(al 16.3.08)
Non sono un lettore di romanzi, considerando una simile occupazione poco più di una perdita di tempo, salvo casi eccezionali. Meno che mai sono un lettore di romanzieri israeliani. Ho dato una rapida occhiata alla cronaca parigina della di Massimo Nava, apparsa sul “Corriere della Sera” del 15 marzo e raggiosamente ripreso dai “Corretti e Sionisti Informatori”. Sto seguendo le vicende della Fiera del Libro di Torino o di Parigi ed il “boicotaggio” che si va organizzando. Intanto è da chiedersi cosa sia e cosa si intende per boicottaggio. Non credo che nessuno si sia anche lontanamente immaginato di tagliare le ruote delle macchina con cui Amos Oz mentre si reca alla Fiera o di tirare una torta in faccia all’altro che ad ogni piè sospinto ci racconta del figlio morto in guerra, come se fosse il solo padre ad aver perso un figlio in guerra, per giunta un figlio soldato che armato di tutto punto andava a portar morte pe difendere il diritto di Israele ad esistere, un diritto ottenuto cacciando gli altri dalle loro terre ed insediandosi al loro posto. E che dovrebbero dire le innumerevoli madri palestinesi che si sono viste uccidere non i figli andati al militare, ma infanti di pochi mesi bombardati da missili e aerei israeliani o magari da soldati israeliani che sparavano a zero sul mucchio di esseri umani senza dignità accomunati nel termini coniato ad occhi per poterci sopra sparare meglio: terroristi! Un popolo di terroristi tali perché hanno ancora la dignità di resistere e di non volersi inginocchiare di fronte ad una superiorità tecnica militare pagati dai governi del diritto umanitario e della democratizzazione forzata!
Quanto poi alla liceità del boicottaggio come forma di protesta si valuti i tentativi in tal senso verso le Olimpiadi di Pechino. A ragionare con le stesse idiozie si dovrebbe dire che le Olimpiadi sono un fatto puramente sportivo e che in quanto tale non devono essere minimamente disturbate. Sappiamo che non è così e che tutti i nemici politici della Cina, pervasi di sentimenti umanitari, coglieranno ogni pretesto per poter destabilizzare quel governo, poco curandosi del diritto di autodeterminazione dei popoli. In realtà, sappiamo che il politico (Carl Schmitt) si manifesta continuamente in tutti gli ambiti possibili ed immaginabili: sport, cultura, religione, moda, ecc. In Torino o in Parigi ciò che si manifesta nella forma del boicottaggio è la classica ed eterna contrapposizione di amico e nemico, per la quale o si sta da una parte o si sta dall’altra. Pur non mettendo piede né a Parigi né a Torino e quindi in concreto non potendo boicottare proprio nulla, io sto dalla parte delle vittime, cioè dei palestinesi. I grandi scrittori onorati in Parigi, così grandi da poter donare ai meno grandi la patente di idioti, stanno dalla parte dei carnefici. Io non sono disposto a tributar loro nessun onore. Chi lo farà anche a nome mio, ricoprendo cariche istituzionali, si sarà arrogato un diritto che io pubblicamente con l’adesione al boicottaggio togliergli in modo solenne.
Che degli illustri intellettuali, la crema, non capiscano su quale letame di gloria poggi la loro fortuna è davvero uno spettacolo moralmente penoso. Tutti abbiamo studiato nelle nostre scuole la poesia di Quasimodo che ci spiegava come la poesia non possa librarsi in volo con i morti impiccati nelle piazze e con l’urlo straziante delle madri: vi è un tempo in cui le cetre devono stare appese. Ma in Israele ci si sono abituati e cantano da 60 anni in mezzo alle peggiori nefandezze umane che la storia ricordi. E vanno pure a Parigi a mostrare la loro vergogna. Verranno pure in Italia, a Torino. Vogliono dialogare. Ma con chi? e Per dirci cosa? Che si riconoscono nel genocidio? nella sopraffazione? Nella Nabka inflitta ad un popolo che ha la grande colpa di non essere sparito come gli indiani d’America e di volere ancora ritornare nelle terre dalle quali sono stati cacciati con la più bestiale violenza? Scrivano pure romanzi! Non ci convinceranno del contrario e non riusciranno mai a giustificarsi moralmente.
