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Registrazione sonora qui commentata: Antefatto ovvero Il “Demolitore” che demolisce se stesso. – 1. È venuto a Roma per insultare il papa. – 2. Il processo alle intenzioni degli altri. – 3. L’ospite non è di nessun riguardo ed ha già rotto le scatole. – 4. Prima di cominciare: “demonizzazione, critica e delegittimazione di Israele”. – 5. Il Lobbista venuto dall’America per sedere “in conclave” con i Cardinali riuniti in Vaticano. – 6. Anche Yakov Rabkin è un accademico “fallito” e imboscatosi in un’università di quarta categoria? – 7. «Ebreo», «sionista» o «lobbista»? Cosa è propriamente questo «ospite», introdotto in Vaticano e alla Camera? – 8. Dopo gli insulti e le contumelie, la parola ai derisi e diffamati: a. Intervista al cardinale Rodriguez. – 9. Gli altri genocidi nel mondo come “manovra diversiva” per far distogliere lo sguardo dal genocidio dei “cananei”. – 10. Hamas, Iran: un male assoluto o un postulato retorico e propagandisto, parola d’ordine per lo squadrone mediatico? – 11. Ma l’«ospite americano» i libri di cui parla li legge o li travisa soltanto? – 12. Cosa vi è dietro agli attacchi a Carter. – 13. Res gestae di Alano sul Google versione italiana. – 14. Chi demonizza chi? – 15. Alan Dershowitz visto da John H. Mearsheimer e Sthephen M. Walt. –
11. Ma l’«ospite americano» i libri di cui parla li legge o li travisa soltanto? – Ho ripreso con l’uso dello scanner ed avevo avviato di nuovo la registrazione. Ma diventa difficile andare avanti, perché ogni parola di Dershowitz suscita una reazione critica. Intanto, quello che dice a proposito di Carter – di cui l’«ospite» si professa addirittura amico, e che amico! – e i professori Mearsheimer e Walt. Del libro di Carter, non recente, sulla Palestina nulla posso dire non avendolo letto né in inglese né in alcuna traduzione italiana, ma non credo che ve ne sia una. Consiglio però all’Eurilink, ed al suo direttore Suraci, di curarne una traduzione italiana, magari affidata alla stessa Emy, e poi di farne una presentazione nella stessa sala in cui è stato ospitato Dershowitz. Così almeno possiamo sentire l’altra campana. Noi italiani, in genere, siamo fatti così: vogliamo sentire le due campane. Invece, Dershowitz grida di giubilo perché il suo “amico” Carter non è stato neppure invitato in una convention del partito democratico. Non è neppure sfiorato dal sospetto che il mancato invito possa deporre non a sfavore di Carter, ma dello stesso partito democratico a dimostrazione dei tentacoli della Israel Lobby, di cui appunto si occupano Mearheimer e Walt, con riguardo alla politica estera americana ed ovviamente anche a quella interna.
Il libro di Mearheimer e Walt io l’ho interamente appena uscito in traduzione italiana, certamente per me più agevole da leggere che non in inglese, francese, tedesco, danese, arabo e in ognuno delle numerose traduzioni in cui il libro è già uscito. Ne ho tuttora una memoria viva del contenuto, ma annuncio che rileggerò nuovamente il libro di Mearheimer e Walt subito appena potrò avere in mano il libro di Dershowitz, cioè il “Processo” che Dershowitz, uomo di tribunali, intende fare ai due autori in quanto presunti “nemici” di Israele, quasi che di Israele si possa e si debba essere solo “amici” e giammai “nemici”. Guai a costoro che osasessero tanto. Da ridere, esilarante il fatto che anche Dershowitz di dica “critico” di Israele. Invero, la sua critica si limita metaforicamente a contestare l’inizio del bombardamento di “piombo fuso”: non all’ora in cui i bambini devono andare a scuola, ma in un’ora più comoda! Arriva addirittura a criticare il fatto che Israele non abbia lasciato entrare la stampa internazionale per documentare il massacro, ma subito dopo attutisce la portata della critica dicendo che tutti gli eserciti pongono una disciplina ed un limite alla stampa. Di cosa parla esattamente lo si puà vedere nel libro di Fisk, di 1200 pagine, che narrano partendo dal presente oltre 100 anni di conflitti mediorientali. Si legge in Fisk come nella seconda guerra del golfo i giornalisti venissero condotti al guinzaglio ed istruiti su ciò che dovevano e potevano dire. All’incirca il ruolo che il nostro Claudio Pagliara è felice di svolgere a beneficio di quei poveri disgraziati di italiani che sono obbligati a pagare il canone televisivo ed a sorbirsi la Verità che esce dalla bocca informata e autorizzata di Claudio Pagliara. Un esempio di quali critiche Dershowitz sia capace di concepire ce lo fornisce nella stessa sede e nello stesso momento: una critica che non è una critica, una critica è subito seguita da una piena giustificazione di quegli che dice di aver criticato o che lascia intendere di voleri criticare. Un miserabile gioco delle tre carte che neppure nei vicoli napoletani più a rischio vengono fatte con questo basso livello di attendibilità.
