lunedì 1 febbraio 2010

Ricerche storico-giuridiche sulla libertà di pensiero negata. Parte Prima: Gli Stati. Cap. I - Israele

Area di lavoro
Israel lobbies/Successivo

A differenza di molti vocaboli che finiscono in -ismo il negazionismo non è una dottrina o un movimento con cui i soggetti coinvolti definiscono se stessi. Anzi, al contrario, questi rigettano come offensiva una simile espressione in quanto loro essi non negano, ma affermano ciò che risulta da loro accurate e scrupolose ricerche. È in effetti un termine coniato da altri allo scopo di poter denigrare, diffamare e con il concorso di apposite leggi denunciare spesso innocui cittadini, addirittura vescovi, uomini pii e pastori di anime. Come in altre epoche in cui si dava la caccia alle streghe e agli eretici, si usa oggi il termine di “negazionista” per liberarsi di avversari politici e dissidenti, tentando di estendere in questo modo l’area del consenso e del conformismo politico ed ideologico. Il fenomeno è assai grave e costituisce un grave vulnus al nostro sistema di libertà, che non può non basarsi sulla prima di tutte le libertà possibili: la libertà di pensiero. Naturalmente, un pensiero, un’opinione può rivelarsi erronea, ma di per sé essa non costituisce un crimine ed il cammino verso la verità è un faticoso superamento di concezioni erronee ovvero l’acquisizione di nuovi dati che possono far ricredere su ciò che si riteneva certo.

Vers. 1.0/1.2.10
Parte: I - II -
Sommario: 1. La legge del 1986. –

1. La legge del 1986. – Per il nostro viaggio, ordinato, dobbiamo partire dalla data dell’8 luglio 1986, quando il parlamento israeliano, detto Knesset, dimostrò di essere il primo paese ad approvare una legge repressiva che fu poi adottata da altri tredici paesi: Austria, Belgio, Repubblica ceca, Francia, Germania, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Spagna e Svizzera. L’elenco è qui alfabetico, ma studieremo la tempistica ed i soggetti che si sono fatti promotori delle legislazioni nazionali. Prendiamo avvio da un articolo di Joseph P. Bellinger, disponibile in traduzione italiana. Non ci soffermiamo sulla difficoltà normativa di una definizione di “negazionismo”. Sarebbe quanto mai ozioso dare dignità concettuale ad une vera e propria misura politica di carattere repressivo che nega i principi dello stato di diritto quale è sorto dalla rivoluzione francese, che proprio sui diritti dell’uomo e sulla libertà di pensiero vantava la sua superiore legittimità rispetto ai regimi precedente fondati non sul diritto “eguale”, ma sul “privilegio”. A ben vedere, il “privilegio” è ritornato in auge sotto nuove forme. La legge israeliana, per definire il reato di “negazionismo”, così descrive il reo e l’entità della sua pena:
«un individuo che, per iscritto o verbalmente, esprime qualunque dichiarazione che neghi o diminuisca le proprorzioni degli atti commessi nel periodo del regime nazista che siano crimini contro il popolo ebreo o crimini contro l’umanità, con l’intento di difendere i perpetratori di quegli atti o di esprimere solidarietà o identificazione con essi, sarà suscettibile di impriogionamento per cinque anni».
Si tratta di una misura politica. Mancano i requisiti di generalità ed astrattezza che di solito vengono indicati nei manuali come requisiti di una legge. Si tratta anzi di una vera e proprio vendetta contro chiunque venga ravvisato come proprio avversario politico. E non è difficile capire a chi ci si riferisca e quali disegni si intendano perseguire.

A questa legge del 1986, la n° 5746, occorre collegare un suo successivo rafforzamento del 20 luglio 2004, con il quale si pretendeva di poter perseguire questo genere di reato in qualsiasi parte del mondo, magari attraverso rapimenti secondo una prassi consolidata. È come dire che lo Stato Sionista estende la sua sovranità sul mondo intero e non già entro i suoi indeterminati confini, ma forse perché indeterminati li si considerano estesi a tutto il mondo. Nella difficoltà che riscontro nel reperire dati trovo illuminante una voce che mi è giunta. Sarebbero state fatte pressioni sul parlamento europeo non solo perché questa legislazione, a dir poco liberticida, venga estesa a tutti i paesi dell’Unione europea, ma affinché venga pure concesso ad Israele il diritto di estradizione in modo da far marcire nelle galere israeliani, notoriamente comode ed ospitali, i malcapitati cittadini europei. Vi è è di che “allibire”, secondo il modo di esprimersi di un ministro compiacente.

A mo’ di commentario del brano sopra riportato è bene sottolineare come siano assai frequenti le indagini e i rapporti sull’antisemitismo che sarebbe crescente in Europa. Per lo più simili atti di antisemitismo si concretizzano in scritte sui muri. Non occorre esemplificare come una simile indagine si presti ad arbitri di ogni genere. Chiunque sia mai entrato in un vespasiano sa quale genere di letteratura parietale vi si possa trovare. Non mi soffermo nell’esemplificazione.

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(segue)

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