Se la frase virgolettata è stata effettivamente pronunciata dal Grande Intellettuale dimostra a mio sommesso avviso non l’idiozia degli altri, ma la sua propria idiozia incapace di capire che chi intendeva boicottare non pensava in tal modo di mettergli un cerotto sulla sua bocca che avrebbe guadagnato in dignità se avesse taciuto. Chi intende contestare le Fiere di Parigi e di Torino, magari stando a migliaia di chilometri di distanza, intende semplicemente ricordare un genocidio che si consuma proprio mentre lor signori cantano, gozzovigliano e bevono. Se qualche boccone sarà andato loro storto, se la loro coscienza avrà avuto anche un minimo sussulto, non sarà stata vana l’opera di quanti hanno inteso boicottare uno spettacolo indecente.
Ricordo di un anziano signore che mi estasiò per la sua saggezza, per il garbo e l’efficacia con cui sapeva esprirmersi, non in italiano, ma in dialetto calabrese. Era un analfabeta totale. Ma io gli darei un premio letterario, gli avrei conferito onori maggiori che non ai tre scrittori israeliani messi insieme. Di uno di questi, David Grossmann, ho sfogliato giusto ieri in libreria qualche pagina di un suo libro tradotto in italiano. Se lo cucchino pure i “Corretti Informatori”, è cosa loro! Per per me non solo non vale il prezzo di copertina, ma neppure uno spazio nel mio scaffale. Se non fossero andati in Parigi, forse sarebbe stata maggiore la mia considerazione. Ma avendo scelto la loro vanità anziché la pietà umana per i morti ammazzati dal loro figli in una guerra criminale, non credo che debba più occuparni di loro: di grandi e grandissimi ne spuntano ogni giorno come i funghi e scompaiono dalla memoria con eguale rapidità: transit gloria mundi.
Gli «Informatori Corretti» fanno sapere con l’abituale enfasi che è del tutto falsa la voce secondo cui gli scrittori israeliani che fossero andati a Parigi, lo avrebbero fatto con l’intenzione di muovere una critica al loro governo. Non avevo recepito questa notizia e ne apprendo adesso e qui. Ma allora cosa sono andati dunque a fare? A fare propaganda al loro governo, responsabili della politica che conosciamo? Per diporto? Per visitare Parigi con le spese pagate? Per cosa? Quale che sia la ragione, la loro ragione, perché altri non dovrebbero boicottare e la Fiera e le loro opere? Ad esempio io un libro di Davi Grossman, tradotto in italiano, non l’ho comprato! bi è bastato sbirciarlo, leggerne qualche pagina in libreria, farmene un’idea: non perdo nulla a non compralo ed a non leggerlo in tutte le sue pagine. Con tante cose interessanti e meritevoli da leggere non occorre proprio andare a sfangare con questo David Grossman, Passeggi pure per le strade di Parigi e se viene in Roma cerchi di non passare sotto i miei balconi!
Quanto poi alla liceità del boicottaggio come forma di protesta si valuti i tentativi in tal senso verso le Olimpiadi di Pechino. A ragionare con le stesse idiozie si dovrebbe dire che le Olimpiadi sono un fatto puramente sportivo e che in quanto tale non devono essere minimamente disturbate. Sappiamo che non è così e che tutti i nemici politici della Cina, pervasi di sentimenti umanitari, coglieranno ogni pretesto per poter destabilizzare quel governo, poco curandosi del diritto di autodeterminazione dei popoli. In realtà, sappiamo che il politico (Carl Schmitt) si manifesta continuamente in tutti gli ambiti possibili ed immaginabili: sport, cultura, religione, moda, ecc. In Torino o in Parigi ciò che si manifesta nella forma del boicottaggio è la classica ed eterna contrapposizione di amico e nemico, per la quale o si sta da una parte o si sta dall’altra. Pur non mettendo piede né a Parigi né a Torino e quindi in concreto non potendo boicottare proprio nulla, io sto dalla parte delle vittime, cioè dei palestinesi. I grandi scrittori onorati in Parigi, così grandi da poter donare ai meno grandi la patente di idioti, stanno dalla parte dei carnefici. Io non sono disposto a tributar loro nessun onore. Chi lo farà anche a nome mio, ricoprendo cariche istituzionali, si sarà arrogato un diritto che io pubblicamente con l’adesione al boicottaggio togliergli in modo solenne.