Ma veniamo a Mearheimer e Want. E no, egregio presunto “demolitore” (leggi: voce messa in giro da Maurizio Molinari) di “professori” certamente più solidi e seri di quanto Dershowitz non sia. Sanno il mestiere. No! Io che il libro l’ho letto e che mi impegno a rileggere certifico che lo scopo del libro non è quello che Dershowitz vuol dare ad intendere. Il contenuto del libro di Mearheimer e Walt è ben riassunto nel suo titolo: La Israel Lobby e la politica estera americana. Vi è stato per il titolo un problema che si è nuovamente ripresentato con Blanrue. Non si può dire “lobby ebraica” per non venir accusati di antisemitismo. Per cui Mearsheimer e Walt hanno aggirato l’ostacolo scrivendo e dicendo “Israel lobby”, mentre Blanrue dopo aver spiegato il problema termilogico in un apposito capitolo (Lobby juif ou réseau pro-israeliens?, pp. 33-46) , prosegue poi utilizzando l’espressione “réseau”. Ma il libro dei due politologi, un libro assai castigato nel tono, controllato e moderato, pone soltanto come principale suo oggetto lo studio della Lobby all’interno degli USA – ahimé ci manca un libro analogo e sistematico per l’Europa nel suo complesso e per i singoli paesi: le reazioni al libro di Blanrue dimostrano quanto le lobbies amano agire nell’ombra, al riparo di occhi indiscreti e di curiosi che fanno domande non autorizzate – il libro dei due politologi non ha gli scopi che il PM Dershowitz attribusce loro, o per lo meno questi scopi sono quelli che lo stesso Dershowitz ricava arbitrariamente e che rivelano la sua cattiva coscienza. Allo stesso titolo, ogni lettore di un libro sia che lo acquisti naterialemente sia che lo legga e lo valuti criticamente puà trarre dal libro tutte le illazione che crede, ma che possono non avere nulla a che fare con il libro stesso o esserne una lontana conseguenza fra le infinite possibili. Un libro o un giornale, in mancanza di carta igienica, può servire come un surrogato. In tempi di minore benessere forse ognuno ha fatto esperienza di ciò. Bisogna considerare qui soprattutto la qualità della carta. Non conosciamo ancora il tipo di carta con cui è stampato il «Processo ai nemici di Israele», ma ormai è dai tempi dell’infanzia che non ricorriamo a siffatti surrogati.
Se questo è l’approccio della critica che Dershowitz intende condurre a Mearsheimer e Walt si può già dire fin da adesso che volutamente non vuol comprendere nulla del contenuto del lavoro scientifico dei due politologi. Che Dershowitz assuma poi come valore o disvalore il fattto che uno attribuisca rispettivamente meriti o demeriti ad Hamas, Hezbollah oppure a Israele dovrebbe poi entrare nella legittima libertà di opzione politica da parte di ogni cittadino che sia effettivamente libero lui e liberale nel riconoscere ad altri la stessa libertà che giustamente esige per se stessi. Ecco qui svelata un’altra impostura di Dershowitz: la sua pretesa di essere un “liberale”? Ma “liberale” di che? Bah! Credo che l’«ospite americano» possa e debba girare con la “scorta” di Eurilinlk e della “Israel lobby” con base in Italia. Non perché egli debba temere per la sua incolumità fisica, ma perché gli italiani meno di lui hanno “peli sulla lingua”. E se lui pensa di poter dire la castronerie che ha detto, a maggior ragione gli italiani possono dirgli in faccia tutto quello che forse non osano dirgli in America, in Francia, o in Israele.
Per prima cosa, dunque, l’«ospite americano» impari a leggere i libri per ciò che effettivamente discono e non per ciò che non dicono propriamente e sono soltanto il frutto della sua cattiva coscienza e dei suoi incubi.
