martedì 16 febbraio 2010

E poi dicono che non è stata un’«Industria»!


A dirlo ti becchi come minimo un’accusa di “antisemitismo”, per la quale – quasi fossero una sorta di sommelier – vengono chiamati sempre i soliti personaggi, i quali a seconda che certifichino l’esistenza o meno della qualifica di “antisemita”, dal significato sempre più indefinito, indefinibile e sfuggente, è come se avessero un diritto di vita e di morte sugli accusati di turno. Come fossimo al Colosseo, quando con un pollice rivolto verso l’alto o il basso si decretava la vita o la morte della vittima. L’ultima a questo riguardo viene dall’Ungheria. Ne riporto intera l’agenzia APCOM, ripresa da una rassegna cristiano-sionista:
Shoah - Causa contro le ferrovie magiare,
a Budapest c’è scetticismo

A Budapest parte la polemica contro la causa intentata negli Usa

ROMA, 16 feb. - L'iniziativa è di quelle destinate a far esplodere grandi polemiche. E sta già accadendo. La settimana scorsa un gruppo di familiari di deportati nei campi di concentramento nazisti ha intentato causa contro le ferrovie dello stato ungheresi Mav per il loro coinvolgimento nell'Olocausto. Da Budapest, al silenzio ufficiale del governo, fa da contraltare l'esplicita stroncantura di autorevoli storici magiari.

"Se mi avessero contattato, li avrei mandati via senza perdere tempo, perché è la più grande follia che io abbia sentito da tanto tempo", ha commentato senza troppi giri di parole Laszlo Karsai,
storico e capo del team di ricerca ungherese legato allo Yad Vashem, l'Autorità per il ricordo dei martiri ed eroi dell'Olocausto, al portale d'informazioni magiaro index.hu. Una stroncatura che pesa, su un'iniziativa che sta facendo molto rumore.

La denuncia contro la Mav è stata presentata presso la Northern District Court dell'Illinois, a Chicago (Usa), da Anthony D'Amato,
un docente di legge che già in passato s'è segnalato per aver intentato cause che hanno fatto rumore: una contro il governo giapponese per la deportazione di cittadini Usa che vivevano nelle Filippine durante la seconda guerra mondiale, contro gli Usa per i bombardamenti sulla Serbia.

Da quanto è emerso negli ultimi giorni, la denuncia non è incentrata tanto sulle uccisioni, quanto piuttosto sulla spoliazione dei beni delle vittime. Pur sostenendo che la compagnia ferroviaria di stato dell'Ungheria, paese che durante il conflitto era sotto il regime collaborazionista nazista delle "Croci frecciate", avrebbe trasportato verso Auschwitz-Birkenau qualcosa come 437mila ebrei, l'iniziativa legale di D'Amato "tara" la richiesta di risarcimento sui beni degli ebrei che sono stati rubati mentre le vittime erano deportate.

Sconcerto ha provocato la richiesta finanziaria. Oltre al circa miliardo di dollari richiesto come risarcimento per il danno biologico, è stata chiesta una cifra per la sottrazione dei beni che, rivalutata, sfiora gli 8 miliardi di dollari. Sufficiente a mandare in bancarotta le già traballanti finanze ungheresi.

(Apcom, 16 febbraio 2010)
A sostenere che si è speculato, ma non solo in senso economico – aggiungiamo noi – sulla sofferenza di quanti avevano patito nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale è stato l’ebreo Norman G. Finkelstein, con un libro dal titolo: L’Industria dell’Olocausto, abbastanza noto fra quanti seguono questo genere di problematiche. Non occorre qui narrare le scomuniche e le persecuzioni che Finkelstein va subendo per aver fatto una denuncia, che non è stata né può essere confutata: tanto è ovvia per chi abbia un minimo di discernimento e indipendenza di giudizio. Notizie come quella sopra riportata non solo confermano il contenuto del libro, ma rivelano una struttura e conformazione morale che è davvero “unica” in chi riesce a concepire di poter trarre vantaggio economico dalla sofferenza non già propria, ma altrui. Non per nulla costoro pretendono il “monopolio” della sofferenza umana. Guai a dire, come ha fatto Carter, che anche i palestinesi “soffrono”: un furto di lucrosa sofferenza, una vera e propria minaccia all’«Industria».

1 commento:

stuarthwyman ha detto...

Ho letto "L'industria dell'olocausto" in due giorni, tanto è stato l'interesse suscitato in me da certi passaggi per certi versi impressionanti se non del tutto inquietanti.

Ebbene nel libro si parla ampiamente della causa intentata contro le banche svizzere e di quanto una spesa pari a 500 milioni di dollari(cinquecento) per gli accertamenti di sorta sui vari conti correnti non avesse prodotto alcun risultato, degno di nota utile, a favore dell'organizzazione e fosse oltretutto a carico degli... accusati!

Le organizzazioni ebraiche erano riuscite ad ottenere comunque un acconto, a fronte di una cifra richiesta compresa tra i 7 e 20 miliardi di dollari, pari ad oltre un miliardo di dollari... Ciò con il pretesto che le vittime bisognose essendo anziane non avrebbero potuto godere dei benefici dei risarcimenti e quindi si rendeva urgente il versamento di un acconto NON RIMBORSABILE a seconda dell'esito della causa...

Una volta finito il libro mi son deciso ad andare a verificare alcuni riferimenti su internet relativi al "Holocaust Survivors Foundation" trovando immediatamente il sito dell'organizzazione:

http://hsf-usa.org/

Si può leggere che la fondazione attualmente è impegnata in una causa contro l'assicurazione Generali per le polizze vita stipulate dagli ebrei durante la seconda guerra mondiale...

Mi chiedo, visto che sembra ovvia la soluzione di tale vicenda queste organizzazioni che impiego facciano di questi capitali visto che molti ebrei chiamati a testimoniare hanno riferito di non aver mai visto un soldo...