sabato 6 febbraio 2010

Posta dai Lettori: 3. La natura funesta della Lobby che non esiste. - “La notte palestinese dei cristalli”

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Non è un’artificio letterario, anche se viene da pensare alla nota canzone di Lucio Dalla, che inizia: “Caro Amico ti scrivo, così mi distraggo un po’…” La corrispondenza che segue è invece autentica. Solo negli ultimi giorni, rileggendo con calma le lunghe ma interessanti lettere che mi erano giunte, e che per la loro lunghezza avevo dovuto distribuire in più tempi, mi sono detto che era un peccato non renderle pubbliche, beninteso con il consenso del corrispondente ed assumendo io l’onere dell’editing necessario per la pubblicazione. Ho anche chiesto alla persona di continuare in questa forma di giornalismo epistolare. Non ne possiamo più di stampa e televisione. Sappiamo che mentono non solo sapendo di mentire, ma anche sapendo che noi sappiamo che loro mentono. Si sentono al sicuro sapendo che siamo impotenti a contrastare la loro propaganda ed il loro indottrinamento degli sprovveduti. Penso all’inaudita faccia tosta di un ministro che ha recentemente spacciato come “nostri” valori che sono soltanto suoi e di quella Lobby che si è impadronita, ormai in modo evidente, anche in Italia, del nostro governo e delle nostre istituzioni. Si sentono talmente sicuri del loro potere che non si preoccupano più neppure di salvare le forme e le apparenze. Non possiamo sapere come andrà a finire la lotta che abbiamo intrapreso. Sappiamo però che per poter esistere, per conservare la nostra identità ed il nostro diritto all’esistenza, dobbiamo resistere a tanta oscena ed indecente prepotenza.
A. C.



* * *
Una corrispondenza fra due nostri lettori
di fine dicembre del 2009

Non ti ho scritto da qualche tempo perché ho utilizzato il tempo a disposizione sul pc per la ricerca di editori, su cui ti aggiornerò quando ci saranno sviluppi significativi.

Perfino in Germania la ribellione a Israele sta aumentando con forti manifestazioni e boicottaggi dei prodotti e del commercio con Israele (il che è tutto dire – pensa, la Germania!).

Altri stati come Gran Bretagna, Spagna Belgio Austria – ma lista è lunga – hanno emesso mandati di cattura per le principali figure politiche e militari che si sono macchiate dell’atto criminale del massacro di Gaza avvenuto dal 27 dic. 2008 al 18 gennaio 2009. Ehud Barak, allora ministro alla difesa in Israele e Tzipi Livni, allora ministro degli esteri, hanno entrambi, a distanza di un mese l’uno dall’altro, dovuto affrontare l’eventualità di un arresto in GB.

La Livni la settimana scorsa è riuscita a eludere l’arresto, messa sull’avviso da parte della comunità sionista britannica, cancellando la propria partecipazione ad una conferenza, a Londra, indetta dalla federazione sionista.

Lo stesso dilemma l’hanno dovuto affrontare altri funzionari israeliani in Spagna e Belgio. L’Austria ha pubblicamente dichiarato che nessuno dei responsabili del massacro di Gaza la farà franca se tenta di entrare in Austria. L’Irlanda si è aggregata di recente all’iniziativa.

Svezia e Norvegia da tempo stanno boicottando il commercio con Israele e conducendo investigazioni separate sui crimini commessi da parte di Israele, in particolare quelli più recenti di Gaza, e quello relativo al prelievo di organi da giovani palestinesi che vengono prelevati dalla strada e uccisi per espiantare gli organi.

Una rete di ebrei americani, capeggiata da un gruppo di rabbini, che prelevava e uccideva giovani musulmani americani per l’espianto di organi da inviare in Israele è stata di recente smantellata nello stato di New York e nel confinante New Jersey. La faccenda ha suscitato grande scalpore nei media americani e nell’opinione pubblica.

E oggi è una giornata particolare: proprio ieri si è scatenata sulla stampa e sulle news internazionali la corsa alla notizia. L’inchiesta avviata dalla Svezia ha portato i suoi frutti. Le news ieri, in particolare Al-Jazeera, commentavano la stampa svedese, che rivelava con immagini e testimonianze la terribile verità dell’espianto illegale di organi presi dai giovani palestinesi catturati – o meglio, rapiti e uccisi - da parte del militare israeliano.

Come conseguenza dell’inchiesta, si è arrivati alla confessione del capo-patologo dell’istituto israeliano che esegue le autopsie su cadaveri di persone decedute per cause non naturali.

In un filmato di circa 1 ora, il capo patologo Yehuda Hiss dell’istituto israeliano di medicina forense Abu Kabir ha fornito la testimonianza sulle pratiche viziose del militare israeliano che preleva e uccide i palestinesi. Secondo il dr. Yehuda Hiss, l’istituto non veniva messo al corrente sulla provenienza delle salme. A loro veniva solo detto che si trattava di corpi messi a disposizione per l’espianto di organi. Hiss si è dilungato in spiegazioni tecniche e ha ammesso che l’intera pratica viziosa va avanti, per quanto di sua conoscenza, già dagli anni ’80. Oggi la stampa su internet in lingua inglese è piena di articoli sulla faccenda.

Molti paesi si stanno ribellando all’impunità di Israele, che ha violato con l’appoggio di USA tutte le leggi e convenzioni internazionali e tutte le risoluzioni ONU – sono centinaia e tutte elencate su Wikipedia versione inglese – che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha passato nei confronti Israele a partire dai tempi della dichiarazione unilaterale da parte dei sionisti sull’esistenza di Israele - esistenza mai approvata e tantomeno sancita dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

In ritorsione alle risoluzioni, Israele ha, ad oggi, ucciso circa 250 operatori dell’ONU attivi in Palestina. Anche nel massacro di Gaza di quest’anno è stato di proposito colpito e incendiato il centro di raccolta cibo dell’ONU con armi al fosforo.

Proprio la scorsa settimana a Bruxelles si sono riuniti i ministri degli esteri europei per una riunione indetta dal ministro degli esteri svedese Carl Bildt – dato che al momento la Svezia è di turno per la Presidenza dell’UE -, allo scopo di trovare una linea di azione congiunta nei confronti del governo israeliano in merito all’occupazione della Palestina. La proposta di Carl Bildt era incentrata sulla ripresa delle trattative per fare rispettare le frontiere sancite dall’Onu per i territori assegnati a Israele e Palestina, mai rispettate da Israele, con la collusione delle maggiori potenze occidentali, perennemente nell’ottica di accontentare gli Stati Uniti.

Una dichiarazione congiunta è stata approvata ed emessa dalla quasi totalità dei ministri degli esteri europei, ad esclusione di alcuni Paesi dell’Est - Ungheria, Polonia e Rep. Ceca e ad esclusione dell’unico paese dell’Europa Occidentale: l’Italia, sempre fedele ai diktat dell’impero americano – purtroppo l’Italia conserva ancora l’illusione che l’America sia e rimanga anche in futuro la maggiore potenza occidentale.
Ma sappiamo che non è così: gli osservatori internazionali sono tutti, senza eccezione, concordi sul fatto che l’America ha iniziato il suo declino, in tutti i sensi: economico, morale e come leader dei paesi più industrializzati. Gli esperti calcolano che per risollevarsi dalla grave situazione economica in cui versa – visto che la maggior parte dei fondi vanno alle forze armate – ufficialmente alla “Difesa”, ivi dirottati appunto dal potente apparato bellico controllato dai sionisti cristiani ed ebrei – occorrerebbero circa 53 trilioni di dollari, o meglio 53 mila miliardi di dollari, una cifra che rappresenta quasi 4 volte il PIL americano, che è di 14,5 trilioni di dollari. Inoltre gli Stati Uniti sono indebitati con la Cina per circa 1 terzo del PIL, e si dice che la Cina in un certo senso abbia l’America e il suo presidente in pugno - in un pugno, perché l’altro pugno è quello dei sionisti. Un assaggio della morsa del sionismo sul governo americano viene fornito in basso.
La dichiarazione congiunta emessa in seguito alla riunione di Bruxelles, indirizzata a Israele, comunicava, parafrasato, che per quanto riguardava l’UE, l’era dell’impunità israeliana era arrivata all’inizio della fine e che l’UE considerava illegale l’occupazione dei territori di cui Israele si è impossessata a partire dalla guerra del ’67.

