lunedì 1 febbraio 2010

Osservatorio sulla libertà di pensiero negata. Parte Prima: Gli Stati. Cap. II - Francia.

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Cito a memoria letture occasionali e mi riservo di ritornare su queste righe con più puntuali indicazioni. La Francia è il primo paese europeo ad aver seguito le indicazioni israeliane, fissate in una legge della Knesset varata nel 1986. Vi era stato un caso, il caso Faurisson, dove il docente lionese, ripetutamente portato in giudizio dalle associazioni ebraiche, particolarmente infleunti in Francia. Ogni volta il convenuto veniva assolto sulla base delle leggi esistenti e anche perché sembrava riuscisse convincente sul merito. Fu così che il 13 luglio 1990 venne approvata la legge Gayssot, detta anche Fabius-Gayssot, che puniva uno specifico reato di “negazione”, appositamente creato. A questo punto diventava perfettamente inutile qualsiasi documentazione storica si potesse portare in aule di giustizia trasformate in istituti pseudo-scientifici.

Vers. 1.0/1.2.10
Parte: I - II -
Sommario: 1. La legge Fabius-Gayssot: una regressione giuridica di molti secoli. – 2. La Israel lobby in Francia. – 3. La loi Gayssot vit-elle ses derniers jours? – 4. Reazioni in seguito alla sentenza del 26 aprile 1983 sull’affare Faurisson. – 5. Ispiratori della legge Gayssot: a) Pierre Vidal-Naquet. – 6. (Segue): b) René Samuel Sirat. – 7. (Segue): c) Laurent Fabius. – 8. Attacchi del CRIF alla Chiesa Cattolica. – 9. Il caso Georges Theil. – 10. L’equiparazione di “antisemitismo” e “negazionismo”. – 11. Il caso Hessel. – 12. «Gli argomenti della cosiddetta lobby ebraica». – 13. “Nerolistati”: un neologismo dei nostri tempi. –

1. La legge Fabius-Gayssot: una regressione giuridica di molti secoli. – In effetti, non ha senso parlare di libertà di pensiero e di espressione, se la si deve far dipendere dal gradimento di chi sta al potere o ha notevole influenza. Piuttosto che riassumerne il testo, preferisco riportare integralmente il giudizio di Jean Bricmont sulla legge Gayssot:
Il significato della legge Gayssot non viene, principalmente, dal suo contenuto – proibire di mettere in discussione alcuni aspetti del processo di Norimberga – ma dalla sua semplice esistenza. In effetti, questa legge va contro ogni principio del nostro diritto. E’ una vera e propria ”lettre de cachet ” (n.d.t.: lettera con sigillo reale, recante un ordine di imprigionamento od esilio), una regressione giuridica di molti secoli. Attraverso la sua stessa esistenza, questa legge subordina la libertà di espressione e di pensiero alle istituzioni giuridiche che la applicano ed ai gruppi che esigono la sua applicazione. Una volta ammesso un tale principio, è grande il rischio di veder estendere la sua applicazione al di là del suo oggetto originario, il processo di Norimberga. Delle aggiunte, delle interpretazioni abusive, rischiano di minacciare altre opinioni, come si vede con il dibattito a proposito del colonialismo o del genocidio degli Armeni. Infine, esercita una sottile intimidazione, mostrando la forza dei gruppi di espressione sionisti, che non esitano ad identificare la critica ad Israele con l’”antisemitismo” e, per questa via, con la negazione della “soluzione finale”. E’ un segnale indiretto, che mostra come la difesa dei diritti dei Palestinesi rischi di scontrarsi con dei gruppi di pressione capaci di distruggere la reputazione e persino la carriera dei loro avversari, per non parlare delle persecuzioni giudiziarie più o meno arbitrarie, anche se costoro accettano, come sono, in generale, pronti a fare, l’integralità del processo di Norimberga.

Ma c’è un problema più profondo di questa legge, dal sapore della predisposizione d’animo, di cui uno degli effetti è proprio l’accettazione di questa legge da parte della sinistra. E’ l’idea che si rifiuti di parlare con X o con Y perché costoro sarebbero “razzisti”, “fascisti”, “nazionalisti”, “giustificanti l’ingiustificabile”, o che so io.

L’argomento che si propone più spesso è che, se si parla con lui, si “legittima” il nemico. Io rifiuto radicalmente questo genere di atteggiamento – ho già parlato ad un gruppo musulmano “radicale”, dibattuto con un “nuovo filosofo”, discusso in una sinagoga, in un tempio protestante, così come ad una radio cattolica, mi sono confrontato con rappresentanti del partito democratico e del partito repubblicano americani, eccetera.

