Parte I Antefatti; II Manifestazione; III Rassegna stampa; IV Sviluppi reali; V Appello per la Cina aggredita dagli ipocriti; VI. Chi è il Dalai Lama; VII L’opinione di Sergio Romano.
Versione 1.1
Testo in progress insieme con lo sviluppo degli eventi
e con annesso commento critico della stampa cartacea:
sono quattro le parti progettate,
riunite da links interni ed esterni al blog.
Refusi da correggere.
Insisto nel protestare tutta la solidarietà possibile per i buddisti del Dalai Lama e il popolo tibetano, ma anche nel rilevare la profonda insincerità ed incoerenza morale di quanti si sono affollati ieri pomeriggio sul palco allestisto in piazza Campo de’ Fiori dietro alla spalle della statuta di Giordano Bruno.
È da dire, smentendo la rassegna stampa di Massimo Bordin, che il pubblico in senso proprio, quello che sorbisce senza poter contraddire e fa al massimo il coro che applaude, era costituito da qualche centinaio di persone. Ero lì e mi ci sono mosso da una parte all’altra per scattare le foto che pubblico a parte in un nuovo servizio fotografico. Del resto, proprio perché piccola la piazza si presta a manifestazione nell’ordine delle centinaia di persone, non delle migliaia, per le quali si scelgono altre piazze, come la vicina piazza Navona. Ma non è questo il punto. La manifestazione aveva ispirazione e carattere mediatico. Il suo scopo era di attirare l’attenzione di giornali e televisioni, non di favorire una larga partecipazione popolare. La stragrande maggioranza, anzi la totalità del popolo italiano, è oppresso da ben altri problemi, da quelli in cui si dilettano i radicali: non ultimo le montagne di immondizie, anche morali, che gravano sul popolo campano ed italiano. Altro che Tibet. Dobbiamo ancora liberare il popolo campano dalle immondizie.
È stato una passerella di politici che in campagna elettorale colgono al volo una passaggio mediatico loro offerto da radio radicale e dal riformista, che in questo modo hanno acquistato un maggiore visibilità. È curioso rilevare come una buona percentuale della piazza fosse costituita dai leaders politici che aspettavano di poter salire sul palco per il loro spot elettorale, recitato il quale sparivano a tempo di ricordo. È stato ad esempio il caso dell’on. Renato Brunetta, che dopo il suo intervento deve essere salito su un razzo, perché non sono riuscito a trovarlo in nessun angolo della piazzetta. Per ognuno dei partecipanti che avesse il marchio di FI mi sono sentito in diritto di avvicinarmi loro in qualità di coordinatore provinciale dei clubs. È la terza volta che in Cicchitto noto un girar di spalle, appena gli parlo della provincia calabrese, dove sono rimasto uno dei pochi della vecchia dirigenza: tutti gli altri presenti all’epoca del mio tesseramento se ne sono andati. Ed il motivo è quello che Cicchitto mi ha dimostrato. Pronti a tutte le passerelle ed i salotti televisivi a far vedere la bella faccia di attori, parlando superficialmente sui temi disparati, ma latitanti quando si tratta di discutere in contrattittorio con cittadini, elettori, militanti, tesserati. La classe politica vive di spot televisivo che ne moltiplicano l’immagine come marchi di saponette o fustini di detersivo, ma sono incapaci di discutere con i cittadini dei loro problemi, dalle immondizie alle pensioni al lavoro. Preferiscono il Tibet, dimenticando Gaza che è il nostro Tibet.
