No / Onu / BDS / Prec. ↔ Succ.
Il governo israeliano è ben consapevole del dilemma che dovrà affrontare se le navi della FF2 riusciranno a prendere il largo in direzione Gaza, e quindi mette in atto tentativi disperati di impedirne la partenza, usando le tattiche a cui ricorre da sempre: ricatti, pressioni, corruzione, sabotaggi. Senza questi mezzi, e senza le violenze, le guerre, il terrorismo di stato, Israele non esisterebbe. Come non esisterebbe se non fosse protetta dal parlamento di Washington e dal potere di veto che esercitano gli USA nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Qualora la Flotilla riuscisse a partire, Israele affronterebbe un imbarazzo senza precedenti che la vedrebbe costretta a prendere una decisione importante dal punto di vista strategico. Ecco in sintesi l’analisi degli esperti e giornalisti – quelli veri che non leggono dal copione sionista.
1 - Fermare la Flotilla in mare, impedendole di raggiungere la propria destinazione - specie se con mezzi violenti - rappresenterebbe un incubo per le pubbliche relazioni internazionali di Israele: le immagini del massacro a bordo della Mavi Marmara non si sono certo cancellate dalla memoria. Nonostante tutti gli sforzi in atto per impedire ai media di massa di coprire l’evento della FF2, un nuovo confronto in mare aperto con le spedizioni umanitarie dirette a Gaza, scatenerebbe rivolte ovunque che non potrebbero essere ignorate dalla stampa - anche in ragione della partecipazione di molti ebrei americani alla Flotilla.
2 - Dall’altra parte, l’opzione di cedere e permettere alla Flotilla di raggiungere Gaza, creerebbe un precedente ‘pericoloso’. Israele è ben consapevole che con tutta probabilità si innescherebbe un meccanismo inarrestabile di spedizioni e processioni fiume per Gaza, segnando l’inizio della fine dell’assedio. Difficile, comunque, immaginare Israele nell’atto di ‘cedere’, nemmeno per salvarsi da una inesorabile disfatta. Cedere in favore del buonsenso è un’opzione non contemplata nelle politiche del cosiddetto stato ebraico.
Ciò che è successo oggi nel porto di Atene, è la prova - qualora ce ne fosse bisogno - che Israele sta lottando con tutti i mezzi illegali e illeciti [quelli legali non esistono] per arenare la Flotilla nei porti di partenza per Gaza. Ecco in basso il resoconto degli eventi di oggi, completo di immagini.
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Nave USA per Gaza partita
poi catturata in mare
Nave USA per Gaza partita
poi catturata in mare
In Atene, la giornata dei volontari che compongono la spedizione americana per Gaza era iniziata sul sentiero di guerra. Esasperati dagli ostacoli indotti per ritardare la partenza verso Gaza e infuriati per le continue minacce che arrivano da Tel Aviv e Washington, i delegati americani della FF2 hanno messo in atto una chiassosa manifestazione di protesta di fronte all’ambasciata americana in Atene.
Presto sono arrivate le forze dell’ordine e ci sono stati gli inevitabili scontri perché gli agenti tentavano di allontanare gli attivisti con la forza. Non è successo niente di irreparabile, e comunque la rabbia degli attivisti americani nei confronti del proprio governo si è fatta sentire forte e chiaro: basta proteggere Israele - è noi che dovete proteggere! Basta con le minacce ai vostri cittadini: è Israele che dovete minacciare se non si decide a togliere l’assedio di Gaza. Basta con i ricatti al governo greco, fateci partire!
Invece i ricatti continuano e sortiscono l’effetto auspicato da USA/ISRA. Nel pomeriggio era arrivato un comunicato di Press-Tv, che diceva: «Siamo appena stati informati che la nave americana ‘Audacity of Hope’ aveva preso il largo, forse con l’intenzione di raggiungere il punto stabilito per l’incontro in alto mare di tutte le navi della FF2 per Gaza. Tuttavia la nave è stata poco fa catturata da parte delle autorità greche. Vi daremo i dettagli appena ne siamo in possesso». Era proprio “catturata” il termine usato dal giornalista negli studi di PressTv.
Un’ora dopo, ecco il collegamento telefonico con il corrispondente Hassan Ghani [che un anno fa partiva con la Mavi Marmara, e questa volta sarà sulla nave canadese ‘Tahrir’].
