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Per chi, come il sottoscritto, non ha mai messo piede in Israele e non intende mai metterlo, dico in Israele non in Palestina, un libro come quello di Eyal Weizman, che si annuncia nel titolo completo quale Architettura dell’occupazione. Spazio politico e controllo territoriale in Palestina e Israele, giunge quanto mai opportuna. Ne incomincio a parlare prima ancora di accingermi a leggerlo in tutte le sue promettenti 341 pagine, che non potrò terminare in un sol giorno. Mi accompagnano parecchi altri libri con l’aiuto dei quali cerco di comprendere il mondo stando alla mia scrivania e davanti a quella finestra sul mondo che è internet. È utile che io dico come son giunto pochi minuti fa alla conoscenza di questo libro per il quale non ho esitato ad allegerirmi di 25 euro che ho consegnato alla Libreria Feltrinelli sotto casa. Non mi hanno dato scampo con un ordine da fare: il libro ero subito disponibile ed acquistabile. Ne ho avuto conoscenza attraverso uruknet mentre andavo alla ricerca di dati per stendere un elenco nominativo di quegli “insediamenti illegali” nei “territori occupati” di cui si parla sempre in forma collettiva ed anonima. Ma sono pur sempre luoghi fisici, anzi geografici, collocati in uno spazio della terra, precisamente in Palestina e nei luoghi che sono stato occupati nella “gloriosa” guerra israeliana del 1967, che ha prodotto altri milioni di profughi da aggiungere alla pulizia etnica del 1948, di cui parla Ilan Pappe nel suo libro, da noi assunto come base di studio.
Ci rendiamo conto però che un libro come quello di Pappe non può essere letto al passato, come se la realtà che descrive fosse qualcosa su cui ormai si può soltanto piangere e rassegnarsi. No! Perdiana! Quella realtà del 1948 continua al presente, nel nostro presente, e continua con ogni metro di territorio che ogni giorno i famelici ed infami coloni strappano agli inermi palestinesi in questi fantomatici “territori occupati”, che si tenta mediataticamente di occultare chiamandoli “contesi” e poi semplicemente “territori”, quasi che ogni luogo della terra, e direi anche della luna e di ogni pianeta del sistema solare, non sia già di per sé un “territorio”. Mentre per aiutare la mia comprensione del recente passato storico e della mia quotidianità ho intrapreso la redazione nominativa di ogni singolo villaggio, distrutto e cancellato dalla superiore moralità etico-politica e biblico-ebraica-sionista-israeliana, ho avvertito il bisogno di redigere un’analoga lista degli “insediamenti” e se sarà possibile di ogni ckeck-point e di ogni strada dell’apartheid.
(segue)
Ci rendiamo conto però che un libro come quello di Pappe non può essere letto al passato, come se la realtà che descrive fosse qualcosa su cui ormai si può soltanto piangere e rassegnarsi. No! Perdiana! Quella realtà del 1948 continua al presente, nel nostro presente, e continua con ogni metro di territorio che ogni giorno i famelici ed infami coloni strappano agli inermi palestinesi in questi fantomatici “territori occupati”, che si tenta mediataticamente di occultare chiamandoli “contesi” e poi semplicemente “territori”, quasi che ogni luogo della terra, e direi anche della luna e di ogni pianeta del sistema solare, non sia già di per sé un “territorio”. Mentre per aiutare la mia comprensione del recente passato storico e della mia quotidianità ho intrapreso la redazione nominativa di ogni singolo villaggio, distrutto e cancellato dalla superiore moralità etico-politica e biblico-ebraica-sionista-israeliana, ho avvertito il bisogno di redigere un’analoga lista degli “insediamenti” e se sarà possibile di ogni ckeck-point e di ogni strada dell’apartheid.
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