Diamo qui di seguito links in lingua italiana, di preferenza, dove si trovano notizie delle bere ragioni per le quali Jimmy Carter è stato fatto e viene fatto oggetto di pesanti attacchi. Ormai è divenuto un reprobo e dobbiamo aspettarsi che venga equiparato ad Ahamadinejad, a Hitler o a qualcun altra figura ai vertici della Lista degli Indemoniati:
1. Guai a chi tocca Israele. – « Jimmy Carter, reo di aver pubblicato un libro (“Palestine: Peace, not Apartheid”) in cui si criticano aspramente il muro di imprigionamento costruito da Israele e le violazioni dei diritti umani commesse nei Territori palestinesi, paragonate al regime dell’apartheid, è stato sottoposto a critiche feroci e ad attacchi sovente sferrati sul piano personale e familiare. E’ curioso osservare che, come spesso accade quando entra in azione il fuoco di sbarramento della propaganda sionista, la maggior parte delle critiche e dei rimproveri rivolti a Carter non entrino nemmeno nel merito delle questioni sollevate, ma si limitino a brandire la solita arma impropria dell’antisemitismo o, quanto meno, dell’ostilità nei confronti dell’ebraismo. Così, uno dei più acerrimi avversari di Carter, il celebre avvocato Alan Dershowitz, che minaccia di inseguire l’ex Presidente in ogni luogo ove si rechi a presentare il proprio libro, si limita nello specifico ad accusare Carter e la sua fondazione di ricevere soldi dall’Arabia Saudita, e di rivolgere esclusivamente le proprie accuse ad Israele e non a Riyadh. Una tattica ben nota anche a quanti si cimentino, su forum o in altri luoghi di pubblico dibattito, a discutere di Israele e dei crimini commessi dai soldati di Tsahal: evitare di rispondere sulle questioni sollevate, sviare il discorso e, piuttosto, indagare minacciosamente sulle bieche ed oscure ragioni che spingono il malcapitato interlocutore a insistere ostinatamente a voler criticare le azioni di Israele. E se negli Usa la potenza di fuoco della lobby ebraica è davvero spaventosa e condiziona pesantemente gran parte dei media, in Europa, e in Italia in particolare, non è che le cose vadano meglio».
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Registrazione sonora qui commentata: Antefatto ovvero Il “Demolitore” che demolisce se stesso. – 1. È venuto a Roma per insultare il papa. – 2. Il processo alle intenzioni degli altri. – 3. L’ospite non è di nessun riguardo ed ha già rotto le scatole. – 4. Prima di cominciare: “demonizzazione, critica e delegittimazione di Israele”. – 5. Il Lobbista venuto dall’America per sedere “in conclave” con i Cardinali riuniti in Vaticano. – 6. Anche Yakov Rabkin è un accademico “fallito” e imboscatosi in un’università di quarta categoria? – 7. «Ebreo», «sionista» o «lobbista»? Cosa è propriamente questo «ospite», introdotto in Vaticano e alla Camera? – 8. Dopo gli insulti e le contumelie, la parola ai derisi e diffamati: a. Intervista al cardinale Rodriguez. – 9. Gli altri genocidi nel mondo come “manovra diversiva” per far distogliere lo sguardo dal genocidio dei “cananei”. – 10. Hamas, Iran: un male assoluto o un postulato retorico e propagandisto, parola d’ordine per lo squadrone mediatico? – 11. Ma l’«ospite americano» i libri di cui parla li legge o li travisa soltanto? – 12. Cosa vi è dietro agli attacchi a Carter. – 13. Res gestae di Alano sul Google versione italiana. – 14. Chi demonizza chi? – 15. Alan Dershowitz visto da John H. Mearsheimer e Sthephen M. Walt. –
11. Ma l’«ospite americano» i libri di cui parla li legge o li travisa soltanto? – Ho ripreso con l’uso dello scanner ed avevo avviato di nuovo la registrazione. Ma diventa difficile andare avanti, perché ogni parola di Dershowitz suscita una reazione critica. Intanto, quello che dice a proposito di Carter – di cui l’«ospite» si professa addirittura amico, e che amico! – e i professori Mearsheimer e Walt. Del libro di Carter, non recente, sulla Palestina nulla posso dire non avendolo letto né in inglese né in alcuna traduzione italiana, ma non credo che ve ne sia una. Consiglio però all’Eurilink, ed al suo direttore Suraci, di curarne una traduzione italiana, magari affidata alla stessa Emy, e poi di farne una presentazione nella stessa sala in cui è stato ospitato Dershowitz. Così almeno possiamo sentire l’altra campana. Noi italiani, in genere, siamo fatti così: vogliamo sentire le due campane. Invece, Dershowitz grida di giubilo perché il suo “amico” Carter non è stato neppure invitato in una convention del partito democratico. Non è neppure sfiorato dal sospetto che il mancato invito possa deporre non a sfavore di Carter, ma dello stesso partito democratico a dimostrazione dei tentacoli della Israel Lobby, di cui appunto si occupano Mearheimer e Walt, con riguardo alla politica estera americana ed ovviamente anche a quella interna.
