lunedì 15 febbraio 2010

Osservatorio sulla libertà di pensiero negata: Parte Prima. Gli Stati. Cap. III - Austria (1992)

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In Austria vengono approvate in data 26 febbraio 1992 e 19 marzo le leggi che controllano la ricerca storica e che sono diventate note al gran pubblico per gli anni di prigione inflitti a David Irving. Anche qui si trova associato il generale processo di denazificazione con la negazione dell’«Olocausto». In realtà, si tratta di due cose diverse. Da una parte abbiamo l’esperienza ancestrale del vinto alla mercè del vincitore, dall’altra una sorta di nuovo campo di concentramento dove i vinti vengono relegati. Curioso e rivelatore come negli Stati Uniti – paese vincitore – non vengono introdotte le stesse leggi sulla “negazione dell’Olocausto” che invece sono buone per i “vinti”. Il vincitore si tiene per se il principio della libertà di pensiero e di ricerca, ma lo nega ai suoi “vinti”, che dovranno ben essere rinchiusi in una gabbia perpetua. Tuttavia, è proprio il collegamento della legislazione contro la “negazione dell’Olocausto” con il “processo di denazificazione” che ne rivela la natura ideologica e strumentale. Sarebbe ingenuo opporre qui il principio di verità ossia di liberà ricerca della verità quale essa sia con la classica spada di Brenno gettata sulla bilancia: “guai ai vinti”. Ci sembra però metodologicamente importante tenere distinti i diversi momenti: a) la delegittimazione di fascismo e nazismo è nei fatti. Ma non per i “crimini” loro imputati da vincitori che di crimini prima e dopo il 1945 ne hanno fatto di maggiori. Bensì perché chi hobbesianamente non è più capace di protezione non ha più titolo per pretendere l’obbedienza, che di fatto nessuno più gli presta. b) La demonizzazione e criminalizzazione del vinto è un nuovo progresso verso la barbarie giuridica, una barbarie che da sola supera ogni altra barbarie si pretenda di indicare al momento con intenti edificatori. c) Le leggi antinegazioniste sono leggi ideologiche ed in sé barbariche, a prescindere dall’oggetto che pretendono di regolare e reprimere. E se il suo oggetto fosse la difesa del sistema tolemaico contro il sistema copernicano?

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Parte I - II

1. Alla ricerca degli autori della legge. – Le leggi che passano e vengono approvate sono opera di uomini e di gruppi, la cui memoria spesso si perde. Resta poi la norma nella sua astrattezza e in base ai principi del normativismo esse si spersonalizzano e diventano meccanismo automatico, la cui applicazione risente a sua volta del clima politico e dell’esistenza degli stessi soggetti e gruppi che quella legge hanno voluto ed alla cui applicazione vigilano. Non basta leggere:
National Socialism Prohibition Law (1947, amendments of 1992) § 3g. He who operates in a manner characterized other than that in § § 3a – 3f will be punished (revitalising of the NSDAP or identification with), with imprisonment from one to up to ten years, and in cases of particularly dangerous suspects or activity, be punished with up to twenty years imprisonment.[11] § 3h. As an amendment to § 3 g., whoever denies, grossly plays down, approves or tries to excuse the National Socialist genocide or other National Socialist crimes against humanity in a print publication, in broadcast or other media.[12]
Ma se noi qui vogliamo capire, dobbiamo metterci sulle tracce delle persone e delle lobbies che in Austria operarono nel 1992. È fuorviante il collegamento al nazismo ed al processo di denazificazione. Si tratta in realtà del controllo di ogni possibile forma di opposizione verso il ceto politico che novello Quisling si trovo gratificato e compensato con l’esercizio del potere su un popolo vinto e castrato.

