venerdì 30 ottobre 2015

Letture: 8. Andrei S. MARKOVITS, La nazione più odiata, Einaudi 2007

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Si parlava giusto di “odio” nella precedente scheda di lettura ed ecco che salta fuori dai miei scaffali un libro del quale mi ero totalmente dimenticata e sul quale non sono in grado di anticipare nulla. Posso solo ricopiare l’ultima pagina di copertina che riassume secondo chi l’ha redatta il contenuto e il senso del libro: «L’ostilità nei confronti dell’America sta crescendo in tutto il mondo e particolarmente in Europa, dove le politiche di George W. Bush hanno scatenato un’ondata di insofferenza senza precedenti», con il resto che si può leggere qui accanto nell’immagine accanto riportata cliccandoci sopra per ottenerne l’ingrandimento e sulla quale cerco di fare qualche prima riflessione, aspettandomi che sia interessante e istruttiva la lettura sequenziale del libro. Innanzitutto vorrei dire che non conosco molti cittadini statunitensi, ma con tutti quelli che ho conosciuto ho sempre avuto un cordialissimo rapporto senza nessuna difficoltà nei rapporti umani. Addirittura, ho scoperto dopo molti anni che un mio compagno d’infanzia era addirittura diventato cittadino americano. Mi sorprese soltanto quando mi disse di non essere mai andato a votare, negli USA, giudicando la cosa perfettamente inutile per la sua condizione. Avrei dovuto approfondire, ma ne è mancata l’occasione. E non è il solo a pensarla così fra quanti ne ho conosciuto di italiani diventati americani. Ma ripeto: non ho approfondito e spero che questo libro mi aiuti in tal senso. So anche che ci sono autori italiani che hanno studiato l’«anti-americanismo» e forse saranno oggetto di successive schede di lettura. Altra e diversa considerazione che mi sento di fare riguarda i nostri governanti, italiani ed europei, di cui non saprei se provino “odio” per gli americani, quel di cui sono certo è del loro “servilismo” verso gli americani e se mai dell’«odio» che provano verso il proprio popolo. Forse ciò si spiegano con il fatto che si sentano insediati al potere, al governo degli Stati europei, non dai popoli europei, ma dai vincitori, anzi i «Liberatori», della seconda guerra mondiale. E non è senza significato il viaggio che ognuno di essi fa negli USA a inizio investitura. L’unico che forse aveva avuto qualche conato di indipendenza verso gli USA, cioè Aldo Moro, sembrerebbe che sia stato ucciso proprio dagli americani, a sentire Tarpley in un recente convegno internazionale per l’uscita dalla Nato. Quanto poi a Bush non potrò mai dimenticare come fu fatta subito dimissionare una ministra tedesca della giustizia, per aver detto che con la sua “guerra preventiva” all’Iraq – oltretutto sulla base di menzogne – non era cosa diversa da ciò che si imputava ad Hitler, di cui una delle due colpe principali era proprio quella di aver scatenato la seconda guerra mondiale. Della seconda colpa Hitler è stato in questi giorni scagionato da Benjamin Netanyahu, ma è cosa di cui ancora pochi si rendono conto, rubricando le consapevoli dichiarazioni a banali gaffes. Ciò premesso, non resto che leggere il libro che avevo comprato per l’evidente suggestione della quarta di copertina e per altri elementi che risultano dagli indici, ma del quale mi ero proprio dimenticato. Chissa quante altre sorprese mi riserva ancora la mia biblioteca privata.

Andrei S. Markovits
Subito appare dalla prime pagine, piuttosto inutili e noiose, che l’autore è un “ebreo” – per sua ammissione – e usa come intercambiabili i termini antiamericanismo, antisemitismo,  antisionismo. Ed era forse questa la ragione per la quale avevo dimenticato questo libro. Non so se sia una mia grossa perdita, ma non ho mai avuto rapporti con il mondo accademico americano, o meglio forse sì, ma si trattava di un amico che mi aveva detto di essere stato professore e che si fosse presto stufato di esserlo ed aveva voluto cambiare mestiere, pur svolgendo sempre un’attività intellettuale. Da noi la cosa è per la verità piuttosto insolita, specialmente se come docente si ha una posizione strutturata. Ma questo è un altro discorso... L’idea che questo avvio del libro mi suggerisce è di far seguire un’altra scheda di lettura, subito dopo questa. Penso al libro di Mearsheimer e Walt che ricordo di aver comprato il primo giorno che uscì nelle librerie italiane. Da allora l’ho citato molte volte, ma è forse il caso di rileggerlo alla luce delle cose successe dopo. Intanto, mi armerò di pazienza per leggere tutto il libro di Markovits, annotando sole le cose essenziali ovvero ciò che maggiormente mi impressionerà. Cercherò di non farmi condizionare dalle impressione che ricevo da queste prime pagine e che non è buona. È uno di quei libri che non dà il piacere della lettura... Per capirlo basta in genere la prima pagina.

La lettura è difficoltosa fin dal suo esordio perché l’autore è rimasto al tempo, o vive in luoghi, dove i concetti di “sinistra” o di “destra” sono ancora termini definitori. Il libro fatalmente - se continua su questo piano - ne risulta fatalmente inficiato e inutile. «Per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese» non riesce ad andare oltre nella sua generosità dall’aver sempre «caldeggiato la creazione di uno stato palestinese sovrano», sfuggendogli completamente la problematica della legittimità della “pulizia etnica” e della fondazione su di esso dello «Stato ebraico di Israele»... No comment! Se dovessi dare credito all’Autore secondo cui l’«avversione per l’America sta crescendo» in Europa [2007], dovrei rammaricarmi che non è cresciuta abbastanza, se non siamo ancora riusciti a liberarci dalla Nato e stiamo per subire lo stadio terminale della colonizzazione americana, cioè il Trattato transatlantico sul commercio, stipulato con la massima segretezza e che i cittadini europei si troveranno come un cappio al collo.

