mercoledì 15 luglio 2009

Alan Dershowitz al microscopio: 17. Il grande senso filologico e cronologico del professore americano


17. Il grande senso filologico e cronologico del professore americano.
Siamo a pagina 140 del libro e stiamo procedendo piuttosto speditamente. Il libro non è difficile da demolire criticamente nel suo impianto e nelle sue tesi di fondo. Vogliamo però aspettare di arrivare all’ultima pagina per poi strutturare una critica sistematica. Tuttavia, malgrado la stanchezza che avvertiamo in questo momento di fine giornata, non vogliamo trascurare di rilevare una “perla” che la dice lunga sul valore delle critiche che lo stesso Dershowitz si picca di fare agli altri da un punto di vista filologico. Dice di aver controllato tutte le note di Norman G. Finkelstein e di aver poi mandato una nota all’università dePaul presso cui Finkelstein stava per avere una cattedra, un contratto o qualcosa del genere. Dershowitz si vanta di aver fatto qualcosa per la quale fortunatamente un italiano ancora si vergogna di fare: una carognata. Chi è sicuro delle proprie ragioni e dei propri argomenti da noi è ancora capace di generosità anche con i propri avversari. In faccende universitarie si è poi anche più generosi con i nemici che con gli amici… Ma veniamo a noi. Da una persona che si vanta di saper fare le pulci ad altri ci si aspetterebbe che lui stesso fosse poi capace di quel rigore critico, filologico, scientifico che nega agli altri. Il libro di Dershowitz non comunica questa sensazione nelle metà finora letta e nella struttura dell’indice. Ma a pagina 140 leggiamo qualcosa che non si accettebbe neppure da uno di quegli studenti del primo anno di università di cui lui spesso parla, addirittura collocandoli su un piano più alto degli autori da lui criticati e su cui torneremo analiticamente in distinti paragrafi. Ecco cosa scrive il nostro «famoso» professore e avvocato americano, o meglio più avvocato avvezzo ai tribunali, dove campa, che non a quelle comunità scientifiche idealizzate dagli antichi umanisti:
«Le opinioni di Dostoyeysky sull’ebraismo mondiale non si discostano molto da quelle espresse dal Mein Kampf di Hitler o dall’infame falso zarista I Protocolli dei Savi di Sion».
A. Dersohowitz, Processo ai nemici di Israele,
trad. it. dell’inglese The case against Israel’s Enemies (2008),
Roma, Eurilink, 2009, p. 140.
Si badi che nella stessa pagina che nella stessa pagina poche righe sopra a proposito del grande, grandissimo Autore russo scrive egli stesso con le sue mani, o con i suoi piedi, che precisamente nel 1877 questi scrisse «un articolo molto noto: La Question ebraica», per le quali nell’anno 2008 si attira le ire dell’ebreo-americano-sionista Dershowitz. Ebbene, nel 1877 Hitler non era ancora nato e Dostoevskij non ne poteva certo immaginare la nascita e neppure poteva sapere che avrebbe scritto il Mein Kampf. Ancora meno poteva sapere dei “Protocolli” che vedono la luce ai primi anni del Novecento. Ma ciononostante, con squisito senso logico e cronologico, il famoso professore americano che vede infiniti “pregiudizi” nelle affermazioni dei suoi avversari non si accorge neppure di aver postdatato un «articolo molto noto» di parecchi decenni. Non già uno studente del primo anno di università, ma un bambino delle scuole primarie valuterebbe se mai che i Protocolli o il Mein Kamp potrebbero contenere elementi che erano già in Dostoevskij nel noto articolo del 1877, che questo articolo – ed è tutto da verificare – avrebbe influenzato direttamente scrittori successivi. Dico un bambino delle elementari è capace di ragionare in senso cronologico sapendo distinguere il rapporto fra causa ed effetto. Il grande e famoso professore americano non nè è capace. Ardisce però fare le pulci ad altri. Se è questa la bravura, e se ne avessimo il tempo e la voglia, credo che ci si potrebbe divertire a fare le pulci delle pulci.

In realtà, Dershowitz demolisce qui se stesso, dimostrando quanto sia forte il suo pregiudizio e livore sionista, dove il non essere sionisti, o anche il non essere ebrei in salsa Dershowitz, è la colpa assoluta, il male assoluto. Ho letto oggi da qualche parte che costoro addirittura vorrebbero far pagare alla Spagna un risarcimento per il 1492, anno dell’espulsione dalla Spagna di mori ed ebrei. Ho letto l’altro giorno una spiegazione dell’ineffabile Ugo Volli proprio per il senso di colpa che gli spagnoli dovrebbero oggi avere per gli eventi del 1492, identificando ebrei (meglio sionisti) e spagnoli di oggi con quelli di cinque secoli e rendendoli responsabili di “crimini” da far pagare in moneta contante. Sono personaggi incredibili che vivono in mezzo a noi, ma a differenza che per il passato dispongono oggi di un potere ancora più grande e perfino di 264 testate atomiche, con le quali potrebbero purificare il mondo in nome di Jahvè. I nostri politici, servi e corrotti, si preoccupano dell’atomica iraniana che non c’è, e non vedono il pericolo dove esiste: nelle mani di pazzi scatenati, che a detta degli autori citati da Dershowitz, hanno superato in nefandezze tutto ciò che si è attribuito ai nazisti, a Hitler, mostro sacro assolutamente necessario per il sistema della propaganda e della diffamazione strategica orchestrata dai sionisti alla Dershowitz, cui hanno addirittura contestato di mettere la firma a libri in realtà scritti dai servizi israeliani. Il famoso professore nega decisamente di prestarsi a simili operazioni e minaccia tribunali dopo tribunali. Per noi il problema non si pone. Noi abbiamo un libro e questo libro è Dershowitz. Non ci interessa chi possa averlo effettivamente scritto. Ma ci sorge il dubbio se nelle eccellenti università americane, tutte di prima categoria, dove insegnano professori coi fiocchi come Dershowitz, effettivamente costoro possano scrivere libri con così grossolane trasposizioni cronogiche di date. In pratica, Dostoevskij avrebbe attinto al “Mein Kampf” mezzo secolo prima che Hitler l’avesse scritto!

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