domenica 14 giugno 2009

Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. – Cap III § 8: La gestione dei campi. - 8.1: Sadismo e corruzione.








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Introduzione. – Capitolo I. Paragrafo: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9. Capitolo II: § 1. - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 1.4 - 1.5 - 1.6 - 1.7 - 2 - 3 - 3.1 - 3.1.1 - 3.1.2 - 4 - 5 - 6 - 7. Capitolo III: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 8.1 - 8.2 - 8.3 - 8.4 - 8.5 - 8.6 - 8.7 - 8.8 - 9 - 10. Capitolo IV: § 1 - 2 - 3. Capitolo V: § 1 - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 2 - 2.1 - 2.2 - Conclusione - Appendice - Abbreviazioni - Bibliografia - Note.
Rinvii:
Testo integrale - Graf -

CAPITOLO III
I «centri di sterminio»
8.
La gestione dei campi

8.1.
Sadismo e corruzione

Il paragrafo «Organizzazione, personale e gestione», che comincia a p. 967, è dedicato ad aspetti marginali rispetto al tema centrale del presunto sterminio. Prendo in esame i temi più importanti dibattuti da Hilberg.

Egli rileva che «quasi tutto il personale tedesco di Wirth aveva partecipato alle operazioni di eutanasia» (p. 968) e in tal modo precisa in che senso l’eutanasia sarebbe la «prefigurazione concettuale e nello stesso tempo tecnica e amministrativa della “soluzione finale”». Dunque il personale specializzato in assassinio dei malati mentali nei centri di eutanasia sarebbe stato inviato nei campi di Bełżec, Sobibór e Treblinka per intraprendervi lo sterminio ebraico. Hilberg, però, scrive anche che «per la maggioranza, ci fu un’interruzione tra l’eutanasia e le nomine nel Governatorato generale. Molti, durante questo intervallo, furono inviati nell’Urss, con il compito di curare i soldati tedeschi feriti o con problemi di congelamento, ma furono presto richiamati» (nota 110 a p. 1055). Ma per quale motivo del personale specializzato nell’assassinio fu mandato a curare i feriti? Esso non aveva pertanto esclusivamente una specializzazione omicida, la quale soltanto spiegherebbe in senso univoco il loro invio in tali campi (378).

Un altro tema trattato da Hilberg in questo paragrafo riguarda il sadismo e la corruzione delle SS.
«Il problema del personale si pose sotto due aspetti: il sadismo e la corruzione. Il primo riguardava essenzialmente le guardie, la seconda i funzionari in carica nei campi»(p. 976).
Egli ne traccia poi un quadro spaventoso basato pressoché esclusivamente sulle «testimonianze dei sopravvissuti». Ad esempio, la tortura dello «Sport machen» («fare sport»), che era essenzialmente «un modo per evitare alle guardie di annoiarsi, e benché questi esercizi non fossero incoraggiati precisamente da direttive ufficiali, non li si impediva»(p. 976).

