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aggressore/aggredito - antisemitismo - difesa - hasbara - odio - terrorismo -
La guerra alla quale stiamo assistendo impotenti, una guerra nella quale ognuno di noi si trova trascinato senza averlo mai voluto, fa largo uso di parole prive di senso o mutate di senso, sparate nelle nostre teste attraverso il buco delle orecchie assordate da una ripetizione a ruota libera di termine e concetti che non reggono ad un’analisi linguistica e concettuale, appena elementare. Non ocorre essere dei raffinati linguisti per accorgersi delle bufale che ci vengono propinate senza che esse trovino credibilità neppure da parte di chi li somministra burocraticamente per ordine ricevuto. Tra questi termini, dopo l’«odio» che abbiamo esaminato vi è anche l’uso del concetto di terrorismo su cui Robert Fisk ha scritto una pagina assai efficace alla quale rinviamo.
Sommario: 1. Terrorismo e resistenza. – 2. “Terroristi” suicidi. – 3. Quale terrorismo? – 4.
1. Terrorismo e resistenza. – È stato già rilevato da Edward Said, negli anni settanta, l’uso sistematico e maniacale del concetto di terrorismo per delegittimare qualsiasi forma di legittima resistenza da parte di popoli invasi a casa loro, nel loro territorio, con il pretesto di doverlo liberare a forza loro malgrado e dotarli loro malgrado della nostra formidabile civiltà nonche dei nostri superiori principi democratici e morali. Le donne musulmane non aspettano altro che i liberatori yankee per gettarsi nelle loro braccia e liberarsi così da secoli, anzi millenni di oppressione maschilista musulmana. Ricordo ogni volta il rimprovero, alquanto villano, di Franco Frattini, non ancora assurto al rango di nostro ministro degli esteri, ad una giornalista rea di aver usato il termine “resistenti” per indicare i guerriglieri iracheni che dopo anni ed anni di liberazione americana non si erano ancora convinti di essere stati liberati. Sul concetto di terrorismo Domenico Losurdo ha scritto un recente libro sul quale dovremo ritornare. Dei miei corsi universitari di studenti ricordo un seminario su San Just, che nei suoi frammenti definisce “terrore” il regime applicato a quanti si oppongono al regno della virtù: il terrore, cioè, era una funzione di governo. Anche oggi in fondo i maggiori stati terroristi sono gli Usa e lo stesso Israele che appunto con il “terrore” intendono educare alla “virtù”. Approfondiremo il discorso, ma possono qui accennare che ad essere rigorosi terroristi non sono gli uomini di Hamas, Herbollah, il mite e pacifico Ahmadinejad, ma proprio quanti guidano i governi di USA e Israele. Abbiamo forse dimenticato il mezzo milione di bambini iracheni morti in seguito alle sanzioni e giudicato da una ministra americana un prezzo accettabile per la santa causa di una libertà che solo lei sapeva con certezza cosa mai fosse.
2. “Terroristi” suicidi. – Sappiamo per averlo letto sui nostri libri di scuola o negli innumerevoli programmi tv educativi che i nostri eroici partigiani usavano fare attentati alle truppe di occupazione naziste collocando ordigni che provocavano la morte, spesso di innocenti. Una regola però assoluta di questo genere di terrorismo eroico e legalizzato a posteriori era che gli attentatori si mettessero in salvo. Una regola che i sionisti stessi hanno scrupolosamente osservata negli innumerevoli, noti e ignoti, attentati da essi commessi. Il più famoso è forse quello del David King Hotel. Accade invece l’opposto con i fenomeni che si osservano nella Palestina occupata, ma né conquistata né liberata. Gli indigeni “liberati”, gratificati del dono di una superiore civiltà che da inguaribili barbari non sanno apprezzare, preferiscono andare incontro alla morte, armati di niente altro che del proprio corpo destinato al “martirio”. Già, proprio così. La dove noi – rectius: i media ufficiali – diciamo spregiativamente “terroristi suicidi”, kamikaze, ecc,, i diretti interessati e protagonisti dicono: martirio. Nella religione cattolica sappiamo quanto sia stato e sia importante come mito religioso fondativo l’esistenza dei martiri che ipso facto sono “santi”. Nel loro linguaggio i palestinesi e tutto il mondo arabo musulmano parlano con sacro rispetto dei loro “martiri”, che noi potremmo considerare dei mentecatti o degli uomini ingannati se fossero uno, due, tre... ma non più quando ad essere martire si candida un popolo intero di milioni e milioni di esseri umani. In questo caso, Israele – cioè il nome cancellato sulla carta geografica di quella parte di territorio che prima del 1948 era ufficialmente indicato come Palestina – ha una sola soluzione finale possibile: lo sterminio di tutti i palestinesi, che però sono più dei fatidici sei milioni. Come la mettiamo? Che il sistema della propaganda israeliana segua i suoi schemi, le sue tesi, i suoi teoremi, possiamo anche comprenderlo, pur condannandolo, ma che a simili schemi – per bocca dei nostri politici corrotti e asserviti – dobbiamo venir costretti tutti noi che non siamo responsabili, è cosa che pone inquietanti interrogativi sulla nostra libertà e sulla nostra pretesa superiore democrazia.