Il fatto che ora nel linguaggio politico si comincia ad usare il termine “Occupazione” e non più “Conflitto” – in quanto “non si può parlare di conflitto, visto che si tratta di occupazione aggressiva unilaterale e non di disputa tra due contendenti” ha mandato il governo israeliano su tutte le furie: “occupazione” è un termine da sempre considerato tabù parlando di Israele.

Anche se ci vorrà ancora del tempo fino alla messa in atto delle politiche UE nei confronti dei sionisti, stiamo assistendo ad una svolta decisa. Purtroppo spesso viene fatto un passo avanti e due indietro. Ma il trend è chiaro e ha acquisito una forza di inerzia autonoma.

Anche la britannica Lady Ashton, neo-eletta ministro degli esteri della UE (per compensare la GB della mancata carica di Tony Blair per la Presidenza alla UE, in quanto Blair è fortemente screditato dall’inchiesta Chilcot sull’invasione illegale dell’Iraq, per la quale Blair aveva fornito al mondo e a USA in particolare motivazioni non-esistenti, come lui stesso ha dovuto ammettere la scorsa settimana, sedendo sul banco degli imputati di questa inchiesta parlamentare britannica, che tuttavia non prevede imputazioni formali) – dicevo, Lady Ashton nel suo primo discorso ufficiale in merito alle politiche estere che la UE avrebbe adottato d’ora in poi sotto la sua guida, dichiarava che la questione dell’occupazione illegale della Palestina sarebbe stata in cima alla lista delle priorità.

In questo frangente bisogna menzionare il fatto che questa nuova formula di una Presidenza forte dell’Unione Europea era da tempo in cantiere (l’Irlanda costituiva l’ultimo ostacolo, poi rimosso per mezzo del recente referendum) proprio per conferire all’Unione Europea un maggiore peso politico sulla scena mondiale, come contrappeso all’imperialismo statunitense – seppure questa non è la formulazione ufficiale.

Personalmente dubito che in tempi prevedibili l’UE sia in grado di contrastare l’America in modo compatto ed efficace, a causa delle molteplici lotte interne all’Unione stessa. Ma in merito a Israele va considerato questo: l’UE è il maggiore partner commerciale di Israele – e questa realtà costituisce uno strumento di importanza strategica se si vuole iniziare a mettere Israele in riga, o meglio, revocare l’impunità che gode in modo singolare, garantita dagli Usa: nessun altro stato si è mai potuto permettere di ignorare le risoluzioni ONU.

E inoltre l’impunità di Israele sta diventando il terreno di confronto tra UE e USA.

Ma qui devo aggiungere un commento personale.

Dal mio punto di vista non è Israele il maggiore responsabile a dover sedere sul banco degli imputati. Israele in fin dei conti tira l’acqua al proprio criminale mulino.

La realtà è che siamo noi europei l’entità che ha la maggiore responsabilità per i misfatti in Palestina. L’orrore della persecuzione degli ebrei è avvenuto qui in Europa, non nei paesi arabi – bisogna ricordare che storicamente, da sempre, i paesi arabi sono stati il rifugio più sicuro per gli ebrei – che sono stati inizialmente accolti di buon grado in Palestina, fino al momento in cui divenne palese quale fosse il terribile disegno sionista.

In altre parole, abbiamo scaricato sui Palestinesi il peso del tanto discusso “senso di colpa” degli europei per lo sterminio degli ebrei, delegando ad un popolo innocente e indifeso la riparazione del torto. E questa è una pratica vile e abietta. Abbiamo non solo permesso che la Palestina venisse colonizzata – come piace a tanti chiamare eufemisticamente l’invasione bellica da parte dei sionisti e l’appropriazione illegittima e aggressiva dei territori palestinesi – ma abbiamo permesso che a quel popolo venisse sottratto tutto: i terreni, le case, le fonti di sussistenza, i diritti civili, i diritti umani – in altre parole, il diritto ad esistere come popolo nella propria terra.

E abbiamo tacciato di “terroristi” i combattenti per la resistenza. Abbiamo assistito senza opporci alla cacciata dei palestinesi in campi profughi – veri e propri lager di sterminio, continuamente presi di assalto dalle forze militari israeliane. Immagino che ricorderai il massacro di Sabra e Shatila negli anni ’80 – tanto per citare l’esempio più noto. Ma ce ne sono altri, molto più terribili: veri e propri centri di tortura, come quello di Al Khyam, istituito all’unico scopo di torturare uomini, donne e bambini, di recente smantellato da parte degli attivisti del movimento di resistenza libanese Hezbollah – ora un legale partito politico di opposizione in Libano.

Abbiamo girato la testa dall’altra parte per non vedere e ci siamo lavati le mani – noi occidentali – della pulizia etnica, o meglio, del genocidio in atto in Palestina da oltre 60 anni, del muro di apartheid nei territori occupati – molto più grave di quello di Berlino, e credimi, ne so qualcosa, visto che la metà dei miei numerosi parenti tedeschi viveva in condizioni oltraggiose dall’altra parte del muro e della cortina di ferro.

Lo stato di apartheid della Palestina è molto più grave di quello recentemente concluso in Sud Africa. Davvero pensiamo che questo stato di cose possa continuare?

Per essere coerenti con la nostra difesa ad oltranza dello stato cosiddetto ebraico dovremmo permettere – soprattutto la Germania e l’Italia – a Israele di “colonizzare” i nostri territori, confiscare le nostre terre, cacciare le nostre popolazioni, brutalizzare le nostre famiglie e i nostri bambini – e senza opporre resistenza, beninteso, visto che altrimenti saremmo costretti ad auto-definirci “terroristi”: sempre per rimanere coerenti con la nostra sacra opinione in merito a Israele e alla resistenza palestinese.

Allo stesso modo, siamo in grave torto nei confronti degli immigrati africani e asiatici che approdano alle nostre coste in cerca di una vita da ricostruire. Ci dimentichiamo che siamo stati noi, paesi occidentali, a colonizzare le loro terre, a sfruttare fino all’osso le loro risorse, a schiavizzare gli uomini, le donne e i bambini per estrarre le materie prime, ad armare un’etnia contro l’altra per generare conflitti e sfruttarli a nostro beneficio, a corrompere i loro governi per avere accesso alle risorse, a violentare le loro donne, a privare i cittadini di quei paesi dell’accesso alle risorse dei loro territori. (Spero che gli italiani si ricordino dello scempio commesso in Africa durante l’era fascista, in paesi che ancora oggi ne pagano le conseguenze). E ora che, depauperati e impoveriti e disorganizzati, bussano alle nostre porte, li trattiamo come nemici che vogliono impossessarsi dei nostri beni e scombussolare le nostre sante civiltà “progredite”.

Facciamo finta di non sapere che la totalità dell’estrazione e lavorazione di materie prime viene eseguita da parte di schiavi, non solo in paesi lontani, ma anche nelle nostre civili società europee.

Proprio qui a Roma, la comunità più povera e totalmente abbandonata a sé stessa è quella dei profughi afgani, messi in fuga a causa dell’invasione del loro paese da parte delle forze militari occidentali – anche quelle italiane, che fanno parte del contingente NATO. E che non ci siano equivoci: anche l’esercito italiano – detto eufemisticamente contingente di pace, ammazza e terrorizza le popolazioni dei villaggi. E quando tornano in Italia vengono accolti come “eroi”.

