivano «espulsi oltre il Bug», passavano appunto per i campi di transito di Bełżec e Sobibór.

Hilberg accenna poi quasi di sfuggita ad un fatto degno di nota:
«Tuka voleva una commissione slovacca, composta da un delegato del Parlamento, da un giornalista e forse anche da un cattolico, che andasse a ispezionare i campi nei quali erano stati mandati gli Ebrei. Il Consolato trasmise la richiesta all’esperto ebraico del Ministero degli Esteri, von Thadden, che, non sapendo che cosa fare, trasmise la questione a Eichmann. Il 2 giugno 1943 Eichmann rispose:
“Per quanto riguarda la proposta presentata dal Primo ministro, dottor Tuka, al Ministro tedesco di Bratislava, di inviare una commissione mista slovacca in un campo ebraico in territorio occupato, voglio far presente che un’ispezione di questo tipo è già stata effettuata recentemente per conto della Slovacchia, da Fiala, redattore capo del periodico Der Grenzbote.
Riguardo alla descrizione delle condizioni di vita nei campi ebraici, richiesta dal Primo ministro, il dottor Tuka, l’attenzione deve essere attirata sulla serie di articoli molto documentati scritti dal giornalista, che sono stati pubblicati, corredati da numerose fotografie ecc., nei seguenti periodici: Der Grenzbote, Slovak, Slovenska Politika, Gardiste, Magyar Hirlap e Pariser Zeitung....
Quanto al resto, per combattere le notizie fantasiose che circolano in Slovacchia sulla sorte degli Ebrei evacuati, l’attenzione deve essere attirata sulla corrispondenza inviata in Slovacchia dagli stessi Ebrei, che è direttamente trasmessa dal consigliere degli Affari ebraici presso il Consolato tedesco di Bratislava (Wisliceny) e che, per inciso, ammontava a 1.000 lettere e cartoline nel periodo febbraio-marzo dell’anno scorso. Quanto alle informazioni che sollecita apparentemente il Primo ministro, dottor Tuka, sulle condizioni di vita nei campi ebraici, questo ufficio non solleva alcuna opposizione a che la corrispondenza sia controllata prima di essere spedita ai destinatari”» (p. 732).
Sull’ispezione di Fiala, nonostante la sua evidente importanza, Hilberg non dice nulla. Vale la pena perciò di riportare ciò che Wisliceny riferì al riguardo in una dichiarazione giurata del 4 aprile 1947:
«Oggetto: Caporedattore del “Grenzbote” Fritz Fiala.
Durante la deportazione degli Ebrei dalla Slovacchia, all’inizio dell’estate del 1942, ad una manifestazione sociale, credo che fosse una cosiddetta “serata dei consiglieri” all’autoclub, incontrai Fritz Fialla [sic], redattore del “Grenzbote” che conoscevo dal 1940. Nel corso della conversazione, Fialla mi chiese se era possibile che potesse mai visitare un centro di lavoro in Polonia in cui erano stati portati gli Ebrei. Egli avrebbe poi pubblicato un rapporto nella stampa slovacca e pensava che un tale rapporto avrebbe tranquillizzato molto l’opinione pubblica. Risposi a Fialla che avrei inoltrato la sua proposta. Successivamente una volta parlai telefonicamente con Eichmann di questa proposta, senza che egli si pronunciasse al riguardo. Qualche settimana dopo Eichmann mi chiamò e mi disse che Himmler aveva ordinato che nella stampa estera fossero pubblicati articoli sui campi di lavoro in Polonia. Anche il Ministero degli Esteri, cioè Ribbentropp, era molto interessato alla cosa. Egli aveva pensato a una visita a Theresienstadt da parte di rappresentanti della stampa neutrale a Berlino, ma non si aspettava un successo. [Mi chiese] se potessi andare con Fialla a Sosnowice, dove c’erano rappresentanti del governo slovacco già dal 1941. Dovevo parlare immediatamente con Fialla. Parlai quindi con Fialla, il quale però obiettò che il suo articolo, in Slovacchia, avrebbe avuto una risonanza soltanto se avesse potuto parlare con Ebrei slovacchi. Fialla riferì inoltre che era corrispondente capo del “Pariser Zeitung” e i suoi rapporti avrebbero potuto raggiungere la stampa francese per questa via. Riferii di nuovo ciò ad Eichmann, il quale replicò che avrebbe discusso con Höss, il comandante di Auschwitz, affinché Fialla potesse parlare con Ebrei slovacchi e francesi nel “campo di lavoro”. Allora i particolari della visita furono stabiliti da Eichmann. Poiché era intervenuto il Ministero degli Esteri, si occupava dell’affare anche il ministro Ludin ed io andai da lui con Fialla poco prima del nostro viaggio. Per ordine di Eichmann dovevo però far sapere a Fialla che i suoi articoli sarebbero stati sottoposti a Himmler per la censura preliminare. Fialla fu d’accordo anche su ciò. Egli allora mi lasciò intendere che lavorava come uomo di fiducia per il Servizio di Sicurezza.