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2. Appuntamento a Branau. – Nella non neutra Wikipedia – da tenere metodologicamente i sospetto – si legge che in Branau am Inn, cittadina natale di Adolf Hitler, proprio a partire dal 1992, curiosa coincidenza con la novella normativa, vi si tengono strane Giornate: « Dal 1992 vengono organizzate le Giornate della storia contemporanea di Braunau, ed un incontro annuale del Servizio della memoria Austriaco vi si svolge fin dal 1998». Se poi andiamo alla pagina successiva indicata nel link, incominciamo a trovare qualche nome di persone in carne e ossa. Così, ad esempio, direttore di tanta scienza storica è un tal Andreas Maislinger. Chi è costui? come nasce al mondo? Cosa vuole dai suo prossimo? Nasce nel 1955. Nel suo curriculum rigorosamente pubblico in Wikipedia, fonte di parte, troviamo una presenza nell’Università ebraica di Gerusalemme, parrebbe di capire prima del 1992, anno della novella normativa. Ed eccolo il nostro uomo: «Da 1992 Maislinger è il direttore dell'organizzazione storico-scientifica giornate della storia contemporanea di Braunau, che ha il compito di ricordare ed illustrare la storia contemporanea della città di Braunau am Inn. Maislinger è fondatore di un'organizzazione che ha il compito di tenere sempre vivo il ricordo dell'Olocausto (servizio commemorativo austriaco) di cui è a capo dal 1997. Nel 1996 Maislinger collabora col giornale "Jüdischen Rundschau" (considerato la voce degli ebrei d'Austria) e con altre numerose riviste di Innsbruck». Abbiamo forse scoperto uno degli eroi austriaci del dopoguerra, strenuo difensore ed assertore della libertà di pensiero. Ci manca solo una bella foto da aggiungere a queste scarne notizie, rigorosamente tratte da Wikipedia, fonte di parte. Avevo al liceo un professore, un prete con tre laurea ed oltre 10o esami sostenuti, che era fissato con la fisiognomica, che lui considerava una scienza, mentre oggi nessuno, credo, la considera più tale. Non sono tra gli assertori della scientificità di questa disciplina, ma è per me un non piccolo aiuto alla memoria poter associare, quando possibile, volti ai nomi di persone in carne e ossa. In fondo, un nome e cognome sono soltanto lettere dell’alfabeto che si succedono in una combinazione. Un volto è qualcosa di unico ed è più rappresentivo della persona a cui il nome, il complesso di segni grafici, si riferisce. Nessun intento discriminatorio od offensivo, ma solo un modo per conoscere più profondamente. Resta ancora da indagare se vi sono state connessioni dirette fra la riforma del 1992 e l’operato di questo signore. Per oggi basta.

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3. Gli spetti del passato in campagna elettorale. – Redazione e rassegna della notizia a parte, non è difficile estrarre una fondamentale condizione di illibertà, che ancora oggi grava su un popolo vinto e sui suoi cittadini, la cui intelligenza e dignità è stata gravemente vulnerata. Per fascismo e nazismo – il “male assoluto”, mentre oggi regna ben sappiamo il “bene assoluto” ed il paradiso terrestre – basta una semplice constatazione di diritto naturale: non esistono più e nulla può resuscitarli come non si può resuscitare un cadavere. Perché dunque tanto accanimento contro un mero passato storico che può essere solo rivisitato da chi ha tempo e voglia di occuparsene? Perché le classi politiche insediate dal vincitore non sono state mai capaci di una legittimazione propria, ma solo di un’acquisizione del potere con relativi appannaggi basata sulla demonizzazione del proprio passato storico e sulla deligittimazione del regime precedente. È in fondo la continuazione di una guerra ideologica che non è mai cessata e che non si vuol far cessare. I secoli dell’illuminismo sono stati azzerati e si viaggi a vista verso un medioevo di ritorno, beninteso un medioevo che è una caricatura rispetto al medioevo originale, che nella sua unicità irripetibile aveva una sua dignità. È da chiedersi fino a quando i cittadini europei si lasceranno intimidire dagli spettri e fino a quando leggi liberticide graveranno sulla nostra testa.

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4. Il caso di Elisabeth Sabaditisch-Wolff. – Ne apprendo solo adesso da un curioso filmato You Tube, con sottotitoli in italiano. Nulla si trova sotto Sabaditisch nelle Google-news italiane e quasi nient’altro sul web e sul caso che seguirò con molto interesse. Elisabeth, a quanto ne capisco, non è certo una storica revisionista, contro cui normalmente si applicano leggi certamente liberticide e concepite per reprimere l’opposizione politica. Purtroppo, per Elisabeth ed il tizio del video, tal Pat Condell, le leggi devono essere formulate con il carattere della generalità ed astrattezza. E se esse intendono reprimere l’«odio» e l’«incitamento all’odio razziale» – cosa che non è riuscita in duemila anni al cristianesimo – non possono tecnicamente distinguere fra l’«odio» verso gli islamici, un “odio” che si dovrebbe ammettere in nome della libertà di pensiero e di espressione, e l’«odio» verso gli ebrei, che invece si deve punire severamente ed è in effetti punito nei modi più fantasiosi ed arbitrari possibili. Dico qui subito – a scanso di equivoci – che questi leggi sono per me assurde ed andrebbero certamente abolite. Ma qui il punto sul quale andremo a svolgere la nostra analisi è un’altro: la trappola che era stata approntati per gli altri, ora si ritorce contro ai loro ideatori. Infatti, come nei decenni passati era partito da Israele l’ordine di reprimere e far reprimere i revisionisti, detti diffamatoriamente “negazionisti”, ovvero nel mandare in galera ogni “antisemita” in circolazione (una clausola penale quanto mai evanescente ed arbitraria) è poi partito l’ordine di dare addosso agli islamici residenti in Europa. Ma la legge in quanto generale ed astratta non può non reprimere anche l’islamofobia, l’«odio» non importa contro chi indirizzato. Non si può punire l’«odio» contro l’ebreo o meglio contro l’isrealiano o il sionista e lasciare impunito l’«odio» contro l’arabo: andrebbe allo sfacelo l’intero nostro sistema giuridico, che dalla rivoluzione francese in poi ha preteso di fondarsi sull’eguaglianza almeno davanti alla legge in opposizione al precedente diritto fondato sul «privilegio”, che distingueva fra nobili, clero e terzo stato. Il caso di Elisabezza e del suo profeta Pat Condell si annuncia interessante e cercheremo di seguirlo come possibile. È da notare che i media nostrani, cosè pronti ad eccitarsi su casi simili, tacciono sul caso lituano di Petras Stankeras o di questa Elisabetta austriaca. È difficile trovarvi una logica?