Mentre i profughi afgani a Roma sono stati fatti sgombrare qualche settimana fa dal lacero campo di baracche che si erano permessi mettere in piedi alle porte di Roma per proteggersi dal freddo.

E ora li vedi, gli afgani, sdraiati per terra nelle strade di Roma, a morire di freddo – e di solitudine, con le famiglie in balia degli invasori nel paese che hanno dovuto abbandonare. Altrettanto succede in Inghilterra con i profughi provenienti dall’Iraq. Ma la lista sarebbe troppo lunga per enumerare tutti i misfatti di noi paesi occidentali.

E il lato peggiore dell’intera storia, è che in gran parte ciò che succede in Medio Oriente e nel Sud-Est Asiatico – Iraq, Afganistan, Pakistan – così come in Somalia, Sudan, Nigeria, Etiopia, e ora anche Yemen, è frutto del malsano sodalizio tra Israele e America: l’imperialismo sionista.

Ora comunque non passa giorno senza che su Al Jazeera English e su PressTv si vedano manifestazioni contro Israele negli stati europei e in USA. E sono manifestazioni in gran parte indette dall’«organizzazione internazionale degli ebrei contro il sionismo», oppure da parte dell’«organizzazione mondiale degli ebrei ortodossi (i rabbini della Naturei Karta) contro il sionismo», che dicono in sostanza: “non ci riconosciamo nello stato di Israele e ci ribelliamo all’idea che massacri e ingiustizie vengano commessi in nostro nome nei confronti di un popolo indifeso e senza colpa”.

Ma molte manifestazioni vengono indetta anche da parte di comuni cittadini europei e statunitensi. Da qualche tempo i giovani attivisti internazionali si muovono per manifestare direttamente in Israele. Per riuscire nel loro intento, arrivano separatamente in diversi aeroporti, con visti da turista o studente o altro. Convergono poi a Gerusalemme e vanno a manifestare. Si organizzano per filmare gli eventi e inviano le immagini alle agenzie di news e emittenti in diversi paesi. Ovviamente poi le immagini fanno il giro del mondo, ma in molti paesi – come in Italia – non vengono mostrate.

Israele è sotto pressione e il governo è in agitazione. Per ora può contare sul supporto incondizionato di USA e alcuni paesi compiacenti ed illusi – che al momento opportuno scaricheranno gli USA, quando diventerà scomodo appoggiarli.
E questo avverrà anche in Italia, e saranno dolori, perché le politiche italiane di stampo “balcanistico” e quindi non lungimiranti provocheranno un collasso economico simile a quello che osserviamo ora negli USA. Non sono io a dirlo, ovviamente. Sono gli analisti politici internazionali. Speriamo bene per l’Italia. Quando gli Stati Uniti non saranno più in grado di mantenere attive le oltre 100 basi militari in Italia, non solo verranno a mancare i miliardi che l’Italia riceve in cambio dell’uso del proprio suolo, ma l’Italia non avrà più l’appoggio di una super-potenza con tutti i vantaggi che comporta. Meglio così: impareremo ad organizzarci finalmente.
I tempi stanno maturando – lo dimostra il successo che sta ottenendo la massiccia letteratura da parte degli accademici israeliani – studiosi e docenti di storia - che denunciano le malefatte dei sionisti e della loro creatura, Israele, e dimostra come il mito propagandato sulla creazione di Israele come conseguenza dell’orrore della persecuzione nazista, sia un falso di proporzioni incredibili. Non ci crederai, ma sono libri che trovi in cima alle classifiche di vendita in molti paesi – perfino in Israele.

Da mesi ormai il bestseller più acquistato e discusso in Francia, GB e Israele – ma ora anche in USA - è il libro di Shlomo Sand – ebreo israeliano e docente di storia all’università di Tel Aviv. Il titolo del libro, tradotto, è “L’invenzione del popolo ebraico” che è in linea con ciò che tutti gli storici revisionisti, tutti ebrei israeliani, stanno sostenendo e rivelando al mondo.

Perfino in Israele il libro è da 19 settimane di fila in cima alla classifica dei libri più venduti. E ci sono i libri di Ilàn Pappe (La pulizia etnica della Palestina), di Norman Finkelstein (L’industria dell’olocausto: Riflessioni sullo sfruttamento della sofferenza ebraica – sfruttamento da parte dei sionisti, ovviamente, per raggiungere i propri scopi criminali), tanto per citare quelli più discussi.

Homepage
E c’è il libro scritto da due autori ebrei americani Stephen Walt e John Mearsheimer, intitolato: La Israel Lobby e la politica estera americana, pubblicato in Italia da Mondadori con questo titolo.

Sono tutti autori ebrei, tutti docenti universitari, tutti con storie di persecuzione nazista subita dai familiari. Proprio in virtù delle loro radici ebraiche godono di credibilità e rispetto da parte del pubblico, anche se attaccati dalla stampa e dagli organismi sionisti.


Obama è l’ultima “vittima” in ordine cronologico.

Non che ci siamo fatti molte illusioni quando si profilava la presidenza di Obama: sapevamo che la sua campagna elettorale veniva finanziata da Wall Street e dai capitani dell’industria bellica ammanicata col Pentagono: tutte istituzioni in mano ai sionisti cristiani ed ebrei.

Eppure per un poco abbiamo sperato. Per poi subire una bella doccia fredda quando Obama non si è degnato di proferire parola in merito al Massacro di Gaza dell’inizio di quest’anno.

E perché non ci siano dubbi sulle motivazioni che hanno spinto l’allora governo della Kadima– il partito cosiddetto di sinistra in Israele, capeggiato da Tsipi Livni, con Olmert allora come premier – a massacrare il Ghetto di Gaza, sotto assedio totale da quasi 3 anni, va spiegato questo.

In febbraio (si parla di quest’anno, 2009) si dovevano tenere le elezioni politiche in Israele. I sondaggi davano tutti come probabile vincente il partito di destra, la Likud, capeggiato dall’ex-premier Benjamin “Bibi” Netanyahu (ora di nuovo Premier).

In dicembre 2008, in previsione delle elezioni di febbraio, il partito di governo Kadima ha pensato bene di dare ai cittadini israeliani la prova che il partito di sinistra, allora al governo, non era meno determinato rispetto alla destra ad annientare il governo legittimamente eletto di Hamas e tutti i suoi seguaci di Gaza.

Per dare una dimostrazione efficace, la Kadima ha pensato bene di bombardare con armi all’uranio impoverito e al fosforo per 22 giorni e 22 atroci notti la popolazione inerme di Gaza, che non aveva i mezzi per difendersi, né la possibilità di fuggire.

In inglese questo si chiama “sparare sui pesci in un barile”.

E’ stato uno sterminio, un massacro di proporzioni inaudite, trasmesso in diretta su PressTv per 22 giorni senza interruzione, giorno e notte. A distanza di quasi un anno, stanno nascendo i mostri, a Gaza, a causa delle armi all’uranio. Bambini deformi o comunque con gravi difetti genetici.

22.000 edifici sono stati abbattuti o resi inagibili. Le macerie non sono state rimosse, perché non ci sono i mezzi. Una ricostruzione non è possibile, dato che il materiale necessario non può entrare nel campo di concentramento di Gaza.

I sopravvissuti vivono ora in tende poste accanto alle macerie delle singole case. E’ inverno, fa freddo e nessun governo, ma proprio nessuno – né occidentale, né arabo - interviene per liberare la popolazione di Gaza, rinchiusa nel Ghetto, senza possibilità di fuga. Solo l’Iran e il Libano – i soli amici dei palestinesi - hanno provato a intervenire. Ma loro sono i “nemici” designati come tali dai sionisti israeliani e americani e non possono fare niente: pena l’attacco militare.

Gli israeliani hanno approfittato del fatto che in quel lasso di tempo, dicembre-gennaio, il neo-eletto Obama non era ancora ufficialmente in carica: il giuramento doveva avvenire alla fine di gennaio. E Bush aveva ormai perso ogni potere, ma comunque si sapeva che non si sarebbe opposto.

