domenica 14 giugno 2009

Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodogia. – Cap III § 8.2: Le condizioni di vita dei detenuti.








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Introduzione. – Capitolo I. Paragrafo: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9. Capitolo II: § 1. - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 1.4 - 1.5 - 1.6 - 1.7 - 2 - 3 - 3.1 - 3.1.1 - 3.1.2 - 4 - 5 - 6 - 7. Capitolo III: § 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 8.1 - 8.2 - 8.3 - 8.4 - 8.5 - 8.6 - 8.7 - 8.8 - 9 - 10. Capitolo IV: § 1 - 2 - 3. Capitolo V: § 1 - 1.1 - 1.2 - 1.3 - 2 - 2.1 - 2.2 - Conclusione - Appendice - Abbreviazioni - Bibliografia - Note.
Rinvii:
Testo integrale - Graf -

CAPITOLO III
I «centri di sterminio»
8.2.
Le condizioni di vita dei detenuti

Su questo tema, a p. 980 Hilberg scrive:
«Lublino, per esempio, nell’autunno del 1942, contava cinque blocchi, per un totale di ventidue baracche. La loro costruzione non era ancora ultimata. In alcune mancavano le finestre, altre avevano i tetti di cartone. In nessuna c’era l’acqua, provvisorie latrine (recipienti che venivano vuotati) emanavano odori nauseanti nelle stanze» (p. 980).
Questa descrizione si basa sull’ «affidavit di Ruppert del 6 agosto [1945], NO-1903»(nota 158 a p. 1058). Ma una lettera della Zentralbauleitung del campo di Lublino all’SS-Wirtschafter presso lo Höherer SS- und Polizeiführer nel Governatorato generale datata 22 ottobre 1942 descrive così i lavori eseguiti:
«Sono state costruite 108 baracche alloggio per i detenuti, 5 baracche cucina e 5 baracche lavatoio, 10 baracche per le provviste per i detenuti, 5 baracche officina e 1 baracca magazzino, 2 baracche di disinfestazione con bagni, realizzate parte su palafitte di legno, parte su fondamenta solide, inoltre ne furono installate 7 nell’area del comando e 19 in quella del battaglione di guardia».
Per l’approvvigionamento idrico erano stati posati 1.200 metri di tubi all’interno del campo e 5.500 all’esterno; per la canalizzazione, rispettivamente, 300 e 1.100 metri.
«I lavori B (384) (lavori di rifinitura) sono stati eseguiti nella misura in cui erano necessari nel quadro dell’ accantonamento del campo» (385).
La struttura del campo era perciò già ben organizzata e le baracche da rifinire non erano ovviamente occupate dai detenuti.

Nella nota 159 a p. 1058 Hilberg fornisce un’ altra descrizione parimenti infondata:
«Ad Auschwitz II, in questo periodo [1944], fino a 32000 donne dividevano una sola baracca di latrine».
La relativa testimianza è di Gisella Perl. In realtà nel campo femminile di Birkenau, il settore BI, esistevano 10 baracche latrina (Abortbaracken) in muratura, 5 nel settore BIa e 5 nel settore BIb (386), e il 21 agosto 1944 la forza di questo campo era di 39.234 detenute (387). Ciò indubbiamente comportava di per sé una situazione di disagio per i detenuti, ma la testimone invocata da Hilberg lo rese otto volte più grave.

