Senza indugio rispondo ad alcuni Lettori che mi chiedono in privato un commento publico sulle dichiarazioni di Berlusconi in Israele, sapendo del mio dichiarato berlusconismo. Al riguardo ho spiegato più volte la mia posizione, che mi si chiede ancora di chiarire. Lo rifaccio di nuovo, in questa triste occasione di un viaggio, le cui ricadute appaiono inquietanti. Piuttosto schematicamente, considerata l’urgenza della richiesta e l’oggettiva gravità del momento. E senza perdere la speranza che il premier corregga il tiro, imprevedibile come è stato finora. È anche vero che nessuno di noi, in regime democratico, è tenuto a render conto delle proprio opzioni e scelte politiche, essendo tutte egualmente lecite. Spiegare il proprio percorso può essere tuttavia un modo per conoscersi meglio.
Dobbiamo partire dal 1968 e dagli anni settanta. Vi era stata allora una diffusa insofferenza verso il sistema dei partiti, tutti i partiti, nessuno escluso, giudicati da quella generazione che è la mia, uno più corrotto degli altri ed irriformabili. Vi fu, quindi, la stagione della violenza e degli anni di piombo. Io non sono mai stato un violento e non ho mai commesso un solo atto di violenza o alcuna illegalità, salvo partecipare a numerose manifestazioni di strada, fossero o non fossero autorizzate. La libertà di manifestare mi sembrava una fondamentale libertà democratica, che non poteva essere soggetta ad “autorizzazioni”.
La mia riflessione sulla non violenza ebbe un momento traumatico all’epoca dell’assassinio di Aldo Moro, di cui ero stato studente all’Università di Roma. Mi convinsi che - qualsiasi necessario impegno si volesse e potesse avere - occorreva rifuggire dal metodo violento. Finì la stagione della violenza, con una sconfitta di quanti avevano abbracciato quel metodo, ma seguì la stagione dei ladri e dei corrotti. Hanno vinto loro e sono oggi ancora al governo. Disgustato dalla politica, me ne ritrassi del tutto fino a quando, negli ultimi anni, in Calabria, ritenni qui la situazione da quarto e quinto mondo. Mi ero detto che in una situazione di così pronunciato degrado civile e politico potevo forse essere di una qualche utilità, se non mi fossi solo limitato a dire che la politica era una cosa sporca, senza tentare di fare nulla di positivo.
Non esistendo al mio paese il partito di Forza Italia, volli fondare un Club, certo che avrei potuto darne miei propri contenuti, secondo il chiaro dettato dell’art. 49 della costituzione. Sperimentai subito che non esisteva democrazia interna. Anzi, quanto più si saliva dalla base ai vertici, ci si preoccupava soltanto di avere manovalanza elettorale e clientela. Ma è così, in tutti i partiti. E, prego, non mi si venga a dire che l’uno è migliore dell’altro. Sono tutti egualmente corrotti. O li si riforma tutti con una legge che realizzi la democrazia interna prevista dall’art. 49 della Costituzione o li si abolisce tutti in quanto inutili, dannosi, tirannici.
In tutte le rare occasioni in cui ho potuto prendere la parola, ho sempre espresso le mie riserve critiche piuttosto che battere le mani. D’altronde, se vi è accordo, l’applauso è inutile. Serve, invece, dibattere su ciò su cui non si è d’accordo, per tentare di influire sulla formazione della politica nazionale, riuniti all’interno di partiti, secondo quanto recita l’art. 49 citato, che sancisce un diritto dei cittadini. L’iscrizione ad un partito non è una graziosa concessione che i “pezzi grossi” fanno ai loro clienti, ma è un diritto dei cittadini che hanno scelto il metodo non violento della partecipazione democratica alla formazione della politica nazionale.
E veniamo al sistema elettorale, che al momento è quanto di più antidemocratico possa esservi. Io ero contrario al sistema proporzionale in base al seguente ragionamento. Se la forza politica A dispone del 48 per cento dei consensi, la forza B di un altro 48 per cento e la forza C del restante 4 per cento, sarà determinante C con il solo 4 per cento. Non mi sembrava né giusto né democratico. Per questo ero un convinto sostenitore del maggioritario. Ma..., ma.... ma... Perché il maggioritario possa funzionare in senso democratico, è necessario che i partiti abbiano struttura democratica certa al loro interno; che non siano un semplice agglomerato di clientele e battimano, facile preda dei poteri forti e delle lobbies. Esattamente, è quello a cui stiamo assistendo. Non fornisco esemplificazioni che ognuno può fare da solo.