Ma Obama non ha speso una sola parola in merito a quel grave attacco, chiamato “operazione piombo fuso”. Né allora, né mai fino ad oggi. Al contrario, si faceva sentire nei media per convincere il mondo sulla necessità di rinforzare il fronte afgano – una guerra in stallo. Lo faceva ovviamente per stare ai patti con coloro che avevano finanziato la sua campagna elettorale.

Obama, a cui ho dato il mio personale appellativo di “cuor di coniglio” avrebbe avuto, con un po’ di coraggio, la possibilità di opporsi ai sionisti, se avesse davvero voluto: aveva l’intera opinione pubblica dalla sua parte – quella americana, europea, islamica e tutto il resto del mondo.

Non ha avuto il coraggio di trarne profitto, nonostante ne fosse sicuramente tentato, all’inizio.

Si è adeguato al ricatto sionista, come tutti prima di lui. E ora il suo grado di popolarità, secondo i sondaggi USA, è sceso sotto il 50%, rispetto al quasi 80% al momento dell’elezione – per via delle sue politiche estere guerraiole che oltretutto saccheggiano i fondi americani, e per le politiche di non-intervento a favore dei poveri e dei disoccupati.

Il libro di Alan Hart, che appunto sto leggendo, descrive come il sionismo abbia tenuto in scacco le politiche internazionali da un secolo a questa parte, essendo oggi più attivo ed efficace che mai. Attualmente Hart sta aggiornando il volume terzo, per dare un resoconto dell’influenza del sionismo sotto il governo Obama.

Ma ormai la verità sta emergendo tra i cittadini del mondo – che cominciano a rivoltarsi. Il pubblico italiano in particolare, tra i paesi dell’Europa occidentali, sta ancora resistendo all’accettazione dei fatti che dimostrano come i maggiori eventi dell’intero secolo appena trascorso, e in particolare le dinamiche e gli esiti dei conflitti bellici, siano stati in toto determinati dalla creazione ed esistenza del sionismo.

Il pubblico italiano non accetta ancora la discussione sulla verità della creazione di Israele, che appunto non è stata progettata come conseguenza della persecuzione nazista. In Italia sono in pochi a sapere che il sionismo è stato fondato come progetto coloniale di dominio del medio oriente e oltre, e di pulizia etnica del popolo arabo, e che è stato concepito da parte di un ristretto gruppo di ebrei europei benestanti, alla fine del 19esimo secolo, e messo in atto a partire dall’inizio del secolo scorso. Ma ti sto ripetendo un aspetto di cui sei ovviamente già informato.

Gli italiani preferiscono conservare l’illusione del mito israeliano come risposta alla persecuzione nazista. E in questo senso sono in linea con l’illusione che si fa la maggioranza degli ebrei nel mondo, che temono di aprire gli occhi e affrontare la realtà.

E l’aspetto più terribile è che la stessa persecuzione un tempo sofferta dagli ebrei, viene ora inflitta ai musulmani, con le stesse modalità e gli stessi criteri di discriminazione. Brutti, sporchi, fanatici musulmani.

Quando parliamo di musulmani pensiamo subito al fondamentalismo religioso. Quella religione non ci sta bene. Meglio quella cristiana. E intoccabile quella giudaica. Ma la religione cristiana e quella ebraica, un tempo le religioni degli oppressi, sono ora le religioni degli oppressori. E che non ci siano equivoci: gli ebrei non sono un’etnia. Sono i seguaci di una religione. Come i cristiani e i musulmani. Definire “ebraico” uno stato in cui convivono ebrei, musulmani e cristiani è già di per sé discriminatorio e razzista. Tra la popolazione palestinese, e quindi di etnia araba, ci sono musulmani, cristiani ed ebrei. Ma i palestinesi non si sono mai sognati di fare discriminazioni nei confronti dei non-musulmani.

Il cosiddetto “conflitto di civiltà” – tra il mondo cristiano-giudaico e quello islamico - è universalmente riconosciuto come assunto di verità, nel senso che la presunta verità sarebbe l’ostilità dei musulmani nei confronti del “mondo civilizzato”, mentre in realtà tale presunto conflitto è stato concepito ad arte da parte di chi vuole demonizzare l’Islam per i propri secondi fini, inconfessabili al mondo.

Ma anche in Italia i tempi cambieranno. Prima o poi qualcuno si ribellerà all’idea che abbiamo dato a Israele il mandato per la pulizia etnica in Palestina. Il problema è che il sionismo in Italia è forte e i suoi esponenti controllano i media e rivestono posizioni chiave nelle istituzioni.

La prossima volta ti parlerò di un recente caso in cui la potente comunità sionista italiana è riuscita a demonizzare una voce autorevole, di un docente universitario, filosofo e professore di filosofia del diritto, che ha avuto il “torto” di intrattenere un blog pro-palestinese, anti-sionista. E nonostante si tratti di un’attività extra-curricolare, che esula totalmente dall’ambito universitario, in quanto blog privato e personale (un modo di fare vera politica democratica), questo professore ora corre il rischio di vedersi sottrarre la cattedra. Sono intervenuti in condanna di questa voce onesta i soliti politici e i soliti media e si è scatenato un vero e proprio caso mediatico. Adesso dall’accusa di antisemitismo (ormai obsoleta e confutabile, si sa) si è passati in Italia all’accusa di “Negazionismo”. Poveri noi. Sembra di essere in una dittatura del Sud America negli anni ’70.

La verità è scomoda e fa male.
*

Di seguito, caro P., alcune riflessioni sul sionismo da parte di uno degli accademici più autorevoli sulla scena politica internazionale. Un accademico laureato nell’Università della California, a Berkeley, con il titolo di Ph. D conseguito nell’Università della Virginia e un dottorato dell’Università di Oxford in America. Autore e giornalista di inchiesta. Consulente, in passato, di diversi governi americani. Una firma molto seguita nelle pubblicazioni online, che scrive editoriali nelle maggiori testate americane.

Un suo recente articolo - che traduco perché è breve e va al cuore del problema – rivolto in particolare al pubblico americano, si intitola:

Per i Palestinesi ogni notte è “La notte dei cristalli”

Di Paul Craig Roberts, 14 dicembre, 2009

(Le parti scritte fra parentesi quadre sono miei appunti personali)

L’articolo mostra la cartina dell’occupazione israeliana, come si è sviluppata dal ’46 in poi.
Palestina in verde, Israele in bianco.

La seconda cartina da sinistra mostra la spartizione determinata dall’ONU nel ‘47, con cui tuttavia non veniva affatto sancita l’esistenza di uno stato separato ebraico. Si trattava semplicemente di una strategia per una possibile convivenza arabo-ebraica nel territorio della Palestina.

Nel ’48 tuttavia Israele ha dichiarato la propria esistenza, senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza.

*

Scrive P.C. Roberts:

La cartina mostra lo sviluppo dell’occupazione sionista in Palestina dal 46 al 2000. Da notare che dal 2000 in poi Israele si è appropriata di molta terra ulteriore. La Palestina è ormai quasi inesistente. Ci si chiede se il pubblico venga informato di questa realtà quando si ventila, senza alcun senso della realtà, la cosiddetta “soluzione per una stato separato della Palestina”. Viene da chiedere, quali sono i territori fantasma su cui questo ventilato stato dovrebbe fondarsi. E quando si parla della “minaccia all’esistenza di Israele”, viene da chiedere: chi è qui che viene davvero minacciato di essere cancellato dalla cartina geografica?

I coloni israeliani attaccano una moschea e bruciano i libri della biblioteca musulmana”: questo il titolo dell’articolo sul London Times dell’11 dicembre che commenta il grave fatto le cui immagini hanno fatto il giro del mondo in questi giorni.