Nel contesto delle condizioni di vita dei detenuti, Hilberg scrive ancora:
«Quando era un Ebreo a morire, nessuna scheda di morte era necessaria; il suo nome, su un elenco, era sufficiente. Il fatto che un Ebreo fosse vivo o morto, non aveva alcuna importanza, di per sé» (p. 980).
Le fonti addotte da Hilberg, una lettera di Glücks ai comandanti dei campi del 15 luglio 1943, NO-1246, e il documento NO-1553 (nota 156 a p. 1058) si riferiscono in realtà alla comunicazione dei dati sulla mortalità dei detenuti all’Amtsgruppe D del WVHA: i decessi dei detenuti ebrei dovevano essere comunicati in liste, non individualmente, come i decessi degli altri detenuti, ma ciò non implica affatto che nessuna «scheda di morte era necessaria», cioè che non era necessario alcun certificato di morte. Questa deduzione infondata è smentita clamorosamente dagli Sterbebücher di Auschwitz. Per fare solo qualche esempio, l’ultimo certificato di morte del volume 25, che chiudeva il 1943, è quello dell’ebreo Zelik Gieclik, nato a Poddebice il 25 maggio 1909 e morto il 18 dicembre 1943 per arresto cardiaco improvviso (388). L’ebrea Johanna Sara Seiner, nata a Bejscht il 26 gennaio 1871, morì il 27 dicembre 1943, all’età di 72 anni, per debolezza dovuta all’età (Alterschwäche)(389). Per la stessa causa, il 22 giugno 1942, morì l’ebreo Josef Hoffman, all’età di quasi 90 anni, essendo nato il 12 agosto 1852 a Vrutky (390).

Il testo che ho citato sopra continua così:
«Vi era la necessità di avere detenuti a sufficienza per effettuare i lavori richiesti, e nel caso di sovrabbondanza di prigionieri, le SS sfoltivano le file, mandando il sovrappiù nella camera a gas» (p. 980).
Tuttavia, secondo la storiografia olocaustica, queste presunte gasazioni riguardavano i detenuti inabili al lavoro, non quelli abili al lavoro in «sovrabbondanza».

Hilberg afferma ancora:
«L’arrivo di nuovi convogli o la selezione delle vittime da sopprimere poteva raddoppiare o dimezzare il numero della popolazione dei campi in poche settimane, o addirittura in qualche giorno» (p. 980).
L’afflusso di nuovi convogli non ha di per sé alcuna rilevanza ai fini del presunto sterminio. D’altra parte il caso addotto da Hilberg è unico. Si tratta infatti di una lettera dell’SS-Hauptsturmführer Wagner di Auschwitz «che segnala al WVHA D-IV il 25 marzo 1942, che si aspettava di vedere che il numero dei detenuti passasse da 11000 a 27000 nel corso dei giorni seguenti; NO-2146»(nota 157 a p. 1058). Wagner, che era a capo delle cucine del campo, sapeva dell’imminente trasferimento ad Auschwitz di 5.000 detenuti e 11.000 detenute e faceva presente ai suoi superiori che le cucine non erano attrezzate per far fronte alla nuova forza del campo (391). Nulla di strano.

Il presunto dimezzamento della forza dei campi in breve tempo a causa della «selezione delle vittime da sopprimere», invece, rientra perfettamente nella tematica dei «centri di sterminio». Hilberg al riguardo riferisce:
«Il 17 ottobre 1944, il reparto femminile del campo di Auschwitz II conteneva 29925 detenute. Il 25 novembre 1944, questa cifra era scesa a 14271. Rapporto sugli effettivi del Frauen-Lager KL Au II/Abt. IIIa (Birkenau) del 18 ottobre e 26 novembre 1944».
La fonte è la raccolta documentaria Dokumenty i materiały, a cura di Nachman Blumental, tomo I, Obozy (Campi). Łódź, 1946, p. 118. (Nota 157 a p. 1058).

I dati sono riportati correttamente, ma interpretati male. Hilberg, infatti, ignorava incredibilmente il fatto che all’epoca, ad Auschwitz, era in corso l’evacuazione dei detenuti. Egli ha trascurato conseguentemente le «Überstellungen» (trasferimenti), categoria che appare chiaramente nella rubrica «Abgänge», perdite di forza, dei documenti summenzionati (392). Dalla serie di questi documenti risulta infatti che la maggior parte delle detenute mancanti furono trasferite, ad esempio: 1.009 il 20 ottobre, 510 il 21, 2.100 il 23, 497 il 27, 1.812 il 28, 653 il 29, 2.351 il 1° novembre, 798 il 2, 2.366 il 4. In questo periodo ci fu anche qualche decina di rilasci (Entlassungen) dal campo (393).

