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Ai “leggendari” Yigael Yahin e Moshe Dayan erano strettamente legati personaggi come Yigal Allon e Yitzak Sadeh, poco conosciuti fuori di Israele, ma «profondamente radicati nel sentimento popolare», secondo quanti scrive Pappe, e dunque nel loro crimine espressione di un simile non encomiabile sentimento. Qui si vede che l’aggettivo “popolare” non santifica nulla, ma rende corresponsabili di un crimine immane – sempre denunciato e fustigato dagli oppositori giudaici del sionismo (v. Rabkin) – quanti andarono poi ad abitare nelle case che furono sottratte agli arabi espulsi o ne occuparono i villaggi e le proprietà. Prosegue Pappe: «Questi militari legarono con quanti noi oggi chiameremmo “orientalisti”, conoscitori del mondo arabo in generale e dei palestinesi in particolare, sia perché provenienti essi stessi da paesi arabi, sia perché esperti nel campo degli studi mediorientali, il nome di alcuni dei quali incontreremo in seguito» (op. cit., 17). Di Moshe Dayan è assai nota la passione archeologica, che lo portò ad impadronirsi di non pochi reperti. Nell’ideologia sionista venne a rivestire particolare importanza l’archeologia biblica, fondamentale per i miti fondativi del sionismo. È una storia di bufale, falsificazioni e fallimenti che non possiamo qui ricostruire, ma che andrebbe isolata e studiata a parte.
(segue)
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