lunedì 15 febbraio 2010

Osservatorio sulla libertà di pensiero negata: Parte Prima. Gli Stati. Cap. IV - Germania (1994)

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In Germania la legge specifica che colpisce la ricerca storica è databile al 28 febbraio 1994, ma è assai più lunga in Germania la legislazione che fin dal dopoguerra, sotto il dominio delle potenze occupanti, controlla la formazione del pensiero e tutte le istituzioni educative-pedagogiche. Forse è proprio in Germania il paese dove vengono inflitte le condanne più pesanti. Si parla di 15.000 casi all’anno di persone che vengono perseguiti per meri reati di opinione. Un caso recente è quello del vescovo Williamson che viene perseguito per il solo fatto di aver rilasciata in Germania ad una tv svedese la nota intervista che ha scatenato in tutto il mondo un caccia alle streghe di stampo medievale. Inoltre la Germania si distingue insieme ad Israele e agli Usa in tutte le sedi internazionali dove può essere estesa la stessa legge liberticida che ha la sua principale ispiratrice in Israele, le lui lobbies riescono ad eseguire nei singoli paesi le indicazioni provenienti da Tel Aviv.

Vers. 1.1/23.11.10
Parte: I - II -
Sommario: 1. Negazione ed altri tipi di reato. – 2. Il caso Oliver Janic. – 3. Il processo di Ratisbona contro il vescovo Williamson. – 4. Una manifestazione in Germania per la libertà di Horst Mahler. – 5. Multato Williamson a Ratisbona. – 6. Un articolo di don Curzio Nitoglia. – 7. Tanta isteria e nessuna vergogna. – 8. Condanna esemplare» o vergogna esemplare della presunta giustizia tedesca? –

1. Negazione ed altri tipi di reato. – Non è agevole districarsi nella normativa tedesca che produce 15.000 incriminazioni all’anno per reati di opinione. Vi è un intreccio diabolico fra un mero reato intellettuale quale può essere una negazione, per giunta di un fatto storico, esprimibile nella semplice affermazione: “non credo che le cose siano andate in questo modo o che stiano così, etc” piuttosto che in una versione assunta per legge come “vera” e “normativa”; e altri tipi di reati, presenti nel codice penale tedesco come apologia di reato (Robin Hood: è giusto rubare ai ricchi per dare ai poveri); vilipendio dei defunti (“a li mortacci tua!”: forse ogni romano de Roma ha commesso almeno una volta questo genere di reato), ingiuria e diffamazione non già solo contro persone individuali, ma verso collettività organizzate o non organizzate (figuriamoci tutte le battute regionali sui genovesi, abruzzesi, etc., che formano o hanno formato parte del costume). È però vero che queste formulazioni non sono state concepite per tutelare genovesi, lombardi, abruzzesi, polacchi, francesi, etc., bensè una precisa “comunità” di persone, che di fatto è la sola che si avvale di questa normativa e ne fa uso come di un’arma verso le altre collettività, anche largamente maggioritarie. E perfino ci si ricollega ad uno strano reato, detto “aizzamento del popolo”, nel quale potrebbe incorrere chiunque si metta a protestare in pubblico. Naturalmente, dalle fattispecie astratte diventa poi acrobatico passare e quelle concrete e comminare le pene. L’arbitrio e l’assurdità sono cose ordinarie nella giustizia tedesca. Non è perciò una barzelletta quella raccontata dal giornalista Maurizio Blondet (v.) del padrone di un cane, dove ad essere perseguiti erano entrambi. Il padrone per aver insegnato al cane a fare il saluto nazista ed il cane per non volerlo disimparare una volta appreso.

La verità che i giuristi positivisti difficilmente arrivano non dico a comprendere, ché non ne hanno interesse, ma neppure a riconoscere nelle sue radici, la si ritrova negli accordi di Yalta fra i vicnitori che avevano già deciso gli assetti giuridici, politici, culturali e spirituali dei popoli vinti. I giuristi positivisti hanno semplicemente trovato gli strumenti per poter applicare il diktat dei vincitori, giungendo fino a stravolgere la razionalità stessa del diritto ed a trasformarlo nel suo contrario. La situazione giuridica non ne risulta migliorata rispetto al regime precedente. Basta una scritta su un muro o una “profanazione” di un edificio perché un solo fatto, magari su commissione, produca una recrudescenza normativa, sempre in crescendo fino a toccare punte di autentica tirannia e moderna persecuzione del tipo “caccia alle streghe”.

