domenica 16 marzo 2008

Laicità islamica e gerarchia cattolica. Tibet e Gaza. Diritti umani ed ipocrisia.

Versione 1.0

Le notizie che ogni mattina si succedono nella rassegna stampa non stanno l’una accanto all”altra nel segno della coerenza. A maggior misura che nella lettura di un singolo quotidiano, soggetto ad una linea politica ed editoriale, si pone attenzione a ciò che interessa e si trascura il resto. Ma può essere interessante cogliere le possibili relazioni ovvero contraddizioni fra notizie in apparenza disparate. Elenco nell’ordine notizie che si presterebbe a singoli approfondimenti. Per prima la mai attenzione è stata attratta da una notizia della rassegna stampa vaticana, sempre in radio radicale, di poco precedente la rassegna stampa domenicale di Marco Cappato.

Pare si vada costituendo un forum cattolico-islamico, che – si badi – avrà carattere permanente, non cioè il solito convegno di poco giorno. Vi sarà invece un’istituzionalizzazione dei rapporti. Da quando è tramontato il sano e antico politeismo pagano, grazie a colpi mortale della chiesa cattolica divenuta unica religione di Stato, il Mediterraneo è divenuto dominio spirituale di tre sole religioni monoteistiche: cristianesimo, islam ed ebraismo. A meno che non si addivenga nuovamente al relativismo religioso, ognuna di queste tre diverse religioni non può rinunciare alla sua pretesa di essere l’unica vera religione. In un passato non remoto questa pretesa veniva fatta valere con la forza e la violenza. Non esiste, ch’io sappia, una statistica delle uccisioni e delle violenze che ciò ha comportato ma la stima che ognuno di noi può fare è impressionante. Al confronto, le nostre cognizioni storiche non presentano nulla di simile e paragonabile per il mondo precristiano, salvo l’eccezione della religione ebraica che fin nei suoi testi sacri è intriso di sangue e di odio per i popoli idolatri, diverso dal popolo eletto e gradito a Jahvè.

Non possiamo certo qui tracciare una storia lunga millenni: rinvio al mio blog di analisi delle religioni. Concentro invece l’attenzione sulla picciola notizia riguardante l’istituendo Forum permanente cattolico-musulmano. Ci si è chiesti su quali basi possa costituirsi. E si è addivenuti ai seguenti principi: amore del prossimo e rispetto reciproco, ma poi qualcuno ha tirato fuori i diritti umani e si è accorto di una difficoltà oggettiva che nasconde una grossa verità. La chiesa cattolica fin dalle sue origine è fondamentalmente gerarchia e gestione di un potere che per millenni ha inglobato civile e religioso. La vera distinzione fra laici e non laici è qui: i laici a differenza dei chierici erano quelli che non avevano potere. A comandare erano in cascata: papa, cardinale, vescovo, fino al più infimo prete: tutti gli altri erano soggetti al potere spirituale e terreno del papa di turno, che spesso e volentieri era un ceffo della peggiore specie.

L’Islam non ha mai avuto una sua chiesa paragonabile alla cattolica. Infatti, un esperto gesuita consultato per l’occasione, ha postol’oggettiva difficoltà: non esiste nessuna autorità religiosa islamica che possa parlare con autorità a nome di tutti i musulmani e contrarre impegni per loro vincolanti. Ognuno può parlare per sé, al massimo, ma non per tutti gli altri credenti nella stessa fede. Tradotto in altri termini ciò vuol dire un fatto che ad esempio un islamista italiano, di quelli tacciati di “colluso” con l’Islam da Magdi Allam, ossia Massimo Campanini ha rilevato in un suo libro: non ho a portata di mano il libro e cito a memoria, ma darò l’indicazione bibliografica esatta, appena trovato il libro ed il passo. Campanini osserva come l’Islam sia fondamentalmente laico e non abbia mai conosciuto quelle ingerenze clericali che per noi sono all’ordine del giorno. Si potrebbe obiettare: ed il fondamentalismo?

Risposta, mia non di Campanini: un’invenzione polemica per nascondere la classica contrapposizione amico-nemico che non è quella semplificata da Bertinotti (che distingue fra nemico e avversario) ed altri, ma dal filosofo e giurista Carl Schmitt, che ha rifondato la scienza politica basandola su questa distinzione, salutata nel 1982 da Gianfranco Miglio come una scoperta copernicana per gli studi politologici. La contrapposizione è destinata per sua natura ha trapassare tutti gli ambiti possibili ed immaginabili: religioso, culturale, sportivo, economico, ecc. La religione in quanto tale non c’entra: bisogna vedere cosa ci si mette dentro e chi ce lo mette dentro. È perciò molto più appropriato parlare di un fondamentalismo cristiano e cattolico che non di un fondamentalismo islamico.