Diceva Hassan Ghani: «Dopo tante manovre da parte delle autorità greche per impedire alla nave americana di allontanarsi dal porto, oggi dopo la manifestazione di fronte all’ambasciata americana, i volontari della ‘Audacity of Hope’ hanno deciso di prendere il largo. Presto sono arrivate comunicazioni via Twitter dai volontari americani a bordo: si stavano avvicinando alla nave alcuni battelli da assalto e un’imbarcazione della guardia costiera greca».
Continua Hassan: «Alcuni tra i volontari a bordo si erano già imbarcati l’anno scorso sulla Mavi Marmara, come Paul Larudee. Dicevano che i battelli erano gli stessi Zodiac che avevano assaltato la Mavi Marmara l’anno scorso, e sono rimasti inorriditi dall’implicazione. Sicuramente si trattava di autorità greche, come mostrava l’insegna sulla barca della Guardia Costiera, ma la presenza di eventuali militari israeliani tra gli agenti greci non era esclusa. Al momento la nave è sotto cattura, i battelli la circondano e non sappiamo cosa succederà. Molto probabilmente verrà scortata in porto».
«Ma i fatti che hanno portato alla situazione attuale mi sono noti - continua Hassan Ghani - e sono in pratica gli stessi che affronta la nave canadese. Negli ultimi giorni le autorità hanno continuato a sottoporre agli organizzatori, sia della nave americana che canadese, alcuni documenti burocratici che dovevano essere compilati. E si tratta di documenti molto complessi e difficili da decifrare, di quelli che sembrano chiaramente intesi per creare complicazioni e impedimenti. Infatti è proprio questo che si è verificato. Ogni volta che i portavoce a bordo consegnavano i documenti compilati, venivano restituiti con pretesti in merito ad inesattezze o questioni di non-conformità».
«L’intera storia burocratica è andata avanti fino a oggi, senza risolversi, né per la nave USA né per quella canadese. Anzi, oggi alla nave canadese sono stati requisiti alcuni documenti di bordo, con un pretesto, ed è una cosa grave perché in loro mancanza non è legale partire».
«Siamo venuti a sapere oggi dai funzionari della Protezione Civile greca, che la guardia costiera ha ricevuto l’ordine di prendere tutte le misure necessarie per impedire la partenza di qualunque nave con destinazione Gaza - che siano navi greche o internazionali. Ovviamente il sospetto è che ci siano pressioni da parte di Israele, e che gli ostacoli burocratici ne siano il risultato».
«Comunque - continua Hassan Ghani - siamo tutti sui carboni ardenti, perché abbiamo anche un altro sospetto. Parlando ieri con alcuni delegati della spedizione americana, mi venivano espresse preoccupazioni molto serie. Dicevano che la partenza delle navi assume carattere di urgenza, perché si sospetta che dietro alle manovre per ritardare le partenze si celi l’intenzione di effettuare altri sabotaggi, finché l’intera flotilla sarà resa inagibile. Le procedure burocratiche complicate sarebbero quindi un espediente per guadagnare tempo, e non tanto per vietare la partenza tout-court».
«I volontari della nave americana esprimevano quindi l’intenzione di allontanarsi dal porto, pur sapendo che sarebbero stati sicuramente intercettati. Lo avrebbero fatto per impedire agli agenti israeliani di sabotare la nave in porto».
Hassan Ghani ha terminato il suo resoconto telefonico dicendo: «Quando avrò aggiornamenti in merito alla nave americana chiederò un collegamento.»
Stiamo assistendo ad una vera e propria guerra! PressTv informa inoltre che di recente le relazioni tra Grecia e Israele si sono intensificate, e si stanno tenendo attualmente negoziati interlocutori finalizzati ad un accordo commerciale per la fornitura di energia e per eventuali investimenti da parte di Israele, in soccorso alla crisi finanziaria che affronta la Grecia. Informa inoltre che la difesa israeliana ha ordinato alla marina militare di usare ogni mezzo possibile per impedire alla Freedom Flotilla di arrivare in Gaza.
Di seguito le immagini della nave americana Audacity of Hope che salpa dal porto di Atene, alcune delle quali riprese a bordo. Poi in basso le scene di protesta di fronte all’ambasciata americana e gli scontri con le forze dell’ordine greche.
