mercoledì 22 luglio 2009

Freschi di stampa: 19. Avraham Burg: «Sconfiggere Hitler. Per un nuovo universalismo e umanesimo ebraico» (2008).

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Il libro è ancora abbastanza “fresco di stampa”, ma non è si trova da poco nella mia biblioteca. L’ho acquistato appena in commercio ed ancor prima avevo acquistato la traduzione francese, che anche nel caso di Pappe precede nel tempo quella italiana. Mi auguro che segua anche una traduzione italiana di Shlomo Sand, che ho letto in traduzione francese e di cui parlerò nel prossimo post. Ero solito citare insieme questi tre autori in quelle diatribre telematiche, dove si addensano gente che i libri non li legge, ma si accontenta di parlarne per sentito dire. È da prendere atto che esiste una presenza sionista nella rete direttamente governata, diretta, influenzata dal governo israeliano. Sa bene che la sua immagine e la continuazione del suo “processo di pace”, ovvero la sua continuazione della pulizia etnica e del genocidio palestinese ha bisogno della più larga copertura mediatica possibile. I nomi di Pappe, Sand e Burg sono in qualche modo complementari e contro tutti e tre insieme, se non erro (ma andremo a controllare), si scagliava la traduttrice di Burg in un articolo apparso sulla Stampa. Mi riferisco a Elena Loewenthal, sulla cui traduzione non giurerei proprio per la sua avversione concettuale all’autore tradotto. Il libro ha una sua Postfazione di cui non sentivamo il bisogno e che non abbiamo ancora letto, essendo giunti in lettura sequenziale a pagine 313.

Ho già spiegato che leggo in modo sincronico numerosi testi affine per argomento e problematiche. Conduco a termine la lettura dei libri iniziati e poi ne inizio una nuova lettura, spiegando l’un autore con l’altro. Non so quali siano le relazioni personali fra i tre autori, ma essi si integrano nella misura in cui un Pappe documenta in modo irrefutabile la pulizia etnica dei palestinesi, ai quale un Dershowitz arriva ad addossare la responsabilità per i campi di concentramento nazisti e quindi lascia presumere che il loro trattamento in Gaza sarebbe la giusta ritorsione. Ormai non vi è più la minima traccia di pudore e ragionevolezza nella propaganda sionista, che in ultimo fa uscire anche sulla piazza italiano il suddetto Dershowitz, che ci fa sapere di essere stato in Israele nello stesso anno dell’operazione “piombo fuso” e di aver parlato con tutti i capi politici e militari. A Pappe fa eco Sand che spiega come il popolo ebraico che oggi abita Israele non sia altro che un coacervo di ideologia nazionalista e razzista formatosi nella seconda metà del XIX secolo. Èd è proprio sul razzismo oggi dominante il Israele che Avraham Burg, personaggio che esce dallo stesso establishement di regime, essendo stato addirittura presidente della Knesset, concentra il contenuto del suo libro di oltre 35o pagine.

Come tutti i dissidenti anche Avraham Burg è stato fatto oggetto dei peggiori insulti. Ha deciso saggiamente di utilizzare il suo passaporto francese e di ritornarsene in Francia, trovando alquanto insalubre l’aria di Israele, che lui paragona alla Germania degli anni trenta. Burg è un ebreo, consapevolmente tale, che non rinuncia e non intende rinunciare alla sua identità ebraica. Ma egli ben distingue fra ebraismo e sionismo. Proprio nelle 308 e passim che sto leggendo nella traduzione italiana della Loewenthal è categoria la denuncia di un razzismo interno all’ebraismo come oggi sentito e praticato in Israele. Vengono fatti nomi di esponenti religiosi che a noi, a me, non sono familiari, ma le parole riportate da Burg sono terribili e fanno rizzare i capelli, almeno per chi li ancora. A me mi si rizzano i pochi rimasti. Anche il libro di Burg è per noi un testo di studio e vi ritorneremo sopra, sviluppanone tutte le indicazioni forniti.

Qui concludo per oggi dicendo che trovo un poco strano il titolo, di cui è stata pur data una spiegazione che ho già dimenticato. A mio avviso, se si tiene ben distinto – come si dovrebbe – la nozione di sionismo e di ebraismo, si può ben dire che il sionismo abbia dato un colpo terribile all’ebraismo molto più di quanto Hitler abbia fatto o potesse fare. A mio avviso, non importa tanto stabilire se le camere a gas siano o non siano esistite, se i morti ebrei dei campi di concentramento siano stati o non siano stati esattamente sei milioni, ma è più importante spiegare e capire perchè mai i nazisti, o i tedeschi – come vorrebbe Goldhagen – abbiano o non abbiano concepito una così radicale e assoluta, unica, ostilità proprio verso gli ebrei, piuttosto che per altri strati da essi egualmente colpiti, come omosessuali, zingari, handicappati, per non parlare delle popolazioni da loro occupate. Io non ho trovato nessuna spiegazione valida e convincente al quesito. Ma se ci si vuol far credere che i soldati che sono entrati in Gaza, nello scorso dicembre-gennaio, con licenza piena di massacro siano gli stessi “sopravvissuti”, o figli e affini, dei lager nazisti, è difficile credere nella superiorità morale dei secondi rispetto ai primi. Le smentite, abituali, dello stesso esercito israeliano sono non credibili e quanti mostrano di volervi credere rivelano soltanto la loro copertura e complicità nel massacro, che ha appunto bisogno di copertura. Avraham Burg ha ben compreso questa realtà e l’ha denunciata già nel suo libro uscito in ebraico nel 2007. Il suo avvertimento è stato inutile per i suoi concittadini, che in larga maggioranza si riconoscono nella politica di conquista coloniale e di pulizia etnica: ne sono i beneficiari. In questo caso, sono ridicoli, assurdi, grotteschi i principi procedurali-formalistici di maggioranza e minoranza. Un branco di criminali e assassini non è meno criminale per il fatto di essere una maggioranza. Il concetto di maggioranza ed il formale rispetto di regole assembleare non toglie nulla alla sostanza “criminale” di una politica, citando qui espressamente Karl Jaspers, sul quale dobbiamo riprendere il discorso. Egli guardava alla Germania che ormai non esisteva più e chiudeva gli occhi davanti ad uno stato di Israele che in fatto di “crimine” andava certamente rapportato con le ideologie fabbricate dai vincitori all’insegna di un “mai più” che invece è ritornato sempre più spesso in un crescendo che si distingue dal passato solo per il fatto che i nuovi strumenti di controllo capillare delle nostre teste, dei nostri pensieri, delle nostre reazioni emotive e morali, ci hanno tolto la comprensione della nostra quotidianità. Diventa necessario un faticosissimo lavoro di demistificazione, di critica, di denuncia.

(segue)

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