E’, evidentemente, quando si discute con gli avversari, non con gli amici, che si è obbligati ad affinare gli argomenti e, qualche volta, a ritornare sulle proprie posizioni. Supponiamo che io discuta con Le Pen (cosa che non farei mai, perché non sono competente in materia di immigrazione, che è il suo principale cavallo di battaglia); io sono sicuro che mi si rimprovererebbe di legittimarlo; ma agli occhi di chi? Rappresenta circa il 20% dei francesi, ed io sono solo un semplice individuo.

A sinistra si fa come se l’essenziale non fosse l’opinione pubblica realmente esistente, che bisogna cercare di influenzare – attraverso l’argomentazione ed il dibattito – ma una divinità, agli occhi della quale noi siamo i buoni, e che sarebbe offesa se cominciassimo a parlare con i “cattivi”. Il risultato di questa mentalità è un clima di intolleranza nella sinistra, soprattutto dell’estrema sinistra, che fa sì che si dibatta molto poco, anche con persone che non sono poi così lontane da noi, e che gli argomenti non cessino di indebolirsi e le idee di divenire dogmi. E, più gli argomenti si indeboliscono, più si ha paura del dibattito. E intanto, il nostro avversario si rafforza.

Ho potuto riscontrare personalmente alcuni passaggi del testo di Bricmont. La forza del pregiudizio e di un razzismo interiore si esprime nella formula «Io non parlo con uno che…». Ed ho persino della repubblica che in una trasmissione televisiva di grande seguito rimproverava il conduttore per aver invitato un musulmano, per giunta diretto interessato: non bisognava dargli visibilità in un mondo in cui l’apparire è tutto e supera di gran lunga l’essere.

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2. La Israel lobby in Francia. – Andando al link si trova un’intervista di Thierry Meyssan a Paul-Èric Blanrue. Ci soffermiano sulle parti che possono riguardare la nostra specifica ricerca. Dice Blanrue che in Francia l’elettorato ebraico è uno dei più importanti del mondo. Strano, se si considera il numero degli ebrei presenti in Francia. Ma cosa significa? Cerchiamo di capirlo più avanti. Per chi ha letto Rabkin non si ha bisogno di ciò che Blanrue dice meno bene al riguardo, ma quanto all’espressione “lobby ebraica” si tratta più di un pericolo terminologico da evitare che non di inesistenza del fenomeno, a mio avviso. Di certo, nessuno vuol fare discriminazione di tipo razzista, ma se esiste una connotazione lobbistica associata alle comunità ebraiche, perché non si può riconoscere il fenomeno? Apprendo, per giunta, che esiste un “salone degli scrittori del B’naï B’rith” al quale Blanrue è stato invitato. Finalmente si tocca nell’intervista la legge Gayssot, chiedendosi in quale misura essa sia “la chiave di volta della dittatura del pensiero unico” attualmente vigente in Francia. Sta lavorando su questo tema.

3. La loi Gayssot vit-elle ses derniers jours? – È il titolo di un post del blog di Blanrue del 25 febbraio 2010. In un convegno giuridico si porrebbero eccezioni di incostituzionalità alla legge. Se ne ha notizia in lingua italiana anche qui, in un articolo tradotto di Faurisson, che scrive come dal 1° marzo 2010 ogni cittadino sottoposto a giudizio potrà sollevare eccezioni di incostituzionalità.

4. Reazioni in seguito alla sentenza del 26 aprile 1983 sull’affare Faurisson. – Sono qui gli antefatti della legge Gayssot, ma è da verificare se questa sentenza del 1983 sia stata considerata nella legislazione israeliana del 1986 e solo da qui sia poi rimbalzata in Francia, che è stato il primo paese europeo a distinguersi per questa legislazione che contrasta fortememente con tutta la tradizione seguita alla rivoluzione francese del 1789. Da Blanrue sappiamo che in Francia l’elettorato ebraico ha un’eccezionale importanza e capacità di influenzare e determinare gli orientamenti della classe politica.

5. Ispiratori della legge Gayssot: a) Pierre Vidal-Naquet. – Sarebbe soltanto una simulazione la contrarietà alla legge da parte d Vidal-Naquet, che in realtà vi farà poi appello.

6. Ispiratori della legge Gayssot: b) René Samuel Sirat. – È il rabbino capo degli ebrei francesi, il cui ruolo è denunciato da Robert Faurissom.

7. Ispiratori della legge Gayssot: c) Laurent Fabius. – Nessuna legge ha vita se qualcuno non la promuove. Tra i maggiori ispiratori e promotori della legge è stato Laurent Fabius, che insieme a Gayssot darà il nome alla legge Fabius-Gayssot.

