lunedì 6 luglio 2009

Nobel per la pace: 70. Maireaud Maguire ed i pirati israeliani

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Maireaud Maguire è stata insignita con il premio Nobel per la pace, ossia il massimo riconoscimento mondiale ottenibibile. Verrebbe da credere che almeno questo salvi dall’esser tacciati di “terrorismo”, secondo un collaudato insulto della propaganda israeliana che il classico omaggio che la menzogna fa alla verità. La diffamazione raggiunge livelli tali di assurdità da non poter ormai sortire più nessun effetto se non fra gli stessi diffamatori, che vengono riconosciuti come tali quanto più si diffonde l’enormità della diffamazione. Naturalmente, il venire smascherati come diffamatori e mentitori non distoglie i malviventi dai loro cattivi propositi. Finché hanno con loro la forza, pensano di poter fare ogni cosa. Non solo, come già il Trasimaco dei dialoghi platonici, ritengono che il diritto sia semplicemente la volontà e il dettato del più forte, ma pensano pure che anche la Verità sia un prodotto della forza. Basta avere il controllo della maggior parte dei media e dei giornali, perché si possieda anche la Verità. Non siamo così ingenui da credere che la Verità e la Giustizia infine trionferanno. Ahimé succede solo nelle favole edificanti. Una cosa però è in nostro potere: il giudizio morale. Che il sionismo non sia altro che la peggiore forma di nazionalismo, e precisamente un nazionalismo di tipo coloniale e razzista, è un giudizio che nessuno ci potrà sottrarre, che possiamo conservare per tutto l’arco della nostra generazione e che possiamo trasmettere alla successiva. Sul piano strategico-militare, forte di questo giudizio, condiviso anche dagli “internazionali”, è sufficiente che i palestinesi anche se non disponessero che delle loro nude mani come arma conservino il loro rapporto di ostilità nella loro mente. L’elemento spirituale e psicologico dell’inimicizia è a lungo andare l’arma più forte. I palestinesi resistono all’invasione coloniale sionista da più di cento anni.

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Sommario: 1. Anche per Maireaud Maguire quella israeliana è vera pirateria. – 2. Un genocidio che si consuma giorno dopo giorno. –

1. Anche per Maireaud Maguire quella israeliana è vera pirateria. – Isolando l’infame commento, che conferma se stesso nell’abituale infamia ormai ai limiti estremi della stupidità, riportiamo integralmente l’articolo che appare non più sul “Manifesto”, ma sulla torinese “Stampa”, praticamente per importanza mediatica il terzo quotidiano italiano, che non pubblica fortunamente solo articoli di Elena Loewental o di Maurizio Molinari, ma anche qualcos’altro che ne mantiene una minima credibilità e non lo lascia degradare ad un organo interamente in mano ebraico-sioniste. L’articolo è firmato direttamente da Màiread Maguire, come quello sul Manifesto lo era da Vittorio Arrigoni. Entrambi non giornalisti professionisti, ma protagonisti degli eventi di cui parlano, del fatto che descrivono, testimoniano, certificano.
La Stampa,
6 luglio 2009, p. 11
Màiread Maguire
racconta:

«Un blitz dei pirati. Così Israele ci ha fermati»


Le navi della Marina israeliana ci hanno abbordati, minacciati e costretti a fare rotta sul porto di Ashdod. Poi ci hanno ammanettati e condotti in cella. Andiamo a processo. Ci accusano di essere entrati illegalmente in Israele, di aver violato le acque territoriali dello Stato. Ma ci hanno portati loro in Israele. La nostra meta era la striscia di Gaza. Non abbiamo scelto noi di andare in Israele.

L’altra notte, è stata una battaglia. Ci sono dei feriti, tra i nostri. Ci hanno assaltati truppe scelte, equipaggiate di tutto punto per le operazioni anti-sommossa, armate fino ai denti. Hanno messo le nostre vite in pericolo. Il primo scontro è cominciato nel cuore della notte, in acque internazionali. Due navi militari ci sono venute incontro e hanno cominciato a girarci attorno. Via radio, ci hanno intimato di far dietro front, di tornare a Cipro. Altrimenti avrebbero sparato. Poi hanno tagliato le comunicazioni radio, e quelle via satellite: eravamo isolati. Ho temuto davvero che potessero anche ucciderci.