E veniamo a Berlusconi. Chi a scuola ha studiato o a sentito parlare di Machiavelli dovrebbe andarsi a rileggere la parte dove si parla dell’Uno o del Principe, degli ottimati o dei nobili ed infine del popolo. Ne faccio qui una libera interpretazione adattata ai nostri tempi. Per il popolo, se proprio deve essere oppresso, è sempre meglio essere oppresso da uno solo, anzichè essere violentato e seviziato da molti. La ricchezza di Berlusconi non ha mai suscitato in me un senso di invidia. Mi sono detto: tutti o quasi si sono buttati in politica per fare soldi, per cercare fortuna e/o migliorare la lora estrazione o condizione sociale. Erano con le “pezze al culo” e si sono ritrovati ricchi. Addirittura, e non faccio nomi, con qualche mese di carica di deputato, hanno ottenuto una pensione superiore a molti che hanno lavorato una vita intera. Costoro fanno in genere i critici di Berlusconi, dopo aver mangiato nel suo piatto, e dovendo a lui tutto o quasi. Berlusconi i soldi li aveva già: non aveva certo bisogno dello stipendio da deputato. Anziché fondare lui un partito, ne poteva “affittare” uno o più di uno. Dunque, diffidare di chi in politica ci entra con le “pezze” piuttosto che di di ha già del “suo“ con cui campare.
Secondo lo schema espresso dal Machiavelli, il Principe è continuamente insidiato dalla sua corte, dai nobili, dai potenti. Pur non essendo un benefattore o in odore di santità, il Principe sa che il suo alleato naturale è il popolo, se proprio non è così fesso da alienarselo del tutto. I critici interessati dicono che questo è “populismo”, ma dicono così a mio avviso, poiché vogliono conservare i loro privilegi di casta, le loro prebende e pensioni, magari con un solo giorno di seduta parlamentare. Dovevo dire fin dall’inizio che le dichiarazioni di Berlusconi in Israele non mi piacciono affatto, non le approvo, le condanno perfino e le trovo estremamente gravi., se dovesse seguire in particolare una riproposizione del progetto Mastella. per compiacere i devoti della “Shoah”. Alcuni dicono che dopo aver flirtato con la Russia ed essersi alienato l’animo dei superdroni americani, ovvero della Israel lobby, cerchi adesso di farsi perdonare e di darsi un nuovo look, prostrandosi a tappetino… davanti ai “padroni” dei “padroni”.
Come sappiamo, Berlusoni ha “sparato”, consapevolmente o meno, in Israele, un sacco di... Addirittura sembra abbia suscitato un qualche scandalo perfino da parte dei suoi grandissimi amici, anzi… «fratelli maggiori»! Ora, bisogna vedere se a quelle dichiarazioni verbali seguiranno fatti concreti. Intendiamoci, ho brutti presentimenti, soprattutto per la fortissima presenza di un Israel lobby nel parlamento italiano e con un ministro che sebra più un sottosegretario agli esteri israeliano che non un ministro degli esteri italiano, per non parlare di una «colona» israeliana che fa da padrona di casa nel parlamento italiano. Ma essendo il sistema politico fortemente omologato per la pessima legge elettorale, non esistono alternative. O meglio, sempre restando sulla via della non violenza, l’unica speranza è un lungo processo di maturazione della società civile, infestata e oppressa da un sistema di giornali e di televisioni che non offrono nessun aiuto alla necessaria consapevolezza democratica. Agiscono in un senso diametralmente opposto: la menzogna, la strumentalizzazione, l’inganno sono ordinari metodi di “lavoro”. Sono il nostro “pane quotidiano”. Fra poco, temo, non potremo neanche più dire che la minestra non ci piace!
Conclusione. Se Berlusconi mi ascolta - cosa che dubito, non essendo, io, in una qualsiasi posizione di potere, né avendo alcuna visibilità pubblica, se non quella per la quale sono stato recentemente diffamato, ma 99 su 100 non mi ascolterà… - potrà sapere da me ciò che penso delle sue dichiarazioni. In altre parole, in quanto suo dichiarato elettore per il passato e forse ancora per i pochi anni che possono restargli da vivere (dio lo conservi a lungo!), ovvero da renderlo attivo sulla scena politica (cinque anni ancora?), vorrei pubblicamente dirgli che non approvo affatto ciò che ha detto e fatto in Israele.