3. Quale terrorismo? – La normativa in tema di “odio”, “razzismo”, “terrorismo” esistente in Europa ha una ben individuabile origine. I gruppi ebraici hanno favorito questo genere di legislazione che in ultimo si risolve in una persecuzione e sanzione di meri reati di opinione, quali che siano queste opinioni, condivisibili o meno e perfino moralmente condannabili o esecrabili. La struttura del diritto è però tale che una legge debba essere sempre formulabile in una forma generale ed astratta, non può essere nominativa, ad personam. Le associazioni ebraiche danno per scontato che quando si parla di “odio” debba sempre trattarsi di odio razziale da parte di non ebrei verso ebrei. Qualcuno però si è facilmente accorto che la relazione può essere rovesciata. In effetti, a sentire un filosofo con Spinoza, è più facile e naturale parlare di “odio” degli ebrei verso i “non-ebrei” o goym che viceversa. Lo hanno appreso le associazioni islamiche che adoperano quelle stesse armi che sono state appositamente forgiate per combattere loro stessi, demonizzandoli e diffamandoli in ogni modo. Personalmente, auspico un sistema giuridico dove sia riconosciuta ad ognuno la più ampia libertà di critica, anche demolitrice, riconoscendo tuttavia ad ognuno il diritto di difendersi dialetticamente con una controcritica. La civiltà delle querele rischia di distruggere i fondamenti stessi del diritto, che ha senso quando è limitato a sfere di interessi la cui protezione è il presupposto stesso del vivere associato. È interessante però apprendere la lista dei nomi di cui al link. Sono in effetti personaggi noti al mio Monitoraggio e certamente in prima linea dalla parte del sionismo e contro non solo l’Islam, ma il sistema stesso delle nostre libertà. Siamo in pericolo nelle nostre case, che ci possono venire espropriate dalle varie ADL, Licra e simili, e la nostra ultima speranza di libertà ci viene proprio dalle associazione islamiche, le quali difendendo se stesse possono difendere anche noi. È infatti più facile per loro difendersi nei tribunali che non per un qualsiasi cittadino europeo, la cui sicura “soluzione finale” è il carcere oltre alla gogna mediatica.
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Materiale spostato qui e da rielaborare:
Premessa. – 1. Chi giudica dove sta la menzogna?. –
0. Premessa. – Si sta tentando di neutralizzare i guasti di un libro di cui non si è potuto impedire la pubblicazione negli USA o in Italia. Uno dei suoi recensori esocircisti ha pure osservato che il libro di John J. Mearsheimer e Stephen M Walt, La Israel Lobby e la politica estera italiana esce presso la Mondadori, di cui è proprietario Berlusconi, definito come il più grande amico di Israele. In libro è offerto in vendita dalla rete Feltrinelli non in uno o due esemplari, ma accatasto su una pila, ad un prezzo pure modesto considerato le oltre 400 pagine e la rilegatura. Segno che se ne prevede un notevole smercio. Evidentemente, Berlusconi sa fare l’imprenditore. Se non lo avesse pubblicato lui, ci sarebbe stato qualcun altro disposto a farlo. Ma veniamo a noi.