Questa non è una cronaca ma la mia testimonianza di partecipante, non sul palco, ma al di qua del palco, fra il raro pubblico. Chi vuole può seguire tutta la registrazione audio video cliccando qui all’apposita pagina di radio radicale. Rinvierò alle singole sezioni via via che procedo nel mio commento. Ad Antonio Polito (nella foto sul palco a destra di massimo Bordin, direttore di Radio radicale, di cui dirò pià avanti), che ho incontrato al bar e a cui sono debitore di un caffé, che ricambierò volentieri ad una prossima occasione, ho detto fra poco altre cose che loro leaders politici e gestori dei media non devo immaginarci come recettori succubi e passivi dei loro messaggi. Siamo capaci di reazione critico. Mi sono con lui anche preventivamente scusato per i toni in cui a volte mi lascio andare, dicendo che nelle mie intenzioni la critica verte sempre soltanto sugli argomenti e le posizioni, mai sulle persone che per me restano sacre, anche se da loro posso sentirmi lontanissimo sul piano concettuale e spirituale. A Polito ho anche espresso tutta la mia perplessità sulla manifestazione, ricordando le manifestazioni che precedettero la guerra civile nella ex-Iugoslavia. Dal palco, nonostante posizioni ferme come quelle di Bonino, Pannella, il monaco tibetano, improntate alla pace, alla riconciliazione, alla nonviolenza, direi che la maggior parte delle irresponsabili dichiarazioni soffiassero sul fuoco della guerra civile. Perfino il rappresentante tibetano della associazione Italia-Tibet ha tenuto un discorso opposto a quello del monaco buddista, al quale avvicindandomi nella certo non gremitissima piazza, proprio per questo non affollamento, ho potuto dire sotto dal palco, in un linguaggio colorito, che tutti quelli che stavano lassù a parlare erano un branco di stronzi ed ipocriti, che si pronunciano a favore del Tibet e del popolo tibetano proprio perché il Tibet è lontano, mentre invece si defilano da Gaza, dove i problemi hanno ben diversa evidenza e dove soprattutto avremmo strumenti efficaci per intervenire, se solo lo volessimo. Eccola dunque spiegata l’ipocrisia sostanziale della manifestazione. Se dico che la maggior parte degli intervenuti sono stati e sono degli ipocriti, non intendo insultarli, ma mi esprimo compiutamente secondo il senso della parola ipocrita, ossia il termine che si addice a chi simula false virtù (le attestazioni di solidarietà al popolo tibetano), ma poi in cercostanze analoghe e più gravi (Gaza) si gira dall’altra, quando non sostiene apertamente l’aggressore (Israele). Mi è parso che il monaco buddista, che comprendeva bene l’italiano, abbia capito al volto e me lo ha dimostrato stringendomi forti la mano, ma non sbilanciandosi più di tanto. Evidentemente la saggezza buddista conosce il cuore umano meglio di quanto non siano capaci i nostri preti cattolici.
Tornerò su questo post con successive rielaborazioni. Mi mancavano alcune cose da dire a caldo. In particolare ho da narrare quanto abbia gustato la performance di donna Fiammetta Nirenstein, alias Frankenstein, sul palco proprio davanti a me. Non credo che Fiammetta sapesse chi io fossi e quanto le voglio bene. Conoscendone la malafede, ho evitato di avvicinarla, come ho fatto con molti altri. Da lontano l’ho vista in amorevole compagnia con la Roccella, quell’altra disgrazia che Silvio mi ha messo in lista insieme con il capo della Israel lobby italiana, cioè Alessandro Ruben, che ha pensato subito di far intervenire il grande capo Foxman a sostegno elettorale della Fiammetta, per non esporsi lui direttamente: e che diamine! Un poco di apparenze da salvare. Donna Fiammetta nel suo penoso discorso ha brevemente riciclato i temi del suo convegno romano sulla democratizzazione forzata (colpi di stato, attentati, corruzione di dissidenti a comando, guerre civili, costituzioni prefabbricate, varo della costituzione con i limiti posti dai liberatori, elezioni democratiche, casta democratica, riconoscimento di Israele, museo dell’«Olocausto», religio holocaustica, ecc. secondo un copione ben noto), e quindi la dissidenza interna, bla bla, la dissidenza sovietica, bla bla. Per chi vuole rinvio all‘ampio resoconto critico che ne avevo fatto, poi smesso per sopraggiunta stanchezza, ma sempre disponibile ad integrazioni miglioramenti: il bello della scrittura digitale rispetto a quella cartacea. Naturalmente, non ho applaudito Fiamma Nirenstein, o Frankenstein, come dice Vauro.