8. Attacchi del CRIF alla Chiesa cattolica. – Pare il caso di trattare nel nostro Osservatorio sulla libertà di pensiero e di espressione anche i casi di libertà di coscienza e di religione. Non sono cose molto diverse. Il pensiero può essere costituito da una professione di fede, che in quanto tale non può essere meno libero. A differenza del “pensiero” la professione di fede ha una dimensione pubblica che il pensiero può non avere, se vuole mantenersi in una sfera iniziatica e protetta. Orbene, appare quanto mai curioso l’ingerenza ebraica in uno dei momenti più peculiari del cattolicesimo: la proclamazione dei suoi “santi”. Se al cattolicesimo si togliesse questa sua fondamentale libertà, lo si colpirebbe a morte. Ed è probabilmente ciò che l’ebraismo intende fare con argomentazioni del tutto specioso. Venendo un po’ più sul merito alle contestazioni di parte ebraica si possono muovere obiezioni di assoluto buon senso. Cosa avrebbe dovuto fare Pio XII, se non pare sufficiente ciò ha effettivamente fatto? Intanto, può darsi che la realtà dei fatti non fosse per Pio XII quella che viene comunicamente accreditata e che nella sola Germania ha prodotto 200.000 procedimenti penali. Forse che vogliono processare o far processare Benedetto XVI? Ma anche ammesso che le cose stiano sul piano storico come si pretende che stiano, forse che Pio XII avrebbe dovuto mandare le sue guardie svizzere in guerra contro la Germania? E diventare in questo modo parte belligerante nella Seconda guerra mondiale? O piuttosto l’ebraismo non desidera che anche il Vaticano fosse stato ridotto in cenere da un bombardamento tedesco, se non alleato? Cercheremo di dare una risposta a questi quesiti, analizzando la stampa sionista ed i suoi personaggi. Quanto poi alla demonizzazione di Pio XII in quanto papa “pro nazista” è da chiedersi se il cristianesimo in quanto religione basata essenzialmente sulla “redenzione dal peccato” possa escludere un qualsiasi uomo, nazista compreso, dalla possibilità della “redenzione”. In altri termini, vi è un eccesso di demonizzazione del nazismo che contrasta con l’essenza stessa del cristianesimo, religione dell’amore evangelico, del porgere l’altra guancia, dell’amore per il nemico. Non per nulla il filosofo ebreo Spinoza non riconosceva questa caratterizzazione all’ebraismo, di cui invece evidenziava i legami con la vendetta e l’«odio», divenuto una sorta di pietas ebraica. Gianfranco Fini permettendo, resta poi da chiedersi se nel caso dei regimi politici della prima metà del XX secolo possa adottarsi come criterio storiografico-ermeneutico il concetto di Male assoluto e se di essi possano ritenersi esenti i regimi della seconda metà del secolo, ad incominciare da quello di Israele che ha il suo atto fondativo nella pulizia etnica del popolo palestinese e nell’allestimento di campo di concentramento dove gli scampati alla pulizia etnica vi furono rinchiusi per ben sette anni, a sentire la Croce Rossa, venendo costretti a rimuovere le pietre dei villaggi palestinesi distrutti per costruire le dimore dei coloni sionisti. Alcuni di questi personaggi che parteciparono alla guerra di «Indipendenza» (ma: di “pulizia etnica”) del 1948 siedono ai primi posti della nostra Repubblica e magari danno man forte ai critici della contestazione della Chiesa cattolica, tutta intenta alla proclamazione dei suoi Santi.

9. Il caso Georges Theil. – Siamo al 4 gennaio del 2006 e la notizia riguarda il caso di una persona a sei mesi di prigione ed una somma pecuniaria da pagare a ben undici associazioni. Il dato rilevante è qui questo numeroso associazionismo, da cui provengono gli impulsi ai procedimenti giudiziari. Non una singola persona che si ritiene lesa su una faccenda personale, ma un’associazione che riesce a far condannare una persona per sue opinioni riguardo fatti storici di oltre mezzo secolo prima. Nella notizia si parla anche di una trentina di condanne sulla base della legge Gayssot, a partire dal 1990. Sono davvero poco se comparate alle 200.000 stimate in Germania.

10. L’equiparazione di “antisemitismo” e “negazionismo”. – Andando al link si accede ad un articolo del 1998 contenuto nell’archivio del CRIF. Vi si trovano esposti parecchi fatti, ricostruiti ovviamente con l’ottica del CRIF stesso, tra i più fervidi sostenitori della legge Gayssot, forse fra i più diretti ispiratori. Qui interessa soltanto isolare e documentare una tesi ricorrente nella propaganda dell’associanismo alla CRIF: che “antisemitismo” (concetto esso stesso bisognoso di una definizione oggettivo) e “negazionismo” (termine mai fatto proprio dai diretti interessati ed in pratica base accusatoria per far scattare la legge Gayssot) siano l’un l’altro equivalenti. È, a nostro avviso, una tesi del tutto ideologica in quanto si tratta di due distinte questioni. Raccoglieremo in questo paragrafo ogni altro dato assimilabile.