Esiste o non esiste, negli USA e in Italia ed Europa, una “Israel Lobby”, per non usare altri termini che vengono spontanei? Per lo meno qualcuno, che non può esser messo in galera per questo, ha posto il problema. Quanto poi a “smontarne” le tesi, come pretende l’ambasciatore israeliano negli Usa, sarebbe buona educazione lasciar giudicare a chi si vuol prendere la briga di leggerlo il libro senza dipendere dal giudizio dell’ambasciatore o dagli esorcismi dei Corretti Informatori. Non posso qui trascrivere le 442 pagine del libro che vado leggendo e di cui raccomando la lettura (a 18,50 euri) a chi vuole istruirsi con dati recenti, ma posso almeno darne qualche brano significativo. Così a proposito dell’individuazione di una lobby (chiaramente non un partito con tanto di tessera in tasca e tabulati degli iscritti) gli autori scrivono a p. 140-141:
Lupus in fabula! Mentre procedo nella lettura del libro La Israel Lobby mi imbatto in questa definizione di lobby che fa al caso nostro:
Normalmente, quando si parla di libertà di pensiero, uno dei cardini costituzionali della nostra pretesa superiorità civile e politica, si pensa alla bocca di chi ha qualcosa da dire e non alle orecchie di chi può e vuole ascoltare. Se non tutti abbiamo qualcosa da dire e comunicare, certamente tutti abbiamo orecchie per poter ascoltare. Il torto quindi non è fatto a pochi che possono parlare, ma ai tanti che possono ascoltare. Non mi capacito dell'inaudita violenza e barbarie di chi mi impedisce come cittadino di poter ascoltare. I nostri C.I. hanno superato in illiberalità gli stessi nordamericani che perlomeno il famigerato Ahmadi Nejad lo hanno lasciato parlare in una delle loro più prestigiose università, dopo averlo invitato. La nostra italica inciviltà, vittima di qualche Lobby a cui bisogna dare nome e cognome, hanno persino chiuso le porte a chi formalmente era stato invitato e poco ci mancava che non lo malmenassero per le strade, facendolo ritornare a casa con le ossa rotte. Di questa inciviltà degna del peggiore squadrismo fascista hanno pure menato vanto. E dunque per tornare dagli USA in Italia esiste o non esite anche in Italia una Israel Lobby? I nostri Corretti Informati ne fanno o non ne fanno parte? E se non ne fanno parte cosa altro fanno e come passano il loro tempo, quando non tramano contro vecchietti inermi? Cerchiamo di scoprirlo. Appunto, facciamo “ricerca scientifica” in campo politico-sociologico.
Almeno a me riesce difficile l'individuazione di una corrispondente “Israel lobby” italiana. Certamente «Informazione Corretta» è espressione di questa lobby. È inutile ed ingenuo cercare qui dignità di posizioni ed espressione. Si tratta di aggregazione quanto mai becera e grossolana. Gli attacchi sono di natura banditesca e sarebbe colpevolmente ingenuo aspettarsi un briciolo di buona fede. Per capirne la natura forse di un prodotto di importazione, almeno nelle forme espressive e nei metodi aggressive, credo sia utile studiare il modello americano e poi confrontarle con il francising italiano. Attingo un passo da Paolo Barnard, Perché ci odiano, chiuso nell'aprile del 2006, e cioè uscito prima dell’edizione italiana di Mearsheimer e Walt. In Barnard non ho trovato citazioni di Mearsheimer e quindi suppongo che il libro sia stato ideato poco prima, ma giungendo ad identiche conclusioni.
1. Chi giudica dove sta la menzogna? Nei Corretti Informatori è interessante la rititolazione degli articoli di stampa che allegano. È una parte del loro metodo. Fanno una rassegna stampa quotidiana di ciò che li interessa, ossia ogni minima cosa che abbia a che fare con Israele ed il suo necessario presupposto olocaustico, poi cambiano il titolo. Classificano a seconda che il testo sia gradito o non gradito. Se è “gradito” è dato per “vero” e “giusto”; in caso contrario è “falso” e “cattivo”. È quasi una tecnica da robot per robot, concepita in Israele negli uffici della guerra ideologica ed esportata all’estero in franchising. Quindi indicano alla fine del testo istigativo un indirizzo e-mail, dove indirizzare con opportuno ammaestramento i fedeli della religio. Un metodo non molto diverso dall’addestramento militare fornito ai soldati israeliani nella fase di conquista ed edificazione dello Stato ebraico, come onestamente ed amichevolmente riportano i due autori statunitensi nelle pagine del libro. Quanto ciò abbia a fare con una vera e propria rassegna stampa non è difficile giudicare. Prendendo ad esempio la rassegna stampa di Radio Radicale si notano qua e là brevi intercalari di Massimo Bordin, sufficienti per far capire al lettore da che parte sta e dove batte il suo cuore; ma vi è comunque un accettabile sforzo di obiettività. Cosa sia l'obiettività i nostri Corretti Informatori non se lo sono mai chiesto. La faziosità e la parzialità della loro Rassegna è parte costitutiva della loro “ragione sociale”. Non esistono altro che per fare gli interessi in Italia della politica estera israeliana. Quanto sia la loro influenza e dove arrivano i loro tentacoli è quello che cercheremo di scoprire. Ma che si tratti di una lobby non pare possano esservi dubbi di sorta.