Questi attacchi, così come la sistematica demolizione di case palestinesi, la confisca dei terreni, la distruzione degli uliveti necessari ai palestinesi come fonte di sussistenza, la negazione di accesso all’acqua, gli innumerevoli posti di controllo che impediscono ai bambini e ai giovani palestinesi l’accesso alle scuole, al lavoro e all’assistenza medica, il Muro israeliano che nega l’accesso alle terre dei palestinesi in questo modo sottratte illegalmente, e l’isolamento e l’assedio del Ghetto di Gaza, fanno parte delle politiche di pulizia etnica da parte del governo israeliano.

La Lobby pro-Israele ha un tale potere in America, che perfino l’ex-presidente Carter, buon amico di Israele, viene demonizzato perché usa il termine “apartheid” per definire il genocidio in atto da decenni. Decenni durante i quali i predicatori cristiani sionisti, come anche i politici comprati e pagati dai sionisti, hanno continuato a giustificare e appoggiare il lento genocidio dei palestinesi da parte di Israele.

Quegli israeliani che ancora hanno una coscienza morale – una parte esigua della popolazione – si danno da fare per protestare e condannare l’inumanità del governo israeliano. Jeff Halper e Angela Godfrey-Goldstein hanno creato il Comitato Israeliano Contro la Demolizione delle Case (ICAHD), che si batte con atti di resistenza contro le giornaliere demolizioni di case palestinesi nei Territori Occupati.

Secondo la Legge Internazionale, all’occupatore illegale di un territorio viene vietato appropriarsi delle terre occupate.

Nonostante ciò, gli Stati Uniti per decenni hanno protetto le violazioni delle leggi internazionali da parte di Israele, esercitando il diritto di veto sulle risoluzioni ONU.

[Nota d.t.: tale veto da parte di un ristretto gruppo di 5 nazioni viene ora messo in discussione da parte di un numero significativo di nazioni, che si sono riunite di recente proprio a questo proposito: l’iniziativa è stata proposta e capeggiata dal leader Venezuelano Chavez, dal leader Brasiliano Lula, dalla Libia con Gheddafi, dalla Bolivia con Ivo Morales, e molti altri].
Israele ha potuto rubare la Palestina ai Palestinesi, perché il governo USA ha usato il proprio potere per impedire che Israele fosse perseguibile come previsto dalle leggi internazionali.

Nel marzo del 2003 la cittadina americana Rachel Corrie si è posta davanti ad un bulldozer israeliano, inviato per distruggere una casa palestinese. Il suo coraggioso atto di sfida venne visto come un “gesto fastidioso” e Rachel venne schiacciata e uccisa dal Caterpillar, azionato da un operatore israeliano. Per Israele non ci furono conseguenze di alcun genere per l’uccisione di questa cittadina americana che mostrava di avere una coscienza morale.

Nei media americani presidiati e controllati dagli israeliani [come ad es., la CNN] sentiamo ripetere all’infinito che i palestinesi sono terroristi che si fanno saltare con esplosivi uccidendo israeliani innocenti e che terrorizzano le città israeliane bombardandole con i missili. Uno sguardo allo sviluppo della cartina in alto è sufficiente per capire chi è il vero terrorista.

Il successo che ha la propaganda israeliana in barba ai fatti che sono sotto gli occhi di tutti condanna l’ignoranza e l’indifferenza degli americani.

Il giornale israeliano Haaretz, una testata che mostra di avere coscienza e intelligenza, ha scritto questo il 4 dicembre 2009: “Ogni funzionario del governo americano deve passare attraverso il monitoraggio approfondito del proprio background da parte della comunità ebraica americana.” http://www.haaretz.com/hasen/spages/1132797.html

Haaretz fa notare che ogni persona proposta dal Presidente per una carica ufficiale nel suo governo viene sottoposta allo scrutinio della Lobby israeliana per approvazione, la quale Lobby può decidere se confermare o no la carica e la può revocare a sua volontà.

Haaretz fornisce l’esempio del caso di Charles Freeman
[un uomo di grande integrità morale con una profonda conoscenza delle cose in Medio Oriente; il caso è stato anche seguito da vicino da PressTv].
Obama aveva “scelto” Freeman per l’incarico di capo al Consiglio Nazionale della Intelligence
[un incarico strategico, perché tale Consiglio si occupa in prevalenza dei rapporti con il mondo islamico].
Anche in questo caso la Lobby israeliana ha dato prova di essere molto più potente rispetto ad un mero Presidente americano e ha impedito che Freeman ricevesse l’incarico
[dopo che era già stato annunciato ufficialmente, seguito da numerose interviste nei media].
La Lobby israeliana ha subito avviato una campagna di diffamazione nei confronti di Freeman, accusandolo di “sentimenti anti-israeliani”. In altre parole, Freeman non era il solito garantista per i crimini di Israele ed era quindi “persona non grata” per la Lobby pro-israeliana (la AIPAC). [Da notare che “Chazz” Freeman è ebreo].

Continua Haaretz: “Un altro tentativo di incaricare un esperto intelligente – in questo caso l’ex-senatore repubblicano Chuck Hagel – venne sventato dalla Lobby pro-israele, mediante gravi attacchi alla persona, che fu accusata di sentimenti anti-israeliani.”

Il motivo per cui la Lobby ha bloccato la scelta di Obama per la nomina di Hagel, risiede nel fatto che Hagel si oppone al tanto invocato attacco all’Iran richiesto da Israele, e quindi la scelta di Hagel è stata boicottata da Morton A. Klein, il presidente dell’Organizzazione Sionista Americana.

Il “peccato” imputato a Hagel?

Durante il governo Bush aveva rifiutato di firmare una petizione che invitava Bush a parlare del programma nucleare dell’Iran in occasione del G8 di quell’anno.

Attualmente è sotto attacco un’altra nomina.

Presa di mira questa volta è una sopravvissuta all’olocausto, Hannah Rosenthal, che era stata scelta per essere a capo del US Office per Monitorare e Combattere l’Anti-Semitismo – un Organismo che di per sé è un’ulteriore prova del fatto che l’America è uno stato fantoccio del sionismo.

H. Rosenthal era a capo del Consiglio Ebraico per gli Affari Pubblici dal 2000-2005.

Il suo “peccato” sembra essere la sua appartenenza al Consiglio di Amministrazione dell’Organizzazione Ebraica istituita di recente – la J-Street Lobby – formata come alternativa più moderata alla micidiale e militaristica AIPAC.

L’opposizione della Lobby pro-israeliana a Hanna Rosenthal dimostra che nessuno con una anche minima dose di moralità possa sopravvivere al ricatto della Lobby.

Gli Stati Uniti, “la sola superpotenza nel mondo”, non ha potere e non ha una voce indipendente nel Medio Oriente. Il potere reale è nelle mani dell’estremista Avigdor Liebermann, Ministro degli Esteri e vice presidente israeliano.

Questo è l’uomo che determina e controlla le politiche estere di Obama, in particolare quelle del Medio Oriente. E’ lui che ha forzato “il potente Presidente degli Stati Uniti” a revocare l’ordine dato al governo israeliano di mettere fine agli insediamenti illegali da parte dei coloni nei territori palestinesi. Obama ricevette l’alt al suo osare, e si sottomise al suo padrone.

I Macho Americani che si atteggiano da padroni del mondo non sono altro che marionette di Israele. L’America non è una Nazione. E’ una colonia.

*

UNA STORIA DAL LIBRO DI ALAN HART

[Ti traduco di seguito la parte finale di una conferenza, con lettura dal libro, tenuta da Alan Hart sul Sionismo in America, o meglio, su come i Presidenti americani si devono piegare alla volontà della Lobby pro-Israele.

E su come di conseguenza ne sono influenzate le politiche internazionali.
Il mondo deve sapere, caro P. Per capire come mai tante guerre.
E per sapere come l’indipendenza di giudizio di tutti noi sia tenuta sotto scacco - a nostra insaputa – da parte del sionismo e della sua propaganda.
Il libro di Alan Hart spiega tutto ciò.]

