È uscito finalmente il libro di Avraham Burg, già presidente della Knesset, che aspettavo dalla scorsa estate e sul cui strabiliante contenuto era stata data notizia. Il libro è uscito nel 2007, ma io ne apprendo solo adesso grazie ad un'informazione privata di Marco Settimini che ha poi scritto nel suo blog un resoconto critico della trasmissione televisiva francese dove si è svolto un dibattito sul libro. Il titolo originale del libro, in ebraico, suona: Lenazeach et Hitler; nell’edizione da me acquistata, edita da fayard, leggo: Vaincre Hitler. Pout un juadaisme plus humaniste et universaliste. So che in Francia si è già acceso il dibattito. Leggerò con molta attenzione il libro, di 359 pagine, certo di poterne trarre interessanti spunti e dati per i miei prossimi artcoli. Ritornerò su questo post per altre generalità, ma poi tratterò le singole questioni separatamente unificandoli con links che in questa pagina avranno la loro Homepage. Pertanto, avviso i miei Lettori che vogliono seguire la mia lettura del libro di annotarsi questa singola pagina, da dove poi potranno salire ai singoli argomenti.
Miei articoli correlati:
1. Israele, ossia uno Stato alla nitroglicerina.
Leggendo Avraham Burg:
1. Il rifiuto dell’industria dell’«Olocausto».
2. Il rifiuto della “religio holocaustica”.
Links:
1. Burg: La morte del sionismo. Un’analisi dell’attuale situazione politica in Israele.
2. Un poco di confusione. Il commenti si svolgono su un testo di «Informazione Corretta» con titolo fuorviante. In un mio intervento ho cercato di chiarire l’equivoco.
3. Ebrei che odiano ebrei, dove a odiare gli ebrei non è Avraham Burg, ma Deborah Fait, un fulgido esempio di «spiritualità ebraica e orgoglio israeliano» (temo anche con passaporto italiano), tipica sionista che nel suo smisurato odio e furore non risparmia ne goym né ebrei. È da notare che nel testo oltraggioso della Fait sembra che questi conosca il Padre (già ministro degli interni) meglio di quanto il Figlio conosca il padre e che il figlio sia un figlio degenere rispetto al padre. Invece, dalla lettura del libro di Avraham si trova una piena sintonia del Figlio con il Padre che non si è mai riconoscito nello spirito guerriero di Moshé Dayan, non si è mai sentito un “israeliano”, ma sempre un ebreo tedesco immigrato in Israele, non ha mai assunto né fatto assumere al figlio l’identità ebraico olocaustica, pur avendo avendo egli esercitato il suo “eroismo” nella forma della solidarietà verso i correligionari ebrei, quando questi erano perseguitati dai nazisti. Forse Deborah confonde lo stato di famiglia del “figliodi” o cerca di farci intendere cose lontano dalla verità, per la quale è meglio riportare questo brano del libro:Evidentemente, a questa riguardo Deborah Fait è una “figliadi” ben diverso padre e madre, certamente israeliani, probabilmente non ebrei.
4. Una discussione di Metaforum: Sono pubblicati articoli di Francesca Paci e Alberto Stabile. Si di essi si sviluppano commenti da parte dei frequantatori del Forum.
5. Il dibattito in Francia in un resoconto di Marco Settimini.
Miei articoli correlati:
1. Israele, ossia uno Stato alla nitroglicerina.
Leggendo Avraham Burg:
1. Il rifiuto dell’industria dell’«Olocausto».
2. Il rifiuto della “religio holocaustica”.
Links:
1. Burg: La morte del sionismo. Un’analisi dell’attuale situazione politica in Israele.
2. Un poco di confusione. Il commenti si svolgono su un testo di «Informazione Corretta» con titolo fuorviante. In un mio intervento ho cercato di chiarire l’equivoco.
3. Ebrei che odiano ebrei, dove a odiare gli ebrei non è Avraham Burg, ma Deborah Fait, un fulgido esempio di «spiritualità ebraica e orgoglio israeliano» (temo anche con passaporto italiano), tipica sionista che nel suo smisurato odio e furore non risparmia ne goym né ebrei. È da notare che nel testo oltraggioso della Fait sembra che questi conosca il Padre (già ministro degli interni) meglio di quanto il Figlio conosca il padre e che il figlio sia un figlio degenere rispetto al padre. Invece, dalla lettura del libro di Avraham si trova una piena sintonia del Figlio con il Padre che non si è mai riconoscito nello spirito guerriero di Moshé Dayan, non si è mai sentito un “israeliano”, ma sempre un ebreo tedesco immigrato in Israele, non ha mai assunto né fatto assumere al figlio l’identità ebraico olocaustica, pur avendo avendo egli esercitato il suo “eroismo” nella forma della solidarietà verso i correligionari ebrei, quando questi erano perseguitati dai nazisti. Forse Deborah confonde lo stato di famiglia del “figliodi” o cerca di farci intendere cose lontano dalla verità, per la quale è meglio riportare questo brano del libro:
«Mon père n’a jamais conduit de char.
Il n’a jamais combattu et n’a jamais tué.
Mon père sauvait.
Il était l’antihéros israélien par excellence,
un héros humble, à l’image même du Juif dans l’histoire.
Juif? Oui, totalement.
Israélien? Non, nullement.
Et il ne souhaitait pas non plus le devenir»
(A. Burg, op. cit., 39)
4. Una discussione di Metaforum: Sono pubblicati articoli di Francesca Paci e Alberto Stabile. Si di essi si sviluppano commenti da parte dei frequantatori del Forum.
5. Il dibattito in Francia in un resoconto di Marco Settimini.
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