mercoledì 30 settembre 2009

Cronache sul boicottaggio di Israele: 8. La lotta contro l’infiltrazione della propaganda sionista nei media.

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Questo settore è più delicato perché potrebbe prestarsi ad equivoci e strumentalizzazione, come quella di dire che non si rispetta la libertà di stampa. In realtà, sappiamo per esempio dai tempi della guerra nel Vietnam che migliaia di giornalisti occidentali era letteralmente a libro paga della CIA con lo scopo di orientare in un certo modo la cosiddetta opinione pubblica. Il dato venne fuori da un’inchiesta parlamentare ed è quindi ufficiale. Per analogia, possiamo fondatamente desumere che quella prassi non sia cessata. Pur non avendo prove documentali, possiamo ancora più fondatamente arguire che la pressione israeliana e della Lobby sui media sia ai massimi livelli storici. Israele nasce sulla Menzogna, è la Menzogna eretta a governo. Di ogni giornalista che sostenga punti di vista che contrastano con i principi elementari del diritto naturale si può fondatamente sospettare. Se poi addirittura un ambasciatore di Israele frequenta le redazioni dei giornali, si possono considerare provati i nostri sospetti. In Italia, il “Manifesto” aveva reso nota una di queste visite presso la redazione del “Corriere della Sera”, giustamente ribattezzato il “Corriere di Sion”. Credo di ben ricordare che successivamente sui “Riformista”, da ribattezzare cone la “Voce di Sion”, mi pare a firma Polito, si tentò di replicare al “Manifesto”, asserendo che è cosa perfettamente normale e pacifica. Mi chiedo se normalmente tutti gli ambasciatori accreditati in Roma presso lo Stato italiano e la Santa Sede frequentino le redazioni dei giornali. Facendo un calcolo di qualche migliaio di diplomatici per non più di una dozzina di testate importanti, a livello nazionale, dovremmo immaginare un via vai di persone. No! La cosa non mi appare per nulla norma ed anzi decisamente sospetta. In Italia non è seguita nessuna reazione alla visita dell’ambasciatore isrealiano presso la redazione del “Corriere della Sera”. In Egitto le cose sono andate diversamente. Apprendiamo la notizia dall’ineffabile Volli, di cui più sotto.

1. Boicottaggio di una direttrice di giornale israeliano. – Al link un testo cui non attribuiamo altro valore se non per notizie che leggiamo qui per la prima volta. Quanto alla pace fra Egitto e Israele io la considero una pace mercenaria, fondata su una sorta di corruzione e ricatto. Non ha nulla a che fare con una vera pace. Solo lo spirito di un popolo, in questo caso il popolo egiziano, può decidere la pace o la guerra. Per quello che posso percepire non vi è nessun popolo arabo e musulmano che possa ben vedere ciò che il sionismo dal 1882 in poi ed Israele dal 1948 ad oggi è andato perpetrando contro il popolo palestinese e tutto il mondo arabo e musulmano. Anche se dovessero tacere le armi per qualche tempo, resta la guerra delle coscienze vilipese ed umiliate. Il fatto che un sindacato egiziano abbia deciso di “boicottare” una direttrice “collaborazionista” è cosa che fa riflettere. Ma non riteniamo che c’entri nulla la generale e astratta libertà di stampa e di pensiero. Probabilmente, la direttrice non ha nulla a che farené col la libertà di stampa né con la libertà di pensiero. Che poi l’Egitto, o almeno la società egiziana, se la sia presa per il “complotto ebraico” che ha “trombato” il candidato Hosni all’UNESCO, ne hanno ben donde. Che pretende Ugo che battano le mani sportivamente? In fondo, non tutto il male viene per nuocere se in questo modo la Lobby è dovuta uscire alla scoperto. Quanto ai quattro miserabili “intellettuali” nessuno crede che siano determinanti se non perché espressione di una Lobby Internazionale, di cui già si parlava e si sapeva nei secoli passati, molto prima che Hitler nascesse e il nazismo fosse. Non saprei dire se il “boicottaggio” egiziano rientri nella campagna BDS, che però non ha una direzione centralizzata ed è un movimento acefalo. Ciò che ai fini del nostro monitoraggio è assunto come rilevante è una generale e generica ostilità verso Israele diversa dall’uso delle armi, cioè una reazione non violenta.

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