domenica 19 luglio 2009

Gaza: 75. Mahmoud Zahar e la nuova politica palestinese della comunicazione.

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Ne possono esser certi i «Corretti Informatori»: se il dvd del film “Emad Akel”, prodotto in Gaza, verrà messo in vendita, anche solo in arabo, sarò certamente uno dei primi acquirenti italiani. Entra con questa occasione nella nostra rubrica il personaggio Mahmoud Zahar, “sopravvissuto” ai sistematici e sempre in auge “omicidi mirati” israeliani, volti a decapitare il popolo palestinese da ogni ceto dirigente. Anche questa è una tecnica del genocidio: privare i popoli dei loro capi naturali, sostituendoli magari con tanti quisling o kapò scelti dagli stessi israeliani. È la sorte che segue immancabilmente ad ogni nazione “liberata” dagli eserciti americani e poi “democratizzata”.

Ver 1.0 / status: 19.7.09
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Sommario: 1. Il livore sionista per il sorgere di una cinematografia palestinese. –

1. Il livore sionista per il sorgere di una cinematografia palestinese. – Non ci vuole molto per capire quanto l’industria cinematografia americana, presso interamente in mano ebraiche, abbia influenzato la nostra percezione del mondo contemporanea. Molta gente, troppa gente si fa un’idea del mondo attraverso i films. Solo una ristrettissima minoranza di ceti colti riesce poi ad andare oltre la fictione televisiva e cinematografica. Non essendo ormai più un ragazzino riesco a decifrare le ideologie comunicate attraverso le pellicole più stupide. Per questo vado sempre meno al cinema, che ormai non mi diverte più e sempre più spesso riesce ad irritarmi, quando percepisco i messaggi ed i condizionamenti subliminali. A parte il particolarissimo momento in cui un’opera diventa arte pura, la maggior parte della produzione cinematografica a una finalità comunicativa. L’ultimo film documentario che ho visto, sulla tragica morte dell’attivista ISM Rachael Corrie, è stato prodotto da una regista israeliana, che sarà progressista quanto si vuole, ma resta sempre ebrea ed israeliana. È perciò di estrema importanza che i palestinesi riescano loro stessi a gestire in prima persona la comunicazione che li riguarda direttamente. Sempre un palestinese di nome Edward Said ha ben dimostrato nella sua opera maggiore, Orientalismo, come l’immagine dell’Oriente percepita in oltre due secoli da noi europei sia tutta viziata di razzismo ed eurocentrismo, che poi ha agito da supporto ideologica al colonialismo. Diventa perciò importante che i palestinesi riescano a comunicare direttamente la propria immagine. Il film di cui si parla è il primo in assoluto. È di un’estrema bassezza morale che di giorno in giorno supera se stessa verso il basso il commento che presenta come un “lusso” questo segno di vitalità di un popolo che si è fatto di tutto per annientare. I viveri ed i beni di prima necessità continuano a mancare in Gaza, ma non di solo pane vive l’uomo, come diceva Nostro Signore, quello che è stato crocefisso duemila anni fa all’inizio dell’era volgare che porta il suo nome. Il Gesù di Nazareth, familiare ad ognuno di noi, che una qualche frequentazione parrocchiale ha avuto, inveiva spesso contro una perfidia e un’ipocrisia che si può ravvisare identica nel “corretto commento”.

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(segue)

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