sabato 10 ottobre 2015

Finiamo come la Grecia? No, siamo già molto peggio...

Matteo Renzi detto Bomba
Ho promesso a me stesso e idealmente ai miei Cinque Lettori di dare ogni giorno almeno una riflessione sulla quotidianità. Il problema tecnico-redazionale è di riuscire a farlo in poco tempo, per non impiegare - per es. - tutta la giornata a stare dietro alle parole di Matteo Renzi, ahimé nostro presidente senza che nessuno lo abbia mai eletto, a differenza di Assad, che nello scorso anno è stato votato e riconfermato dall’80% dei suoi cittadini.

Perché Renzi? Perché sta parlando di là, nell’altra mia stanza, dove in diretta da Verona spiega attraverso le televisioni che gli fanno sempre da megafono nazionale via etere, come la sua sparata sull’Italia che supererà la Germania sia uscita fuori nel contesto di una conferenza stampa all’Onu, dove gli si dipingeva lo scenario di un’Italia che sarebbe precipitato verso la Grecia. Al che lui avrebbe risposto: no, supereremo la Germania.

La mia riflessione odierna: no! Siamo molto sotto della Grecia, perché nel rapporto traditore / tradito, noi siamo nel ruolo del traditore, cioè in una condizione eticamente e moralmente inferiore a quella di chi ha subito il tradimento, come Cristo rispetto a Giuda, che andò ad impiccarsi, secondo il racconto non riformato del Vangelo. Dico “noi” perché mi includa pure io fra i traditori, ma semplicemente perché mi ci trovo come tutti i cittadini italiani in una squadra di cui non conduco il gioco. E traditori lo siamo stati appena pochi anni fa con la Libia, con la quale un presidente, lui sì eletto a grande maggioranza, aveva firmato un trattato di amicizia ed aveva perfino baciato la mano al leader libico, a Geddafi.

E non abbiamo avuto neppure i 30 denari che almeno Giuda ebbe per aver traditò Gesù. Abbiamo tradito agratis, per “cupidigia di servilismo”, o forse perché i “nostri” governanti non sono affatto “nostro”, ma sono dei “loro”, cioè individui messi a governarci da poteri esterni ed occulti. Pare che in Libia stiano “finalmente” formando un governo di “unità nazionale”. La verità è che questo governo non lo stanno formando i libici, ma gli stati che alla Libia hanno fatto guerra, l’hanno distrutta e ridotta nella miseria e nella disperazione da un paese prospero, libero, indipendente che era sotto il “dittatore” Geddafi. È la condizione di ogni paese sconfitto militarmente: ha perso la sua sovranità ed i suoi “governanti” vengono insediati non per volontà o con il consenso del popolo che amministrano per conto degli invasori ma per volontà altrui che si avvale dei formalismi della democrazia rappresentativa importata, un vero sistema di oppressione coloniale, molto più efficace dei metodi del vecchio colonialismo, che aveva un governatore mandato direttamente da Londra o Parigi, grandi Imperi coloniali.

I “diritti umani” sono diventati il pretesto principale per coltivare il vecchio vizio della guerra, dove il lupo continua a fare il lupo e l’agnello a subire la sua sorte. E dunque concludo manifestando il grande senso di pena che sembra mi accompagna quando sento il nome della Grecia. Quanto alla Germania con le sue bistecche di maiale e i suoi boccali enormi di birra provo lo stesso pena, ma di un genere diverso, quello che si prova per l’aguzzino che tormenta la sua vittima e magari si erge a persona di superiore moralità. Per restare in Grecia, quella antica, consiglio ai miei Cinque Lettori di andarsi a trovare il brano di Platone dove Socrate insegna che sta peggio chi commette ingiustizia rispetto a chi quell’ingiustizia subisce.

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