Il libro di Mearheimer e Walt io l’ho interamente appena uscito in traduzione italiana, certamente per me più agevole da leggere che non in inglese, francese, tedesco, danese, arabo e in ognuno delle numerose traduzioni in cui il libro è già uscito. Ne ho tuttora una memoria viva del contenuto, ma annuncio che rileggerò nuovamente il libro di Mearheimer e Walt subito appena potrò avere in mano il libro di Dershowitz, cioè il “Processo” che Dershowitz, uomo di tribunali, intende fare ai due autori in quanto presunti “nemici” di Israele, quasi che di Israele si possa e si debba essere solo “amici” e giammai “nemici”. Guai a costoro che osasessero tanto. Da ridere, esilarante il fatto che anche Dershowitz di dica “critico” di Israele. Invero, la sua critica si limita metaforicamente a contestare l’inizio del bombardamento di “piombo fuso”: non all’ora in cui i bambini devono andare a scuola, ma in un’ora più comoda! Arriva addirittura a criticare il fatto che Israele non abbia lasciato entrare la stampa internazionale per documentare il massacro, ma subito dopo attutisce la portata della critica dicendo che tutti gli eserciti pongono una disciplina ed un limite alla stampa. Di cosa parla esattamente lo si puà vedere nel libro di Fisk, di 1200 pagine, che narrano partendo dal presente oltre 100 anni di conflitti mediorientali. Si legge in Fisk come nella seconda guerra del golfo i giornalisti venissero condotti al guinzaglio ed istruiti su ciò che dovevano e potevano dire. All’incirca il ruolo che il nostro Claudio Pagliara è felice di svolgere a beneficio di quei poveri disgraziati di italiani che sono obbligati a pagare il canone televisivo ed a sorbirsi la Verità che esce dalla bocca informata e autorizzata di Claudio Pagliara. Un esempio di quali critiche Dershowitz sia capace di concepire ce lo fornisce nella stessa sede e nello stesso momento: una critica che non è una critica, una critica è subito seguita da una piena giustificazione di quegli che dice di aver criticato o che lascia intendere di voleri criticare. Un miserabile gioco delle tre carte che neppure nei vicoli napoletani più a rischio vengono fatte con questo basso livello di attendibilità.
Ma veniamo a Mearheimer e Want. E no, egregio presunto “demolitore” (leggi: voce messa in giro da Maurizio Molinari) di “professori” certamente più solidi e seri di quanto Dershowitz non sia. Sanno il mestiere. No! Io che il libro l’ho letto e che mi impegno a rileggere certifico che lo scopo del libro non è quello che Dershowitz vuol dare ad intendere. Il contenuto del libro di Mearheimer e Walt è ben riassunto nel suo titolo: La Israel Lobby e la politica estera americana. Vi è stato per il titolo un problema che si è nuovamente ripresentato con Blanrue. Non si può dire “lobby ebraica” per non venir accusati di antisemitismo. Per cui Mearsheimer e Walt hanno aggirato l’ostacolo scrivendo e dicendo “Israel lobby”, mentre Blanrue dopo aver spiegato il problema termilogico in un apposito capitolo (Lobby juif ou réseau pro-israeliens?, pp. 33-46) , prosegue poi utilizzando l’espressione “réseau”. Ma il libro dei due politologi, un libro assai castigato nel tono, controllato e moderato, pone soltanto come principale suo oggetto lo studio della Lobby all’interno degli USA – ahimé ci manca un libro analogo e sistematico per l’Europa nel suo complesso e per i singoli paesi: le reazioni al libro di Blanrue dimostrano quanto le lobbies amano agire nell’ombra, al riparo di occhi indiscreti e di curiosi che fanno domande non autorizzate – il libro dei due politologi non ha gli scopi che il PM Dershowitz attribusce loro, o per lo meno questi scopi sono quelli che lo stesso Dershowitz ricava arbitrariamente e che rivelano la sua cattiva coscienza. Allo stesso titolo, ogni lettore di un libro sia che lo acquisti naterialemente sia che lo legga e lo valuti criticamente puà trarre dal libro tutte le illazione che crede, ma che possono non avere nulla a che fare con il libro stesso o esserne una lontana conseguenza fra le infinite possibili. Un libro o un giornale, in mancanza di carta igienica, può servire come un surrogato. In tempi di minore benessere forse ognuno ha fatto esperienza di ciò. Bisogna considerare qui soprattutto la qualità della carta. Non conosciamo ancora il tipo di carta con cui è stampato il «Processo ai nemici di Israele», ma ormai è dai tempi dell’infanzia che non ricorriamo a siffatti surrogati.