Per quanto riguarda le installazioni igieniche, dopo le affermazioni infondate su quelle di Lublino-Majdanek che ho esaminato sopra, Hilberg aggiunge:
«Durante una riunione sulla costruzione di Auschwitz, che si tenne il 16 giugno 1944 (alla quale parteciparono, tra gli altri, Pohl, Maurer, Höss, Bischoff, Baer e Wirths), il completamento (Ausbau) delle baracche del campo II era ancora in discussione. Si fece rimarcare, a questo riguardo, che era il caso di prevedere lavandini e gabinetti in una baracca su tre o quattro»(p. 980).
La fonte è il documento NO-2359 (nota 159 a p. 1058). Si tratta di un «Aktenvermerk)(nota per gli atti) di Bischoff che ha per oggetto il «Colloquio in occasione della visita del capo dell’ufficio centrale, SS-Obergruppenführer und General der Waffen-SS Pohl, su questioni relative alle costruzioni ad Auschwitz». Il punto menzionato da Hilberg riguarda l’«ampliamento (Ausbau) di baracche nel KL (II) », non il loro «completamento». Questo «ampliamento» consisteva nell’ «installazione di locali lavatoio e latrina» (Einbau von Wasch- u. Aborträumen) ogni tre o quattro baracche. Un documento successivo, riporta infatti tale progetto in questi termini:
«Ampliamento di baracche nel KL II (locali lavatoio e latrina) »[Ausbau von Baracken im KL II (Wasch- und Aborträume)] (394).
Questa però non era una misura negativa che denotasse un particolare «sadismo» delle SS, al contrario, una misura positiva. Le baracche alloggio (Unterkunftbaracken) dei detenuti erano di norma sprovviste di queste installazioni igieniche, che si trovavano in apposite baracche. Nel settore di costruzione II di Birkenau c’erano infatti 14 Waschbaracken (Bauwerk 6b) e 14 Abortbaracken (Bauwerk 7b) (395).

L’installazione di lavatoi e latrine in una baracca alloggio ogni tre o quattro costituiva pertanto un miglioramento delle condizioni igieniche generali.

Hilberg, nel quadro del «sadismo» delle SS, invoca inoltre il sovraffollamento dei blocchi alloggio, senza rendersi conto che in tal modo smentisce la sua tesi dello steminio in massa:
«Il sovraffollamento degli alloggi era un problema costante per i detenuti; semplicemente non c’era un limite al numero delle persone che potevano essere assegnate a un alloggio. I detenuti dormivano senza coperte né cuscini su quelle che venivano chiamate Pritschen, larghe tavole di legno. Il 4 ottobre 1944, la Divisione amministrativa di Auschwitz II scrisse all’Amministrazione centrale per domandare 230 nuove Pritschen. Al posto di cinque detenuti, come prevedeva il regolamento, avevano dovuto metterne quindici per tavola. A causa di questo sovraccarico, la tavola superiore della Pritschen [Pritsche] aveva ceduto e tutti i detenuti erano caduti sopra quelli che dormivano sulla tavola di mezzo. Questa non aveva retto ed era crollata su quella più bassa».
La fonte è il libro già menzionato Dokumenty i materiały, pp. 95-96 (nota 160 a p. 1058). Il resoconto di Hilberg è a dir poco impreciso e lacunoso. Anzitutto la richiesta, diretta dall’Amministrazione (Verwaltung) del KL Auschwitz II (Birkenau) alla Zentralbauleitung (non all’Amministrazione centrale), riguardava non solo 230 Pritschen, ma anche «6.000 coperte di lana» (6000 Wolldecken), nonché 8.000 tavolati per Pritschen (Pritschenbodenbretter). Il punto 2 del documento dice inoltre: «Le coperte di lana devono essere distribuite in modo tale che a un Block ne tocchino 500 e al detenuto 2» (Die Wolldecken sollen so verteilt werden, dass ca 500 Stück auf einen Block und 2 Stück auf den Häfling kommen).

Il risultato del crollo riferito da Hilberg fu che «i tavolati (die Bodenbretter) e in parte anche le Pritschen divennero inutilizzabili». Dunque ciò che Hilberg chiama Pritschen - larghe tavole di legno - erano in realtà le Bodenbretter, mentre le Pritschen erano dei pagliericci che vi venivano collocati sopra. Per i detenuti erano pertanto previsti pagliericci e coperte di lana.