5. Qualche dettaglio su Elisabetta. – Lo si trova non nelle news, ma nei blogs, come in questo di eguale piattaforma blogspot e che andiamo ad analizzare, beninteso dal nostro punto di vista. Il blog “Per la pace e l’amicizia tra i popoli” contiene un’intervista alla diretta interessata. Il titolo del blog ha un curioso esplicativo: «Come molti, in questi ultimi anni, osserviamo arresi, le nostre società fissurarsi nello scontro delle civilizzazioni islam/occidente. Tessuto sociale lacerato, tensioni religiose crescenti, contestazione ed attacchi contro la nostra cultura ed il nostro modo di vita, quasi ogni volta dietro tutto ciò si trova un'ideologia antidemocratica portatrice di un messaggio di conquista: l’ideologia islamica». L’italiano (“fissurarsi”) appare piuttosto incerto e sembra confezionato all’estero. Vi si trova il tema neocon dello “scontro di civiltà”, una discutibile idea di “occidente” che è il contraltare di quella costruzione ideologica e razzista che Edward Said ha mirabilmente evidenziata nel suo “Orientalismo”, quanto mai opinabile il “nostro” che è probabilmente esclusivo dell’ideatore del blog, quanto mai generico e di maniera il democratico/antidemocratico ed infine scopertamente islamofoba la conclusione sull’«ideologia islamica» che è non meno ideologia del “sionismo”, ben altrimenti grave. Ma non ci interessa il blog, che non conoscevamo, quanto l’intervista alla Sabbaditisch, che capita adesso per la prima volta alla nostra attenzione.

Si apprende che quello della Sabbaditisch è il secondo caso del genere, in Austria. Il primo è stato quello di Suzanne Winter, che a noi era del tutto sfuggito e sul quale apriremo un paragrafo. Ma due casi sono ben poca cosa di fronte a 200.000 nella vicina Germania. Non ho statistiche per l’Austria, ma credo che casi come quello di Irving siano molti più di due. Mi auguro che se anche i casi alla Sabbaditisch diventerranno 200.000 – come sarebbe equo – potrebbe essere questo un potente impulso per l’abolizione di una serie di reati che in realtà colpiscono opinioni, condivisibili o meno, sancite dalla dichiarazione universali dei diritti dell’uomo e da tutte le costituzioni, che eludono il diritto affermando che la tal opinione non è una manifestazione di pensiero ma essa stessa un vero e proprio reato. Come sicuro discrimine noi ci atteniamo alla distinzione fra il “fare” e il “pensare” ovvero la semplice intenzione di compiere un reato. Il semplice desiderare la donna altrui potrebbe essere un peccato ma non un reato. Ed in ogni caso non è un atto del pensare in senso proprio.

Il pensiero si caratterizza per una sua astrazione che lo pone al di sopra della pulsione, della istintività pura, della fisiologia del corpo. Se l’uomo diventa capace di scrivere la storia e di esprimere l’arte pura, queste manifestazioni dello spirito sono la massima espressione della sua libertà e non possono essere punite come “reato”. In limitati casi personali mere affermazioni verbali o scritte possono essere punite in caso di falso manifesto con conseguenze dannose per terzi: falsa testimonianza che fa finire un uomo in galera e simili. Ma opere di storia, basate su fonti documentare o su argomentazioni critiche di altre concezioni storiche ed interpretazioni di fatti ormai remoti non possono essere represse penalmente senza far venire meno il basilare principio della libertà di pensiero e di espressione. Se ciò è accaduto sulla scorta del processo di Norimberga – un inedito tribunale con cui i vincitori processano i vinti –, non è stato questo un progresso della civiltà giuridica, ma un suo vistoso regresso.

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