E veniamo al vescovo ucciso in Iraq. Qualcuno ha convenuto che per i cristiani le cose andavano decisamente meglio quando al governo c’era Saddam, che era laico e che non lasciavo spazio alle influenze religiose. Proprio in conseguenza della sua laicità, di certo non cristiana, Saddam poteva assicura in Iraq alla minoranza cristiana un loro spazio religioso. Non sono molto addentro nella faccenda, ma credo che se all’epoca i cattolici avessero preteso con Saddam ciò che considerano normale esigere e riscuotere in Italia avrebbero abusato della pazienza e tolleranza del “tiranno” Saddam. Liberato finalmente l’Iraq dalle cristianissime armi del cattolicissimo Bush, abbiamo trovato nella migliore tradizione cristiani fiumi di sangue per i quali non potrà mai esservi accurata ed affidabile statistica ufficiale. Io ho sentito di 600.000 morti civili, ma ciò che più mi impressione è l’aver letto di vaccini per l’infanzia che erano stati sottoposti ad embargo nel periodo delle sanzioni volute dagli Usa e da Israele. La cosa ha comportato una serie di morti infantili, non soldati in guerra, come il figlio di Grossman, ma popolazione infantile inferiore ad un anno di età: l’innocenza per definizione! Eccola la superiore civiltà cristiana e le superiori istituzioni democratiche esportate con la violenza delle armi e le astuzie mortifere degli embarghi. Eccolo il vero rispetto della vita: dalla nascita alla morte in età avanzata.

La preoccupazione del padre gesuita per la mancanza di un parter autorevole è evidente: con chi posso contrarre accordi vantaggiosi, magari come un altro 8 per mille sul petrolio iracheno. I preti cattolici parlano di Spirito Santo, ma poi puntano al sodo, alla roba, agli ori, ai privilegi. E per poterne avere assicurazione occorre un contraente capace di assumere impegni per tutti gli altri. Con Saddam la cosa poteva perfino funzionare, ma adesso è proprio difficile individuare un interlocutore. Quanto poi ai diritti umani, per ciò che questa espressione può significare, si tratta di diritti sorti storicamente in opposizione a tutto l’insegnamento della chiesa cattolica, salvo snaturarne il senso – secondo una pratica millenaria di falsificazione delle carte – facendone magari i diritti dello spermatozoo.

E veniamo al Tibet. I media stanno scaldano i muscoli sulle pagine che sempre più riempiranno nei prossimo giorni. Ma signori cari perché parlate di Tibet e non di Gaza? Di Gaza fate tutto il possibile per parlare sempre di meno e per censurare sempre di più. Per il Tibet si parla già di boicottare i giochi olipici di Pechino, ma per Gaza non si vogliono boicottare le fiere del libro di Parigi e di Torino, dove Israele responsabile del genocidio dei palestinesi viene addirittura invitato come ospite d’onore. Almeno i cinesi i giochi olimpici li fanno a casa loro, ma i governi italiani e francesi invitano a casa loro il presidente Olmert, responsabile di un grande amore per i palestinesi, dopo averli privati delle terre, del nome, della dignità, della vita. Eccolo il sistema dell’ipocrisia cui ci ha abituato secoli di cattolicesimo: l’ipocrisia è la sostanza morale più interiorizzata dell’Occidente, che sempre meno riesce ad esportare i suoi ideologismi: diritti umani, libertà, democrazia e baggianate simili alle quali non credono più neppure i loro cittadini, governati con menzogne che appena scoperte non producono nemmeno reazione morale.

Se si fa la semplice conta dei morti negli incidenti in Tibet e quelli di Gaza, i numeri pendono enormemente per Gaza. Ma qui i nostri moralisti di regime non hanno occhi per vedere ed orecchie per sentire. In realtà, la carta che si continua a giocare è quella della destabilizzazione interna dei regimi non graditi. Ciò comporta non di rado grandi tragedie con perdite di innumerevoli vite umani senza che per questo sorga poi il paradisi dei diritti umani, di cui neppure noi sappiamo bene cosa siano ed in cosa consistano. Se è un bene tanto grande che vogliamo portare ad altri, bisognerebbe che almeno noi ne godessimo in abbondanza. Ma se poi ci chiediamo in cosa consistano, diventa difficile trovare una risposta, salvo il diritto umano dello spermatozoo, evidente ai soli cittadini di fede cattolica e di stretta osservanza vaticana. Li troviamo per caso in mezzo alla spazzatura napoletana? O nei privilegi della Casta? O nella cura per il ricongiumento familiare del politico cattolico che voleva aumentare l’indennità di famiglia ai parlamentari incline a confortarsi altrimenti in assenza della legittima consorte? O nelle prigioni austriache dove storici come Irving scontano la pena per aver scritto dei libri, non per averli rubati magari in una libreria o in una biblioteca, ma proprio per averli scritti?

In realtà, succede per i diritti umani ciò che già successo per il concetto di eguaglianza agli albori della rivoluzione francese. Al di là del contenuto accettabile di giuste esigenze avvertite perfino all’epoca dai privilegiati, si trattava allora come oggi di concetti “polemici” che vengono utilizzati per fini strumentali di abbattimento del potere di una classe sociale (la nobiltà ed il clero) allora e di stati non graditi oggi. Il prepotente di turno, forse oggi più di ieri, ha bisogno di motivazioni pubbliche per portare a compimento cià che ha già deciso. In una recente intervista Sergio Romano ha risposto che se davvero Bush, dopo l’undici settembre – alla cui versione ufficiale credo sempre meno – avesse voluto combattere il cosiddetto terrorismo, quello di bin Laden (già amico di Bush), avrebbe dovuto allearsi con Saddam e l’Iraq da lui governato, non invece fargli la guerra. Ma qui può darsi che non abbia saputo resistere ai potentissimi alleati israeliani, la cui lobby negli USA influenza non poco l’elezione di Congresso e Presidente.

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