Dice Alan Hart:

… Per darvi un’idea su come sia difficile se non impossibile per un presidente americano intrattenere relazioni, o perfino semplici conversazioni, con chiunque considerato “nemico” da parte dei sionisti – soprattutto se tale nemico percepito è un Ebreo – vi racconterò una storia dal mio libro.

Per primo vi citerò un nome – quello del Dr. Nahum Goldmann.

E’ stato uno dei padri fondatori della Lobby Sionista in America. Dopo le atrocità dell’olocausto nazista, nessuno ha lavorato con tanto fervore e tanta efficacia per portare l’unione tra gli ebrei nel mondo e per assicurare ai sionisti il supporto da parte dell’America. Quando morì, nel 1982, ricevette i funerali di stato in Israele, per essere stato uno dei cinque presidenti della WZO – l’organizzazione mondiale sionista.

In privato, tuttavia, Nahum Goldmann si dichiarava disgustato dalla collaborazione sionista con i nazisti e la posizione dei sionisti che, lungi dall’avere tentato di resistere a Hitler, lo avevano anzi sostenuto e avevano collaborato per le proprie mire relative alla Palestina.

Goldmann aveva anche provato, senza esito, a convincere David Ben Gurion, il fondatore di Israele, che una eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza di Israele sarebbe stata cosa sbagliata. Goldmann disse che una tale decisione da parte del governo provvisorio israeliano equivaleva ad una dichiarazione di guerra nei confronti degli arabi.

All’epoca Goldmann era dell’avviso, e credo avesse ragione, che gli Arabi avrebbero accettato la proposta avanzata e approvata dagli americani per l’istituzione di un’entità ebraica in Palestina, che si sarebbe potuta tradurre in Stato Sovrano indipendente, dopo avere dato prova che non poneva alcuna minaccia agli arabi.

Nel 1974 Goldmann scrisse questo per la rivista New Outlook, pubblicata in Gerusalemme:
“Se (noi sionisti) avessimo investito nel problema arabo una frazione dell’energia, della passione, dell’ingegno, delle risorse impiegate per ricevere il supporto di Gran Bretagna, Francia, USA e Germania - il nostro destino nella questione israeliana sarebbe stato alquanto diverso.

“Non abbiamo fatto sforzi sufficienti per avere il consenso degli arabi, non volevamo accettare alcun compromesso. Non li abbiamo interpellati per le decisioni da prendere e siamo passati sopra le loro teste. Li abbiamo totalmente ignorati, e poi perseguitati, mentre invece, a mio parere, un accordo per un futuro stato ebraico, non aggressivo, sarebbe stato possibile. QUESTO E’ STATO IL NOSTRO PECCATO ORIGINALE.”
Durante l’unica occasione che ho avuto di incontrare Nahum Goldmann, ero commosso dal suo tentativo di gestire il profondo senso di colpa che provava a causa delle ingiustizie inflitte ai palestinesi e per l’enormità del crimine sionista. Era anche evidente la sofferenza che attanagliava l’intero suo essere per il trattamento denigratorio che i difensori del Sionismo gli avevano inflitto per avere osato pronunciare l’inaudito.

Non gli veniva perdonato il suo rifiuto di sopprimere una volta per tutte il suo senso morale per ciò che era giusto e sbagliato.

Il fatto che abbia combattuto e vinto la battaglia con la propria coscienza fa di lui, a mio avviso, un uomo degno di rispetto illimitato agli occhi degli uomini di buona volontà ovunque nel mondo.

Il disprezzo dei sionisti per l’onestà di Goldmann è al meglio illustrato dalla reazione di del Premier Begin alla morte di Golmann. Begin non aveva potuto impedire che Goldmann ricevesse gli onori dei funerali di stato nel cimitero nazionale di Mount Herzl. Ma rifiutò di partecipare ai funerali. Facendo le veci del premier, il vice-premier Simcha Ehrich disse: “Siamo costernati che un uomo con tante virtù e tante abilità abbia fatto la scelta sbagliata.” Non poteva esserci un epitaffio più ingiurioso per l’uomo che aveva fatto tanto per Israele e gli israeliani.

Ma agli occhi dei sionisti, Goldmann si era macchiato di colpe molto più gravi, rispetto all’esprimere l’opinione che una trattativa con gli arabi avrebbe potuto risultare in un accordo per la creazione di un’entità politica ebraica, senza dovere ricorrere a guerre e massacri: in tempi più recenti, Goldmann aveva difeso in pubblico la necessità per uno Stato Sovrano Indipendente della Palestina. Ed era anche diventato il più influente e feroce oppositore ebreo a Israele e alla sua occupazione sistematica delle terre arabe sottratte e colonizzate a partire dalla guerra del ’67.

Goldmann era profondamente indignato per l’affermazione da parte dei sionisti, che gli ebrei avessero non solo il diritto ma il dovere di mettere in atto il progetto della Grande Israele perché Dio aveva loro promesso quella terra.

Goldmann chiamava questa tesi “una profanazione”.

Arrivo al punto cruciale della questione. Il primo di due.

Ci è stato un momento durante il primo mandato di Begin, in cui Goldmann diede al Presidente americano Carter il consiglio di “spezzare” la morsa della Lobby sionista americana. Goldmann disse che ciò era essenziale se Carter voleva avere la libertà di agire con determinazione ai fini della Pace in Medio Oriente.

Allo stesso tempo, il messaggio di Golmann alla comunità ebraica americana era questo: “Se gli ebrei americani abuseranno della propria influenza politica, dando al governo Begin l’impressione che gli ebrei sono forti abbastanza da forzare il governo e il parlamento americano a dare seguito a ogni desiderio di Israele, condurranno Israele su un sentiero rovinoso.”

Il secondo punto cruciale è questo.

Quando a Goldmann divenne evidente che la Lobby sionista stava piegando la volontà di Carter, richiese un nuovo incontro con il Presidente. Fino a quel momento, in ragione della propria statura politica, a Goldmann era bastata una semplice telefonata alla Casa Bianca per potere incontrare il Presidente di turno – ogni presidente.

Ma questa volta, e per la prima volta, non gli fu passato l’interno del Presidente, né il Presidente lo richiamò. Goldmann allora diede ad un conoscente che doveva incontrare Carter il messaggio che lui, Goldmann, aveva bisogno di vedere il Presidente. Quando Carter ricevette la missiva, scosse la testa con tristezza e disse con tono di vero dispiacere: “Sono sotto enorme pressione da parte dei sionisti. Non posso più incontrare il Dr. Goldmann. E’ impossibile.”

Verso la fine della sua vita, profondamente scosso dal fatto che la Lobby sionista fosse riuscita a piegare la volontà di Carter, Goldmann pronunciò questo monito: “La Lobby sionista sta diventando un fattore negativo. Non solo sta distorcendo le aspettative e i progetti politici degli ebrei in Israele, ma arriverà il momento in cui l’opinione pubblica americana non sarà più disposta ad accettare le richieste di Israele e l’aggressività degli ebrei americani.

Arriviamo ora ai giorni nostri.

Ci sono i segni che un numero ancora piccolo ma in costante crescita di americani, compresi alcuni parlamentari, non solo sta esaurendo la pazienza nei confronti delle inesauribili richieste di Israele, ma inizia a capire che il supporto incondizionato per Israele non è nell’interesse dell’America. E questo potrebbe, a lungo termine, influenzare le scelte dell’attuale presidente, Obama.

A mio parere, quando Obama e Carter si sono incontrati, Obama deve avere preso in considerazione il consiglio dell’ex Presidente.

Vi svelerò ora cosa sicuramente Carter deve avere detto a Obama, e vi dirò perché sono al corrente di ciò che Carter pensa.

Quando il mandato di Carter si era appena concluso, l’ex-presidente mi invitò per un incontro presso il Carter Center in Atlanta, Georgia [la sua città di provenienza, n.d.t.]. L’invito era esteso anche a mia moglie, perché Jimmy e Rosalind Carter formano un team a due.