Hilberg spiega che
«tutto il problema del sadismo si riduceva, dunque, a un’attività di tipo speciale: gli eccessi, come venivano definiti. In generale, un “eccesso” sottintendeva un’orgia massiccia o aberrazioni sessuali» (p. 976).
Egli riporta poi delle storielle infondate su Irma Grese e Otto Mohl riferite dai «sopravvissuti» (p. 977) e descrive le tragiche condizioni di vita dei campi di Majdanek ed Auschwitz, basandosi sulla medesima fonte (pp. 980-983). Prima di esaminare in dettaglio qualche aspetto specifico di questo «sadismo», bisogna rilevare che Hilberg, qui, dimentica di menzionare le seguenti dichiarazioni rese a Norimberga da Höss, testimone dal quale attinge a piene mani quando si tratta di puntellare la sua teoria della «distruzione»:
«Fino all’inizio della guerra, nel 1939, la situazione dei campi, riguardo a vitto, alloggio e trattamento dei detenuti, era come in ogni altra prigione o istituto di pena del Reich. I detenuti erano certamente trattati con severità, ma non si mirava a malmenarli sistematicamente o a maltrattarli. Il Reichsführer-SS aveva ripetutamente promulgato ordini secondo i quali ogni SS che avesse maltrattato un detenuto sarebbe stato punito e diverse volte delle SS che avevano usato violenza contro detenuti furono anche puniti. Il vitto e l’alloggio in questo periodo erano uguali a quelli di altri detenuti dell’amministrazione della giustizia. L’alloggiamento nei campi in [quegli] anni era ancora normale; all’epoca infatti non c’erano quegli afflussi massicci [di detenuti] come [avvenne] poi allo scoppio della guerra e durante la guerra.
Quando scoppiò la guerra e cominciarono gli internamenti di massa di detenuti politici e successivamente, nei territori occupati, di detenuti del movimento di resistenza, le costruzioni, gli ampliamenti dei campi non riuscirono più a far fronte al numero dei detenuti internati. Nei primi anni di guerra ciò si poté sempre superare con provvedimenti improvvisati, ma poi ciò, a causa delle condizioni belliche, non fu più possibile, perché i materiali da costruzione non erano quasi più disponibili. Inoltre, le razioni viveri per i detenuti venivano in modo considerevole decurtate continuamente e incisivamente.
Si creò così la situazione che sempre più detenuti nei campi non furono più abbastanza forti da resistere alle epidemie che sopravvenivano a poco a poco.
Il motivo principale per cui i detenuti, poi, alla fine della guerra, erano in condizioni così cattive e nei campi furono trovati molte migliaia di [detenuti] malati ed emaciati è il fatto che il Reichsführer indicò ad ogni occasione e continuamente il suo obiettivo e anche tramite il capo dell’Ufficio centrale economico e amministratico, l’Obergruppenführer Pohl, tramite i singoli comandanti dei campi e i capi amministrazione alle cosiddette sedute dei comandanti, dichiarò - le cose andavano così - che ogni detenuto doveva essere assolutamente inserito nella produzione degli armamenti fino all’estremo delle sue forze. Ogni comandante doveva fare di tutto per renderlo possibile. Non era che si mirasse ad avere il maggior numero possibile di morti o a sterminare i detenuti, ma per il Reichsführer contava sempre poter impiegare ogni paio di braccia per gli armamenti. [...] (379).
Questi cosiddetti maltrattamenti e vessazioni nei campi di concentramento, che poi, ad opera di detenuti che erano stati liberati dalla guarnigione, si diffusero dappertutto tra la popolazione, non erano, come si crede, metodi, ma erano eccessi di singoli ufficiali, sottufficiali e soldati, che usavano violenza contro i detenuti.
Dott. Kaufmann - Venne mai a conoscenza di qualcosa?
Höss - Quando si veniva a conoscere qualunque fatto in qualunque modo, l’interessato naturalmente veniva immediatamente rimosso dalla sua carica oppure trasferito a qualche altro posto, sicché, se non veniva punito, nel caso che il materiale di prova per questo fosse insufficiente per poterlo punire, veniva comunque trasferito in un altro posto e tenuto lontano dai detenuti» (380).
Hilberg, in tale contesto, dimentica di citare anche un’altra sua fonte, che invoca a sostegno della sua tesi: il giudice SS Konrad Morgen. Nell’affidavit del 13 luglio 1946, menzionato più volte da Hilberg, il testimone fornisce la seguente descrizione degli aspetti positivi dei campi di concentramento:
«La razione alimentare per i detenuti che lavoravano era di 2.750 calorie al giorno. Soprattutto in forma di patate, legumi, prodotti farinacei, verdura e pane. I campi e specialmente le ditte che impiegavano i detenuti facevano ogni sforzo per procurare vitto supplementare, ogni tanto perfino trasgredendo intenzionalmente le leggi dell’economia di guerra. Negli spacci dei campi i detenuti potevano anche acquistare alimenti supplementari nei limiti della situazione bellica, inoltre potevano ricevere illimitatamente pacchi, gli stranieri attraverso o dalla Croce Rossa. Lo stato nutrizionale generale dei detenuti era buono. Ho visto detenuti molto denutriti, in numero esiguo, solo negli ospedali. Ciò dipendeva da una debolezza corporea costituzionale o era conseguenza di malattie come la dissenteria, il tifo, la tubercolosi. Le installazioni mediche e ospedaliere, gli impianti sanitari erano buoni, in parte eccellenti. Oltre ai medici SS, venivano impiegati medici detenuti, tra cui autorità internazionali. La fornitura di medicinali era limitata dalle condizioni belliche come per la popolazione civile tedesca, però i farmacisti delle truppe SS vennero sempre tutti in soccorso nei limiti delle loro possibilità. Nell’impiego lavorativo dei detenuti si badò ampiamente allo stato fisico, alle competenze e all’estrazione sociale, considerando eventuali condanne precedenti e la condotta al campo.
Prescindendo dalle eccezioni, il ritmo di lavoro e il rendimento del detenuto dipendevano considerevolmente da quello dell’operaio civile. Il principio non era di incitare i detenuti, ma di dar loro un incentivo con la concessione di premi e di altri compensi. Ciò spiega perché la fornitura di tabacco ai detenuti durante la guerra era molto migliore di quella della popolazione civile tedesca o anche delle truppe di guardia dei campi di concentramento.
La vita e la proprietà dei detenuti erano protetti in questo modo. Rigoroso divieto di uccidere o di colpire i detenuti. Ciò è stato ripetutamente fatto presente al personale dei campi. Il comandante doveva confermare per iscritto la presa di conoscenza di quest’ordine. La relativa dichiarazione si trovava nei suoi atti personali. A regolari intervalli si svolgevano procedimenti di indagine sull’arresto [dei detenuti] da parte del RSHA. Dopo l’internamento di un detenuto la prima volta dopo tre mesi, poi dopo intervalli più lunghi. Per l’accertamento e il perseguimento di crimini dei detenuti c’era in ogni campo un segretario criminale del più vicino ufficio della Polizia di Stato, il capo della cosiddetta Sezione Politica del campo di concentramento. Per la punizione di crimini dei detenuti erano competenti esclusivamente i tribunali comuni. Per crimini di membri delle SS nei confronti di detenuti era competente il locale Tribunale delle SS e della Polizia. Nel campo, un ufficiale giudiziario a ciò destinato, che aveva prestato appositamente giuramento, fungeva da suo organo ausiliario. Ogni caso di morte di un detenuto doveva essere comunicato per telescritto e in casi di morte chiaramente o suppostamente non naturali bisognava inoltrare al Tribunale SS un rapporto accompagnato da documenti - verbale di autopsia, fotografia del luogo del crimine, pianta, testimonianze di detenuti e di SS.
Le punizioni corporali di natura disciplinare potevano essere disposte soltanto dall’Ispezione dei campi di concentramento dopo aver presentato un rapporto sulle indagini e una confessione del detenuto imputato scritta di proprio pugno. La punizione corporale poteva consistere soltanto in colpi sul sedere in presenza di un medico e di un ufficiale. Il numero massimo dei colpi, esattamente stabilito, era di 25. Questa punizione massima fu inflitta solo di rado a criminali con gravi condanne precedenti al campo. L’esecuzione della punizione avveniva soltanto dopo visita medica e certificato di non opposizione, generalmente da parte di un altro detenuto.
La proprietà di un detenuto era messa da parte e conservata separatamente contro ricevuta.
I detenuti, all’interno del campo, avevano libertà di movimento, una radio del campo, una biblioteca del campo, corrispondenza epistolare, ricevimento di giornali e pacchi, varietà, cinema, bordello, sport e giochi di ogni tipo, incluse gare sportive.
L’attività interna del campo di concentramento era amministrata e diretta dai detenuti stessi.
Tutte queste cose non restarono sulla carta» (381).
E tutte queste cose sono documentariamente attestate anche per Auschwitz, e valevano anche per i detenuti ebrei, tranne le disposizioni sulla proprietà.