Ci hanno speronati, la nostra barca era molto più piccola, sembrava che dovesse rovesciarsi, affondare da un momento all’altro. Poi c’è stato l’arrembaggio dei soldati della marina, a venticinque miglia dalla costa di Gaza. Eravamo sotto il tiro dei loro fucili. È stato un sequestro di persona, se vogliamo usare il termine giusto. Ci hanno portato prima nel centro di detenzione provvisorio di Ashdod. All’alba ci hanno trasferiti in camionette militari alla prigione vicino alla città. Due li hanno liberati. Siamo rimasti in diciannove, in carcere. Non siamo riusciti ancora a parlare con i consolati. Siamo preoccupati soprattutto per i cinque attivisti che vengono dal Bahrein (poi espulsi dalle autorità israeliane, ndr), uno Stato che non ha relazioni diplomatiche con Israele: sono quelli meno tutelati del gruppo, in questo momento.

A Gaza, una prigione a cielo aperto in spregio a tutte le convenzioni internazionali, sono invece prigioniere un milione e mezzo di persone. Un milione e mezzo di persone sottoposte a una punizione collettiva. Contro la convenzione di Ginevra, contro tutti i trattati, contro le Nazioni Unite. E la tragedia più grande è che gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Onu restano zitti di fronte alla tragedia umanitaria del popolo palestinese. Su dieci milioni di palestinesi, sette sono profughi, all’estero o in patria. A Gaza l’aviazione israeliana ha bombardato i civili per ventidue giorni, non sappiamo nemmeno con quali armi. Bombe al fosforo, uranio impoverito? Servirebbero analisti, tecnici indipendenti per verificare. Ma, sfortunatamente, Israele non lascia passare nessun attivista dei diritti umani, nessuna organizzazione indipendente. Seppelliscono la verità, dopo che sono morte 1300 persone nel terrificante bombardamento.

Gaza non è uno scatolone di sabbia. In barca abbiamo attraversato i grandi giacimenti di gas che si trovano davanti alla sua costa, e che gli israeliani hanno cominciato a sfruttare. Le acque al largo di Gaza sono sigillate da 40 anni. La nostra era la settima nave che in 40 anni ha cercato di forzare il blocco e arrivare nel porto di Gaza City. Non è per il terrorismo che gli israeliani impediscono a tutti, anche ai poveri pescatori di Gaza di allontanarsi dalla costa. Anche nei limiti delle dodici miglia, gli sparano addosso. Non vogliono occhi estranei. Ma quel gas a chi appartiene? Per questo Israele non vuole attivisti dei diritti umani né a Gaza, né nel mare di fronte alla Striscia. Le frontiere sono chiuse. Le coste sigillate da un impressionante apparato militari. Ci sono troppi segreti da custodire.

«Ogni organizzazione e ogni Paese interessati a trasferire aiuti umanitari alla Striscia di Gaza possono farlo in maniera legale utilizzando i punti di valico fra Israele e la Striscia, coordinandosi in anticipo con le autorità militari». Un portavoce militare israeliano ha ribadito la posizione di Gerusalemme sulla vicenda che martedì scorso ha coinvolto l’imbarcazione greca Arion, bloccata «dopo essere entrata nelle acque territoriali di Gaza». Già il giorno precedente, secondo il portavoce, la Marina israeliana aveva contattato la Arion facendole presente che non avrebbe potuto entrare in quelle acque territoriali «per i rischi di sicurezza connessi al blocco navale esistente». Ma l’ imbarcazione ha ignorato l’avvertimento ed è «stata intercettata dalla Marina militare» e costretta a raggiungere il vicino porto israeliano di Ashdod. Secondo la Marina israeliana, nessun colpo di arma da fuoco è stato esploso durante l’operazione. I beni umanitari trovati a bordo sono destinati a essere trasferiti a Gaza, se trovati conformi alle regolamentazioni in corso. Dei circa venti attivisti che erano a bordo, alcuni hanno già lasciato Israele. Altri hanno invece rifiutato gli ordini di espulsione e hanno dovuto attendere alcuni giorni in carcere un dibattito giudiziario.
Vi è poco da aggiungere a ciò che si legge e si apprende direttamente da Màiread Maguire. Se i governi non danno neppure ascolto a chi insigniscono del maggior riconoscimento mondiale per meriti umanitari chi altri ascolteranno mai? Al papa hanno impedito di entrare in Gaza, come sarebbe stato suo dovere pastorale. Mi chiedo se il nostro ministro degli Esteri, che sta al suo posto non si capisce bene da chi messo, dirà che anche Màireaud Maguire è una “terrorista”, e che deve «vergognarsi» come quel signore che lo ha contestato ai Parioli, durante un ipocrita convegno del PdL sul valore della persona e sui diritti umani, diritti che vengono derisi proprio da quanti pretendono di avere pieno titolo per parlarne, escludendo tutti gli altri.