Per stare sul concreto ecco un esempio di genericità normativa, quindi di arbitrio ed incertezza del diritto, tale da suscitare in chiunque un vero e proprio terrore e da bloccarne sul nascere qualsiasi vitalità intellettuale ed emotiva:
Nel 1960, il Bundestag approvò poi all’unanimità la seguente disposizione, il nuovo § 130 del codice penale (StGB) sotto il nuovo titolo di “aizzamento del popolo” (Volksverhetzung):
“Chiunque aggredisce, in forme idonee a turbare la pace pubblica, la dignità umana altrui,
1) istigando all’odio contro parti della popolazione,
2) esortando a compiere atti di violenza o di arbitrio nei loro confronti,
3) insultando, denigrando con malizia o calunniando gli stessi,
4) viene punito con la reclusione per non meno di tre mesi. Inoltre può essere inflitta una pena pecuniaria.”
Con simili norme non ci si deve stupire della particolare timidezza degli intellettuali tedeschi ovvero del loro conformismo. L’odio in Spinoza era una sorta di malattia temporanea dell’animo, un’imperfezione destinata ad essere superata dall’essere spinto al raggiungimento della sua pienezza. Parlare poi in testi normativi di “odio” e di “amore”, per impedire l’uno e comandare l’altro, significa aver distrutto tutto il lavoro umano volto a raggiungere una razionalità nella forma del diritto. Se duemila anni di cristianesimo, che sulla dottrina dell’amore intendeva basarsi, non hanno modificato in nulla la natura dell’uomo, i suoi sentimenti, appare alquanto velleitario e sospetto che pretenda di riuscirci un giudice penale. Ma in realtà non si tratta di migliorare per legge la natura umana, bensì di controllare e reprimere fin nel profondo ogni opposizione individuale e sociale.

In un testo, di Jörg Luther, da cui prendo avvio per le mie considerazioni trovo questo brano sorprendente che cercherò di commentare:
In precedenza, le sezioni civili dello stesso avevano deciso che le “persone di origine ebraica hanno in virtù del diritto alla propria personalità (Persönlichkeitsrecht) la pretesa legittima di vedersi riconosciuta la persecuzione subita dagli ebrei sotto il nazionalsocialismo. Chiunque nega l’assassinio degli ebrei nel terzo Reich, diffama ognuno di loro.” Tale massima fu motivata sia con l’argomento che la negazione di un fatto storico notorio non è tutelata dalle garanzie costituzionali della libertà di opinione e che anche una narrazione della storia divergente da quella dominante può, in via eccezionale, costituire una diffamazione, nel caso di specie perché nega proprio un “destino inumano” (unmenschliches Schicksal). Il riconoscimento della “colpa tedesca” per questo destino sarebbe invece “una condizione fondamentale per la vita degli ebrei nella Repubblica federale.”
È da chiedersi quanti da un regime abbiano nella storia subito persecuzioni, quanti ancora ne subiscono proprio nella stessa Germania proprio con l’applicazione di leggi, questi sì, davvero aberranti, nel senso che si distaccano dalla razionalità giuridica che richiede condotte semplici, consistenti generalmente in un fare non lecito, per poter essere punite: omicidio, furto, violenza, frode e simili. Ma non si può punire il pensare o l’avere o non avere determinati sentimenti o passioni.

2. Il caso Oliver Janic. – Non si tratta questa volta di questioni connesse al tema “Olocausto”, ma alla questione dell’11 settembre, dove un giornalista, Oliver Janic, è stato silenziato dalla grande stampa, dove lavorava, per aver reso note tesi da altri ampiamente condivise su argomentati accertati. È una caso di libertà di stampa e di libertà di pensiero.

3. Il processo di Ratisbona contro il vescovo Williamson. – Il link è di un gruppo sionista franese ed è peraltro il solo o uno dei pochi che offre un’informazione sia pure parzialissima. Meglio di niente: viene qui assunta come base-dati. Intanto il processo di appello si celebrerà il prossimo 29 novembre. Si apprende dal link che il precedente avvocato si chiamava Matthias Lossmann. Williamson era stato condannato in primo grado, in aprile, a 10.000 euro di multa per “incitazione all’odio razziale”. Incominciamo a capire qualcosa della giustizia tedesca. Per chi ha seguito il caso non vi è dubbio che sia una contestazione assurda: di “odio razziale” in Williamson proprio non ne esiste. Egli ha soltanto espresso una sua opinione. L’«odio razziale» è semplicemente presunto per legge. Discenderebbe – a quel che si capisce – dalla semplice negazione dell’esistenza delle camere a gas: una bella capriola! L’intervista ormai notissima risale al 21 gennaio del 2009. Si ricorderà che è di pochi giorni la cessazione formale dell’Operazione «Piombo Fuso» (27 dicembre 2008-18 gennaio 2009). Non può non esservi relazione! Eufemistica quant’alta mai l’espressione “errore di comunicazione”, in uso anche nella lingua italiana, e rivelatrice dell‘esistenza di una serie di Tabù che non devono essere scalfiti. Ma chi lo dice? Nessuno potrebbe, ma per cautela le Lobbies che possono producono le necessarie normative liberticide.