Come abbiamo visto sopra, Hilberg riconduce il presunto sadismo delle SS a orge e aberrazioni sessuali. Questa fisima freudiana lo conduce inevitabilmente a gravi fraintendimenti, come nel caso dell’istituzione dei bordelli nei campi di concentramento. Al riguardo egli scrive:

«Auschwitz sarebbe diventato oggetto di un’inchiesta speciale da parte dei nazisti, e tuttavia pare che si tralasciarono questi incidenti. Non si rilevò alcuno sforzo per frenare i comportamenti sadici, sforzo che sarebbe stato, comunque, difficile. L’unico rimedio possibile sarebbe stato quello di far rientrare le guardie colpevoli nella categoria degli “asociali” (delinquenti sessuali). Il problema era comunque noto. In un primo momento, l’amministrazione dei campi creò numerosi bordelli» (p. 977).
Il 12 giugno 1943, il capo della Bauinspektion Reich-Ost inviò alla Zentralbauleitung di Auschwitz la richiesta da parte dell’Amtsgruppe D del WVHA di realizzare rapidamente «una costruzione speciale “B” per i detenuti» (Häftlingssondersbaues “B”). Veniva allegato uno schizzo della «baracca speciale» (Sonderbaracke), per la cui costruzione Himmler chiedeva una particolare sollecitudine (382).

Dai documenti che si sono conservati, risulta che questa baracca speciale era un bordello. In effetti la lettera “B” sta per «Bordell». La baracca non fu costruita, ma il bordello fu istituito ugualmente.

Esso non era però destinato alle SS, come afferma Hilberg, bensì ai detenuti (383). Ciò del resto, come si è visto sopra, era stato esplicitamente dichiarato dal giudice Morgen, sicché Hilberg non poteva ignorarlo.

Come ho accennato sopra, anche questo «Häftlingssonderbau» rientrava nei «Sonderbauten» della lettera di Liebehenschel il 15 giugno 1943.

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