A Carlo Panella, con cui mi sono allietato con scambio privati di insulti, ho potuto dire che la Fiamma di Vauro è perfino più bella dell’originale che ho potuto ammirare quasi in perfomance privata, considerando quanto fosse oceanica la folla immaginata da Massimo Bordin. A quell’ora eravamo rimasto proprio in quattro gatti e la manifestazione era pensata, fin dall’inizio, solo in funzione della trasmissione radiofonica e della ricaduta mediatica sui giornali. Il popolo italiano certamente non era in quella piazza.
A Massimo Bordin, che pensa di poter dare del cretino a Vauro, posso far vedere che forse l’epiteto gli spetta con maggiore pertinenza. Vauro, da parte sua fa sapere che sarà lui a querelare chi gli dà dell’antisemita per la sua bellissima vignetta, mentre non si è ancora pronunciato sul cretino bordiniano, ma pesno che sia più liberale di quanto un radicale di ferro come Bordin pretenda di essere.. Ho detto che la manifestazione è stata una passerella elettorale di personaggi che aveva bisogno di una dichiarazione poco impegnativa: sulla Cina si può sparare impunemente in quanto rivale del proprio padrone, cioè gli USA, che peraltro hanno fatto sapere che alle Olimpiadi ci andranno: più realisti del re in nostri politici “cupidi” di servilismo, come già disse Vittorio Emanuele Orlando. Analizzerò in successive versioni le singole dichiarazione, se mi parrà. Mentre Bordin si dimenava sul palco ho potuto farlo avvicinare a me alzando un dito. Lui non sapendo chi fossi, mi si avvicina ed io gli chiede all’orecchio se ha ricevuto la mia posta, consistente nei miei articoli. Appena sente il mio nome, sbotta in un “no!”, con un impeto tale da darmi la certezza che di certo l’ha ricevuto.
Vecchia tecnica quella del non riconoscimento che i radicali, lamentandosene, hanno sperimentato e sperimentano sulla loro pelle. Per loro l’apparire viene prima dell’Essere, anzi l’Essere è un nulla senza l’Apparire. Mentre erano sul palco, lui e Fiamma, ho potuto fotografare la pubblica effusione di amorosi sensi, che danno la misura dell’obiettività con cui a chiusura della sua rassegna stampa quotidiana il caro Massimo Bordin ha pensato di lanciare un fuori programma di insulto al vignettista Vauro – che non ha disegnato Maometto (cosa auspicale e patrocinabile) ma Fiamma Frankestein (cosa proibitissima) – a sostegno della campagna elettorale di donna Fiammetta.
Ebbene, come è stato rilevato da qualche giornalista, nella mattinata Bordin ha riservato i primi interventi alle celebrità della passerella. Era già tanto che fossero venuta sulla piazza un Brunetta, un Cicchitto, una Pollastrini che mai dal vivo mi era apparsa tanto pollastra, ed altri di cui diremo e di cui disponiamo le registrazioni a documentazione delle loro autorevoli sciocchezze e banalità buone per tutte le occasioni. Costoro parlavano per il beneficio delle orecchie soprattutto degli ascoltatori radiofonici che non per i pochi presenti. Poi scappavano per altre passerelle. Qualcuno che voleva parlare però c’era ed aspettava fin dall’inizio della manifestazione. Anzi non era neppure certo che l’avrebbero fatto parlare. Questo era il sen. Fernando Rossi, il parlamentare che si era recato con la delegazione di “Gaza Vive” al valico di Erez, per poter accedere alla moderna Auschwitz e constatare di persona l’emergenza umanitaria dei palestinesi, cioè i nostri tibetani, quelli che non si vedono perché vicini ed alla nostra portata. Ebbene, lo si lascia parlare, ma quasi per ultimo e poco prima donna Fiammetta, che con ogni evidenza era in contatto telefonico con Massimo che gli teneva calda la pedana e che d’amorevole intesa con lei (che parla pure con il “noi” ,scrivendo il suo ultimo capolavoro che ne oscura tutti gli altri, titola: Israele siamo noi, cioè con ogni evidente: lei, Massimo, Angelo, Riccardo, Alessandro, Carlo, Emanuele e forse qualcuno altro che ora mi sfugge) ha poi pensato di reguardire un Rossi che parlava del popolo palestinese davanti a granitici sionisti sfegatati senza se e senza ma come lo stesso Massimo e la sua Fiamma.