2. La letteratura sionista italiana. – Con questo paragrafo cliccando sul titolo ci si collega ad un’analisi che avevo già intrapreso prima che mi venisse in mente l’idea di uno specifico monitoriaggio di «Informazione Corretta», il cui libello di elaborazione concettuale è invero piuttosto basso. La sua utilità consiste soprattutto nell’individuazione di legami altrimenti difficili da individuare dall’esterno. Il livello concettuale superiore va invece cercato in una serie di libri che sono usciti negli ultimi anni e sui quali mi sono soffermato nella forma della recensione e dell’analisi critico. Si tratta di un lavoro iniziato e non condotto a termine, ma è cosa a cui non rinuncio compatibilmente con l’insieme dei miei impegni. Avevo già iniziato l’analisi dei libri di Panella, Nirenstein, Ottotelnghi ed altri. Adesso quel lavoro viene qui richiamato attraverso il collegamento ipertestuale che si ha cliccando sul titolo. Gli aggiornamenti e la continuazione verrà fatto ai luoghi originari, mentre qui ne verrà data una sintesi.
3. I rapporti fra Chiesa cattolica e rabbinato: un potere che cambia di segno. Si tratta di un rinvio ad autonomo post in questo stesso blog.
4. Esempi di arbitrario uso del termine. – Il Tizio di professione pare faccia il semiologo, ossia dovrebbe avere a che fare con i segni ed il loro significato. Se uno volesse capire cosa è terrorismo si capirebbe che è terrorismo quello che Israele dice sia terrorismo, quindi viene passato lo slogan ai propagandisti hasbaroti e questi ripetono fino a nuovo ordine.
xx. Il terrorismo come paranoia. – Dubito seriamente che bin Laden esista veramente. Il più potente esercito dells storia, che ha scatenato guerre immani, senza riuscire né a uccidere né a catturare un sol uomo, già un suo uomo, perde ogni credibilità in simili operazioni, il cui scopo è lungi da quello dichiarato. Ma ciò che si enuclea sempre più è questo uso paranoico del concetto di terrorismo, buono a giustificare l’ingiustificabile.
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La guerra alla quale stiamo assistendo impotenti, una guerra nella quale ognuno di noi si trova trascinato senza averlo mai voluto, fa largo uso di parole prive di senso o mutate di senso, sparate nelle nostre teste attraverso il buco delle orecchie assordate da una ripetizione a ruota libera di termine e concetti che non reggono ad un’analisi linguistica e concettuale, appena elementare. Non ocorre essere dei raffinati linguisti per accorgersi delle bufale che ci vengono propinate senza che esse trovino credibilità neppure da parte di chi li somministra burocraticamente per ordine ricevuto. Tra questi termini, dopo l’«odio» che abbiamo esaminato vi è anche l’uso del concetto di terrorismo su cui Robert Fisk ha scritto una pagina assai efficace alla quale rinviamo.
Sommario: 1. Terrorismo e resistenza. – 2. “Terroristi” suicidi. – 3. Quale terrorismo? – 4.
1. Terrorismo e resistenza. – È stato già rilevato da Edward Said, negli anni settanta, l’uso sistematico e maniacale del concetto di terrorismo per delegittimare qualsiasi forma di legittima resistenza da parte di popoli invasi a casa loro, nel loro territorio, con il pretesto di doverlo liberare a forza loro malgrado e dotarli loro malgrado della nostra formidabile civiltà nonche dei nostri superiori principi democratici e morali. Le donne musulmane non aspettano altro che i liberatori yankee per gettarsi nelle loro braccia e liberarsi così da secoli, anzi millenni di oppressione maschilista musulmana. Ricordo ogni volta il rimprovero, alquanto villano, di Franco Frattini, non ancora assurto al rango di nostro ministro degli esteri, ad una giornalista rea di aver usato il termine “resistenti” per indicare i guerriglieri iracheni che dopo anni ed anni di liberazione americana non si erano ancora convinti di essere stati liberati. Sul concetto di terrorismo Domenico Losurdo ha scritto un recente libro sul quale dovremo ritornare. Dei miei corsi universitari di studenti ricordo un seminario su San Just, che nei suoi frammenti definisce “terrore” il regime applicato a quanti si oppongono al regno della virtù: il terrore, cioè, era una funzione di governo. Anche oggi in fondo i maggiori stati terroristi sono gli Usa e lo stesso Israele che appunto con il “terrore” intendono educare alla “virtù”. Approfondiremo il discorso, ma possono qui accennare che ad essere rigorosi terroristi non sono gli uomini di Hamas, Herbollah, il mite e pacifico Ahmadinejad, ma proprio quanti guidano i governi di USA e Israele. Abbiamo forse dimenticato il mezzo milione di bambini iracheni morti in seguito alle sanzioni e giudicato da una ministra americana un prezzo accettabile per la santa causa di una libertà che solo lei sapeva con certezza cosa mai fosse.
