mercoledì 20 luglio 2011

Verso Gaza 46: Manifestazione romana ‘nei pressi’ dell’Ambasciata israeliana, per la liberazione dell’equipaggio della nave francese “Dignité”.

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È la seconda volta che partecipo ad una manifestazione che avrebbe dovuto svolgersi davanti all’edificio dell’Ambasciata israeliana in Roma, analoga a quelle svoltesi proprio davanti all’ambasciata greca, poco distante da quella israeliana. Chi stava all’esterno poteva vedere l’edificio con le insegne dell’Ambasciata greca. I poliziotti avevano solo chiesto cortesemente ai manifestanti di spostarsi nel marciapiedi antistante l’Ambasciata, situata all’angolo fra via Saverio Mercadante e via Gioacchino Rossini. Abbiamo perfino potuto parlare con un autista dell’Ambasciata, che aveva aperto il cancello ed una delegazione è stata anche ricevuta dal personale dell’Ambasciata, che ha fornito spiegazioni di circostanza sulle ragioni per le quali le navi della Flotilla erano state bloccate nei porti greci. Ma dell’Ambasciata israeliana non abbiamo potuto vedere neppure l’edificio. L’imbocco di via Michele Mercati, anche questa volta, era inibito ai cittadini italiani. La prima volta è stato durante i giorni di “Piombo Fuso”, quando 200.000 persone sfilarono in Roma da piazza Vittorio a piazza di Porta San Paolo. Si direbbe che non solo l’edificio dove ha sede l’Ambasciata israeliana sia zona extraterritoriale, protetta da cecchini armati oltre che dalla polizia italiana, ma anche tutta via Michele Mercati. Il nostro è proprio un paese a sovranità limitata e sappiamo ormai da tempo anche da chi limitata.

Se ne accorto parrebbe anche l’oratore che ha tentato di animare una manifestazione, certamente non numerosa per partecipazione. Bisogna riconoscerlo e non è qui il caso di fare del trionfalismo. Mentre sono assai forti e chiare le ragioni politiche, che questa volta hanno visto anche la presenza del vignettista Vauro Senesi fra i manifestanti nei pressi dell’Ambasciata israeliana, non può dirsi che la partecipazione sia adeguata. Ma qui il problema dovrebbe riguardare la cosiddetta “dirigenza” o quella che si propone come tale e che nessuno ha voglia o interesse a contestare. Non sono in gioco poltrone e appannaggi di potere, ma posizioni per le quali si finisce facilmente in prigione, come è appunto occorso ai pacifisti della nave francese. E quindi nessuno qui ambisce al potere, dal quale gli uomini sono sempre terribilmente attratti.

Si è discusso fra i pochi presenti che forse avrebbe maggiore efficacia una manifestazione davanti ai politici che si sono lasciati convincere dalle pressioni israeliane. Andando davanti ai loro palazzi del potere si potrebbero inscenare manifestazioni capaci di far riflettere i comuni cittadini, che hanno sufficiente terzietà e comune senso della giustizia. Ad esempio, si potrebbe andare in piazza del Campidoglio e chiedere per quali ragioni sia stata concesso la cittadinanza onoraria al soldatino Shalit e non si sia invece pensato di concederla ad un certo Mordecai Vanunu, il quale fu rapito a Roma da agenti del Mossad, che non si fecero molto scrupolo di oltraggiare la città di Roma e violare la sovranità italiana. A noi impediscono di portare aiuti umanitari in una terra che non è la loro, dove tengono in prigione un milione e mezzo di persone, di cui il soldatino Shalit era carceriere, e loro rapiscono ed uccidono chi vogliono nelle nostre città, dispongono dei nostri politici come se fossero loro sottoposti. Anche Rachel Corrie fu uccisa da un soldatino, mentre con il suo corpo davanti ad un buldozer faceva scudo alla distruzione di una casa palestinese, in uno degli infiniti episodi di “pulizia etnica”. Le inchieste israeliane sentenziarono che fu un errore di manovra del buldozer. Come a dire che la povera Rachele se l’era cercata, come pure Vittorio Arrigoni, la cui campagna di diffamazione è già partita. Sono fandonie che si avvalgono dei media murdochiani, basate sulle ripetizione costante in assenza di contraddittorio: ogni fandonia diventa così verità di stato. A Tel Aviv sono maestri insuperati nell’arte delle fandonie e della diffamazione.

Ma chi era questo questo Mordecai Vanunu di cui i media si sono dimenticati? È il tecnico israeliano che rivelò al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana e che subì per questo pesanti anni di carcere ed è ancora sorvegliato a vista. È curioso come nel giorno della venuta in Roma, alla FAO, del presidente iraniano Ahmadinejad sia stata inscenata proprio in piazza del Campidoglio, alla presenza del sindaco e di tutta la Israel lobby, un protesta contro l’Iran in ragione di una bomba che l’Iran non possiede, mentre la possiede (e come!), ma tutti fanno finta di non saperlo e nessuno chiede conto ad Israele di questa bomba. Cosa ne vuol fare? È davvero puntata sulla nostra testa ed è ragione di ricatto e minaccia. Ci piacerebbe che i politici, ad incominciare dal sindaco, ce lo dicessero. E si potrebbe poi andare al vicino palazzo della provincia, per chiederlo al sionista Zingarello, o alla Polverini, tutti “amici” di Israele, e “nemici” dei palestinesi, o al massimo “equivicini”.