Si presti attenzione a quanto sto per dire perché qui si vede chi è il cretino. Se in una piazza pubblica, in un luogo pubblico, di fronte a cittadini che sono passanti abituali e quanto mai “pubblici” (non eravamo mica in un teatro o in una sala dove si accede su invito, ma sacripante in una pubblica piazza, anzi piazzetta!), dico se in luogo pubblico io chiedo la parola al microfono sul palco, mi si può concedere o non concedere la parola perché i proprietari del microfono possono concederne o non concederne l’uso. Ma dopo che hanno parlato tutti, proprio tutti, belli e brutti, dicendo anche cose assai diverse gli uni dagli altri, e senza che mai quell‘aquila che si chiama Massimo Bordin si sia permesso di dire, ad esempio ad un Alemanno, che “noi” (chi noi? non siamo d’accordo, perché questo servizio avrebbe dovuto farlo proprio con l’on. Rossi che pur manifestando piena solidarietà con il popolo tibetano ha però ricordato che esiste anche il popolo palestinese che soffre non meno di quello tibetano ed i cui diritti sono non meno calpestati. Massimo, se mi senti, chi è il cretino?
E “noi” chi saremmo? Nella piazza a quell’ora eravamo proprio quattro gatti: io sulla piazza, a due metri davanti al palco alto mezzo metro, tu e Rossi sul palco, con Fiamma alla tua destra. Il resto, se c’era, dormiva. Quindi il “noi” cosa vuol dire? Tu e Fiamma? O io, tu, Rossi e Fiamma? In questa seconda ipotesi a che titolo parli a nome mio? Tu che neppure dici di ricevere la mia posta? E quando mai ti ho delgato a rappresentare il mio pensiero. Evidentemente, proprio perché perché stai sul palco pensi di Essere al fronte del non essere di quelli che stanno sotto il palco o ascoltano la tua rassegna stampa, con i tuoi frequenti intercalari di commento, senza poter mandare in diretta i loro di intercalari. Evidentemente ti senti come il papa che dice “Noi” anziché “io Massimo Bordin”. Ma guarda che il tuo sommo sacerdote, da me ammirato e che ascolto sempre con attenzione, Marco Pannella, si è dimostrato infinitamente più aperto di te, uomo di Fiamma, quando al termine del suo discorso, mi ha risposto che potrebbe ripetere per Gaza ciò che ha detto per il Tibet.
Versione 1.1E dunque, caro Massimo che citi i cretini di Sciascia, dove pensi che in questo caso possiamo trovare il cretino di Campo de’ Fiori? Chi credi di essere per dire a chi ha parlato, dopo che con cardinalizia degnazione gli hai concesso la parola, rimproverandoglielo subito dopo e quindi togliendogli quella parola che dici di avergli graziosamente concesso, che “noi” non siamo d’accordo? Sei forse il nipote di Frankenstein? Evidentemente, a furia di sentirvi censurati ed oscurati dalla Madre TV di Stato, ne avete interiorizzato i comportarmento da infliggerli ad altri. Ma credi che se Sciascia fosse ancora vivo sarebbe stato sulla piazza accanti a quelli che recitavano la parte del popolo o avrebbe fatto bordone a te ed a Fiamma. Vedi, i cretini stano dove meno si pensa di trovarli. In fondo, io che ci stavo a fare li? A riempirti la piazza senza la quale avresti parlati ai muri o alla statua di Giordano Bruno che saggiamente voltava le spalle a tutti voi altri. Forse anche io sono un cretino ad esser lì venuto, non per applaudire, che era l’unica cosa che tu accettavi e ti aspettavi, ma per dissentire passando per un provocatore e magari correndo il rischio di venire arrestati con tanti onorevoli di passaggio. Forse il cartellone e lo slogan della manifestazione dovrebbe esser corretto in un: «Siamo tutti cretini!»