Il viaggio si svolse in piena estate nel 1942. Andammo con la mia automobile prima a Zilina, dove Fialla visitò le baracche del campo di concentramento e fece fotografie. Lì fece anche un’ “intervista” a un certo Antal, che a suo dire era stato segretario di Stato nel governo di Bela Kun in Ungheria. Il mattino successivo di buon’ora andammo, via Cadca, a Kattowitz, dove, per ordine di Eichmann, ci dovevamo presentare all’ufficio della Polizia di Stato da un commissario criminale, di cui non ricordo più il nome. Questi ci fece da accompagnatore e guida nella visita di Sosnowice-Bendzin. Nella parte della città di Bendzin vivevano allora circa 100.000 Ebrei, che vi erano stati concentrati da tutta l’Alta Slesia. Nel corso della mattinata visitammo una serie di aziende artigianali e industriali. Fialla parlò con capi azienda e operai ed ebbe anche un colloquio col capo del consiglio degli anziani ebraico. L’impressione generale non fu cattiva. A mezzogiorno mangiammo a Sosnowice. Poi andammo ad Auschwitz. Vi arrivammo verso le 14. Höss ci aspettava al comando. Dopo le presentazioni, ci condusse ad un complesso di edifici che era situato vicino al comando. Vi vedemmo un dormitorio, una sala di lavaggio e doccia, un impianto di cucina molto moderno e una sala da concerto, dove l’orchestra del campo faceva una prova. Poi salimmo su automobili e andammo ad una lavanderia, dove lavoravano ragazze ebree della Slovacchia. Fialla parlò con queste ragazze e fece fotografie. Poi andammo in automobile presso una grossa falegnameria. Qui Fialla parlò con Ebrei slovacchi e francesi e fece di nuovo fotografie. Con ciò la visita era finita. Rifiutai un invito di Höss perché volevamo passare il confine prima che facesse buio. Lasciammo perciò Auschwitz verso le 16 e arrivammo solo a notte a Zilina, perché strada facendo avemmo un guasto. Circa 14 giorni dopo Fialla mi trasmise i suoi articoli con le fotografie. Li mandai a Berlino via corriere. Gli articoli giunsero poi a Himmler, che ebbe il tempo di leggerli solo dopo settimane. Poi il consigliere governativo Bosshamer venne a Vienna su incarico di Eichmann e aveva varie obiezioni, che Himmler aveva annotato a matita verde. Bosshamer voleva che gli articoli fossero riscritti completamente. Io rifiutai, dicendo che Fialla era un noto giornalista che non si sarebbe arreso. Alla fine Bosshamer cambiò soltanto qualche passo. Circa 8 giorni dopo, Eichmann mi chiamò e diede il permesso per la pubblicazione degli articoli. In queste settimane Fialla mi telefonò quasi ogni giorno è mi sollecitò per ottenere il permesso [di pubblicazione] degli articoli. Dichiarò che non gli faceva affatto piacere aspettare gli articoli per settimane. Verso la fine di ottobre o l’inizio di novembre gli articoli uscirono.
Nel corso della nostra visita ad Auchwitz non vedemmo assolutamente nulla che potesse far pensare a uno sterminio di Ebrei.
Fialla, per quanto riguarda la pubblicazione degli articoli, è una vittima della sua curiosità giornalistica e delle sue convinzioni di allora»
(253).