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2. Un genocidio che si consuma giorno dopo giorno. – Se si va al link si trova un commento redazionale di infinita infamia, che si indica come documentazione per un museo degli orrori e della sordità morale. Anche l’infamia va schedate e registrata. È grottesco come i «Corretti Informatori» chiamino a rapporto Furio Colombo, il quale su ordine sionista dovrebbe scrivere sull’Unità controarticoli a quelli di De Giovanngeli, per dire magari che in Gaza la gente si sta ingrassando e si sta dando alla pazza gioia, oppure che se non se la passano allegramente la colpa è solo e sempre di Hamas. Allucinante! Riportiamo invece tutto il testo dell’allarme lanciato da Maguire. Ne dobbiamo concludere che le cose denunciate sono una parte del piano “piombo fuso”: prima il bombardamento e l’uccisione fisica, poi il lento strangolamento dopo essersi assicurate le coperture diplomatiche e politiche della cosiddetta comunità internazionale. Il nostro ministro degli esteri mena vanta della sua amicizia per Israele, che è – dice lui – la vera Vittima. Tutto ciò è immensamente disgustoso e questa è l’epoca in cui viviamo, il tempo concesso alla nostra generazione.
l’Unità,
15 luglio 2009, p. 39
Umberto De Giovannageli

«Gaza dimenticata da tutti,
è la tomba dei diritti del polo palestinese»
«C’è un rapporto dell’Onu, un altro della Croce Rossa Internazionale, un altro ancora di Amnesty International. Tutti convergono nell’affermare che a Gaza sono stati commessi dalle forze armate israeliane crimini di guerra. Rapporti che inchiodano alle loro responsabilità le autorità israeliane. Ma nulla accade. Il dolore della gente di Gaza si perde nel silenzio complice della comunità internazionale e nel disinteresse dei media. Ciò è immorale. Perché Gaza resta un inferno, un enorme prigione a cielo aperto, isolata dal mondo; una prigione per un milione e mezzo di palestinesi, in maggioranza bambini e ragazzi. Fino a quandone avrò la forza, non smetterò di denunciare l’ignominia delle punizioni collettive che Israele continua a infliggere alla gente di Gaza». Dolore e rabbia. E volontà di continuare a battersi per i «senza diritti».

Questi sentimenti fanno da filo conduttore del nostro colloquio con la premio Nobel per la Pace nordirlandese Mairead Corrigan Maguire. La Maguire, e con lei Cynthia McKinney, attivista pacifista Usa ed ex deputata, sono state arrestate il 30 giugno scorso e detenute per una settimana con altri 19 componenti della delegazione pacifista del movimento Free Gaza, per aver cercato di forzare il blocco della Striscia di Gaza. Il 6 luglio, le autorità israeliane hanno espulso la Nobel per la pace e l’ex deputata Usa.
• «Gli aiuti che stavamo portando – racconta la premio Nobel nordirlandese – erano un simbolo di speranza per la gente di Gaza. Speranza che possa essere aperta una via di mare, e che loro stessi possano essere messi in condizione di trasportare i loro materiali e poter, così, ricominciare a costruire le scuole, gli ospedali e le migliaia di case distrutte durante la carneficina chiamata “Piombo fuso”.

• «Ma questi atti di pirateria di Stato – aggiunge – non faranno venir meno la nostra determinazione. Con queste missioni vogliamo dire alla gente di Gaza che noi siamo con loro e che non sono soli».
• I riflettori si sono spenti su Gaza. Il silenzio sembra essere calato su quella tragedia. • «Sì, Gaza sembra non far più notizia. E questo è scandaloso, immorale, riprovevole. Perché la sofferenza della gente di Gaza non è diminuita. Perché Gaza resta una prigione a cielo aperto dove vivono in condizioni disperate un milione e mezzo di persone, in maggioranza donne, bambini, ragazzi. E tutto questo avviene nel silenzio complice della comunità internazionale. Nonostante rapporti dell’Onu, della Croce Rossa Internazionale, di Amnesty International, che denunciano i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati a Gaza dall’esercito israeliano. Dobbiamo avere il coraggio e l’onestà intellettuale di chiamare le cose con il loro nome: quello che da tre anni è in atto a Gaza è un assedio disumano».