Sto andando avanti nella lettura, un poco a fatica, molte pagine mi sembrano inutili e oziose, da saltare un poco con gli occhi senza perdere la visione dell’insieme... I capitoli più interessanti mi sembrano quelli annunciati alla fine, dove voglio arrivare per gradi. L’Autore insiste su un concetto più o meno scientificamente definitorio di “antimericanismo” che egli associa spesso ad “antisemitismo” ed anti-israelismo come fossero la stessa cosa o almeno termini intercambiabili. Basterebbe qui opporre il contenuto e la tesi di ben altro libro, sopra citato, di Mearsheimer e Walt, i quali sostengono che gli americani, gli USA, si stanno facendo “odiare” nel mondo - non solo dagli Europei - per l’irrazionalità della sua politica estera che contrasta con gli interessi del popolo americano, evidentemente non tutto composto da “ebrei” filo-israeliani.  Altra cosa strana, che non saprei come descrivere, è una sorta di colpevolizzazione degli Europei per il fatto di essere “antiamericani”. Se i rapporto USA-Europa possono essere di natura politica, geopolitica, militare, economica..., l’Autore antropomorfizza il tutto riducendolo a rapporti interpersonali. Ho già detto sopra, per quanto mi riguarda e per quei pochi rapporti che ho con gli americani statunitensi, di non aver mai avuto nessun rapporto di carattere personale, anzi come questi siano stati pressoché sempre improntati alla massima cordialità. Questo non mi impedisce di formarmi nel tempo personali opinioni sulla politica americana e sulla sua storia, dove per me campeggia innanzitutto il genocidio degli indiani d’America e delle civiltà precolombiani, che io considero una perdita gravissima per tutta l’umanità, ogni volta che un suo popolo scompare dalla faccia della terra e dalla scena della storia... Ma andiamo avanti nella lettura con pazienza e senza anticipare giudizi definitivi sul libro e sul suo autore.

Incredibile! Assurdo! Può darsi che io legga male, e potrò sempre correggere. Ma intanto devo annotare il passo per non dimenticarlo. A pagina 54 ss. si sta parlando della teoria della “degenerazione” di Buffon. Di cosa si tratta? Sarebbe il suolo americano e il contatto con gli indigeni da parte dei coloni che produce nei coloni, e dunque nei “nuovi” americani tutta quella “negatività” che va a costituire l’«anti-americanismo», vero o presunto, degli Europei... Sullo sfondo vi è il razzismo e il genocidio di cui ad essere sempre state vittima sono i poveri indigeni, massacrati nei secoli proprio dai coloni, non certo dagli Europei che mai misero piede sull’America, nuova o vecchia che fosse. Sono piani ben diversi: da una parte vi può ben essere una letteratura strampalata che era del tutto ignara di luoghi e genti lontana; dall’altra parte vi sono le concrete responsabilità di chi in quelle terre, come “coloni”, vi ha messo piede impadronendosi di terre non sue e uccidendo senza scrupolo alcuni quanti esseri umani incontrava sulla sua strada. Sono cose terribili che nessun codice penale, nessun tribunale internazionale potrà mai giudicare. Sono i fatti della storia, di cui l’uomo diventa consapevole post factum, dopo aver consumato i suoi crimini, incominciando quindi a provarne pentimento, quasi come il coccodrillo, di cui si dice che piange per effetto dei processi digestivi. Ripeto: può ben darsi che nella fretta di andare avanti e terminare quanto prima il libro io legga male. Ma se così fosse, se ho ben inteso, è davvero un brutto esempio di distorsione morale del giudizio.

Siamo andati avanti nella lettura, ma non avevamo matita o tastiera a portata di mano, per annotare alcune apparenti incongruenze. Occhio alla cronologia, generale e particolare. Pag. 77: «Sebbene il modello di base dell’antiamericanismo si sia formato in Germania e nel resto dell’Europa molto tempo prima degli anni Venti...». E dunque parliamo di cose antiche, non moderne! Più avanti si parla di tedeschi post-Olocausto, che per reazione rimproverano agli americani il genocidio degli indiani d’America... di cui non si capisce bene se ci sia o non ci sia stato, quello degli Indiani, ma poi si dice che sì c’è stato, ma ne sono corresponsabili sempre gli stessi tedeschi... Insomma, un poco di pasticci, dove il leit-motiv resta l’esistenza di un profondo antiamericanismo non solo degli europei del continente, ma anche degli inglesi (Dickens, Kipling). Se così è, così dovrebbe essere e rilevarne il fatto, ma all’Autore sembra che interessi soprattutto l’attribuzione delle colpa per il fatto che è lui a rilevare. Insomma, cosa vorrebbe? Una bomba atomica americana che distrugga tutto il continente europeo?... La tesi di fondo, incongruenze a parte, non è ben chiara, o lo è ma è confuso, e si tratta di un astio verso gli europei che non si decidono ad amare ciò che è sorto in America dopo il genocidio degli originari abitanti... In ogni civiltà, le radici e le tradizioni sono importanti, ma quali radici e quali tradizioni, che ci appartengano, possono trovarsi nelle Americhe?

(segue)

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