Jimmy aveva seguito la mia attività di mediatore per i Negoziati di Pace tra il leader dell’OLP, Yasser Arafat, e Shimon Peres, allora leader del partito di opposizione in Israele. Peres in quel momento sperava di vincere le prossime elezioni in Israele e con ciò negare all’estremista Begin un secondo mandato come premier.

Carter mi chiedeva un aggiornamento sulla mia missione e un resoconto sull’attuale realtà in Palestina. Nel mio libro, l’intero resoconto delle mie trattative tra Arafat e Peres è narrato nel capitolo 35.
[Qui va ricordato, che a partire dalla fine della sua Presidenza, Carter ha fatto come missione della sua vita, portare giustizia ai Palestinesi – n.d.t.]
Una delle molteplici rivelazioni che troverete nel mio libro, è che ogni Presidente americano è costretto ad accettare la perenne presenza, nella Casa Bianca e nella Stanza Ovale, di un controllore sionista. Una presenza costante, ovunque il Presidente si rechi, in patria e all’estero, in privato e in pubblico.

Il compito del controllore sionista è di tenere la Lobby al corrente di ogni iniziativa che il presidente sta progettando – che sta progettando, attenzione, non già messa in atto – in modo che la Lobby sia informata su eventuali politiche non gradite ai sionisti. Questo dà alla Lobby il tempo necessario per organizzarsi con i suoi fantocci all’interno del Parlamento, per bloccare il Presidente e per rendergli la vita molto, ma molto difficile.

Arrivato al Carter Center con mia moglie, ho constatato che il controllore sionista - che conoscevo - era sempre presente. Anche dopo la presidenza, Carter veniva sorvegliato e monitorato.

Anzi, era stato proprio il controllore sionista a riceverci, me e mia moglie. Era partito dal presupposto, come era “naturale”, che sarebbe stato presente al nostro incontro. Ma quando il controllore stava per chiudere la porta dietro di sé per aggregarsi a noi quattro, Carter con un cenno della mano e con un sorriso gentile, gli disse: “La tua presenza non è necessaria, Ken. Questa cosa la gestiamo da soli.”

Ma Ken non si perse d’animo. Dopo l’incontro con Jimmy e Rosalind, Ken fu talmente insistente che alla fine accettammo l’invito per una cena fuori orario. La sua mira era di spremermi per informazioni sulla conversazione con Carter. (Ciò mi diede comunque la prova, che non erano riusciti a mettere le cimici per l’occasione dell’incontro).

Durante la conversazione a porte chiuse con l’ex-coppia presidenziale, Carter mi disse che ogni Presidente aveva solo due “finestre di opportunità” per affrontare i sionisti, in Israele e in America: I PRIMI NOVE MESI DEL PRIMO MANDATO COME PRESIDENTE e L’ULTIMO ANNO DI PRESIDENZA DELL’EVENTUALE SECONDO MANDATO (si sa che dopo un secondo mandato il Presidente non può più essere eletto, né allora, né dopo).

Perché solo durante i primi 9 mesi del primo mandato?
Ovviamente conoscevo la risposta e Carter lo sapeva.
Ma vorrei spiegarla al pubblico.

A partire dal mese nr. 10, inizia la campagna di raccolta fondi per le elezioni parlamentari di metà del parlamento. Il decimo mese segna l’inizio del periodo in cui i candidati al parlamento fanno comizi e interviste su Tv e giornali e devono stare attenti a parlare secondo un copione dettato dai sionisti, se vogliono essere sicuri di ricevere i finanziamenti per la loro campagna elettorale e i voti della comunità ebraica super-organizzata.

Appena finite le elezioni di quella metà del parlamento, inizia la campagna di raccolta fondi per le elezioni dell’altra metà del parlamento e per le nuove elezioni presidenziali. In altre parole, ogni due anni il Parlamento si rinnova parzialmente, sia alla Camera che al Senato. I parlamentari possono essere riconfermati o sostituiti dal candidato del partito di opposizione.

Ma detto ciò, vorrei aggiungere un commento personale.

NON biasimo la Lobby sionista per il gioco vizioso che gioca, utilizzando i fondi praticamente illimitati per comprare i politici americani e per mettere in moto la formidabile macchina sionista che provvede affinché i voti vadano al candidato scelto dalla Lobby (sia per la Presidenza che per il Parlamento)

Nel mio libro, mi spiego in questi termini:

Nei momenti cruciali, la Lobby sionista è sempre stata, come è tuttora, il vero e reale fautore delle politiche estere americane, soprattutto quelle relative al Medio Oriente - non lo è il Presidente e non lo è il governo.

Ma questo non è il cuore del problema.

La verità che qui voglio sottolineare, è che i politici americani, compreso il Presidente, in realtà hanno sempre avuto una scelta. NON ERANO E NON SONO COSTRETTI A FARE GLI INTERESSI DELLA LOBBY SIONISTA. Scelgono di farlo per i propri interessi a breve termine, politici e personali.

In altre parole, la Lobby sionista non fa altro che servire gli interessi dei sionisti, adeguandosi al gioco.

Personalmente condanno invece la pratica viziosa delle dinamiche politiche americane. Il fatto che le campagne elettorali sono finanziate e condotte in un certo modo, le rende suscettibili alla corruzione da parte di gruppi di interesse e alla manipolazione da parte delle Lobby, tanto da impedire un processo elettorale che sia davvero democratico.

Durante i miei tour di conferenze in America ho spesso fatto notare che la cosiddetta “democrazia americana” è in realtà tenuta in ostaggio da parte della Lobby sionista. Ma ho sempre aggiunto che ciò non sarebbe potuto accadere senza la complicità e connivenza dei politici americani, in particolare quelli del partito democratico.

Ora la domanda è: a Obama verrà permesso di vincere la battaglia in merito alle politiche da avviare in favore della Palestina, oppure il Parlamento lo costringerà a gettare la spugna?

Aggiungerò, che mi sembra molto improbabile, data la realtà geografica attuale in Palestina e l’estensione dell’occupazione israeliana, che si possa ancora parlare di una soluzione di due Stati, quello palestinese accanto a quello israeliano.

I sionisti fanno di tutto affinché il mondo non conosca la verità, e cioè che a più riprese il governo palestinese Hamas ha dichiarato di essere a favore della soluzione di due stati, implicando con ciò che non si opporrebbe a riconoscere lo stato di Israele, qualora ai palestinesi venisse offerta la possibilità di uno stato sovrano indipendente.

E’ questa la posizione reale di Hamas, perché i suoi leader non sono degli idioti. Certo, a loro non piace la soluzione dei due stati, perché con ciò non verrebbe fatta davvero giustizia ai palestinesi e non ci sarebbe la riparazione del torto da parte dei sionisti. Ma sanno anche che non avrebbero altra scelta, perché la maggioranza dei palestinesi sarebbe disposta ad accettare questa soluzione, con Gerusalemme divisa in due capitali. Ma, aggiungo, per quanto tempo ancora i palestinesi saranno disposti a questo compromesso?

E qui voglio aprire una parentesi.

Anche la posizione reale di Hezbollah, nel Libano, e quella dell’Iran non sono ciò che i sionisti vogliono fare credere per mezzo della loro fraudolenta propaganda, universalmente accettata. In realtà, sia Hezbollah che Iran sono disposti ad accettare qualunque opzione accettata dai Palestinesi.

A volte mi viene chiesto perché a mio avviso Netanyahu sia ben consapevole della falsità della sua propaganda in merito alla presunta intenzione da parte dell’Iran di produrre armi nucleari allo scopo di annientare Israele.

La mia risposta è questa.

Per potere giustificare i propri crimini - passati, presenti e futuri – i sionisti devono fare credere al mondo che Israele abbia dei nemici che rappresentano una minaccia all’esistenza di Israele.