Alcune immagini sono catturate dal filmato che Press-Tv mandava in onda durante il collegamento con il corrispondente Hassan Ghani.
In basso: alcuni dei volontari a bordo della Audacity of Hope, tra cui la coordinatrice che ha organizzato la spedizione americana: Anne Wright, ex-colonnello dell’esercito americano, che ha dato le dimissioni in protesta degli orrori delle guerre di Washington. Eccola qui in basso, al centro della foto di gruppo. Per un anno ha organizzato la campagna di raccolta fondi, per finanziare la nave americana per Gaza. Ha anche noleggiato una nave che percorreva le acque di Manhattan, ospitando a bordo eventi culturali per la promozione mediatica della spedizione e per raccogliere i necessari finanziamenti.
In basso: al centro la nota autrice afro-americana Alice Walker, seduta accanto a Medea Benjamin dell’organizzazione Code Pink.
In basso: il signore sulla sinistra è Ray McGovern, ex-funzionario della CIA, oggi un attivista agguerrito che combatte costantemente per informare l’America sulle mire imperiali di Washington e Israele. Interviene spesso su PressTv e non perde occasione per protestare pubblicamente e farsi arrestare per fare notizia. Speriamo di avere l’occasione per presentarvi presto anche gli altri membri della delegazione americana, in gran parte personaggi noti alla blogosfera per il loro impegno sulla scena dell’attivismo politico e sociale.
In basso: le immagini della protesta di fronte all’ambasciata americana di Atene.
In basso: commenta in collegamento con PressTv Ken Mayers, un componente della delegazione americana che fa parte della Freedom Flotilla 2:
«Hillary Clinton accusa la spedizione ‘Restiamo Umani’ di provocazione esplicita. Ma mi chiedo: e perché non dovrebbe esserlo? La costituzione stessa della Freedom Flotilla è un deliberato atto di provocazione politica, una dimostrazione esplicita di solidarietà con un popolo che combatte contro l’occupazione, il genocidio, il colonialismo, l’esproprio di territori e di case, la cacciata dalle proprie terre, il razzismo.
La Flotilla è intesa in primo luogo come una esortazione ai popoli e una sfida ai governi per agire tempestivamente al fine di restituire ai Palestinesi il diritto all’auto-determinazione. La nostra missione non è quella di risolvere una crisi umanitaria, pur rispondendo alla necessità per la fornitura di aiuti umanitari che possano alleviare alcune delle emergenze più estreme.
È questo il messaggio che vogliamo fare arrivare al nostro governo protestando oggi di fronte all’ambasciata americana in Atene. Washington ci fa sapere che la nostra missione è superflua perché esisterebbero canali preposti al flusso di aiuti umanitari per Gaza. Ma è proprio questa realtà che noi contestiamo: costringere un popolo ad accettare l’umiliazione di dipendere da aiuti umanitari, perché si vuole tutelare l’oppressore che impedisce al popolo assoggettato illegalmente la libertà di perseguire il benessere. È questo stato di cose inaccettabile che noi veniamo a combattere soprattutto sul piano mediatico. Il nostro è senz'altro un atto di provocazione, deliberata e ben mirata».
La Flotilla è intesa in primo luogo come una esortazione ai popoli e una sfida ai governi per agire tempestivamente al fine di restituire ai Palestinesi il diritto all’auto-determinazione. La nostra missione non è quella di risolvere una crisi umanitaria, pur rispondendo alla necessità per la fornitura di aiuti umanitari che possano alleviare alcune delle emergenze più estreme.
È questo il messaggio che vogliamo fare arrivare al nostro governo protestando oggi di fronte all’ambasciata americana in Atene. Washington ci fa sapere che la nostra missione è superflua perché esisterebbero canali preposti al flusso di aiuti umanitari per Gaza. Ma è proprio questa realtà che noi contestiamo: costringere un popolo ad accettare l’umiliazione di dipendere da aiuti umanitari, perché si vuole tutelare l’oppressore che impedisce al popolo assoggettato illegalmente la libertà di perseguire il benessere. È questo stato di cose inaccettabile che noi veniamo a combattere soprattutto sul piano mediatico. Il nostro è senz'altro un atto di provocazione, deliberata e ben mirata».
... continua ...
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