(segue)
Versione 1.1
Testo in progress insieme con lo sviluppo degli eventi
e con annesso commento critico della stampa cartacea:
sono quattro le parti progettate,
riunite da links interni ed esterni al blog.
Refusi da correggere.
Insisto nel protestare tutta la solidarietà possibile per i buddisti del Dalai Lama e il popolo tibetano, ma anche nel rilevare la profonda insincerità ed incoerenza morale di quanti si sono affollati ieri pomeriggio sul palco allestisto in piazza Campo de’ Fiori dietro alla spalle della statuta di Giordano Bruno.
È da dire, smentendo la rassegna stampa di Massimo Bordin, che il pubblico in senso proprio, quello che sorbisce senza poter contraddire e fa al massimo il coro che applaude, era costituito da qualche centinaio di persone. Ero lì e mi ci sono mosso da una parte all’altra per scattare le foto che pubblico a parte in un nuovo servizio fotografico. Del resto, proprio perché piccola la piazza si presta a manifestazione nell’ordine delle centinaia di persone, non delle migliaia, per le quali si scelgono altre piazze, come la vicina piazza Navona. Ma non è questo il punto. La manifestazione aveva ispirazione e carattere mediatico. Il suo scopo era di attirare l’attenzione di giornali e televisioni, non di favorire una larga partecipazione popolare. La stragrande maggioranza, anzi la totalità del popolo italiano, è oppresso da ben altri problemi, da quelli in cui si dilettano i radicali: non ultimo le montagne di immondizie, anche morali, che gravano sul popolo campano ed italiano. Altro che Tibet. Dobbiamo ancora liberare il popolo campano dalle immondizie.
È stato una passerella di politici che in campagna elettorale colgono al volo una passaggio mediatico loro offerto da radio radicale e dal riformista, che in questo modo hanno acquistato un maggiore visibilità. È curioso rilevare come una buona percentuale della piazza fosse costituita dai leaders politici che aspettavano di poter salire sul palco per il loro spot elettorale, recitato il quale sparivano a tempo di ricordo. È stato ad esempio il caso dell’on. Renato Brunetta, che dopo il suo intervento deve essere salito su un razzo, perché non sono riuscito a trovarlo in nessun angolo della piazzetta. Per ognuno dei partecipanti che avesse il marchio di FI mi sono sentito in diritto di avvicinarmi loro in qualità di coordinatore provinciale dei clubs. È la terza volta che in Cicchitto noto un girar di spalle, appena gli parlo della provincia calabrese, dove sono rimasto uno dei pochi della vecchia dirigenza: tutti gli altri presenti all’epoca del mio tesseramento se ne sono andati. Ed il motivo è quello che Cicchitto mi ha dimostrato. Pronti a tutte le passerelle ed i salotti televisivi a far vedere la bella faccia di attori, parlando superficialmente sui temi disparati, ma latitanti quando si tratta di discutere in contrattittorio con cittadini, elettori, militanti, tesserati. La classe politica vive di spot televisivo che ne moltiplicano l’immagine come marchi di saponette o fustini di detersivo, ma sono incapaci di discutere con i cittadini dei loro problemi, dalle immondizie alle pensioni al lavoro. Preferiscono il Tibet, dimenticando Gaza che è il nostro Tibet.