Come dimostro in modo dettagliato nel mio libro, l’esistenza di Israele non è mai stata, in alcun momento, messa in pericolo - nemmeno da parte delle forze militari arabe. Non nel ’48. Non nel ’56. Non nel ’67. E nemmeno nel 1973. L’affermazione del contrario, da parte dei sionisti, è la copertura che permette a Israele di farla franca con le potenze più importanti – quelle europee e quella americana.

Israele riesce a convincere il mondo occidentale a vedere l’aggressione di Israele come auto-difesa, presentandosi nelle vesti della vittima, mentre invece è il carnefice.

Man mano, però, che i cittadini occidentali aprono gli occhi e vedono la verità storica, diventa sempre più importante per i sionisti la necessità di mostrare al mondo un “nemico”.

Il nemico prescelto è l’Iran – per tutta una serie di motivi.

Ma tanto per dibattere, facciamo l’ipotesi che l’Iran possegga davvero uno o più ordigni nucleari, o che li stia costruendo. Credete che a quel punto davvero gli iraniani colpirebbero, PER PRIMI, Israele?
E’ ovvio che no!
Se lo facessero, l’Iran verrebbe spazzato dalla faccia della terra.
Nessun leader o governo iraniano sarebbe tanto idiota.
Ma se Netanyahu e altri della sua risma credono davvero alle sciocchezze che promulgano, allora sono loro che vanno imputati di idiozia da caso clinico.

Inoltre Netanyahu gioca la carta iraniana per deviare l’attenzione di Obama – e dell’opinione pubblica – dall’occupazione della Palestina.

Ma per tornare alla questione della Palestina

Obama è il primo Presidente a capire realmente le vere dinamiche del “conflitto” in Palestina.
Sa inoltre che per contrastare in modo efficace l’influenza esercitata dalla Lobby sionista sul Parlamento e sui media, è necessario che venga a crearsi una massa critica di persone informate, in modo che gradualmente gli americani possano capire chi deve fare cosa per portare la giustizia e quindi la pace in Medio oriente.

Dopo l’incontro con Carter (criticato dai media), Obama è più che mai consapevole dell’urgenza di informare i cittadini americani affinché abbiano il potere contrattuale nei confronti dei candidati da eleggere, perché saranno consapevoli che fare il gioco dei sionisti non è nell’interesse dell’America e della democrazia.

C’è stato un passaggio nel discorso di Cairo, che era inteso come “chiamata alla raccolta” per i cittadini americani – un appello presidenziale affinché aprissero gli occhi per vedere ciò che davvero succede in Palestina. Era il passaggio in cui ha scandito con particolare enfasi e partecipazione emotiva le parole che descrivevano “l’umiliazione” che i palestinesi devono soffrire su base quotidiana come conseguenza “dell’occupazione”.

Queste parole non erano dirette agli arabi e ai musulmani del mondo, se non per confermare che lui, Obama, sapeva bene.

Queste parole erano intese per le orecchie degli americani. Il concetto che i palestinesi subissero “l’occupazione israeliana” equivaleva da una vera e propria rivelazione per la maggioranza degli americani che non hanno la minima idea su ciò che succede in Palestina, né tantomeno sulla verità storica di tale realtà.

A causa della collusione dei media con il potere sionista e del condizionamento a cui è sottoposta l’opinione pubblica americana, Obama è, ovviamente, molto limitato nella possibilità di aprire gli occhi ai cittadini in merito a ciò che è necessario fare per trovare una soluzione che la maggioranza dei palestinesi, arabi e musulmani possa accettare. Ma non c’è limite per ciò che ALTRI possano fare.

E qui devo apporre un triste commento.

Una delle tragedie del presente è che i Regimi Arabi non stanno facendo ciò che è in LORO potere per aiutare a creare in America una massa critica informata che sarebbe di aiuto a Obama per tenere a bada la poderosa influenza che la Lobby sionista esercita sul Parlamento nei momenti che contano.

Alcuni di noi – ma purtroppo pochi americani – sanno che esiste il Piano di Pace Arabo concepito da parte dei Sauditi e ufficialmente approvato dal Consiglio Arabo durante il summit in Beirut nel 2002 – tuttora sul piatto delle trattative ma mai preso in considerazione dai sionisti.

Ciò che il Piano propone è questo (in sostanza):

in cambio della ritirata completa da parte di Israele dai territori occupati mediante la guerra del ‘67, e l’accettazione ufficiale da parte di Israele di uno stato sovrano palestinese indipendente che comprenda il West Bank (Gisgiordania) e la Striscia di Gaza, con Gerusalemme Est (Al-Quds) come capitale, a Israele viene offerta la pace definitiva a tutti gli effetti e la completa normalizzazione delle relazioni con il mondo arabo. Per citare il testo letterale, i paesi arabi “considererebbero concluso il conflitto arabo-israeliano”.

*

Ma per tornare agli Arabi e alla morsa sionista sulla politica americana.

Cosa potrebbero o DOVREBBERO fare i regimi arabi per aiutare a creare una massa critica informata, in America, che possa assistere il Presidente Obama a fare ciò che Nahum Goldmann aveva consigliato al Presidente Carter: spezzare la presa della Lobby sionista sul Parlamento?

La risposta ovvia è: usare il potere dei soldi per promulgare l’informazione sul loro Piano di Pace.
I Sionisti usano il potere del denaro per comprare i politici.
I regimi arabi – a cui certo non mancano i mezzi – possono comprare, servendosi delle proprie agenzie, spazi pubblicitari nelle emittenti televisive, nelle radio, nei giornali e nelle riviste.

Ma ancora meglio, potrebbero fare ciò che gli americani fanno nel Medio Oriente e nel Sud-Est Asiatico, dove gli americani, i britannici e altri, hanno aperto canali di news trasmesse nelle lingue locali (nella sola Iran le potenze occidentali hanno aperto almeno 40 canali in Farsi – ad esempio la BBC, ma molti altri), che le potenze occidentali utilizzano per disinformare la popolazione locale e condizionare l’opinione pubblica in favore delle politiche occidentali, in realtà di stampo coloniale imperialista.

Gli arabi potrebbero perfino COMPRARE – sempre per mezzo delle agenzie - le emittenti americane attualmente in gravi difficoltà finanziarie, come la CNN. Potrebbero organizzarsi per diventare un “Rupert Murdoch” versione virtuosa, visto che la strategia è quella di RACCONTARE LA REALTA’ DEI FATTI (come fa PressTv, ad esempio – n.d.t) – contrapposta alle menzogne propagate da parte dei sionisti e neo-conservatori, americani e britannici.

A mio parere, se esiste una volontà, i cittadini americani saranno informati che, per quanto riguarda la quasi totalità dei palestinesi e la maggioranza degli arabi e musulmani nel mondo, LA PACE E LA SICUREZZA PER TUTTI E’ A PORTATA DI MANO se Israele verrà obbligata a cessare il proprio comportamento criminale e a rispettare il Diritto Internazionale - e se si impedirà a Israele di opporsi alla volontà della comunità internazionale espressa per mezzo delle Risoluzioni ONU.

Il mio discorso non vuole essere un’indicazione sicura che la morsa della Lobby sionista sul parlamento americano si allenterà in un futuro prevedibile. Dico però che tale morsa potrebbe essere spezzata se l’opinione pubblica sarà informata sulla verità storica di Israele e sulle dinamiche elettorali in America.

Sarà allora in grado di capire che il supporto per Israele e per i sionisti non è nell’interesse dei cittadini, né in America né in altre parti del mondo. E sarà in grado di aprire gli occhi per vedere che NON sono i Palestinesi, o gli Arabi, o i Musulmani nel mondo a costituire l’ostacolo alla Pace. L’ostacolo è lo Stato Sionista di Israele.

Perché i Palestinesi e gli Arabi e i Musulmani non chiedono altro che informare l’America e il mondo che le loro intenzioni sono pacifiche. Siamo noi, in Europa e in America, che dobbiamo fare di tutto affinché le loro voci possano arrivare nelle nostre società.

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