sabato 4 luglio 2009

Freschi di stampa: 8. Edward W. Said: «Il mio diritto al ritorno».

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Il libro non è recente, ma l’attualità del suo titolo non è diminuita dalla data della prima edizione nell’ottobre del 2007 presso “Nottetempo”. Si tratta di un opuscolo di appena 49 pagine che traduce in italiano l’intervista che Edward Said concesse nel 2001, tre anni prima della sua morte, e che non potè apparire negli USA, ma nel quotidiano israeliano Ha’aretz. Non si tratta della prima intervista rilasciata da Said all’importante quotidiano israeliano, ma è «la più lunga e quella meglio preparata». Di Said vado leggendo tutto quello che trovo in italiano, incominciando da Orientalismo, che forse è il suo testo più importante, un testo che ci aiuta a capire come si siano formati nella nostra testa i concetti di Oriente e Occidente. Basta un colpo d’occhio, la lettura di poche pagine di un qualsiasi scritto di Said per rendersi subito conto di come la sua statura intellettuale si innalzi di anni luce sopra quella del suo denigratore Alan Dershowitz, recentemente sbarcato in Italia per «processare» i «nemici di Israele», ma soprattutto per organizzare la Israel lobby italiana secondo il modello della casa madre statunitense. Il tema del “diritto al ritorno” dei palestinesi che sono stati cacciati dalle loro case e dai loro villaggi –un processo di espulsione e di pulizia etnica che continua quotidianamente e scandolosamente sotto i nostri occhi, con la complicità dei nostri governi, che giacciono sotto il tallone della Israel lobby – è quanto mai attuale. Cozza con stridore infinito un “diritto al ritorno” che in Israele è riconosciuto ad ognuno che si professi ebreo, pur senza mai aver messo piede in Palestina, mentre viene pervicacemente negato a quanti dal 1948 in poi sono stati scacciati dai loro villaggi, rasi al suolo, cancellati dalla carta geografica e riscritti con nome ebraico. Se ciò non risulta immediatamente chiaro ed evidente ad ogni intelligenza di terzi, cioè di persone non direttamente legate agli interessi di occupazione coloniale della Palestina, è solo perché, come ha recentemente evidenziato Blanrue, ci è stato tolta la comprensione della nostra realtà quotidiana. Tutta la stampa, le agenzie di infomazioni, i canali televisivi, il sistema educativo, la retorica delle celebrazioni pubbliche e quanto altro, è per la massima parte inquinata da ua falsa rappresentazione di quanto è accaduto e accade in quel di Palestina. Ciò si spiega con il controllo del media ad opera della Israel lobby. Non al 100 per cento, naturalmente. Ma appunto il controllo è molto più funzionale ed efficace se è al 97 per cento. Il restante 3 per cento serve a dare una parvenza, una illusione di stampa libera, di esistenza di un pensiero libero e di una libera possibilità di espressione. In realtà, si tratta di una dura e impari battaglia per la Verità oltre che per la Giustizia e l’Umanità.

Grazie alla sua brevità, potremo commentare in questo stesso post l’intervista di Said, che ci parla dalla tomba. Via via che procederemo nella lettura, e se ne avremo il tempo, annoteremo qui le nostre riflessioni, quei pensieri che ad ognuno di noi vengono continuamente con la stessa naturalità dell’aria che respiriamo e dei battiti del cuore, ma che spesso, anzi quasi sempre, non ci curiamo di tradurre in segno scritto.

(segue)

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