Se questo è l’approccio della critica che Dershowitz intende condurre a Mearsheimer e Walt si può già dire fin da adesso che volutamente non vuol comprendere nulla del contenuto del lavoro scientifico dei due politologi. Che Dershowitz assuma poi come valore o disvalore il fattto che uno attribuisca rispettivamente meriti o demeriti ad Hamas, Hezbollah oppure a Israele dovrebbe poi entrare nella legittima libertà di opzione politica da parte di ogni cittadino che sia effettivamente libero lui e liberale nel riconoscere ad altri la stessa libertà che giustamente esige per se stessi. Ecco qui svelata un’altra impostura di Dershowitz: la sua pretesa di essere un “liberale”? Ma “liberale” di che? Bah! Credo che l’«ospite americano» possa e debba girare con la “scorta” di Eurilinlk e della “Israel lobby” con base in Italia. Non perché egli debba temere per la sua incolumità fisica, ma perché gli italiani meno di lui hanno “peli sulla lingua”. E se lui pensa di poter dire la castronerie che ha detto, a maggior ragione gli italiani possono dirgli in faccia tutto quello che forse non osano dirgli in America, in Francia, o in Israele.
Per prima cosa, dunque, l’«ospite americano» impari a leggere i libri per ciò che effettivamente discono e non per ciò che non dicono propriamente e sono soltanto il frutto della sua cattiva coscienza e dei suoi incubi.
Carter e Dershowitz
Diamo qui di seguito links in lingua italiana, di preferenza, dove si trovano notizie delle bere ragioni per le quali Jimmy Carter è stato fatto e viene fatto oggetto di pesanti attacchi. Ormai è divenuto un reprobo e dobbiamo aspettarsi che venga equiparato ad Ahamadinejad, a Hitler o a qualcun altra figura ai vertici della Lista degli Indemoniati:
1. Guai a chi tocca Israele. – « Jimmy Carter, reo di aver pubblicato un libro (“Palestine: Peace, not Apartheid”) in cui si criticano aspramente il muro di imprigionamento costruito da Israele e le violazioni dei diritti umani commesse nei Territori palestinesi, paragonate al regime dell’apartheid, è stato sottoposto a critiche feroci e ad attacchi sovente sferrati sul piano personale e familiare. E’ curioso osservare che, come spesso accade quando entra in azione il fuoco di sbarramento della propaganda sionista, la maggior parte delle critiche e dei rimproveri rivolti a Carter non entrino nemmeno nel merito delle questioni sollevate, ma si limitino a brandire la solita arma impropria dell’antisemitismo o, quanto meno, dell’ostilità nei confronti dell’ebraismo. Così, uno dei più acerrimi avversari di Carter, il celebre avvocato Alan Dershowitz, che minaccia di inseguire l’ex Presidente in ogni luogo ove si rechi a presentare il proprio libro, si limita nello specifico ad accusare Carter e la sua fondazione di ricevere soldi dall’Arabia Saudita, e di rivolgere esclusivamente le proprie accuse ad Israele e non a Riyadh. Una tattica ben nota anche a quanti si cimentino, su forum o in altri luoghi di pubblico dibattito, a discutere di Israele e dei crimini commessi dai soldati di Tsahal: evitare di rispondere sulle questioni sollevate, sviare il discorso e, piuttosto, indagare minacciosamente sulle bieche ed oscure ragioni che spingono il malcapitato interlocutore a insistere ostinatamente a voler criticare le azioni di Israele. E se negli Usa la potenza di fuoco della lobby ebraica è davvero spaventosa e condiziona pesantemente gran parte dei media, in Europa, e in Italia in particolare, non è che le cose vadano meglio».