4. Una manifestazione in Germania per la libertà di Horst Mahler. - Cliccando sul titolo si accede ad un video You Tube che descrive una manifestazione in Germania in favore della libertà di Horst Mahler, che sta scontando ben dodici anni di carcere, per la sola colpa di aver scritto un libro, dove sostiene sue tesi storiografiche, che possono condividersi o meno, ma che in un sistema giuridico moderno non dovrebbero mandare in galera nessun sostenitore di una qualsivoglia opinione o tesi storiografica.

So bene che i legulei di regime aggirano la chiara lettera ed il più ancora spirito del diritto umano della libertà di pensiero e di espressione, pretendendo che la “mia” opinione non è manifestazione di pensiero, ma in se stessa è un crimine. Tanta barbarie distrugge il diritto e lo riporta sul piano della bruta forza di cui un regime può disporre. Ancora più incredibile la vicenda dell’avvocatessa Stolz (nella foto accanto al suo assistito Mahler) che è finita pure lei in carcere. Siamo pronti a lasciarci sobillare dai media per le cause più insensate, se veniamo telecomandati, ma per la causa della libertà di pensiero veniamo invece accuratamente imbavagliati e lobotomizzate. Non hanno però avuto paura i cittadini tedesche che (vedi qui VIDEO) hanno marciato per strada con cartelli numerosi ed eloquenti.

Trascrivo qui di seguito il codice che consente la visione del blog all’interno del blog, ma abbiamo sperimentato che dopo un certo tempo il video non scorre più. Non sappiamo se per fatti tecnici oggettivi o per attacco doloso. Il lettore può comunque visionare il video andando direttamente su You Tube, dove si narmalmente si possono lasciare propri commenti, ma in questo caso questa modalitù è stata disattivata. Si ricordi che in Germania un padre di famiglia, con due figli a carica, ha avuto una pena detentiva senza condizionale di nove mesi solo per aver passato un libro di Mahler ad un amico. Secondo quanto mi è stato raccontato sul caso, che la grande stampa si è ben guardata dal “coprire”, il padre di famiglia disse al giudice tedesco che lui non condivideva il contenuto del libro di Mahler, ma che però riteneva si dovesse riconoscere ad ogni essere umano il diritto alla libertà di pensiero. Il giudice tedesco pare lo abbia condannato. Mi chiedo se durante il fascismo e il nazismo non vi fosse maggiore libertà di pensiero di quanto non ne venga garantita oggi. Esagero? Si provi a chiederlo a Ilan Pappe, al quale in Monaco di Baviera è stata tolta la libertà di parola in una sala del comune. I soggetti promotori dell’incredibile censura parrebbero propri gli ebrei del luogo.



Il video è di sole immagini, con cartelli in vista. L’unico testo in tedesco è il seguente:

Meinungsfreiheit: Demonstration für die Freilassung von Horst Mahler 26.03.2011

Am Samstag, den 26. März 2011, fand vor der Justizvollzugsanstalt in Brandenburg/Havel eine Demonstration für die Freilassung von Horst Mahler statt. Horst Mahler, geboren 1936 in Haynau/Schlesien, sitzt seit dem 8. Oktober 2008 im Gefängnis, weil er durch die Gerichte der BRD zu insgesamt 12 Jahren Haft verurteilt wurde. Sein Vergehen: er äußerte öffentlich seine Meinung über die Gaskammern und den Holocaust an den Juden im Zweiten Weltkrieg. Die Gaskammern habe es nicht gegeben und der Holocaust habe nicht stattgefunden.
Diese Meinungsäußerung ist ein Kapitalverbrechen in der BRD.

Die derzeitig Anschrift von
Horst Mahler:
JVA Brandenburg/Havel
Anton-Saefkow-Allee 22
14722 Brandenburg/Havel

La cui traduzione italiana è così resa in una email privata da me ricevuta:

Libertà di opinione: dimostrazione per la liberazione di Horst Mahler il 26.03.2011

Sabato 26 Marzo 2011 davanti al carcere di Brandenburg / Havel si è tenuta una manifestazione per la liberazione di Horst Mahler.

