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Nell’illustrare questo nuova sezione riassumo il frutto di letture diverse ma concordanti da cui sarebbe farraginoso estrarre citazioni. Pappe inizia il secondo capitolo della “Pulizia etnica” con un paragrafo sulla «motivazione ideologica del sionismo». Riconosce che il sionismo emerse in Europa verso la fine del 1880 all’interno di un dibattito dottrinale che Shlomo Sand ben ricostruisce in un libro che mi auguro possa essere reso fruibile in italiano. Ne raccomando la pubblicazione agli editori interessati a questa problematica. Esistono già le traduzioni di Ilan Pappe e di Avraham Burg. Non capisco perché non segua quella di Shlomo Sand. Ma torniamo a bomba. Non trovo in Pappe nessuna citazione di Rabkin, il cui libro uscì in prima edizione nel 2004. Tuttavia, in modo autonomo Pappe concorda nel giudizio che Eretz Israel «era stata venerata nel corso dei secoli da generazioni di ebrei come un luogo di pellegrinaggio religioso, mai come un futuro Stato laico» (op. cit., 22). Il primo insediamento sionista nel 1882 avviene nel segno della rottura e della discontinuità con la precedente, limitatissima, presenza ebraica in Palestina. Di ciò si trovano ampie ed approfondite spiegazioni in Rabkin. La perniciosa, razzista, genocida ideologia sionista punta ad azzerare tutta la storia della Palestina dal periodo romano ad oggi: una trascurabile parentesi, un heri dicebamus. Di conseguenza la Palestina non appare loro popolata dai suoi legittimi abitanti, i palestinesi, gli unici, veri e maggiori discendendenti autoctoni delle popolazioni già residenti in Palestina all’inizio dell’Era Volgare. È a Shomo Sand che si deve rinviare per l’illustrazione di come gli odierni attuali israeliani non abbiano nulla a che fare con gli abitanti della Palestina all’epoca di Cristo. Gli odierni israeliani sono costituiti in gran parte da russi ed europei orientale che avrebbero preferito emigrare, per cercare migliori condizioni di vita, non in Israele, ma negli USA o in Canada. Ad opporre ostacoli – guarda un po’ – è stato proprio il governo di Israele, che vuole invece attirare il maggior numero di coloni “ebrei” per contrastare la pressione demografica indigena. Ma è proprio sull’«ebraismo» di questi coloni russi che autori come Rabkin torcono il naso. Se poi addirittura seguiamo le tracce di Solgenitsin sorgono inquietanti interrogativi sulla sorte dei 10 o 15 milioni di kulachi sterminati e sugli autori di un simile sterminio dai numeri multipli dei mitici sei milioni. Un propagandista volgare come Dershowitz ha recentemente attaccato il cardinale Rodriguez per alcune dichiarazioni che rinviano ai rapporti, indubbi, fra ebrei russi e bolscevismo, senza poi parlare della responsabilità dei magnati ebrei americani nell’abbattimento dello zarismo e nel sostegno dato al bolscevismo. Insomma, è matematicamente certo che nell’immigrazione ebraica in Palestina si possano rintracciare sterminatori dei kulachi russi. Non dico tutti, ma almeno un congruo numero di casi, di numero maggiore dei vari Eichman e reduci del nazismo, alla cui caccia il Mossad si è dedicato con accanimento. Sarebbe certamente lodevole ed equanime se, con ricerche incrociate fra Israele e Russia, si andasse alla caccia dei criminali assassini di dieci o quindici milioni di contadini russi. Sono certo che in Israele ve ne siano stati parecchi ed alcuni forse sono ancora viventi, o almeno sono figli dei loro padri. Il filo conduttore di questa sezione sarà la ricerca di autori sionisti e loro brani, da cui emerge chiaramente l’ispirazione fondamentalmente razzista e genocida del sionismo. Respingo nettamente il tentativo, pur istituzionalmente autorevole, di assimilare il sionismo al nostro Risorgimento. Nulla di più distante e di più falso! Per confutare una simile operazione ci siamo assunti, stemperandolo nel tempo, l’impegnativo compito – in apposito blog – di pubblicare e rivisitare l’intera opera di Giuseppe Mazzini, studiandone il contesto storico nel il pensiero mazziniano sorge e si sviluppa. L’idea elementare, quella che abbiamo tutti studiato nelle scuole elementari, è che altro è un popolo come quello italiano, che abita ininterrottamente nei secoli la penisola italiana e quindi “risorge”, ed altra l’avventura coloniale e razzista del sionismo che sbarca in Palestina per massacrare ed espellere i suoi abitanti, che legittimamente da sempre abitavano in pace su quel territorio. La stessa operazione è stata fatta con gli indiani d’America, tutti sterminati ed i superstisti fini in una sorta di zoo antropologico, le “riserve indiane”, che si vorrebbe riproporre per i palestinesi. Non siamo più a quell’epoca ed il nostro giudizio morale, intellettuale e politico non può sottrarsi alle sue responsabilità.