Il punto 1 del documento recita: «Questo campo viene usato come compo di ricezione e di transito» (Dieses Lager wird als Aufnahme- und Durchgangslager benutzt). A Hilberg deve essere sembrato tanto incredibile che nel presunto campo di sterminio di Birkenau vi fosse un campo di transito (Durchgangslager) che ha preferito non toccare la questione. Eppure questo campo non solo esistette, ma per esso passarono almeno 98.600 detenuti che furono trasferiti in altri campi (396), di cui almeno 79.200 erano ebrei ungheresi (397) e almeno 11.500 erano Ebree prevenienti dal ghetto di Łódź (398).

Il «sovraffollamento» di cui parla Hilberg dipese proprio dal fatto che il «sovrappiù» non fu mandato «nella camera a gas», ma nel campo di transito di Birkenau.

Riguardo al ghetto di Łódź, Hilberg scrive:
«Di fatto, Łódź era diventato il più grande ghetto ancora in funzione, e i suoi 80000 abitanti sopravvissero bene o male ancora due anni, con razioni alimentari da prigionieri e giornate lavorative di dodici ore. Poi nell’agosto del 1944, nel ghetto vennero affissi altri avvisi che dicevano:“Trasferimento del ghetto”(Verlagerung des Ghettos) » (p. 529).
«Alla fine di agosto [1944], il ghetto era vuoto, eccezion fatta per un piccolo commando incaricato delle pulizie. Le vittime non furono inviate in Germania, nelle fabbriche, ma nel centro di sterminio di Auschwitz, per essere mandate nelle camere a gas» (pp. 530-531).
In realtà, come ho documentato altrove, gli Ebrei evacuati dal ghetto di Łódź furono al massimo 65.000 e ad Auschwitz non ne giunsero più di 22.500 (399), di cui, come ho accennato sopra, circa 11.500 donne furono trasferite a Stutthof. Per quanto riguarda gli uomini, non ci sono documenti. Si sa tuttavia che il trasporto partito da Auschwitz il 3 settembre 1944 includeva una quarantina di bambini ebrei dai 6 mesi ai 14 anni provenienti dal ghetto di Łódź: essi non furono gasati, ma regolarmente immatricolati e trasferiti con le loro madri a Stutthof (400).

La pretesa di Hilberg è tanto più inconsistente in quanto egli rimanda come fonte a una lettera del WVHA del 15 agosto 1944, il documento NO-399 (nota 424 a p. 873). Questo documento è identico al PS-1166 (401). Vediamo di che cosa si tratta.

Il 15 agosto 1944 il capo dell’Amtsgruppe DIV (KL-Verwaltung) (402) del WVHA, SS-Sturmbannführer Burger, inviò al capo dell’ Amtsgruppe B, SS-Gruppenführer Lörner, una lettera relativa a «Häftlingsmeldung» (comunicazione relativa ai detenuti) e «Häftlingsbekleidung» (vestiario per i detenuti). Vi si dice che il 1° agosto 1944 la forza dei campi di concentramento era di 379.167 detenuti e 145.119 detenute, cui si aggiungevano come «angekündigte Neuzugänge» (nuovi arrivi annunciati)– tra gli altri – 60.000 detenuti «aus Litzmannstadt (Polizeigefängnis und Getto)» - da Litzmannstadt (prigione della polizia e ghetto). L’elenco dei «Neuzugänge» (nuovi arrivi) – 612.000 detenuti - si chiudeva col seguente commento:
«Gran parte dei detenuti è già in partenza e arriverà nei prossimi giorni per l’internamento nei campi di concentramento»[«Ein Grossteil der Häftlinge befindet sich bereits im Anrollen und gelangt in den nächsten Tagen zur Einlieferung in die Konzentrationslager»] (403).
Burger dichiarava che non c’era vestiario per i nuovi 612.000 detenuti in arrivo e chiedeva di conseguenza l’assegnazione di «quote speciali di materiale tessile». L’Amt DIV/4 si occupava infatti di «Bekleidung» (vestiario), perciò il WVHA attendeva realmente l’arrivo nei campi di concentramento di questi detenuti, dunque anche dei 60.000 Ebrei di Łódź, la cui evacuazione nei campi di concentramento, il 15 agosto, era già in corso da alcuni giorni.