Potrei fare di più? Per quanto riguarda quelle libertà che ci sono particolarmente care, e che sono direttamente e seriamente minacciate dalle sue stesse dichiarazioni (Berlusconi, molto pronanilmente, neppure si è reso e si rende conto delle enormità che ha detto…), io invito i lettori di “Civium Libertas” ad aderire al «Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero», fornendo i loro dati che resteranno strettamente riservati ed utilizzati unicamente per le conseguenti e sottintese finalità associative.
La libertà di pensiero è il presupposto necessario di ogni democrazia sostanziale. Il buffo è che i coalizzati del berlusconismo si sono dati il nome di «Popolo della Libertà», ma nella sostanzialità del nome – come sappiamo – sono sempre più assenti il popolo (= mancanza di democrazia sostanziale, ben diversa dalle farse elettorali dove non si decide e sceglie proprio nulla) e la libertà (= non hanno la più pallida idea di cosa sia e dove quest’ultima stia di casa).
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Dobbiamo partire dal 1968 e dagli anni settanta. Vi era stata allora una diffusa insofferenza verso il sistema dei partiti, tutti i partiti, nessuno escluso, giudicati da quella generazione che è la mia, uno più corrotto degli altri ed irriformabili. Vi fu, quindi, la stagione della violenza e degli anni di piombo. Io non sono mai stato un violento e non ho mai commesso un solo atto di violenza o alcuna illegalità, salvo partecipare a numerose manifestazioni di strada, fossero o non fossero autorizzate. La libertà di manifestare mi sembrava una fondamentale libertà democratica, che non poteva essere soggetta ad “autorizzazioni”.
La mia riflessione sulla non violenza ebbe un momento traumatico all’epoca dell’assassinio di Aldo Moro, di cui ero stato studente all’Università di Roma. Mi convinsi che - qualsiasi necessario impegno si volesse e potesse avere - occorreva rifuggire dal metodo violento. Finì la stagione della violenza, con una sconfitta di quanti avevano abbracciato quel metodo, ma seguì la stagione dei ladri e dei corrotti. Hanno vinto loro e sono oggi ancora al governo. Disgustato dalla politica, me ne ritrassi del tutto fino a quando, negli ultimi anni, in Calabria, ritenni qui la situazione da quarto e quinto mondo. Mi ero detto che in una situazione di così pronunciato degrado civile e politico potevo forse essere di una qualche utilità, se non mi fossi solo limitato a dire che la politica era una cosa sporca, senza tentare di fare nulla di positivo.
Non esistendo al mio paese il partito di Forza Italia, volli fondare un Club, certo che avrei potuto darne miei propri contenuti, secondo il chiaro dettato dell’art. 49 della costituzione. Sperimentai subito che non esisteva democrazia interna. Anzi, quanto più si saliva dalla base ai vertici, ci si preoccupava soltanto di avere manovalanza elettorale e clientela. Ma è così, in tutti i partiti. E, prego, non mi si venga a dire che l’uno è migliore dell’altro. Sono tutti egualmente corrotti. O li si riforma tutti con una legge che realizzi la democrazia interna prevista dall’art. 49 della Costituzione o li si abolisce tutti in quanto inutili, dannosi, tirannici.
In tutte le rare occasioni in cui ho potuto prendere la parola, ho sempre espresso le mie riserve critiche piuttosto che battere le mani. D’altronde, se vi è accordo, l’applauso è inutile. Serve, invece, dibattere su ciò su cui non si è d’accordo, per tentare di influire sulla formazione della politica nazionale, riuniti all’interno di partiti, secondo quanto recita l’art. 49 citato, che sancisce un diritto dei cittadini. L’iscrizione ad un partito non è una graziosa concessione che i “pezzi grossi” fanno ai loro clienti, ma è un diritto dei cittadini che hanno scelto il metodo non violento della partecipazione democratica alla formazione della politica nazionale.