Sommario: 1. Intenzionalisti e funzionalisti della pulizia etnica. – 2. “Scurdammuci u passatu”: disconoscimento dei profughi palestinesi e del loro diritto al ritorno in un convegno delle Associazioni Italia-Israele. –
1. Intenzionalisti e funzionalisti della pulizia etnica. – Nella letteratura sull’«Olocausto» si distingue fra intenzionalisti e funzionalisti. Con il termine “intenzionalisti” si indicano quegli storici che attribuiscono ai gerarchi nazisti una specifica intenzione di sterminare gli ebrei, mentre funzionalisti sono quegli altri storici che negano, o non riescono a provare e documentare una specifica intenzione di sterminio, ma spiegano la “Shoah” come un fatale precipitare di eventi, una “funzione” che si sarebbe lentamente e fatalmente prodotta specialmente negli ultimi anni della guerra. Pare che il partito degli intenzionalisti sia pressoché scomparso, mentre tengono ancora il campo i funzionalisti. Adottando questa terminologia al sionismo, si può dire che hanno eguale importanza e consistenza sia gli intenzionalisti che i funzionalisti. Anche se non specificamente evocato, sembra di ravvisare questa distinzione nel passo seguente di Ilan Pappe:
Come cercherò di dimostrare nei primi capitoli di questo libro il piano [Dalet di distrruzione delle aree rurali e urbane della Palestina] era da un lato il prodotto inevitabile della determinazione ideologica sionista ad avere un’esclusiva presenza ebraica in Palestina, dall’altro una risposta agli sviluppi sul campo dopo che il governo britannico aveva deciso di porre fine al Mandato. Gli scontri con le milizie palestinesi fornirono il contesto e il pretesto perfetti per realizzare la visione ideologica di una Palestina etnicamente ripulita. La politica sionista iniziò come rappresaglia contro gli attacchi palestinesi nel febbraio 1947 e si trasformò in seguito in un’iniziativa di pulizia etnica dell’intero paese nel marzo del 19486.Naturalmente la distinzione fra “intenzionalisti” e “funzionalisti” non si trova espressamente enunciata in Pappe, ma è una nostra libera trasposizione la cui utilità ed efficacia andremo via via a verificare percorrendo la storia del sionismo. Si noti sopra nella citazione di Ben Gurion l’uso della categoria del “destino”: la stessa utilizzata da altri per giustificare lo sterminio degli indiani d’America.Ilan Pappe, op. cit., 5.Note:
6. David ben Gurion, Rebirth and Destiny of Israel, p. 530, notava candidamente che: «Fino alla partenza degli inglesi il 15 maggio 1948 nessun insediamento ebraico, anche remoto, era stato attaccato o occupato dagli arabi, mentre l’Haganà […] aveva conquistato molte posizioni arabe e liberato Tiberiade, Haifa, Giaffa e Safad […]. Così, nel giorno del destino, quella parte della Palestina dove l’Haganà poteva operare eraquasi ripulita dagli arabi».