Che degli illustri intellettuali, la crema, non capiscano su quale letame di gloria poggi la loro fortuna è davvero uno spettacolo moralmente penoso. Tutti abbiamo studiato nelle nostre scuole la poesia di Quasimodo che ci spiegava come la poesia non possa librarsi in volo con i morti impiccati nelle piazze e con l’urlo straziante delle madri: vi è un tempo in cui le cetre devono stare appese. Ma in Israele ci si sono abituati e cantano da 60 anni in mezzo alle peggiori nefandezze umane che la storia ricordi. E vanno pure a Parigi a mostrare la loro vergogna. Verranno pure in Italia, a Torino. Vogliono dialogare. Ma con chi? e Per dirci cosa? Che si riconoscono nel genocidio? nella sopraffazione? Nella Nabka inflitta ad un popolo che ha la grande colpa di non essere sparito come gli indiani d’America e di volere ancora ritornare nelle terre dalle quali sono stati cacciati con la più bestiale violenza? Scrivano pure romanzi! Non ci convinceranno del contrario e non riusciranno mai a giustificarsi moralmente.
Se la frase virgolettata è stata effettivamente pronunciata dal Grande Intellettuale dimostra a mio sommesso avviso non l’idiozia degli altri, ma la sua propria idiozia incapace di capire che chi intendeva boicottare non pensava in tal modo di mettergli un cerotto sulla sua bocca che avrebbe guadagnato in dignità se avesse taciuto. Chi intende contestare le Fiere di Parigi e di Torino, magari stando a migliaia di chilometri di distanza, intende semplicemente ricordare un genocidio che si consuma proprio mentre lor signori cantano, gozzovigliano e bevono. Se qualche boccone sarà andato loro storto, se la loro coscienza avrà avuto anche un minimo sussulto, non sarà stata vana l’opera di quanti hanno inteso boicottare uno spettacolo indecente.
Ricordo di un anziano signore che mi estasiò per la sua saggezza, per il garbo e l’efficacia con cui sapeva esprirmersi, non in italiano, ma in dialetto calabrese. Era un analfabeta totale. Ma io gli darei un premio letterario, gli avrei conferito onori maggiori che non ai tre scrittori israeliani messi insieme. Di uno di questi, David Grossmann, ho sfogliato giusto ieri in libreria qualche pagina di un suo libro tradotto in italiano. Se lo cucchino pure i “Corretti Informatori”, è cosa loro! Per per me non solo non vale il prezzo di copertina, ma neppure uno spazio nel mio scaffale. Se non fossero andati in Parigi, forse sarebbe stata maggiore la mia considerazione. Ma avendo scelto la loro vanità anziché la pietà umana per i morti ammazzati dal loro figli in una guerra criminale, non credo che debba più occuparni di loro: di grandi e grandissimi ne spuntano ogni giorno come i funghi e scompaiono dalla memoria con eguale rapidità: transit gloria mundi.
Postilla
Gli «Informatori Corretti» fanno sapere con l’abituale enfasi che è del tutto falsa la voce secondo cui gli scrittori israeliani che fossero andati a Parigi, lo avrebbero fatto con l’intenzione di muovere una critica al loro governo. Non avevo recepito questa notizia e ne apprendo adesso e qui. Ma allora cosa sono andati dunque a fare? A fare propaganda al loro governo, responsabili della politica che conosciamo? Per diporto? Per visitare Parigi con le spese pagate? Per cosa? Quale che sia la ragione, la loro ragione, perché altri non dovrebbero boicottare e la Fiera e le loro opere? Ad esempio io un libro di Davi Grossman, tradotto in italiano, non l’ho comprato! bi è bastato sbirciarlo, leggerne qualche pagina in libreria, farmene un’idea: non perdo nulla a non compralo ed a non leggerlo in tutte le sue pagine. Con tante cose interessanti e meritevoli da leggere non occorre proprio andare a sfangare con questo David Grossman, Passeggi pure per le strade di Parigi e se viene in Roma cerchi di non passare sotto i miei balconi!
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