Nei libri di Chomsky si trova un ritornello con il quale si descrive l’azione politica della Israel lobby all’interno dei singoli paesi: “meglio investire in un politico, anziché in un carro armato”. Israele di carri armati, aerei, sommergibili nucleari (donati gratis dalla Germania), ed ogni genere di diavoleria mortifera, ne ha già in abbondanza. Leggendo il libro di Mearsheimer e Walt si trovano descritti i meccanismi di acquisto e corruzione dei politici americani. Non è da pensare che da noi siano in uso metodi diversi. Dunque, le contestazioni e le manifestazioni andrebbero fatte contro un ceto politico che ha chiaramente tradito il popolo italiano, sotto innumerevoli aspetti, di cui uno riguarda la politica estera, così dannosa per un paese come l’Italia tutto proteso nel Mediterraneo, autentico ponte di comunicazione fra tre continenti. L’assurdità della politica estera di un Frattini, grande “amico” di Israele, salta subito agli occhi guardando la carta geografica, le statistiche delle popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo, le risorse di cui questi paesi dispongono e che a noi mancano e che potremmo ottenere con uno scambio reciprocamente vantaggioso, come aveva intuito Enrico Mattei, prima che uccidessero misteriosamente.

Dunque, anche se in pochi, non per questo i manifestanti erano meno motivati ed avevano minori ragioni per manifestare. Quanto poi al relativo silenzio mediatico non è difficile da spiegare, guardando per un verso a Murdoch e per l’altro ai fiumi di denaro che Israele sta versando a giornalisti e politici: una ulteriore conferma per i dubbiosi circa il ruolo della stampa ed il suo effettivo possesso. È stato però scritto che i piccoli e in apparenza più deboli possono vincere un nemico più grande e più forti, se si sa trovare la giusta strategia. Chiamare alla sbarra i nostri politici più essere più proficuo che andare a fare manifestazione nei pressi di un’Ambasciata, la cui strada è stata tolta alla sovranità dello Stato italiano ed al calpestio dei cittadini italiani. La volgarità, tutta «trullallerò trullallà», con cui la propaganda sionista in Italia sbeffeggia la lotta per il diritto internazionale, la pace e la civiltà, è tutta da mettere nel conto dei nostri politici e parlamentari che vanno a gozzovigliare alle tavole del governo “ebraico e sionista” della Palestina occupata, detta Israele. Non meno volgare la saccenza con cui si tenta di irridere ad un crudo fatto di sconcertante semplicità: voglio andare a Gaza e tu me lo impedisci con una violenza e prepotenza, alla quale non riconosco nessun diritto! Se «crociera» è stata quella della nave “Dignité”, è ben strano che contro dei «croceristi» si siano mobilitate almeno 7 navi da guerra e oltre 150 soldati armati fino ai denti e bendati, secondo quanto narra la giornalista Amira Hass, che era a bordo dell’imbarcazione presa d’assalto dai “pirati” sionisti. È il solito senso delle proporzioni che hanno da quelle parti, da quando hanno hanno incominciato a cacciare la gente dalle loro case e dai loro villaggi, per insediarsi al posto loro, rivendicando un “diritto storico” del tempo degli Etruschi. Ognuno di noi sa cosa si può provare quando qualcuno ci sbarra la strada e ci impedisce il più elementare dei diritti: quello di poter andare liberamente in pace e disarmati, là dove si vuole andare, convinti di averne pieno ed assoluto diritto, che nessuno può impunemente violare e conculcare. A tutti costoro e ai nostri politici in particolare occorre chiedere conto della morte di Vittorio Arrigoni, del suo precedente arresto e ferimento, del trattamento riservato agli italiani della prima Flotilla, delle pressioni esercitate sul governo greco per non far partire la nave italiana e la Flotilla che portava come nome il motto “Restiamo umani”: Vittorio ha dato la sua vita per la Palestina ed a togliergliela non è stata la Palestina, le cui divisioni, spartizioni, affamamento, asservimento, programmazione di malattie letali e debilitanti, in una parola sola “pulizia etnica” sono scientificamente studiate, fomentate, finanziate e ispirate dal nemico sionista, un crudele carnefice che pretende dalle sue vittime il riconoscimento di legittimità. Si badi bene e si presti attenzione: dire “pulizia etnica” è lo stesso che “genocidio”. Pappe, nel suo libro, lo spiega sulla base della normativa internazionale sancita dopo le guerre etniche avvenute nella ex-Iugoslavia. Pendono ancora al riguardo giudizi per crimini di guerra e contro l’umanità. Dire “pulizia etnica” significa un crimine più sofisticato e