2. Scurdammuci u passatu: disconoscimento dei profughi palestinesi e del loro diritto al ritorno in un convegno delle Associazioni Italia-Israele. – Non faccio qui il nome della persona che considero per un verso abbastanza spregevole per non farne il nome limitandosi a registrare il solo peccato ma per un verso intendo evitare ogni possibile polemica di rivalsa. Con costoro non si discute. Loro già adottano una prassi, già monitorata come costante, secondo la quale non si “parla con uno che...”. Se possibile e se loro riesce, lo si manda in galera, si fa un omicidio mirato, lo si corrompe, lo si calunnia, et similia. È proprio una prassi che consiste in un modo di essere profondo, assimilato dopo secoli e millenni di suerstizione religiosa, rilevata da Spinoza che del tutto seriamente – Spinoza è serio quando parla e scrive –, quando parla dell’«odio ebraico» nel suo Trattato teologico-politico, sul quale torneremo in altro contesto. Noi pertanto adottiamo in questo ed altri casi: “Ed io con te non ci parlo più”. Assicuro i miei Quattro Lettori fissi che non è un modo di dire. È una realtà divertente che ho raccontato altrove. Ad un Tizio che pretendeva di iscriversi a “Civium Libertas” per far finta di essere sensibile ai valori della libertà di pensiero e di espressione, e che mi aveva in precedento detto “Io non paro con uno che...”, io ho potuto replicare: “E adesso sono io che non voglio più parlare con te”. Chiusa la digressione.
Andando al link del titolo si accede ad un sonoro che registra un convegno della Federazione della Associazioni Italia-Israele, per le quali rilevo l’anomalia davvero unico di soggetti che in effetti godono di tre cittadinanze, dove ad essere sacrificata è la cittadinanza italiana subordinata alle altre due: quella ebraica e quella israeliana. Nell’intervento linkato si sostiene la tesi che la “pulizia etnica” è ormai un fatto consolidato sul quale si è acquisito un diritto. Allo stesso modo, dice il Tizio, come in altre situazioni storiche vi è stato il fenomeno dei profughi senza che nessuno pretenda che gli italiani possano ritornare in Istria o i tedeschi nelle zone da dove a milioni sono stati cacciati, così i profughi palestinesi non possono e non devono ritornare nei loro villaggi. L’enormità morale e razzista di questo argomento e della persona che se ne macchia mettono a dura prova i nostri nervi e la nostra capacità di indignazione. Siamo certi che se reagissimo come sentiamo, costoro griderebbero di nuovo all’antisemitismo, all’odio verso Israele, al suo diritto di esistere e di difendersi e simili bestialità che costituiscono l’ordinaria propaganda israeliana che in Italia ha i suoi agenti forti della triplice cittadinanza.
Non ci soffermiamo su un commento ed una confutazione che può essere fatta facilmente da chi si collega al link ed ha la forza d’animo di restar calmi. Vale la pena di ricordare che il diritto al ritorno dei palestinesi è sancito formalmente da una risoluzione ONU. Ma dal punto sostanziale può rilevarsi la doppiezza farisaica, già fustigata da Nostro Signore, per la quale fin dal 1950 i coloni israeliani emanano una “legge del ritorno” che è in pratica una legge di immigrazione con la quale si chiama la schiuma ebraica dei cinque continenti allo scopo di fare opera di sterminio e pulizia etnica degli “indiani di Palestina”, i quali sulla base di una massa umana creata allo scopo non devono assolutamente ritornare nelle case dalle quali sono stati cacciati, nei loro villaggi che sono stati demoliti per dare spazio ai coloni che ne hanno usurpato territorio, case, memoria. È questo una razzismo così profondamente connaturato alla psiche dei soggetti menzionati da rendere assolutamente innocuo al confronto il razzismo nazista o fascita, il quale si preoccupava in fondo di conservare l’omogeneità sociologica e politica dei residenti storici. Il razzismo ebraico ha ben altro fondamenti da quello biologico, caduto ora in totale discredito. E tuttavia il razzismo ebraico conserva oltre ad altre componenti superstiziosi-religiosi anche una componente biologica. Ma su ciò sorvoliamo.
(segue)
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