11. Il caso Hessel. – Il caso è piuttosto atipico, ma rientra nell’oggetto della nostra ricerca in quanto vi è stata una negazione di sala – non è la prima volta –, sempre dietro intervento della rete delle associazioni ebraiche. Abbiamo poco tempo, ma ci riserviamo il tempo per una più ampia informazione e analisi. Sul “caso” mi giunge, su altro post, la segnalazione di un link, cui si entra cliccando qui, che contiene ulteriori dati su cui riflettere e svolgere considerazioni per esteso. Ho dato una rapida occhiata al contenuto e la mia vista è caduta su un dato di sconcertane evidenza. Vi è in Francia, ma non solo in Francia, un gruppo di signori, riuniti in un associazionismo assai spinto e invadente, i quali ritengono di avere essi soli il diritto di chi possa o non possa parlare su determinate questioni. È un’arroganza che ci ponte ulteriori inquietanti interrogativi: come è possibile ciò in una terra che per prima ha proclamato il carte costituzionale il diritto “eguale” in opposizione rivoluzionaria ad una diversa civiltà giuridica che fondava il diritto sul “privilegio”, ovvero su una divisione della società in diversi “ordini” e “caste”? Non siamo forse ritornati anche formalmente all’antico regime? Il realtà il concetto di eguaglianza – diceva un mio conterraneo, poco anni prima che la rivoluzione francese scoppiasse – non è altro che un concetto “polemico” che si utilizza quando fa comodo e si ignora quando non ritorna utile.

12. «Gli argomenti della cosiddetta lobby ebraica». – Una delle argomentazioni che si trova da parte ebraica, quando si parla di libertà di pensiero e di espressione, è quella secondo cui si dice di essere a favore della libertà di pensiero e di espressione, che si invoca puntualmente quando si tratta di attaccare e vilipendere tutto ciò che sa di arabo e di islam, ma poi la si respinge quando la stessa libertà viene usata contro i paradigmi dell’ebraismo, del sionismo o del giudaismo. Infatti, si dice questa libertà di pensiero non è tale, ma è invece un crimine. Infatti, in ordine a determinate materia, forse a tutte le materie, l’«unico» punto di vista ammissibile e lecito è quello ebraico o sedicente tale. Non è un’esagerazione, ma è proprio il caso di un fanatico operante nella stampa italiana, che nel suo fanatismo è andato oltre i suoi stessi padroni e committenti. Nel caso di specie il redattore di un volume del Touring club, di carattere turistico, su Israele, si era limitato a tradurre in italiano depliant ufficiali del governo israeliano, che parlano proprio di «un punto di vista ebraico sulla Shoah». Il caso è da segnalare al comico francese Dieudonné, che è alle prese con la legislazione libertica francese, per liberarsi della quale occorrebbe una sommossa di tipo egiziano. Viviamo in effetti sotto uno stesso giogo e l’oppressione è la stesso. Tutto si collega come nei vasi comunicanti. L’oppressione dei paesi del Vicino Oriente e delle sponde del Mediterraneo è possibile sulla base di una compressione delle libertà civili dei paesi europei, i cui governi si spacciano per autentici apostoli della religione della libertà e dei diritti umani, salvo negarla in casa propria ai propri cittadini. Beninteso, nell’interesse e su commissione di qualcuno.

13. “Nerolistati”: un neologismo dei nostri tempi. – Ciò che attira l’attenzione in questa voce di monitoraggio è il neologismo che tradotto in italiano suonerebbe “nerolistati”, per indicare il fatto di essere messo in una lista nera di proscrizione per un qualsiasi motivo, ma generalmente per questioni attinenti la libertà di pensiero, che in Francia ha un’assai penosa condizione. Esistono sentenze che sanciscono come determinate opinioni non siano appunto opinioni, ossia una manifestazione di pensiero, ma costituiscono di per sé un crimine. Il sionismo in Francia non semplicemente governa, ma impera. Non è quindi per niente assurdo assistere ad una scena simile: la libertà di pensiero e di espressione è solo mia; il tuo pensiero è invece un crimine. Quanto al comico Dieudonné si legge: «Dieudonné, déjà condamné pour provocation à la discrimination, à la haine et à la violence raciale ou religieu». E viene da chiedersi cosa saranno mai simili capi di imputazione: “provocazione” alla discriminazione (?!). Potrei capire una “discriminazione”, ma una “provocazione alla discriminazione” supera la mia capacità di immaginazione. Lo stesso dicasi per altri capi di imputazione di cui si può solo capire che hanno una valenza ideologica. E si resta sgomenti nel constatare che cose simili succedono nell’anno 2011 in quella Francia dove si produsse una rivoluzione da cui ebbe origine il moderno costituzionalismo e la teoria dei diritti umani e civili.

(segue)

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