2. “Terroristi” suicidi. – Sappiamo per averlo letto sui nostri libri di scuola o negli innumerevoli programmi tv educativi che i nostri eroici partigiani usavano fare attentati alle truppe di occupazione naziste collocando ordigni che provocavano la morte, spesso di innocenti. Una regola però assoluta di questo genere di terrorismo eroico e legalizzato a posteriori era che gli attentatori si mettessero in salvo. Una regola che i sionisti stessi hanno scrupolosamente osservata negli innumerevoli, noti e ignoti, attentati da essi commessi. Il più famoso è forse quello del David King Hotel. Accade invece l’opposto con i fenomeni che si osservano nella Palestina occupata, ma né conquistata né liberata. Gli indigeni “liberati”, gratificati del dono di una superiore civiltà che da inguaribili barbari non sanno apprezzare, preferiscono andare incontro alla morte, armati di niente altro che del proprio corpo destinato al “martirio”. Già, proprio così. La dove noi – rectius: i media ufficiali – diciamo spregiativamente “terroristi suicidi”, kamikaze, ecc,, i diretti interessati e protagonisti dicono: martirio. Nella religione cattolica sappiamo quanto sia stato e sia importante come mito religioso fondativo l’esistenza dei martiri che ipso facto sono “santi”. Nel loro linguaggio i palestinesi e tutto il mondo arabo musulmano parlano con sacro rispetto dei loro “martiri”, che noi potremmo considerare dei mentecatti o degli uomini ingannati se fossero uno, due, tre... ma non più quando ad essere martire si candida un popolo intero di milioni e milioni di esseri umani. In questo caso, Israele – cioè il nome cancellato sulla carta geografica di quella parte di territorio che prima del 1948 era ufficialmente indicato come Palestina – ha una sola soluzione finale possibile: lo sterminio di tutti i palestinesi, che però sono più dei fatidici sei milioni. Come la mettiamo? Che il sistema della propaganda israeliana segua i suoi schemi, le sue tesi, i suoi teoremi, possiamo anche comprenderlo, pur condannandolo, ma che a simili schemi – per bocca dei nostri politici corrotti e asserviti – dobbiamo venir costretti tutti noi che non siamo responsabili, è cosa che pone inquietanti interrogativi sulla nostra libertà e sulla nostra pretesa superiore democrazia.
3. Quale terrorismo? – La normativa in tema di “odio”, “razzismo”, “terrorismo” esistente in Europa ha una ben individuabile origine. I gruppi ebraici hanno favorito questo genere di legislazione che in ultimo si risolve in una persecuzione e sanzione di meri reati di opinione, quali che siano queste opinioni, condivisibili o meno e perfino moralmente condannabili o esecrabili. La struttura del diritto è però tale che una legge debba essere sempre formulabile in una forma generale ed astratta, non può essere nominativa, ad personam. Le associazioni ebraiche danno per scontato che quando si parla di “odio” debba sempre trattarsi di odio razziale da parte di non ebrei verso ebrei. Qualcuno però si è facilmente accorto che la relazione può essere rovesciata. In effetti, a sentire un filosofo con Spinoza, è più facile e naturale parlare di “odio” degli ebrei verso i “non-ebrei” o goym che viceversa. Lo hanno appreso le associazioni islamiche che adoperano quelle stesse armi che sono state appositamente forgiate per combattere loro stessi, demonizzandoli e diffamandoli in ogni modo. Personalmente, auspico un sistema giuridico dove sia riconosciuta ad ognuno la più ampia libertà di critica, anche demolitrice, riconoscendo tuttavia ad ognuno il diritto di difendersi dialetticamente con una controcritica. La civiltà delle querele rischia di distruggere i fondamenti stessi del diritto, che ha senso quando è limitato a sfere di interessi la cui protezione è il presupposto stesso del vivere associato. È interessante però apprendere la lista dei nomi di cui al link. Sono in effetti personaggi noti al mio Monitoraggio e certamente in prima linea dalla parte del sionismo e contro non solo l’Islam, ma il sistema stesso delle nostre libertà. Siamo in pericolo nelle nostre case, che ci possono venire espropriate dalle varie ADL, Licra e simili, e la nostra ultima speranza di libertà ci viene proprio dalle associazione islamiche, le quali difendendo se stesse possono difendere anche noi. È infatti più facile per loro difendersi nei tribunali che non per un qualsiasi cittadino europeo, la cui sicura “soluzione finale” è il carcere oltre alla gogna mediatica.