NOTE


(230) Questo termine non significa «riconversione», ma «rieducazione professionale». Torna al testo.
(231) T-1078. Torna al testo.
(232) Il nome tedesco di Bratislava. Torna al testo.
(233) NG-2586-J, pp. 5-6. Torna al testo.
(234) Riešenie židovskiej otázky na Slovensku (1939-1945)[La soluzione della questione ebraica in Slovacchia (1939-1945)]. Dokumenty, 2. Časť (Documenti, Parte Seconda). Edícia Judaica Slovaca, Bratislava, 1994, pp. 59-60. Torna al testo.
(235) Idem, pp. 38-39. Torna al testo.
(236) Fernschreiben di Liebehenschel n. 903 del 24 marzo 1942 al comandante del K.G.L. Lublin. Fac-simile del documento in: Zofia Leszczyńska, «Transporty więźnów do obozu na Majdanku» (Trasporti di detenuti al campo di Majdanek), in: Zeszyty Majdanka, IV, Lublino, 1969, p. 182. Torna al testo.
(237) Fac-simile del documento in: Majdanek. Krajowa Agencja Wydawnicza. Lublino, 1985, fotografia n. 38. Torna al testo.
(238) Riešenie židovskiej otázky na Slovensku (1939-1945). Dokumenty, 2. Časť, op. cit., p. 105. Torna al testo.
(239) Idem, pp. 108-109. Torna al testo.
(240) L’elenco dei trasporti ebraici partiti dalla Slovacchia nel 1942 conservato presso i Moreshet Archives (riferimento d’archivio: D.1.5705), per il maggio 1942 riporta 18 trasporti per complessivi 18.937 deportati. Esso non comprende tuttavia il trasporto da Trebišov del 4 maggio che appare nel programma delle evacuazioni per il mese di maggio stilato il 16 aprile 1942. D’altra parte, il riepilogo delle deportazioni effettuate nel 1942 redatto dal ministero degli Esteri slovacco il 14 gennaio 1943, per il mese di maggio menziona 19 trasporti. Riešenie židovskiej otázky na Slovensku (1939-1945). Dokumenty, 2. Časť, op. cit., p. 41 e 48. Il numero totale dei deportati del mese di maggio fu dunque di circa 20.000. Torna al testo.
(241) Dov Weissmandel, Min-hammetsar. “Emunah”, New York, 1960, documento 23 (fuori testo). Il titolo del libro (Dall’angoscia), è tratto dall’inizio del Salmo 118,5. Torna al testo.
(242) Serge Klarsfeld e Maxime Steinberg,
Mémorial de la déportation des Juifs de Belgique. The Beate Klarsfeld Foundation, New York, 1994, pp. 42-45. Torna al testo.
(243) Irena è un sobborgo di Dęblin. Torna al testo.
(244) Vedi la tabella che appare nel paragrafo 3.1.1. Torna al testo.
(245)
Actes et documents du Saint Siège relatifs à a seconde guerre mondiale. Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier 1941-Décembre 1942. Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1975, vol. 8, pp. 457-458. Torna al testo.
(246) Idem, p. 460. Torna al testo.
(247) Tra il novembre 1941 e il gennaio 1942. Torna al testo.
(248)
Actes et documents du Saint Siège relatifs à a seconde guerre mondiale. Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier 1941-Décembre 1942. Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1975, vol. 8, pp. 542-543. Torna al testo.
(249) Idem,
Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier-Décembre 1943, vol. 9, p. 249. Torna al testo.
(250) Il testo esatto è: «Deportazione 80.000 persone in Polonia alla mercè dei tedeschi equivale condannarne gran parte morte certa».
Actes et documents du Saint Siège relatifs à a seconde guerre mondiale. Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier 1941-Décembre 1942, op. cit., vol. 8, p. 453. Torna al testo.
(251) Idem,
Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier-Décembre 1943, vol. 9, pp. 37-38. Torna al testo.
(252) C. Mattogno, J. Graf,
Treblinka. Extermination Camp or Transit Camp?, op. cit., pp. 242-244. Torna al testo.
(253) Dichiarazione giurata di D. Wisliceny del 15 luglio 1946. LST, 36/48, pp. 174-178. Torna al testo.


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