Dunque il documento invocato da Hilberg smentisce clamorosamente la sua pretesa: non solo non menziona affatto Auschwitz, ma afferma che afferma che 60.000 Ebrei, praticamente tutti gli evacuati dal ghetto, furono immatricolati.

Hilberg descrive poi così la piaga della mancanza di cibo dei detenuti:
«Il regime base dei detenuti ebrei consisteva in una zuppa di rape servita in gavette, alla quale si aggiungeva un pasto serale fatto di pane alla segatura insaporito da un po’ di margarina, “marmellata maleodorante” o “salsicce putride”» (p. 981).
Qui Hilberg si appella di nuovo a Gisella Perl (note 166-168, p. 1058-1059). Ma l’articolo di Jan Sehn che egli cita in relazione ai crematori di Birkenau, pur essendo a sua volta esagerato, smentisce questa descrizione: la razione giornaliera di pane (Sehn non accenna minimamente al presunto «pane alla segatura») era di 350 grammi, ma (a suo dire) i detenuti ne ricevevano 300. A colazione essi ricevevano mezzo litro di caffè o tè con (secondo il regolamento) 3 kg di zucchero ogni 300 litri. A pranzo c’erano due tipi di zuppa: una di carne quattro volte alla settimana e una vegetale tre volte alla settimana. Inoltre, ogni giorno, a un detenuto spettavano da 40 a 50 grammi di margarina o salsiccia o marmellata (Sehn non conferma che questi cibi fossero «putridi» o «maleodoranti»), razioni che però gli arrivavano decurtate (404).

Naturalmente anche il quadro delineato da Sehn si basa su testimonianze. Vale la pena di ricordare ciò che dichiarò il giudice Morgen al riguardo:
«La razione alimentare per i detenuti che lavoravano era di 2.750 calorie al giorno. Soprattutto in forma di patate, legumi, prodotti farinacei, verdura e pane».
Hilberg aggiunge:
«Le condizioni di vita nei centri di sterminio causavano malattie ed epidemie - dissenteria, tifo e malattie della pelle di tutti i tipi. Le misure igieniche erano quasi del tutto inesistenti. Il terreno di Auschwitz era del tutto inadatto per la canalizzazione, quindi si poteva disporre solamente di latrine» (pp. 981-982),
che per lui erano evidentemente dei semplici «recipienti che venivano vuotati» (p. 980). Queste affermazioni si basano come al solito su una testimonianza (nota 169 a p. 1059).

Se Hilberg avesse avuto la curiosità di osservare con un minimo di attenzione una pianta del campo di Birkenau, si sarebbe accorto che vi esisteva un ampio sistema di canalizzazione che faceva capo a tre impianti di depurazione delle acque (Kläranlagen), situati uno a sud del crematorio II, uno - quello principale - tra il crematorio III e l’Effektenlager (il cosiddetto Kanada) e il terzo, nel settore BIII, a nord del crematorio V. Ovviamente le baracche latrina erano collegate a questo sistema. Per quanto riguarda le misure igieniche, qui è sufficiente rinviare al primo libro di J.-C. Pressac, che ha dedicato sei capitoli agli impianti igienico-sanitari del campo, tre dei quali si trovavano a Birkenau e sono ancora riconoscibili come tali (405).

Hilberg conclude la sua rassegna degli orrori con questa osservazione:
«Niente distingueva l’infermeria dalle altre baracche, e i medici detenuti avevano solo qualche medicina e alcuni strumenti a loro disposizione» (p. 982).
Senza entrare nei dettagli, nel complesso Auschwitz-Birkenau c’erano vari ospedali per i detenuti. Quello principale si trovava nello Stammlager (Auschwitz). A Birkenau, nel settore BIa c’era l’ospedale femminile, nel settore BIIf quello maschile. Un altro ospedale si trovava a Monowitz. Nel dicembre 1943 l’ospedale dello Stammlager comprendeva i seguenti reparti: sala radiologica, laboratorio chimico, reparto oto-laringoiatrico, laboratori ottici, reparto lampade, farmacia delle erbe officinali, cucina dietetica, reparto dentistico; esso era inoltre dotato di una sala operatoria e di una fisioterapica e aveva anche un blocco convalescenziario (406). Nei registri delle operazioni chirurgiche, nel periodo dal 10 settembre 1942 al 23 febbraio 1944 sono annotati 11.246 interventi chirurgici (407), in media più di venti al giorno!