Questa non è una cronaca ma la mia testimonianza di partecipante, non sul palco, ma al di qua del palco, fra il raro pubblico. Chi vuole può seguire tutta la registrazione audio video cliccando qui all’apposita pagina di radio radicale. Rinvierò alle singole sezioni via via che procedo nel mio commento. Ad Antonio Polito (nella foto sul palco a destra di massimo Bordin, direttore di Radio radicale, di cui dirò pià avanti), che ho incontrato al bar e a cui sono debitore di un caffé, che ricambierò volentieri ad una prossima occasione, ho detto fra poco altre cose che loro leaders politici e gestori dei media non devo immaginarci come recettori succubi e passivi dei loro messaggi. Siamo capaci di reazione critico. Mi sono con lui anche preventivamente scusato per i toni in cui a volte mi lascio andare, dicendo che nelle mie intenzioni la critica verte sempre soltanto sugli argomenti e le posizioni, mai sulle persone che per me restano sacre, anche se da loro posso sentirmi lontanissimo sul piano concettuale e spirituale. A Polito ho anche espresso tutta la mia perplessità sulla manifestazione, ricordando le manifestazioni che precedettero la guerra civile nella ex-Iugoslavia. Dal palco, nonostante posizioni ferme come quelle di Bonino, Pannella, il monaco tibetano, improntate alla pace, alla riconciliazione, alla nonviolenza, direi che la maggior parte delle irresponsabili dichiarazioni soffiassero sul fuoco della guerra civile. Perfino il rappresentante tibetano della associazione Italia-Tibet ha tenuto un discorso opposto a quello del monaco buddista, al quale avvicindandomi nella certo non gremitissima piazza, proprio per questo non affollamento, ho potuto dire sotto dal palco, in un linguaggio colorito, che tutti quelli che stavano lassù a parlare erano un branco di stronzi ed ipocriti, che si pronunciano a favore del Tibet e del popolo tibetano proprio perché il Tibet è lontano, mentre invece si defilano da Gaza, dove i problemi hanno ben diversa evidenza e dove soprattutto avremmo strumenti efficaci per intervenire, se solo lo volessimo. Eccola dunque spiegata l’ipocrisia sostanziale della manifestazione. Se dico che la maggior parte degli intervenuti sono stati e sono degli ipocriti, non intendo insultarli, ma mi esprimo compiutamente secondo il senso della parola ipocrita, ossia il termine che si addice a chi simula false virtù (le attestazioni di solidarietà al popolo tibetano), ma poi in cercostanze analoghe e più gravi (Gaza) si gira dall’altra, quando non sostiene apertamente l’aggressore (Israele). Mi è parso che il monaco buddista, che comprendeva bene l’italiano, abbia capito al volto e me lo ha dimostrato stringendomi forti la mano, ma non sbilanciandosi più di tanto. Evidentemente la saggezza buddista conosce il cuore umano meglio di quanto non siano capaci i nostri preti cattolici.
Tornerò su questo post con successive rielaborazioni. Mi mancavano alcune cose da dire a caldo. In particolare ho da narrare quanto abbia gustato la performance di donna Fiammetta Nirenstein, alias Frankenstein, sul palco proprio davanti a me. Non credo che Fiammetta sapesse chi io fossi e quanto le voglio bene. Conoscendone la malafede, ho evitato di avvicinarla, come ho fatto con molti altri. Da lontano l’ho vista in amorevole compagnia con la Roccella, quell’altra disgrazia che Silvio mi ha messo in lista insieme con il capo della Israel lobby italiana, cioè Alessandro Ruben, che ha pensato subito di far intervenire il grande capo Foxman a sostegno elettorale della Fiammetta, per non esporsi lui direttamente: e che diamine! Un poco di apparenze da salvare. Donna Fiammetta nel suo penoso discorso ha brevemente riciclato i temi del suo convegno romano sulla democratizzazione forzata (colpi di stato, attentati, corruzione di dissidenti a comando, guerre civili, costituzioni prefabbricate, varo della costituzione con i limiti posti dai liberatori, elezioni democratiche, casta democratica, riconoscimento di Israele, museo dell’«Olocausto», religio holocaustica, ecc. secondo un copione ben noto), e quindi la dissidenza interna, bla bla, la dissidenza sovietica, bla bla. Per chi vuole rinvio all‘ampio resoconto critico che ne avevo fatto, poi smesso per sopraggiunta stanchezza, ma sempre disponibile ad integrazioni miglioramenti: il bello della scrittura digitale rispetto a quella cartacea. Naturalmente, non ho applaudito Fiamma Nirenstein, o Frankenstein, come dice Vauro.
A Carlo Panella, con cui mi sono allietato con scambio privati di insulti, ho potuto dire che la Fiamma di Vauro è perfino più bella dell’originale che ho potuto ammirare quasi in perfomance privata, considerando quanto fosse oceanica la folla immaginata da Massimo Bordin. A quell’ora eravamo rimasto proprio in quattro gatti e la manifestazione era pensata, fin dall’inizio, solo in funzione della trasmissione radiofonica e della ricaduta mediatica sui giornali. Il popolo italiano certamente non era in quella piazza.
