mercoledì 15 luglio 2009

Intellettuali: 28. Edward Said e la sua lezione per i posteri

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In questa nostra rassegna di monitoraggio del sionismo in Italia ed in Europa si crea un piccolo fatto redazionale interno. Un criterio empirico che vado seguendo nella redazione delle schede per persone, invero un criterio alquanto esteriore, avevo collocato Amos Oz in una lista degli invisi alla testata sionisti «Informazione Corretti», i cui scarni commenti, sempre alquanto grossolani, non sono mai firmati, anche se ne possono immaginare gli autori. In fondo anche a noi fa comodo che non siano firmati. Ciò ci consente di essere liberamente aspri nei nostri giudizi senza la necessità di personalizzare. Orbene decidiamo di spostare di classe Amos Oz in base al giudizio che di lui dà Omar Barghouti che considera “razzista” Oz insieme ad Abraham Yehoshua e David Grossman, invitati alla Fiera internazionale del libro. Al posto n. 28 mettiamo invece Edward Said, morto nel 2004, e che non aveva ancora una sua scheda. Sto gradualmente conoscendo la figura e l’opera intellettuale di questo scrittore e intellettuale palestinese dell’Esilio. Mi vado convincendo che sia una figura di primissimo piano che occorre studiare come si fa con i classici. Sto leggendo “Orientalismo” che mi offre una visione della nostra occupazione sull’Oriente quale non avevo mai prima sospettata e di cui non mi rendevo conto. Gli devo essere grato per l’apertura dei miei orizzonti culturali. Qui naturalmente Said è studiato nel contesto della politica mediorientale e per le denigrazioni che contro questo scrittore palestinese che non ha mai rinunciato al suo “diritto al ritorno”, ma il suo pensiero supera un contesto politico ahimé ancora tragicamente attuale di un conflitto che ha già superato i cento anni e che sembra debba durare ancora per molto.

Vers. 1.0 - Status: 15.7.09
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Sommario: 1. Un penoso tentativo di diffamazione. –

1. Un penoso tentativo di diffamazione. – Forse il più noto ed importante testo di Erdward Said, Orientalismo, è un testo che fa riflettere e continuerà a far riflettere quanti considerano l’identità culturale e politica come qualcosa di statico e fisso per sempre, quanti si immaginano stereotipi per fissare i caratteri nazionali di un popolo. Negare che esista un’identità sarebbe urtare contro l’evidenza, ma dare all’identità la fissità che è propria della morte e della rigidità cadaverica vorrebbe dire non aver compreso i fattori che agiscono nella storia. Insomma, in questa problematica Said è un maestro al quale resta debitore ogni persona di cultura, non certo però i beceri incolti di «Informazione Corretta», una testata sionista alla quale devo nondimeno esser grati per avermi fatto comprendere come il “sionismo” superi tutto il male che ho sentito finora dire a proposito di nazismo e fascismo, fenomeni storici che occorre poter rileggere e studiare di nuovo, scrollandoci di dosso tutto ciò che ci è stato detto dal 1945 in poi. La propaganda fosse questa di said, avremmo una buona volta di che apprendere! Nessuna acritica apologia, beninteso! Ma semplice e sacrosanto diritto di poter pensare con la testa propria. Possiamo ragionevolmente incolpare le generazioni che dal 1945 in poi si sono visti gratificare del potere e di tutti i vantaggi del nuovo regime, della nuova sudditanza, interna ed estera, di averci impedito di pensare liberamente. Edward Said, un vinto, scacciato dalla sua casa e dalla sua terra, l’Esule, ci aiuta a riflettere sulle sue sofferenze di vittima, di vera vittima, che sono anche nostre.

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(Segue)

1 commento:

Camillo ha detto...

Prova di commento scritto il 15 luglio 2009