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di riunione con articoli e links su A. Burg
Versione 1.1
Avraham Burg dimostra di aver ben compreso gli aspetti religiosi insiti nel mito olocaustico, i cui pericoli erano stati erano stati ben intravisti da un ebreo torinese, di nome Sion Segre Amar, che circa dieci anni fa ebbe una polemica con il prof. Coppellotti proprio sulla connotazione religiosa del termine “Olocausto”, per cui egli stesso non accettando l’espressione ormai in voga usavo egli stesso dire «cosiddetto Olocausto». Questi polemica si cancellò presto dalla memoria dei discendenti ed io ho potuto divertirmi non poco ad usare non un termine mio, ma quello dell’ebreo Sion Segre Amar, a quanto pare non seguito, letto o compreso neppure dal figlio. Si aprì una caccia all’antisemita, dove però l’antisemita non ero io, ma il capo ebreo e noto storico sopra citato. Diverso il caso di Avraham Burg, dove il rifiuto dell’identità olocaustica si svolge nell’arco di tre generazioni della famiglia Burg: il padre di Avraham, che oltre a ministro degli interni fu anche direttore del famoso museo della Shoa in Gerusalemme, quello stesso museo visitato da Gianfranco Fini, che si mise pure in ginocchio con sommo gaudio di Fiamma Nirenstein; il figlio Avraham ormai inviso ai sionisti sfegatati di stanza in Israele ma dislocati anche all’estero; i figli di Avraham, che non riescono a capire i viaggi scolastici di istruzione in Polonia, per apprendere che gli ebrei per definizione sono tutti dei “sopravvissuti”. Ma ecco come si esprime lo stesso Avraham:
Ciò che però mi sembra più interessante nell’analisi di Burg non è tanto la comprensione del ruolo dell’«Olocausto» nell’identità israeliana o ebraica, quanto l’individuazione che ciò costituisce una fonte di inimicizia perpetua ed irriducibile con tutto il mondo e tutti i restanti popoli. Credo che in ciò vi sia la fonte di un nuovo e ben diverso antiebraismo che finirà per ridimensionare l’antisemitismo storico. È ben vero che l’aggressività sionista odierna si avvale del concetto, piuttosto vago, di genocidio coniato per l’occasione subito dopo il processo di Norimberga, dove per la prima volta nella storia non ci si accontentò semplicemente di vincere il proprio nemico, ma lo si è voluto anche processare e dichiarare in perpetuo come criminale, ossia si è inteso squalificarlo sul piano morale ed etico, dove per morale si intende la sfera privata delle relazioni intersoggettive fra gli individuo mentre per etica si intende il sistema proprio di valori condivisi di un determinato popolo.
Il fatto è che ad uscire fuori dagli intenti strumentali della prima dichiarazione convenzionale di genocidio e non potendo riferire il nuovo crimine ad un solo popolo, ma a tutti i casi simili presenti, passati e futuri, ci si deve fatalmente accorgere che vi è unicità in ciò che gli uomini sono capaci di fare in tempo di pace e in tempo di guerra. Curiosamente ci si deve accorgere che la condotta odierna degli israeliani nei confronti del popolo palestinese e di tutti i popoli islamici mediorientali in nulla è inferiore a quanto di peggio si attribuisce, dico: si attribuisce a Hitler ed al nazismo. A riconoscerlo è un Avraham Burg, il cui vaincre Hitler si riferisce evidentemente ad un saper uscire da questa logica identitaria in cui si è davvero vittime di Hitler in quanto si perpetua il peggio di ciò che gli si attribuisce. Friedrich Nietzsche che non fu affatto l’antisemita che in un primo tempo si era fatto credere che fosse ha però ben descritto il modo in cui dal risentimento si formano spesso i pregiudizi e le dottrine morali. Aggiungerei un’aggravante che rende ancora più odiosa la religio holocaustica: il fatto che si perseguitino con la prigione quanti non sono disposti ad accettare le verità ufficiali sugli svolgimenti della seconda guerra mondiale e sulle cause che l’hanno prodotta. Avraham Burg, per un’autorevolezza indubbia che neppure i suoi peggiori nemici possono disconoscere, riapre con veemenza un dibattito che la ragion di stato ovvero l’interesse allo status quo intendeva soffocare.