A Massimo Bordin, che pensa di poter dare del cretino a Vauro, posso far vedere che forse l’epiteto gli spetta con maggiore pertinenza. Vauro, da parte sua fa sapere che sarà lui a querelare chi gli dà dell’antisemita per la sua bellissima vignetta, mentre non si è ancora pronunciato sul cretino bordiniano, ma pesno che sia più liberale di quanto un radicale di ferro come Bordin pretenda di essere.. Ho detto che la manifestazione è stata una passerella elettorale di personaggi che aveva bisogno di una dichiarazione poco impegnativa: sulla Cina si può sparare impunemente in quanto rivale del proprio padrone, cioè gli USA, che peraltro hanno fatto sapere che alle Olimpiadi ci andranno: più realisti del re in nostri politici “cupidi” di servilismo, come già disse Vittorio Emanuele Orlando. Analizzerò in successive versioni le singole dichiarazione, se mi parrà. Mentre Bordin si dimenava sul palco ho potuto farlo avvicinare a me alzando un dito. Lui non sapendo chi fossi, mi si avvicina ed io gli chiede all’orecchio se ha ricevuto la mia posta, consistente nei miei articoli. Appena sente il mio nome, sbotta in un “no!”, con un impeto tale da darmi la certezza che di certo l’ha ricevuto.
Vecchia tecnica quella del non riconoscimento che i radicali, lamentandosene, hanno sperimentato e sperimentano sulla loro pelle. Per loro l’apparire viene prima dell’Essere, anzi l’Essere è un nulla senza l’Apparire. Mentre erano sul palco, lui e Fiamma, ho potuto fotografare la pubblica effusione di amorosi sensi, che danno la misura dell’obiettività con cui a chiusura della sua rassegna stampa quotidiana il caro Massimo Bordin ha pensato di lanciare un fuori programma di insulto al vignettista Vauro – che non ha disegnato Maometto (cosa auspicale e patrocinabile) ma Fiamma Frankestein (cosa proibitissima) – a sostegno della campagna elettorale di donna Fiammetta.
Ebbene, come è stato rilevato da qualche giornalista, nella mattinata Bordin ha riservato i primi interventi alle celebrità della passerella. Era già tanto che fossero venuta sulla piazza un Brunetta, un Cicchitto, una Pollastrini che mai dal vivo mi era apparsa tanto pollastra, ed altri di cui diremo e di cui disponiamo le registrazioni a documentazione delle loro autorevoli sciocchezze e banalità buone per tutte le occasioni. Costoro parlavano per il beneficio delle orecchie soprattutto degli ascoltatori radiofonici che non per i pochi presenti. Poi scappavano per altre passerelle. Qualcuno che voleva parlare però c’era ed aspettava fin dall’inizio della manifestazione. Anzi non era neppure certo che l’avrebbero fatto parlare. Questo era il sen. Fernando Rossi, il parlamentare che si era recato con la delegazione di “Gaza Vive” al valico di Erez, per poter accedere alla moderna Auschwitz e constatare di persona l’emergenza umanitaria dei palestinesi, cioè i nostri tibetani, quelli che non si vedono perché vicini ed alla nostra portata. Ebbene, lo si lascia parlare, ma quasi per ultimo e poco prima donna Fiammetta, che con ogni evidenza era in contatto telefonico con Massimo che gli teneva calda la pedana e che d’amorevole intesa con lei (che parla pure con il “noi” ,scrivendo il suo ultimo capolavoro che ne oscura tutti gli altri, titola: Israele siamo noi, cioè con ogni evidente: lei, Massimo, Angelo, Riccardo, Alessandro, Carlo, Emanuele e forse qualcuno altro che ora mi sfugge) ha poi pensato di reguardire un Rossi che parlava del popolo palestinese davanti a granitici sionisti sfegatati senza se e senza ma come lo stesso Massimo e la sua Fiamma.