• Un’accusa pesante.
• «Pesante, pesantissime sono le condizioni di vita, se di vita si può parlare, a cui è costretta la popolazione di Gaza. C’è penuria di medicine, cibo, elettricità e delle cose indispensabili a vivere. Nella Striscia di Gaza, su una lista di 4000 “prodotti autorizzati” da Israele (prima dell’assedio imposto dal giugno 2007, ndr.), solo 30-40 sono tollerati oggi, e un milione e mezzo di persone restano rinchiuse, sottomesse all’arbitrio più totale. Libri, dischi, indumenti, tessuti, scarpe, aghi, lampadine elettriche, candele, fiammiferi, strumenti musicali, lenzuola, coperte, materassi, tazze, bicchieri… sono proibiti e non possono passare se non attraverso i fragili tunnel dall’Egitto, obiettivi di ripetuti bombardamenti. Ma forse la peggiore forma di tortura per un essere umano è quella di non poter stringere e toccare i propri cari, e agli abitanti di Gaza non è permesso attraversare i confini attualmente chiusi per poter stare con le proprie famiglie. i malati non possono andare via per ricevere cure mediche, oltre l’80% dei bambini soffre di denutrizione, e per loro scarseggia anche il latte. La Striscia di Gaza è divenuta la tomba dei diritti umani. La punizione collettiva contro una comunità civili, da parte del governo israeliano, viola la Convenzione di Ginevra, è illegale, è un crimine di guerra e un crimine contro l'umanità. E come tale andrebbe perseguito se la parola Giustizia avesse ancora un senso alto, nobile, super partes. La tragedia più grande è che gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Onu restano zitti di fronte alla tragedia umanitaria del popolo palestinese. Un popolo di dieci milioni di persone, sette milioni delle quali sono profughi».

• Lo scorso 30 giugno Lei ha vissuto momenti drammatici…
• «Non dimenticherò mai ciò che è accaduto. Le navi della Marina israeliana ci hanno abbordati, minacciati e costretti a fare rotta sul porto di Ashdod. Poi ci hanno ammanettati e condotti in cella. Un blitz degno dei pirati. Siamo stati rapiti e portati in Israele, dalle acque territoriali di Gaza, sotto la minaccia delle pistole; siamo stati sequestrati. Così Israele ha fermato una nave carica di medicinali e di giochi per i bambini di Gaza».

• Lei ha vissuto la tragedia della guerra civile nell’Ulster. Pensando a quella drammatica storia e proiettandola nello scenario mediorientale, cosa si sente di dire ai dirigenti palestinesi?
• «Ho avuto modo di incontrare sia dirigenti di Hamas che di Al Fatah. A loro ho parlato con il cuore in mano, partendo dalla mia esperienza personale. A tutti loro ho detto che un popolo palestinese diviso, la lotta armata, e il militarismo non risolveranno i problemi. L’alternativa al militarismo non è la rassegnazione, il piegarsi alla legge del più forte. L’alternativa non è la resa, ma è realizzare la resistenza civile non violenta. Un’”arma” straordinaria nelle mani dei più deboli».

• E al più forte, Israele, cosa si sente di dire?
• «Che non è opprimendo, umiliando, annichilendo un altro popolo che potrà sentirsi in pace. Che pace e giustizia sono tra loro indissolubili. E che non è degno di uno Stato democratiche perseguire politiche che finiscono per supportare un sistema di apartheid».
• Lei chiede giustizia per la popolazione di Gaza. Chiede la fine dell’assedio. Ma cosa si sente oggi di chiedere ai capi di Hamas che comandano a Gaza?
• «Chiedo un atto di umanità: liberate il soldato Shalit. Restituitelo a due genitori straordinari che hanno espresso più volte e con parole nobili il loro sostegno alla gente di Gaza».

– Mairead Corrigan Maguire, nata nel 1944 a Belfast da famiglia cattolica, decise di dedicarsi alla pace nel suo Paese dopochei tre figli della sorella furono investiti e uccisi da un’auto senza controllo alla guida della quale era un membro della resistenza dell’Esercito repubblicano irlandese colpito poco prima a morte da un soldato inglese. Inseguito a quel fatto, la sorella morì suicida, lei fondò con Betty Williams il movimento “Donne per la pace” attraverso il quale si impegnò per mettere fine alle violenze nell’Irlanda del nord. Per questo impegno, le due «donne coraggio» hanno ricevuto nel 1976 il Nobel per la pace. Da tempo, Mairead Corigan Maguire è impegnata a favore dei diritti del popolo palestinese. e in particolare della popolazione di Gaza. Più volte la Maguire ha cercato di raggiungere Gaza a bordo di navi «umanitarie». Per questo suo impegno è stata ritenuta dalle autorità israeliane persona non gradita. Il 30 giugno scorso è stata fermata dalla Marina militare israeliana mentre, assieme ad altri pacifisti, cercava di raggiungere Gaza City con una imbarcazione pacifista. Ha conosciuto le carceri israeliane e il 6 luglio è stata espulsa. Ma lei non demorde. La sua è una sfida di pace.
La nostra coscienza morale non produce effetti materiali immediati. Maguire ha voluto forzare il blocco navale israeliano e si è trovata catturata, messa in prigione, vilipesa.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

