lunedì 17 marzo 2008

Tibet e Gaza: disparità di trattamento mediatico!

Versione 1.0

Ormai ho maturato sufficiente diffidenza per i modi in cui vengono manovrati i mass-media e gli scopi per i quali vengono alimentate e incanalate le nostre pulsioni umanitarie. È mio sommo desiderio che i tibetani siano felici nel migliore governo possibile. Ma non posso insospettirmi sui nostri registi umanitari, ad incominciare dai “turbamenti” den nostro Presidente, di cui non ricordo eguali turbamenti per la tragedia umanitaria di Gaza a noi molto più vicina. La televisione di stato ha dato ampio risonanza ad una fiaccolata davanti all’ambasciata di Cina, ma non vi fu nessuna copertura mediatica quando io insieme a pochi altri feci analoga fiaccolata nei pressi dell’ambasciata israeliana. Come mai questa differenza? I morti di Gaza sono forse meno numerosi di quelli tibetani? Le loro ragioni meno consistenti? La loro dignità meno degna e meno umana?

Ricordo un’altra fiaccolata alla quale presi parte, non pochi anni fa. Era a piazza di Spagna e si trattava di manifestare a favore di Croazia e Slovenia. Non vi era stata ancora la terribile guerra interetnica nella ex-Iugoslavia. Se soltanto avessi immaginato quali tragedie sarebbero seguite alla mia fiaccolata di piazza di Spagna ben mi sarei guardato dal partecipare a quella manifestazione, dove per la verità non era alta la mia consapevolezza politica come mi pare che sia per Gaza e per il Tibet. Dico subito quel che penso. La mia impressione che l’interesse politico principale non siano i “diritti umani” dei tibetani, ma un processo di destabilizzazione della Cina, magari sul modello di quello sovietico. Hobbes spiega nel suo diritto di natura che gli Stati si comportano fra di loro come se fossero sempre nello stato di natura e quindi tutto ciò che può contribuire a diminuire la potenza dello stato vicino o rivale, è cosa utile e ben fatta.

Come non considerare ipocrita l’invito di Condoleeza Rice alle autorità cinesi affinché cerchino in dialogo con il Dalai Lama quando lo stesso invito la ministressa americana non lo rivolge agli israeliani nei confronti di Hamas? Lo ha fatto il nostro ministro degli Esteri uscente, ma gli sono giunte le insolenze dell’ambasciatore israeliano, che io fossi Berlusconi, Prodi o Veltroni avrei subito accompagnato alla frontiera con la diffida vita natural durante a rimettere piede in Italia. Ma ormai ormai la nostra servitù e mancanza di senso dello stato e della dignità nazionale è giunta al livello più basso ed immaginabile. Ne possiamo trovare un esempio presso i «Corretti Informatori» per l’aurea bocca di Deborah.

Il prossimo mercoledì nella piazza a me cara, in Campo de' Fiori, gli amici radicali organizzeranno la prevista manifestazione per il Tibet. Sono stati silenziosi per Gaza. Trovano il fiato per il Tibet. Per loro l’Estremo Oriente è più prossimo del Vicino Oriente. Vedono cicino ciò che è lontano e lontano ciò che è vicino. E non solo in senso chilometrico. In effetti, per un cinese e credo anche per un tibetano è del tutto estranea e strampalata la nostra costruzione dei diritti umani. Non sono addentro all’interessante materia, ma ne ho potuto apprendere qualcosa durante la discussione di una tesi di dottorato proprio sui “diritti umani” in Cina. Il dottorando ci spiegava che i cinesi non riescono a concepire l’individuo, l’essere umano, fuori dal suo contesto di appartenenza e quindi riesce loro estranea anche una nozione di diritti umani staccati dalla loro comunità. Io dissi ai miei colleghi che anziché stupirci per le deficienze dei cinesi forse faremmo meglio a nutrire qualche dubbio sull’universalità dei nostri ideologismi.

Sarò interessante, da questo momento in poi, seguire criticamente gli sviluppi dell’operazione mediatica connessa al Tibet. I lettori di questo post che siano interessati alla ricerca faranno bene a segnarsi la pagina. Non voglio distribuire su più articoli una stessa riflessione in itinere e legata alle osservazioni del fenomeno, che mi vedo assai critico.

(segue)

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