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Materiale spostato qui e da rielaborare:
Premessa. – 1. Chi giudica dove sta la menzogna?. –
0. Premessa. – Si sta tentando di neutralizzare i guasti di un libro di cui non si è potuto impedire la pubblicazione negli USA o in Italia. Uno dei suoi recensori esocircisti ha pure osservato che il libro di John J. Mearsheimer e Stephen M Walt, La Israel Lobby e la politica estera italiana esce presso la Mondadori, di cui è proprietario Berlusconi, definito come il più grande amico di Israele. In libro è offerto in vendita dalla rete Feltrinelli non in uno o due esemplari, ma accatasto su una pila, ad un prezzo pure modesto considerato le oltre 400 pagine e la rilegatura. Segno che se ne prevede un notevole smercio. Evidentemente, Berlusconi sa fare l’imprenditore. Se non lo avesse pubblicato lui, ci sarebbe stato qualcun altro disposto a farlo. Ma veniamo a noi.
Esiste o non esiste, negli USA e in Italia ed Europa, una “Israel Lobby”, per non usare altri termini che vengono spontanei? Per lo meno qualcuno, che non può esser messo in galera per questo, ha posto il problema. Quanto poi a “smontarne” le tesi, come pretende l’ambasciatore israeliano negli Usa, sarebbe buona educazione lasciar giudicare a chi si vuol prendere la briga di leggerlo il libro senza dipendere dal giudizio dell’ambasciatore o dagli esorcismi dei Corretti Informatori. Non posso qui trascrivere le 442 pagine del libro che vado leggendo e di cui raccomando la lettura (a 18,50 euri) a chi vuole istruirsi con dati recenti, ma posso almeno darne qualche brano significativo. Così a proposito dell’individuazione di una lobby (chiaramente non un partito con tanto di tessera in tasca e tabulati degli iscritti) gli autori scrivono a p. 140-141:
«L’influenza della Israel lobby sulla politica estera statunitense merita di essere valutata con la stessa attenzione che viene riservata all’impatto che gli interessi dei gruppi energetici hanno sulle leggi ambientali, o al ruolo svolto dalle compagnie farmaceutiche nelle scelte politiche sulla prescrizione dei medicinali. È nostra convinzione [lasciamo almeno ai due professori americani le loro oneste convinzioni, piuttosto che sposare noi quelle meno oneste dei C.I., o del loro ambasciatore a Washington o dei loro amici del “Foglio”!] che le attività dei gruppi e degli individui che compongono la lobby siano la causa principale del fatto che gli Stati Uniti perseguono in Medio Oriente politiche poco razionali [mica stanno dicendo che sono antisemiti, come vorrebbero far credere gli onesti I.C.!]. Se non fosse per gli sforzi della lobby, gli argomenti morali e strategici [accuratamente esaminati e confutati nelle altre parti del libro di oltre 400 pagine] generalmente chiamati in causa [anche dall’ambasciatore, chiamato in soccorso dagli I.C. e che non sa di essere già stato confutato nel libro] per giustificare l’appoggio incondizionato [!] degli Stati Uniti verrebbero messi in discussione con maggiore frequenza [ma appunto le lobbies in Usa e in Italia sono fatte apposta per chiudere innanzitutto la bocca alle voci critiche], e la politica americana in Medio Oriente sarebbe decisamente diversa da com’è oggi. Le forze pro Israele sono senz’altro convinte di promuovere scelte al servizio dell’interesse nazionale americano [e da noi donna Fiammetta non ha scritto un libro per convincerci ahimé che “Israele siamo noi”? Per non parlare poi del resto della brigata], oltre che di quello israeliano. Noi, però, non concordiamo [saranno forse pagati dai palestinesi? Ma se muiono di fame oltre che di piombo israeliano!]. La maggior parte delle politiche da loro promosse non sono né nell’interesse dell’America né in quello di Israele [di cui i due autori dichiaratamente filoisraeliani pure si preoccupano], e se gli Stati Uniti adottassero una linea diversa, entrambi i paesi ne beneficerebbero».Il libro contiene numerosi brani interessanti come questi. Se ne raccomanda perciò la lettura a chi vuole avere informazioni fresche non contaminate dalle irrorazioni dei Corretti Informatori. Ma appunto chi sono costoro? Quale il loro ruolo? Chi li finanzia? Cosa vogliono? E soprattutto cosa vogliono da noi e dove vogliono spingerci e di cosa vogliono convincerci? Ma ci vogliono davvero convincere di qualcosa e non vogliono piuttosto tapparci la bocca? Zitti e Mosca. Teramo docet! Era questo il saccente titolo di un articolo con cui uno degli I.C. imbastiva un'ignobile campagna non solo per chiudere la bocca ad un anziano ed inerme signore di 80 anni, ma anche le orecchie di quanti potevano avere la curiosità di ascoltare.