(segue)
di riunione con articoli e links su A. Burg
Versione 1.1
Avraham Burg dimostra di aver ben compreso gli aspetti religiosi insiti nel mito olocaustico, i cui pericoli erano stati erano stati ben intravisti da un ebreo torinese, di nome Sion Segre Amar, che circa dieci anni fa ebbe una polemica con il prof. Coppellotti proprio sulla connotazione religiosa del termine “Olocausto”, per cui egli stesso non accettando l’espressione ormai in voga usavo egli stesso dire «cosiddetto Olocausto». Questi polemica si cancellò presto dalla memoria dei discendenti ed io ho potuto divertirmi non poco ad usare non un termine mio, ma quello dell’ebreo Sion Segre Amar, a quanto pare non seguito, letto o compreso neppure dal figlio. Si aprì una caccia all’antisemita, dove però l’antisemita non ero io, ma il capo ebreo e noto storico sopra citato. Diverso il caso di Avraham Burg, dove il rifiuto dell’identità olocaustica si svolge nell’arco di tre generazioni della famiglia Burg: il padre di Avraham, che oltre a ministro degli interni fu anche direttore del famoso museo della Shoa in Gerusalemme, quello stesso museo visitato da Gianfranco Fini, che si mise pure in ginocchio con sommo gaudio di Fiamma Nirenstein; il figlio Avraham ormai inviso ai sionisti sfegatati di stanza in Israele ma dislocati anche all’estero; i figli di Avraham, che non riescono a capire i viaggi scolastici di istruzione in Polonia, per apprendere che gli ebrei per definizione sono tutti dei “sopravvissuti”. Ma ecco come si esprime lo stesso Avraham:
«Plus j’y pense, plus je me dis que la Shoa est devenue le pilier théologique de l‘identité israélienne moderne. L’examen des sorces et des évolutions de ce fondement m’amène aujourd’hui à dire qu’il représente l’une des grandes questions auxquelles se heurte l’identité juive moderne».
«Più ci penso più mi dico che la Shoa è diventata il pilastro teologico della moderna identità israeliana. L’esame delle fonti e l’evoluzione di questo fondamento mi spinge oggi a dire ch’esso rappresenta una delle grandi questioni sulle quali sis contra l’identità ebraica moderna».(A. Burg, op. cit., 43)
Ciò che però mi sembra più interessante nell’analisi di Burg non è tanto la comprensione del ruolo dell’«Olocausto» nell’identità israeliana o ebraica, quanto l’individuazione che ciò costituisce una fonte di inimicizia perpetua ed irriducibile con tutto il mondo e tutti i restanti popoli. Credo che in ciò vi sia la fonte di un nuovo e ben diverso antiebraismo che finirà per ridimensionare l’antisemitismo storico. È ben vero che l’aggressività sionista odierna si avvale del concetto, piuttosto vago, di genocidio coniato per l’occasione subito dopo il processo di Norimberga, dove per la prima volta nella storia non ci si accontentò semplicemente di vincere il proprio nemico, ma lo si è voluto anche processare e dichiarare in perpetuo come criminale, ossia si è inteso squalificarlo sul piano morale ed etico, dove per morale si intende la sfera privata delle relazioni intersoggettive fra gli individuo mentre per etica si intende il sistema proprio di valori condivisi di un determinato popolo.
Il fatto è che ad uscire fuori dagli intenti strumentali della prima dichiarazione convenzionale di genocidio e non potendo riferire il nuovo crimine ad un solo popolo, ma a tutti i casi simili presenti, passati e futuri, ci si deve fatalmente accorgere che vi è unicità in ciò che gli uomini sono capaci di fare in tempo di pace e in tempo di guerra. Curiosamente ci si deve accorgere che la condotta odierna degli israeliani nei confronti del popolo palestinese e di tutti i popoli islamici mediorientali in nulla è inferiore a quanto di peggio si attribuisce, dico: si attribuisce a Hitler ed al nazismo. A riconoscerlo è un Avraham Burg, il cui vaincre Hitler si riferisce evidentemente ad un saper uscire da questa logica identitaria in cui si è davvero vittime di Hitler in quanto si perpetua il peggio di ciò che gli si attribuisce. Friedrich Nietzsche che non fu affatto l’antisemita che in un primo tempo si era fatto credere che fosse ha però ben descritto il modo in cui dal risentimento si formano spesso i pregiudizi e le dottrine morali. Aggiungerei un’aggravante che rende ancora più odiosa la religio holocaustica: il fatto che si perseguitino con la prigione quanti non sono disposti ad accettare le verità ufficiali sugli svolgimenti della seconda guerra mondiale e sulle cause che l’hanno prodotta. Avraham Burg, per un’autorevolezza indubbia che neppure i suoi peggiori nemici possono disconoscere, riapre con veemenza un dibattito che la ragion di stato ovvero l’interesse allo status quo intendeva soffocare.
(segue)
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