Decisamente, le testimonianze alle quali si è affidato Hilberg non sono propriamente affidabili.

A p. 982, Hilberg scrive:
«Fino alla fine del 1941, Lublino aveva ricevuto 26258 detenuti [ebrei] immatricoalti. Ne furono rilasciati 4568; 14348 erano deceduti. Alla stessa data, Auschwitz aveva ricevuto 5849 detenuti ebrei immatricolati: 4436 erano morti».
Ma secondo la fonte da lui addotta, il rapporto Korherr del 27 marzo 1943, NO-5194 (nota 171 a p. 1059) qui non è questione di detenuti «immatricolati»: secondo il Kalendarium di D. Czech, fino al 31 dicembre 1942, ad Auschwitz furono immatricolati oltre 58.000 ebrei. Il rapporto si riferisce invece agli Ebrei non inclusi nell’azione di evacuazione (Evakuierungsaktion), dei quali, pertanto, ad Auschwitz, erano stati immatricolati oltre 52.100.
Quanto al campo di Lublino, 4.560 Ebrei rilasciati su 26.258 internati è decisamente troppo per un «centro di sterminio».

Qualche pagina dopo Hilberg osserva:
«Tutte le strade erano dunque valide per procurarsi guardie, armi e mezzi di trasporto. Ma Pohl continuava a essere preoccupato. I campi racchiudevano un numero enorme di persone destinate a essere sterminate. In un rapporto a Himmler datato 5 aprile 1944, Pohl ricordava le misure preventive che aveva preso nel caso avvenisse un tentativo di evasione di massa, ad Auschwitz. In quel momento, il campo contava 67000 detenuti. Da questa cifra, Pohl sottraeva 18000 detenuti ammalati e 15000 assegnati al lavoro che avrebbero potuto essere «liquidati» (abgesetzt), «così facilmente che era il caso di contare 34000 detenuti» (p. 986).
La fonte è il documento NO-21 (nota 189 a p. 1059), che però dice tutt’altra cosa:
«Dal numero totale di 67.000 detenuti bisogna detrarre i detenuti che si trovano nei campi esterni e i malati stazionari, se si deve prendere in considerazione la questione del pericolo per l’Alta Slesia di una eventuale rivolta o di una evasione » (Von der Gesamthäftlingszahl mit 67.000 sind die in den Aussenlagern befindlichen und die stationärkranken durch einen etwaigen Aufstand oder Ausbruch für Oberschlesien betrachtet werden soll).
In base a ciò, viene eseguito il seguente calcolo:
«Dal numero totale di 67.000 detenuti
quelli alloggiati nei campi esterni (Lager III)(408) 15.000 vengono detratti (abgesetzt)
Il numero dei malati stazionari (409) e degli invalidi (410)
è attualmente di 18.000
perciò in pratica si devono calcolare 34.000 detenuti» (411).
Dunque «abgesetzt» non significa «liquidati», ma «detratti», cosa più che ovvia, dato che i 15.000 detenuti alloggiati (untergebrachten) - non «assegnati al lavoro»! - in 14 campi esterni e i 18.000 malati stazionari e invalidi (!) di Auschwitz-Birkenau non avrebbero rappresentato alcun pericolo in caso di insurrezione o evasione in questo campo.
La presenza di un numero così rilevante di malati stazionari e invalidi contraddice in modo radicale la tesi di Hilberg dello sterminio differito, che, tra l’altro, è in ulteriore contraddizione con il progetto, in parte realizzato, di un ospedale per i detenuti (Häftlingslazarett) nel Bauabschnitt III di Birkenau che prevedeva la costruzione di «114 baracche per malati (BW 3e)»[114 Krankenbaracken(BW 3e)] e «12 baracche per malati gravi (12b)» [12 Baracken für Schwerkranke (BW 12b)] (412).

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