Horst Mahler, nato nel 1936 ad Haynau nella Slesia si trova, dal 8 Ottobre 2008, in carcere poiché condannato dai giudici tedeschi ad un totale di 12 anni di carcere. Il suo crimine: ha pubblicamente espresso la sua opinione circa le camere a gas e l'Olocausto degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale: le camere a gas non sono esistite e l'Olocausto non è avvenuto.
Esprimere questa opinione è un crimine capitale in Germania.

L’indirizzo attuale di
Horst Mahler:
JVA Brandenburg/Havel
Anton-Saefkow-Allee 22
14722 Brandenburg/Havel

Il fatto in sé richiede molti approfondimenti. Ricordo i Lettori che dovessero giungere in questa pagina che chi scrive è stato pure oggetto in Italia di un attacco analogo a quello che il Germania dal 1994 ha colpito ben 200.000 cittadini, con pene variabili fra i 9 mesi del padre di famiglia citato e i dodici anni di carcere dell’autore del libro. Tanta barbarie richiede una necessaria reazione e mobilitazione. Il nostro Osservatorio non è sviluppato quanto vorremmo, ma di certo non ne abbandoniamo il progetto.
(segue)
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5. Multato Williamson a Ratisbona. – Senza nessuna nota di riflessione, appare qua là una agenzia, che in data 11 luglio 2011 recita: «Il tribunale di Ratisbona ha confermato la condanna al vescovo negazionista Richard Williamson per le dichiarazioni del novembre 2009, in cui mise in dubbio l'esistenza delle camere a gas e sostenne che nei campi di sterminio nazisti erano morti al massimo 300mila ebrei- ma ha ridotto da 10.000 euro a 6.500 euro l'entita' della multa inflitta al presule lefebvriano inglese». Di queste notiziole che toccano alla radice il fondamentale diritto umano di pensiero ed espressione se ne dovrebbero in Germania, a partire dal 1994 ad oggi, ben 200.000, se la nostra stima dovesse rivelarsi fondata. Eppure, basta contestare un Benny Morris a Londra perché si gridi alla libertà di pensiero e di espressione, che non vale neppure per un vescovo. Che tempi!

6. Un articolo di don Curzio Nitoglia. – Per la ricchezza di analisi e di dati rinviamo al link di un articolo, appena uscito, del 27 luglio 2011, di don Curzio Nitoglia sugli sviluppi del caso Williamson in Germania, dove la singolarità giuridica della pesante violazione della libertà di pensiero e di espressione non sembra abbia la dovuta attenzione. L’articolo di don Curzio ci fornirà una traccia per ulteriori ricerche ed approfondimenti in una materia dove vige una sorta di segreto e congiura del silenzio. È da ricordare che il “caso” Williamson esplose sui media europei esattamente il 20 gennaio 2009, appena due giorni dopo la chiusura ufficiale dell’Operazione “Piombo Fuso” terminata il 18 gennaio, e con una impressionante analogia con altri cambiamenti di attenzione dei media, come in questi giorni la strage di Oslo, che sembra spostare il discorso da più vasti e scottanti temi geopolitici, benché la tragedia norvegese sia cosa immane sulla quale dovremo continuare a riflettere e dibattere per molto tempo ancora. L’articolo si occupa principalmente del ruolo avuto nella difesa legale di mons. Williamson da tal Massimilian Krah, che in questo instante è per noi uno sconosciuto e ne apprendiamo appunto proprio dall’articolo di don Curzio. Proseguiamo, ma quello che ancora stentiamo a capire è perché mai questo Krah si sia voluto immischiare con il caso del vescovo Williamson, se poi non aveva vere intenzioni di difenderlo. Volevo forse condurlo meglio alla rovina? Davvero una storia singolare. Ah, ecco! Si legge che Krah sarebbe «l’amministratore legale della Fraternità in Germania». Il che spiega la fiducia del vescovo Williamson riposta in costui, che a quanto si legge non presenta in buona luce il suo assistito. Forse la sua qualità di “amministratore legale” lo ha in qualche modo obbligato a curare gli interessi di un componente della “Fraternità”, ma quale efficacia e fedeltà lo si può desumere dal resoconto di don Curzio. Non si capisce però ancora in cosa consisterebbe il “caso” Krah e chi questi pensi di denunciare e per cosa. L’articolo di don Curzio presuppone forse la conoscenza di altri fatti a me non noti.

