giovedì 16 luglio 2009

Alan Dershowitz al microscopio: 18. Il punto morale più basso.


18. Il punto morale più basso.

18. Il punto morale più basso. – Sto procedendo rapidamente nella lettura del “Processo” che Dershowitz vuol fare al mondo intero, non solo ai suoi nemici, o meglio il mondo intero è il suo nemico. Ho detto che seguo il metodo di acquisire una veduta d’insieme del libro, per poi tornare sui numerosissimi punti che possono essere criticati, in pratica tutto il libro nel suo impianto, nella sua ispirazione, nei suoi presupposti, nei suoi obiettivi. Tuttavia, nel prosieguo della lettura vi sono enormità che suscitano immediata reazione. E siamo ora in uno di questi momenti. Accade poi che mentro sto sfollando di carte e libri la mia scrivania, mi capita una fotocopia di cui mi ero dimenticato e che riguarda sempre il nostro personaggio venuto dall’America nel «Bel Paese». Il lettore di questo blog può leggere direttamente di cosa si tratta cliccando sull’immagine che ne risulterà ingrandita e leggibile nel suo testo. Non ho saputo in tempo della venuta di Dershowitz alla Sapienza, l’università dove mi sono laureato nel 1975 e dove da allora lavoro. Non so se per Dershowitz anche la Sapienza sia da rubricare come università di terza o quarta categoria. Non so chi abbia preparato l’accoglienza a Dershowitz. Posso immaginare che vi sia stato il concorso della Lobby che certamente in mezzo a 5.000 docenti quanti insegnano alla Sapienza ha tra i suoi componenti docenti sionisti. Per non parlare poi dei 180.000 studenti iscritti alla Sapienza, la più popolosa università d’Europa, Avrei volentieri partecipato al «dibattito pubblico» se fossi stato invitato o almeno informato di ciò che alla Sapienza è rigorosamente pubblico ed aperto a quanti vogliono partecipare ed intervenire: Dershowitz si è quasi avvalso della clandestinità per dire che è venuto ed ha parlato ad una Sapienza, che neppure si è accorto della sua presenza. A quanto può leggere egli stesso aggiungo la considerazione che segue. Giustamente Dershowitz si gloria e si vanta, quasi come come un ragazzino birbaccione, che le sue violente sortite sono espressione della sua libertà di pensiero e di espressione. E figuriamoci se non ci trova solidale e concorde in questa valori. Il problema perà è che lui intende soltanto la SUA libertà di pensiero e di espressione. Quella degli altri non gode in lui di eguale riconoscimento. Lo ha ampiamente dimostrato nella sua condotta invero infame verso Norman G. Finkelstein, che resta per me un’operazione censoria della Lobby. Fanno fede per me le parole di Mearsheimer e Walt che ha denunciato determinati interventi illiberali di Dershowitz. Ma soprattutto non può non lasciare estremanente inorriditi e perplessi il fatto che noi europei, in pratica province di confine dell’Impero americano, non godiamo neppure di quelle libertà che gli Imperiali si riconoscono al centro dell’Impero. Basta citare i numerosi casi di vera e propria censura, accompagnata da pesantissime sanzioni, per tutto ciò che riguarda il tema «Olocausto», ovvero il “revisionismo storico”, della cui abissale e grossolana ignoranza si trova traccia nel libro di Dershowitz. Insomma, con desolante distorsione morale il sedicente liberale Dershowitz rivendica per sé quella libertà di pensiero e di espressione che nega pervicacemente ai suoi «nemici».

Ma veniamo alle pagine del libro che mi avevano ispirato di prima mattina e su cui mi soffermo brevemente per poi riprendere in settembre il lavoro demolitorio del Libro con il quale Dershowitz pensa di poter sconfiggere e disarmare concettualmente i suoi nemici. Egli stesso ed i suoi “amici” possono naturalmente credere o far finta di credere in ciò che dicono e scrivono. Per chi in questa storia, o meglio guerra ideologica, è terzo – ed io non sono né un palestinese né un ebreo sionista, antisionista o non sionista –, ciò che conta è l’argomentazione morale, ovvero l’esposizione ragionata, non fraudolenta, retorica o propagandistica, delle buone o cattive ragioni di fatti che hanno certamente grande valenza politica, etica, morale. Un terzo che non abbia un diretto coinvolgimento materiale nel conflitto secolare sorto in Palestina da quando gruppi di ebrei sionistizzati sbarcavano con la pretesa di prendersi la terra degli indigeni può facilmente spostarsi verso l’uno o l’altro dei contendenti se la sua coscienza morali lo spinge da una parte piuttosto che dall’altra. Gli argomenti hanno per questo Terzo imparziale una grande importanza, mentre ne hanno una solamente strumentale per personaggi come quelli di cui ci stiamo occupando ed i cui nomi si leggono nella fotocopia qui allegata.

Il capitolo più infame del Libro è quello che riguarda il processo agli attentatori suicidi, che una diffusa pubblicistica sionista tende a diffamare anche dopo morti. Coprono con il fango le salme dei morti, quando dei loro corpi straziati resta ancora qualcosa: i morti dei suicidi ed i morti degli «omicidi mirati». Intanto, si pone qui il problema della comparazione morale fra «attentato sucida» e «omicidio mirato». Si noti che nella conferenza stampa all’Eurispes in via Barberini il nostro esimio giurista con l’esempio del “bancario” sequestrato dai terroristi ha cercato di far circolare una dottrina che è in pratica una sorta di giustificazione dell’omicidio mirato e del vero e proprio genocidio. “Ca nisciuno è fesso”, si dice a Napoli. Abbiamo perfettamente capito dove il Nostro vuole andare a parare e pur nel trambusto della partenza cercheremo qui di accennarlo ai nostri Lettori, salvo poi a ritornare sul tema con tutte le articolazioni che si renderanno opportune e necessarie.

(segue)

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