Lupus in fabula! Mentre procedo nella lettura del libro La Israel Lobby mi imbatto in questa definizione di lobby che fa al caso nostro:
«…Le attività di questi gruppi e di questi individui vanno ben oltre il voto ai candidati filoisraeliani, e comprendono l’invio di lettere a personalità politiche o organi d’informazione, l’erogazione di contributi finanziari ai candidati politici filoisraeliani e l’impegno attivo a favore di una o più organizzazioni pro Israele, dai cui dirigenti vengono spesso contattati direttamente per essere messi al corrente dei programmi…» (p. 144-45).Almeno sotto il profilo dell’invio di lettere e per il noto ruolo di I.C. nella vicenda teramana non vi è dubbio che i Corretti Informatori, secondo la definizione dei due ricercatori americani, entrino perfettamente nella definizione di Israel Lobby e quindi da noi come tale sarà considerata da questo momento in poi. Studieremo i suoi collegamenti sulla base dei testi pubblici da loro stessi messi in rete. I nostri amici non sono certamente una società di liberi pensatori. E noi ci baseremo proprio sul libro da loro tanto osteggiato dei due autori statunitensi per studiarne le loro mosse e per assumere a fini di scienza i loro dati immessi per fini di propaganda e pressione sui media italiani. Accusano il libro La Israel Lobby di essere un libro di “propaganda” mentre sono proprio i C.I. che fanno autentica propaganda senza un briciolo di spirito critico.
Normalmente, quando si parla di libertà di pensiero, uno dei cardini costituzionali della nostra pretesa superiorità civile e politica, si pensa alla bocca di chi ha qualcosa da dire e non alle orecchie di chi può e vuole ascoltare. Se non tutti abbiamo qualcosa da dire e comunicare, certamente tutti abbiamo orecchie per poter ascoltare. Il torto quindi non è fatto a pochi che possono parlare, ma ai tanti che possono ascoltare. Non mi capacito dell'inaudita violenza e barbarie di chi mi impedisce come cittadino di poter ascoltare. I nostri C.I. hanno superato in illiberalità gli stessi nordamericani che perlomeno il famigerato Ahmadi Nejad lo hanno lasciato parlare in una delle loro più prestigiose università, dopo averlo invitato. La nostra italica inciviltà, vittima di qualche Lobby a cui bisogna dare nome e cognome, hanno persino chiuso le porte a chi formalmente era stato invitato e poco ci mancava che non lo malmenassero per le strade, facendolo ritornare a casa con le ossa rotte. Di questa inciviltà degna del peggiore squadrismo fascista hanno pure menato vanto. E dunque per tornare dagli USA in Italia esiste o non esite anche in Italia una Israel Lobby? I nostri Corretti Informati ne fanno o non ne fanno parte? E se non ne fanno parte cosa altro fanno e come passano il loro tempo, quando non tramano contro vecchietti inermi? Cerchiamo di scoprirlo. Appunto, facciamo “ricerca scientifica” in campo politico-sociologico.
Almeno a me riesce difficile l'individuazione di una corrispondente “Israel lobby” italiana. Certamente «Informazione Corretta» è espressione di questa lobby. È inutile ed ingenuo cercare qui dignità di posizioni ed espressione. Si tratta di aggregazione quanto mai becera e grossolana. Gli attacchi sono di natura banditesca e sarebbe colpevolmente ingenuo aspettarsi un briciolo di buona fede. Per capirne la natura forse di un prodotto di importazione, almeno nelle forme espressive e nei metodi aggressive, credo sia utile studiare il modello americano e poi confrontarle con il francising italiano. Attingo un passo da Paolo Barnard, Perché ci odiano, chiuso nell'aprile del 2006, e cioè uscito prima dell’edizione italiana di Mearsheimer e Walt. In Barnard non ho trovato citazioni di Mearsheimer e quindi suppongo che il libro sia stato ideato poco prima, ma giungendo ad identiche conclusioni.
