lunedì 28 settembre 2009

Freschi di stampa e testi di studio: 30. Edward Said: «La questione palestinese. La tragedia di essere vittima delle vittime» (2006).

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Il libro non è recente ed io lo sto leggendo in una ristampa del 2006 dell’editore Gamberetti con una prefazione di Stefano Chiarini. Sia Said che Chiarini sono morti da pochi anni. Said nel 2003, Charini credo lo scorso anno. Avevo spento il computer per riaccenderlo, pensando alla provocazione di un lettore sionista che aveva lasciato un commento di un razzismo pauroso, per me incredibile. E tuttavia il libro di Said si apre proprio su quello che è il punto di maggior attracco del sionismo: la pretesa, la presunzione che la Palestina e i palestinesi semplicemente non esistano e non esistendo non ci si deve dar pensiero di ciò che non esiste. Leggendo semplicemnte uno stenta a crederlo, ma ne ho avuto una prova vivente: si può leggere come documento il commento che uno che si firma “Viva Israele” ha lasciato in calce alla mia scheda su Netanyahu, altro incredibile personaggio di una arroganza infinita. Said riutilizza a proposito della Palestina i concetti già elaborati sul suo saggio Orientalismo, forse l’opera sua più importante.

Fin dalle prime pagine, per documentare come il sionismo contenesse già all’origine l’essenza stessa del razzismo, Said riporta un brano tratto dai Diari di Herzl redatti nel 1895:
«Dovremo incoraggiare questa misera popolazione ad andarsene oltre confine procurando loro un lavoro nei paesi di destinazione, e negandoglielo nel nostro. Sia il processo di espropriazione che quello di allontanamento dei poveri devono essere effettuati con discrezione e cautela»
(in Said, op. cit., 38-39).
È da chiedersi se la politica delle angherie che ogni giorno ogni palestinese angariato agli innumerevoli check points non sia un’applicazione di questa discreta raccomandazione del padre fondatore del sionismo, le cui origini si possono però già trovare nella prima metà del XIX in America con la fondazione del B’naï B’rith e prima ancora nella politica luterana di genocidio degli indiani d’America.

(segue)

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