complesso di quello che va sotto il nome di “genocidio”. Significa ad esempio fare di tutto per decapitare una popolazione delle sua classe dirigente o sostituirla con una asservita: esattamente quello che ha sempre fatto il sionismo, non solo con i palestinesi. Significa negare ai palestinesi quel “diritto al ritorno” che perfino l’iniquo Onu ha riconosciuto loro, dopo l’illegittima spartizione della Palestina, su un pezzo della quale Israele ha edificato il suo stato di coloni ed immigranti. Significa indurre con ogni mezzo la popolazione palestinese all’emigrazione. Significa la costruzione del Muro (altro che “barriera difensiva”!) e la progressiva sottrazione di terre, acqua e spazio agli “indigeni”, favorendo lo sviluppo e la crescita degli insediamenti coloniali. Significa pretendere che gli stati arabi confinanti assorbiscano ciò che Israele espelle. Non è dunque solo la Pulizia etnica che Ilan Pappe descrive nel 1948. È una “pulizia etnica” che chiunque può osservare ogni giorno. Ed era ciò che faceva esattamente Vittorio Arrigoni, guarda caso ucciso giusto in tempo da una mano sicaria. È terribilmente curioso come, in un articolo del ragazzo E. Ottolenghi, apparso addirittura sul sinistro Ha’aretz del 15 luglio 2011, e appena apparso in italiano il 20 di luglio in una testata di propaganda sionista, si tenti di togliere credibilità allo storico, israeliano ed ebreo, Ilan Pappe forse pretendendo da lui – quello stesso “ordine scritto” per l’esecuzione del piano Dalet che invece si nega ferocemente, con l’inflizione fino a 12 anni di carcere, agli storici revisionisti che lo chiedono per Hitler quale autore e responsabile del genocidio ebraico: doppio standard con due pesi e due misure. Il senso del testo e del discorso di Ottolenghi non ci pare del tutto chiaro e dovremo fare altre verifiche testuali. Ritiene forse egli infondata e chimerica la “pulizia etnica della Palestina”? Gli amanti tardivi tardivi della libertà non sorvolino tuttavia sul fatto che in Europa (e si vuole anche in Italia) centinaia di migliaia di persone vengono penalmente perseguite per meri reati di opinione. Ma i due casi, quello nazista e quello sionista, vi è una differenza abissale: l’uno è di epoca remota, e unicamente suscettibile di ricerca storica libera e soggetta alla discussione e al contraddittorio; l’altro è ancora attuale e in atto, verificabile da quanti hanno occhi per vedere e forza morale ed intellettuale per parlare. Altra curiosa singolarità è che i 750.000 profughi espulsi nel 1948 reclamano il diritto a rientrare nelle loro di cui conservano ed esibiscono ancora le chiavi ed i titoli di proprietà. Ed è davvero curiosa l’argomentazione con cui si pretende di negare un chiaro diritto: siccome se ne sono andati ovvero sono stati cacciati, quelli che da sempre c’erano, da quelli che mai c’erano stati e che sono entrati nelle case altrui usurpandole, costoro pretendono che non abbiano nessun diritto, a differenza di quelli che sono rimasti ed al quale viene riconosciuto un diritto minore, da apartheid, fin quando non riescono ad espellere pure. I palestinesi chiamano ciò Nakba, ma è negato loro il diritto di chiamarsi palestinesi ed imposto per legge l’Oblio, mentre a noi in Occidente sempre per legge è imposta la loro «Memoria», con gravissimo vulnus per la libertà di insegnamento. Davvero un costante regione di doppio standard su tutti i livelli possibili: scientifico, etico, pedagogico, giuridico. Sono autentiche corbellerie quelle che tentano di negare il diritto politico, morale ed etico al ritorno dei palestinesi nella loro terra: non ingannano neppure uno studenti al primo anno di un corso di studi in scienze o giuridiche, o in filosofia e non meritano confutazione. Incredibile, ma in Italia vi è chi è complice di una così inaudita violazione dei diritti umani di cui sempre si riempiono la bocca, in specie della libertà di pensiero e di espressione, nonché di ogni principio di umanità oltre che della distruzione di qualsiasi diritto internazionale. Mai nel popolo italiano è stato così bassa la stima e la considerazione dell’intera sua classe politica, di destra, di centro e di sinistra, tutti seduti alla stessa tavola, mai è stata così alta in 150 anni di storia italiana il desiderio di liberarsi di una casta tanto corrotta e capace ad ogni inganno. E la politica filo-israeliana dei Frattini, degli Alemanno, e soci, è una componente di un così pessimo giudizio. Vi è fondatamente da sperare che la primavera araba soffi anche sulle nostre coste.

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