E allora? Vi sono una miriade di ebrei antisionisti, alcuni addirittura gridano all'Università di Haifa:"Hamas è resistenza all'occupazione, non terrorismo", ma intanto in nome della "resistenza" all'occupazione i bambini israeliani muoiono colpiti dai Kamikaze o dai missili, intanto gli stessi palestinesi ritenuti "collaborazionisti" con israele vengono uccisi e i criminali di hamas uccidono per questo anche ragazzini di 13 anni per volontà delle loro stesse famiglie.Questi ebrei antisionisti sono assolutamente indottrinati e faziosi, ma intanto anche loro si sono spaventati quando hanno saputo che i palestinesi volevano rientrare in israele a frotte per distruggere il loro Stato con il diritto al ritorno. Genitori mandano i loro figli a morire come martiri facendo da scudi umani e i bambini vengono addestrati a combattere per la Jihad, quando i coloni ebrei se ne sono andati i palestinesi hanno distrutto tutte le serre create da loro, hanno spaccato la rete fognaria inquinando il mare di Gaza. E poi dovunque sono andati i palestinesi hanno portato odio, si sono resi responsabili del massacro di Damour in libano (una bestialità), sono riusciti con la complicità di Arafat a destabilizzare il Libano creando uno Stato nello Stato, tanto che i cristiani maroniti si stufarono di averli tra le scatole e alla fine li cacciarono, forse esagerarono nel 1982, ma ai palestinesi stava bene.
Ma sapete che vi dico? A me non importa un CAVOLO se Israele sia nata cacciando gli arabi,gli arabi stavano massacrando gli ebrei e lo fecero ad hebron, a Nablus, a Gerusalemme, quante ne combinarono e che volevate, che questi ebrei si lasciassero uccidere o se ne andassero lasciando a loro la terra che essi avevano regolarmente acquistato e coltivato? Ma è già tanto che non li hanno cacciati tutti, questi arabi uccidevano bambini nei Kibbutz, stupravano le donne, commisero degli atti di incredibile ferocia, ma se voi abitaste in un villaggio sempre minacciato di strage e foste sempre costretti a difendervi che cosa fareste? Voi volete togliere la patria agli ebrei, ma dovreste vergognarvi, lo ha detto anche il Presidente Napolitano che la negazione della legittimità della Casa nazionale è il primo passo verso lo sterminio. Come fate a non dirvi antisemiti se poi negate ad un popolo la legittimità di una patria, insomma, gli ebrei per voi non vanno più bene quando reclamano il loro sacrosanto diritto ad avere un loro Stato.

Antonio Caracciolo ha detto...

Pubblico il commento di cui sopra con la seguente motivazione e prefazione: un campionario della più trita propaganda genocida che non potrà mai far passare inosservato un fatto di evidenza solare: i coloni sono venuti dal mare, in buona parte dalla Russia, dove avevano già sulla coscienza lo sterminio di 10-15 milioni di Kulaki. Trovo incredibile che qualcuno prenda per buone le assurdità di cui sopra, che nella loro foga retorica non mi impressionano per nulla. Quello palestinese è genocidio. Non esiste nessun diritto dei coloni – non li chiamo più neppure ebrei, a lettura iniziata di Rabkin, per rispetto agli ebrei stessi – a spossessare delle loro case e dei loro villaggi gli indigeni, che hanno tutto il diritto alla resistenza e alla legittima difesa, mentre non esiste nessun diritto all’aggressione e all’occupazione coloniale.

Ma a parte questo, tu da me che vuoi? Che io applauda all’occupazione coloniale, a piombo fuso, alla pirateria israeliana, etc. E perché mai dovrei? Non posso impedire i vostri crimini, ma le mie mani sono monde di sangue innocente e la mia coscienza è immacolata. Questo è un luogo di studio, di ricerca e di approfondimento, non di diatriba. Vai a portare altrove le tue provocazioni. Non mi pronuncio su Napolitano, almeno finché è in carica, perché è il presidente della Repubblica e non può essere criticato, malgrado l’art. 21 della costituzione che lui stesso dovrebbe proteggere per primo. Ha però rettificato lui stesso il tiro delle affermazioni che qualcuno ha scritto per lui dicendo che criticare il governo di Israele e la sua politica si può e resta un diritto costituzionale di ogni cittadino italiano. Deo gratias!