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese.Il brano prosegue con un approfondimento sulla natura delle lobbies ebraiche. Vi attingereme abbondantemente in altri contesti. Credo che al momento sia questo l’equivalente italiano del libro di Mearsheimer e Walt. Solo che il libro mi sembra sia stato silenziato. Infatti, la tattiche è proprio quella di creare il silenzio, quando per ragione oggettive un libro o una persona non possono essere direttamente attaccate.
Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o megli sbattura in faccia ai critici d’Israele.» (op. cit., p. 206).
1. Chi giudica dove sta la menzogna? Nei Corretti Informatori è interessante la rititolazione degli articoli di stampa che allegano. È una parte del loro metodo. Fanno una rassegna stampa quotidiana di ciò che li interessa, ossia ogni minima cosa che abbia a che fare con Israele ed il suo necessario presupposto olocaustico, poi cambiano il titolo. Classificano a seconda che il testo sia gradito o non gradito. Se è “gradito” è dato per “vero” e “giusto”; in caso contrario è “falso” e “cattivo”. È quasi una tecnica da robot per robot, concepita in Israele negli uffici della guerra ideologica ed esportata all’estero in franchising. Quindi indicano alla fine del testo istigativo un indirizzo e-mail, dove indirizzare con opportuno ammaestramento i fedeli della religio. Un metodo non molto diverso dall’addestramento militare fornito ai soldati israeliani nella fase di conquista ed edificazione dello Stato ebraico, come onestamente ed amichevolmente riportano i due autori statunitensi nelle pagine del libro. Quanto ciò abbia a fare con una vera e propria rassegna stampa non è difficile giudicare. Prendendo ad esempio la rassegna stampa di Radio Radicale si notano qua e là brevi intercalari di Massimo Bordin, sufficienti per far capire al lettore da che parte sta e dove batte il suo cuore; ma vi è comunque un accettabile sforzo di obiettività. Cosa sia l'obiettività i nostri Corretti Informatori non se lo sono mai chiesto. La faziosità e la parzialità della loro Rassegna è parte costitutiva della loro “ragione sociale”. Non esistono altro che per fare gli interessi in Italia della politica estera israeliana. Quanto sia la loro influenza e dove arrivano i loro tentacoli è quello che cercheremo di scoprire. Ma che si tratti di una lobby non pare possano esservi dubbi di sorta.
2. La letteratura sionista italiana. – Con questo paragrafo cliccando sul titolo ci si collega ad un’analisi che avevo già intrapreso prima che mi venisse in mente l’idea di uno specifico monitoriaggio di «Informazione Corretta», il cui libello di elaborazione concettuale è invero piuttosto basso. La sua utilità consiste soprattutto nell’individuazione di legami altrimenti difficili da individuare dall’esterno. Il livello concettuale superiore va invece cercato in una serie di libri che sono usciti negli ultimi anni e sui quali mi sono soffermato nella forma della recensione e dell’analisi critico. Si tratta di un lavoro iniziato e non condotto a termine, ma è cosa a cui non rinuncio compatibilmente con l’insieme dei miei impegni. Avevo già iniziato l’analisi dei libri di Panella, Nirenstein, Ottotelnghi ed altri. Adesso quel lavoro viene qui richiamato attraverso il collegamento ipertestuale che si ha cliccando sul titolo. Gli aggiornamenti e la continuazione verrà fatto ai luoghi originari, mentre qui ne verrà data una sintesi.
3. I rapporti fra Chiesa cattolica e rabbinato: un potere che cambia di segno. Si tratta di un rinvio ad autonomo post in questo stesso blog.
4. Esempi di arbitrario uso del termine. – Il Tizio di professione pare faccia il semiologo, ossia dovrebbe avere a che fare con i segni ed il loro significato. Se uno volesse capire cosa è terrorismo si capirebbe che è terrorismo quello che Israele dice sia terrorismo, quindi viene passato lo slogan ai propagandisti hasbaroti e questi ripetono fino a nuovo ordine.
xx. Il terrorismo come paranoia. – Dubito seriamente che bin Laden esista veramente. Il più potente esercito dells storia, che ha scatenato guerre immani, senza riuscire né a uccidere né a catturare un sol uomo, già un suo uomo, perde ogni credibilità in simili operazioni, il cui scopo è lungi da quello dichiarato. Ma ciò che si enuclea sempre più è questo uso paranoico del concetto di terrorismo, buono a giustificare l’ingiustificabile.
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