L’informazione è dunque da integrare con altri scritti dello stesso Nitoglia o di altri, che andiamo a ricercare sulla rete in ordine casuale:
  1. È del 4 marzo 2011 “La maldicenza” di don Curzio Nitoglia e che esce nel suo sito. Si lasciano cose più gravi che non si dicono.
  2. Informazioni supplementari si ricavano da un commento che esce su Effedieffe.
Ci riserviamo di sviluppare in seguito ogni commento o intervento a sostegno o in dissociazione dei personaggi via via citati.

7. Tanta isteria e nessuna vergogna. – Esiste anche nella lingua italiana l’espressione “a tutto gas” o simile, per dire spingere fino in fondo, mettercela tutta nella realizzazione di un progetto, nel compimento di uno forzo. Un’espressione analoga in tedesco, “Gas geben” ha suscitato isteria ed un pubblico appello per mandare in galera chi ha semplicemente usato una comune metafora. I media non si soffermano mai abbastanza su una mia stima, di cui aspetto graditissima smentita, secondo cui per espressioni simili sono state perseguite penalmente ben 200.000 persone dal 1994 ad oggi, nella sola Germania, mentre in Francia per poter punire Faurisson, hanno dovuto fare una legge ad personam. La vera barbarie nella nostra presunta sedicente democrazia è questa, non il cosiddetto “negazionismo”, concettualmente e scientificamente inesistente, trattandosi di una costruzione polemica a mero fine di diffamazione, denigrazione, delazione di avversari, critici e oppositori politici. Mi auguro che prima o poi la bolla scoppi. Intanto vedo una crescita costante dell’insofferenza per la repressione della libertà di pensiero e di espressione. – Una coda strumentale la si trova qui: sul personaggio, abitualmente dedito alla provocazione, certo dell’impunità che gli assicura il regime, sorvoliamo.

8. «Condanna esemplare» o vergogna esemplare della presunta giustizia tedesca? – Appare riportata in vari siti italiani la condanna ad una ragazzina tedesca di 16 anni colpevole di aver disegnati grafiti su manifesti. La notizia è ripresa da Bild. Ricordo che a quell’età anche nella mia generazione si assumevano atteggiamenti anticonformisti di cui non sempre si era sufficientemente consapevoli. Ma si trattava di “ragazzate” e la cosa finiva lì senza altre conseguenze. Non è così in Germania dove il “caso” in questione deve rientrare presumibilmente in quei 200.000 casi di persone penalmente perseguite dal 1994 ad oggi per meri reati di opinione. Di questo si tratta e non di altro. Almeno, a nostro avviso. La pena descritta consiste nell’obbligo a leggere il “Diario di Anna Frank”. Ed è uno strano obbligo che si accompagna al divieto di leggere altri libri. Un “caso” che la stampa italiana – di cui adesso sappiamo su base documentaria essere stata alla diretta dipendenza di servizi stranieri – si è ben guardata dal riportare e pubblicizzare è quello di un padre di famiglia con due figli a carico condannato senza condizionale a nove mesi di carcere per aver prestato ad un amico il libro di un “negazionista”, il quale per averlo scritto quel libro sta ancora scontando dodici anni di carcere, se non andiamo errati o comunque una pesante pena carceraria. Il bello fu che il padre di famiglia disse al giudice che lui quel libro neppure lo condivideva, ma che riteneva che anche in questa materia dovesse essere riconosciuta la libertà di pensiero. Non si può che restare sconcertati di fronte ad un così palese disconoscimento di un diritto umano fondamentale come la libertà di espressione e di pensiero. È da chiedersi come mai succederebbe alla stessa ragazzina, se dopo essere stata costretta a leggere il “Diario”, ritornasse dallo stesso giudice che l’ha condannata, per dirgli che ritiene trattasi di un “falso”, come pare taluni storici revisionisti sostengano. Probabilmente sconterebbe anni di carcere. Se questa non è moderna barbarie, non sapremmo come altro definirla. Giova anche dare l’elenco delle testate italiane che danno rilievo alla notizia, plaudendo: TM-NewsPeace-Reporter, dove si specifica come secondo il giudice di Kassel «l’obiettivo del diritto minorile non è punire, ma educare»: è da chiedersi: a cosa? - IsraeleNews;   il Sole-24 Ore, dove al momento si legge un solo commento in un Forum soggetto a registrazione; l’Unità con commenti; Il Vangelo, una testata cristiano-sionista; l’Unione Sarda. Tutto lascia credere che si tratti della solita campagna promozionale del solito pregiudizio. È un sistema. Leggi oltre.

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