domenica 26 luglio 2009

Giornalisti: 76. Lorenzo Trombetta che dice le cose per come stanno

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Ci giunge nuovo il nome di Lorenzo Trombetta, giornalista de “La Stampa”, dove sembrano convivere diverse tendenze, non sappiamo se per distrazione o per una sorta di liberalità su ciò che i giornalisti possono scrivere. Ci ha attratto e commosso l’articolo che riportiamo di seguito. Leggeremo altri suoi articoli per capire se il suo tono, un poco smagato, un poco canzonatorio, nasconde una più profonda visione delle cose o se si tratta di una spontaneità davanti a ciò che evidente.

Versione 1.0 / st. 26.7.09
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Sommario: 1. Vita da spia. – 2. Altre storie di spionaggio. –

1. Vita da spia. – Mi è capitato di leggere da più parti su un fenomeno diffuso fra quanti si trovano sotto le grinfie morali degli israeliano, il cui esercito si autodefinisce come il più morale che mai sia esistito. In realtà, cittadini di nazionalità araba o prigionieri sono assai spesso forzati alla delazione. Per salvare la propria vita molti infelici non hanno altra scelta che trasformarsi in spie, entrando poi in un tunnel infernale dal quale non è più possibile uscire, se non con quella morte che si è voluto una prima volta evitare, accettando una vita con ignominia. L’«infame commento» conferma il suo abituale tasso di infamia con un livello di imbecillità che ci sembra via via maggiore, probabilmente in conseguenza di nostre maggiori conoscenze perfino su quell’universo ebraico che dovrebbe costituire il retroterra spirituale e culturale dei “Corretti Informatori”. Ho provato ad inserire nel loro archivio nomi di dottissimi rabbini citati da Rabkin: nessun risultato! La loro scienza, anche ebraica, esce tutta da Boccuccia di Rosa. Ma ecco il commovente articolo di Lorenzo Trombetta che malgrado il cognome le suona bene ai “Corretti Diffamatori”.
La Stampa,
26 luglio 2009, p. 2
Nel mirino l’ambasciata israeliana a Roma
di
Lorenzo Trombetta

Sul silenzioso ma instancabile lavoro degli oltre duemila militari italiani dell’Unifil, la missione Onu del sud del Libano dall’autunno 2006 impegnata, tra l’altro, a bonificare i terreni seminati di ordigni inesplosi lanciati da Israele, è calata negli ultimi giorni l’ombra di presunte minacce di «terroristi di al Qaeda», mentre sempre dal Libano arriva un’altra notizia che coinvolge, anche se non direttamente, il nostro Paese: l’ambasciata israeliana a Roma sembra fosse l’obiettivo di un oscuro attentato pianificato dal movimento sciita Hezbollah. A rivelarlo è una spia libanese al soldo di Israele, infiltrata prima tra i palestinesi di Fatah, poi tra i miliziani di Hezbollah e, dal novembre scorso, dietro le sbarre di una cella a Beirut.

Secondo quanto riferisce il quotidiano panarabo «al-Hayat», lo scorso 15 luglio si è svolta nella capitale libanese la prima udienza del processo ad Ali Jarrah, 51 anni, accusato di aver passato al «nemico» per circa 25 anni informazioni sensibili su installazioni militari di Hezbollah, dell’esercito siriano e delle forze armate libanesi.

Originario della valle orientale della Beqaa, la spia ha raccontato ai giudici di esser stato definitivamente smascherato dal Partito di Dio, e da esso denunciato alle autorità di Beirut, soltanto dopo che il 9 luglio 2008 si era rifiutato di svolgere la sua «ultima missione»: compiere un attentato suicida, con una valigetta piena di esplosivo di fronte alla sede dell’ambasciata israeliana a Roma. «Da te vogliamo solo una cosa, dopo la quale sarai un’eroe», gli avrebbero detto, ricorda Jarrah, due membri di Hezbollah. Il suo rifiuto, sostiene l’imputato citato dal giornale, avrebbe fornito al movimento sciita la prova definitiva della sua appartenenza al Mossad.

«Loro avevano dei dubbi su di me», ha ammesso Jarrah in tribunale. Circostanza che, se confermata, solleverebbe seri dubbi sulla reale volontà del Partito di Dio di compiere l’attentato romano. Che potrebbe invece esser stato usato solo come esca per far uscire allo scoperto la spia di Israele. In ogni caso, la storia di Jarrah, rivelata dallo stesso protagonista, è degna della migliore letteratura di genere: imprigionato nel 1982 dall’esercito israeliano durante l’invasione del Libano, all’allora ventenne Ali fu offerto il ruolo di infiltrato nelle fila dei palestinesi di Fatah operativi nel Paese dei Cedri. Fino al 2001 la copertura avrebbe funzionato, poi, un anno dopo il ritiro delle truppe israeliane dal sud del Libano, il Mossad gli avrebbe chiesto di «avvicinarsi» agli Hezbollah. Da allora, secondo fonti di stampa locali, Ali e suo fratello Yusuf avrebbero lavorato dalla loro casa nella Beqaa, roccaforte del Partito di Dio e corridoio privilegiato tra Beirut, Damasco e il sud del Libano, armati delle «più sofisticate strumentazioni» per monitorare i movimenti dei vertici di Hezbollah e delle truppe siriane, presenti nel Paese fino al 2005.

«Titolare di diversi passaporti stranieri», Jarrah avrebbe in questi anni viaggiato in Italia, Belgio e nello stesso Stato ebraico per ricevere ordini e addestrarsi. La scelta di Roma come teatro dell’ipotetico attentato sarebbe stata fatta proprio in virtù della «buona conoscenza del territorio italiano» da parte della spia del Mossad. Sembra che Jarraj svolgesse la sua attività all’insaputa della moglie «ufficiale» e di una apparente «seconda moglie», residente poco lontano dal principale punto di frontiera tra Siria e Libano. Il suo ultimo «successo» sarebbe stato quello di aver fornito agli israeliani informazioni sui movimenti di Imad Mughniye, il super ricercato leader militare di Hezbollah, ucciso a Damasco nel febbraio 2008 in un attentato attribuito a Israele ma su cui Tel Aviv ha sempre preso le distanze.
Caspita! Un attentato all’ambasciata israeliana in Roma. Sulle cluster bomb disseminate da israele su ogni metro quadrato del Libano si trovano pagine in Mearsheimer e Walt. Il problema è tremendamente serio e tragico: tanti bambini uccisi diluiti nel tempo. Il mestiere di spia qui non ha nulla a che vedere con la serie televisiva dello oo7. È invece l’ordinaria, squallida storia di un ricatto al quale è stato costretto un prigioniero ventenne, la cui vita fisica e morale è stata devastata dai suoi carcerieri, nostri insuperati maestri di moralità e di diritto esistenziale, sono infatti degli esistenzialisti.

2. Altre storie di spionaggio. – Si apprende che Trombetta scrive anche su Limes. Dunque altro livello di analisi e di capacità critica. Ricordo che proprio su Limes si trovano articoli sul modo in cui funziona ed è praticato lo spionaggio da parte di Israele: induzione alla spionaggio per ricatto e su pressioni di ogni genere. Storie di ordinaria devastazione morale. L’infame commento è a sua volta una documentazione del livello morale del sionismo, presente anche in Italia.

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