E veniamo al sistema elettorale, che al momento è quanto di più antidemocratico possa esservi. Io ero contrario al sistema proporzionale in base al seguente ragionamento. Se la forza politica A dispone del 48 per cento dei consensi, la forza B di un altro 48 per cento e la forza C del restante 4 per cento, sarà determinante C con il solo 4 per cento. Non mi sembrava né giusto né democratico. Per questo ero un convinto sostenitore del maggioritario. Ma..., ma.... ma... Perché il maggioritario possa funzionare in senso democratico, è necessario che i partiti abbiano struttura democratica certa al loro interno; che non siano un semplice agglomerato di clientele e battimano, facile preda dei poteri forti e delle lobbies. Esattamente, è quello a cui stiamo assistendo. Non fornisco esemplificazioni che ognuno può fare da solo.
E veniamo a Berlusconi. Chi a scuola ha studiato o a sentito parlare di Machiavelli dovrebbe andarsi a rileggere la parte dove si parla dell’Uno o del Principe, degli ottimati o dei nobili ed infine del popolo. Ne faccio qui una libera interpretazione adattata ai nostri tempi. Per il popolo, se proprio deve essere oppresso, è sempre meglio essere oppresso da uno solo, anzichè essere violentato e seviziato da molti. La ricchezza di Berlusconi non ha mai suscitato in me un senso di invidia. Mi sono detto: tutti o quasi si sono buttati in politica per fare soldi, per cercare fortuna e/o migliorare la lora estrazione o condizione sociale. Erano con le “pezze al culo” e si sono ritrovati ricchi. Addirittura, e non faccio nomi, con qualche mese di carica di deputato, hanno ottenuto una pensione superiore a molti che hanno lavorato una vita intera. Costoro fanno in genere i critici di Berlusconi, dopo aver mangiato nel suo piatto, e dovendo a lui tutto o quasi. Berlusconi i soldi li aveva già: non aveva certo bisogno dello stipendio da deputato. Anziché fondare lui un partito, ne poteva “affittare” uno o più di uno. Dunque, diffidare di chi in politica ci entra con le “pezze” piuttosto che di di ha già del “suo“ con cui campare.
Secondo lo schema espresso dal Machiavelli, il Principe è continuamente insidiato dalla sua corte, dai nobili, dai potenti. Pur non essendo un benefattore o in odore di santità, il Principe sa che il suo alleato naturale è il popolo, se proprio non è così fesso da alienarselo del tutto. I critici interessati dicono che questo è “populismo”, ma dicono così a mio avviso, poiché vogliono conservare i loro privilegi di casta, le loro prebende e pensioni, magari con un solo giorno di seduta parlamentare. Dovevo dire fin dall’inizio che le dichiarazioni di Berlusconi in Israele non mi piacciono affatto, non le approvo, le condanno perfino e le trovo estremamente gravi., se dovesse seguire in particolare una riproposizione del progetto Mastella. per compiacere i devoti della “Shoah”. Alcuni dicono che dopo aver flirtato con la Russia ed essersi alienato l’animo dei superdroni americani, ovvero della Israel lobby, cerchi adesso di farsi perdonare e di darsi un nuovo look, prostrandosi a tappetino… davanti ai “padroni” dei “padroni”.
Come sappiamo, Berlusoni ha “sparato”, consapevolmente o meno, in Israele, un sacco di... Addirittura sembra abbia suscitato un qualche scandalo perfino da parte dei suoi grandissimi amici, anzi… «fratelli maggiori»! Ora, bisogna vedere se a quelle dichiarazioni verbali seguiranno fatti concreti. Intendiamoci, ho brutti presentimenti, soprattutto per la fortissima presenza di un Israel lobby nel parlamento italiano e con un ministro che sebra più un sottosegretario agli esteri israeliano che non un ministro degli esteri italiano, per non parlare di una «colona» israeliana che fa da padrona di casa nel parlamento italiano. Ma essendo il sistema politico fortemente omologato per la pessima legge elettorale, non esistono alternative. O meglio, sempre restando sulla via della non violenza, l’unica speranza è un lungo processo di maturazione della società civile, infestata e oppressa da un sistema di giornali e di televisioni che non offrono nessun aiuto alla necessaria consapevolezza democratica. Agiscono in un senso diametralmente opposto: la menzogna, la strumentalizzazione, l’inganno sono ordinari metodi di “lavoro”. Sono il nostro “pane quotidiano”. Fra poco, temo, non potremo neanche più dire che la minestra non ci piace!