Si presti attenzione a quanto sto per dire perché qui si vede chi è il cretino. Se in una piazza pubblica, in un luogo pubblico, di fronte a cittadini che sono passanti abituali e quanto mai “pubblici” (non eravamo mica in un teatro o in una sala dove si accede su invito, ma sacripante in una pubblica piazza, anzi piazzetta!), dico se in luogo pubblico io chiedo la parola al microfono sul palco, mi si può concedere o non concedere la parola perché i proprietari del microfono possono concederne o non concederne l’uso. Ma dopo che hanno parlato tutti, proprio tutti, belli e brutti, dicendo anche cose assai diverse gli uni dagli altri, e senza che mai quell‘aquila che si chiama Massimo Bordin si sia permesso di dire, ad esempio ad un Alemanno, che “noi” (chi noi? non siamo d’accordo, perché questo servizio avrebbe dovuto farlo proprio con l’on. Rossi che pur manifestando piena solidarietà con il popolo tibetano ha però ricordato che esiste anche il popolo palestinese che soffre non meno di quello tibetano ed i cui diritti sono non meno calpestati. Massimo, se mi senti, chi è il cretino?
E “noi” chi saremmo? Nella piazza a quell’ora eravamo proprio quattro gatti: io sulla piazza, a due metri davanti al palco alto mezzo metro, tu e Rossi sul palco, con Fiamma alla tua destra. Il resto, se c’era, dormiva. Quindi il “noi” cosa vuol dire? Tu e Fiamma? O io, tu, Rossi e Fiamma? In questa seconda ipotesi a che titolo parli a nome mio? Tu che neppure dici di ricevere la mia posta? E quando mai ti ho delgato a rappresentare il mio pensiero. Evidentemente, proprio perché perché stai sul palco pensi di Essere al fronte del non essere di quelli che stanno sotto il palco o ascoltano la tua rassegna stampa, con i tuoi frequenti intercalari di commento, senza poter mandare in diretta i loro di intercalari. Evidentemente ti senti come il papa che dice “Noi” anziché “io Massimo Bordin”. Ma guarda che il tuo sommo sacerdote, da me ammirato e che ascolto sempre con attenzione, Marco Pannella, si è dimostrato infinitamente più aperto di te, uomo di Fiamma, quando al termine del suo discorso, mi ha risposto che potrebbe ripetere per Gaza ciò che ha detto per il Tibet.
Versione 1.1E dunque, caro Massimo che citi i cretini di Sciascia, dove pensi che in questo caso possiamo trovare il cretino di Campo de’ Fiori? Chi credi di essere per dire a chi ha parlato, dopo che con cardinalizia degnazione gli hai concesso la parola, rimproverandoglielo subito dopo e quindi togliendogli quella parola che dici di avergli graziosamente concesso, che “noi” non siamo d’accordo? Sei forse il nipote di Frankenstein? Evidentemente, a furia di sentirvi censurati ed oscurati dalla Madre TV di Stato, ne avete interiorizzato i comportarmento da infliggerli ad altri. Ma credi che se Sciascia fosse ancora vivo sarebbe stato sulla piazza accanti a quelli che recitavano la parte del popolo o avrebbe fatto bordone a te ed a Fiamma. Vedi, i cretini stano dove meno si pensa di trovarli. In fondo, io che ci stavo a fare li? A riempirti la piazza senza la quale avresti parlati ai muri o alla statua di Giordano Bruno che saggiamente voltava le spalle a tutti voi altri. Forse anche io sono un cretino ad esser lì venuto, non per applaudire, che era l’unica cosa che tu accettavi e ti aspettavi, ma per dissentire passando per un provocatore e magari correndo il rischio di venire arrestati con tanti onorevoli di passaggio. Forse il cartellone e lo slogan della manifestazione dovrebbe esser corretto in un: «Siamo tutti cretini!»
(segue)
1 commento:
Radio Radicale e Il Riformista hanno organizzato a Roma in P.zza Campo de' Fiori una manifestazioni "bipartisan" per il Tibet . Numerosi gli interventi. Qualche distinguo sull'ipotesi di boicottaggio delle Olimpiadi.
Video notizia della (ami) http://agenziami.it/articolopage-video.php?idart=319
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