Conclusione. Se Berlusconi mi ascolta - cosa che dubito, non essendo, io, in una qualsiasi posizione di potere, né avendo alcuna visibilità pubblica, se non quella per la quale sono stato recentemente diffamato, ma 99 su 100 non mi ascolterà… - potrà sapere da me ciò che penso delle sue dichiarazioni. In altre parole, in quanto suo dichiarato elettore per il passato e forse ancora per i pochi anni che possono restargli da vivere (dio lo conservi a lungo!), ovvero da renderlo attivo sulla scena politica (cinque anni ancora?), vorrei pubblicamente dirgli che non approvo affatto ciò che ha detto e fatto in Israele.
Potrei fare di più? Per quanto riguarda quelle libertà che ci sono particolarmente care, e che sono direttamente e seriamente minacciate dalle sue stesse dichiarazioni (Berlusconi, molto pronanilmente, neppure si è reso e si rende conto delle enormità che ha detto…), io invito i lettori di “Civium Libertas” ad aderire al «Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero», fornendo i loro dati che resteranno strettamente riservati ed utilizzati unicamente per le conseguenti e sottintese finalità associative.
La libertà di pensiero è il presupposto necessario di ogni democrazia sostanziale. Il buffo è che i coalizzati del berlusconismo si sono dati il nome di «Popolo della Libertà», ma nella sostanzialità del nome – come sappiamo – sono sempre più assenti il popolo (= mancanza di democrazia sostanziale, ben diversa dalle farse elettorali dove non si decide e sceglie proprio nulla) e la libertà (= non hanno la più pallida idea di cosa sia e dove quest’ultima stia di casa).
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3 commenti:
quindi meglio una democrazia marcia che una dittatura a regola d'arte? Non sapevo del suo "berlusconismo", anche se ponderato - mi pare - su posizioni storiche di tutto rispetto e sinceramente non me lo aspettavo (la conosco da poco tramite questo Blog).
Saluti...
No!
Mi spiego meglio, anche se mi vergognavo un poco per un certo autobiografismo, che però pensavo servisse a dare il massimo di chiarezza.
Io ho soltanto posto e ribadito l‘esigenza della non-violenza, che per me si basa anche su un fatto personale: l’essere io rimasto profondamente turbato, quando fu assassinato Aldo Moro, che era stato mio professore e con il quale per un intero anno accademico avevo avuto consuetudine e possibilità di parlare, anche se lui all’epoca era ministro degli esteri ed uomo di grandi impegni.
La forma di governo e di stato è per me indifferente purché realizzi al meglio la relazione hobbesiana di protezione/obbedienza: io ubbidisco ad un‘autorità legittima, che riconosco come legittima, solo in quanto in cambio della mia obbedienza mi offra e garantisca “protezione” nel senso più ampio possibile del termine.
Una "democrazia" meramente formale, più o meno marcia, può nei fatti non offrire nessuna protezione, mentre una "dittatura" (in pratica assenza di divisione dei poteri) puà invece offrire quella protezione e sicurezza di cui tutti abbiamo bisogno.
Chiaramente dittatura, in senso tecnico, non significa esercizio arbitrario del potere, gusto di fare angherie al prossimo, e così via. Anzi una "dittatura" in quanto goda di largo e spontaneo e libero consenso può essere più democratica della più osannata democrazia formale, dove in genere il popolo viene portato dentro recinti elettorali, a mettere croci analfabete su pezzi di carta, per essere ognuno il giorno dopo deriso e sbeffeggiato dall’eletto. A me è capitato più di una volta.
Spero di essere riuscito più chiaro. Nel caso specifico che riguarda me – e può riguardare chiunque altro si trovi a militare in un qualsiasi partito – , ritengo che sia importante partecipare alla vita del proprio partito, esprimendo responsabilmente non tanto il proprio consenso quanto il proprio dissenso su problemi specifici. Una scelta appunto di vita democratica e non una lealtà di clientela.
Io, che elettore di Berlusconi non sono mai stato, sono invece attonito del silenzio dell'opposizione ufficiale al governo (o almeno di quelli che recitano la parte).
Berlusconi è solitamente criticato qualunque cosa dica e, se non parla, perché tace.
Tuttavia, nessun dissenso ufficiale nel caso della sua visita in Israele e del suo discorso infame in cui ha giudicato "giusta" la carneficina di Gaza (non vede i muri di cemento dell'apartheid israeliano, sicuramente non avrà mai guardato le foto dei bambini uccisi...).
Non le abominevoli parole di Berlusconi mi feriscono, ma i silenzi complici di chi non ha neppure il coraggio di essere umano...
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