venerdì 8 luglio 2011

Studi: V. Sull’«antisemitismo» come accusa strumentale per la diffamazione e repressione del dissenso politico.

Studi: I - II - III - IV - V -

Il tema dell’«antisemitismo» si è imposto negli ultimi anni alla nostra attenzione, ma non già nelle accezioni che il termine poteva avere quando Bernard Lazare scriveva il suo libro, rimasto a nostro avviso insuperato. Ci si serve di questo termine per zittire il contraddittore, per terrorizzarlo, senza che questi neppure sappia di cosa viene accusato. È una vera e propria forma di moderno terrorismo ideologico. A fatica riusciamo, anzi non riusciamo, ad enucleare un significato oggettivo del termine. Eppure esiste una economia imponente dell’«antisemitismo». Vengono finanziati innumerevoli centri di studio e di ricerca sull’«antisemitismo» e soprattutto sul modo di combatterlo e di reprimerlo, prima ancora che si sappia cosa è. Io ho usato spesso l’espressione “lettre de cachet”, in uso nell’ancien regime, con la quale si consegnava un mandato di arresto in bianco, dove occorreva solo inserire il nome della persona di cui ci si voleva liberare. Vengono redatti “rapporti” annuali sull’«antisemitismo», dove viene data la statistica del “casi”, spesso consistenti in graffiti sui muri delle stazioni e dei bagni pubblici. Non si hanno invece le statistiche delle persone che in Germania, Francia e altri paesi ogni anno vengono imprigionate per meri reati di opinione. Eppure sembra che siano numeri allarmanti che farebbero riflettere i più se ne avessero conoscenza. Insomma, siamo in presenza di un fenomeno grave di cui innanzitutto vogliamo qui cercare di avere conoscenza. Questa sarà una pagina preliminare di raccolta di primi dati, che poi ci riserviamo di approfondire più analiticamente in distinti post.

SOMMARIO: 1. La “prestigiosa” Yale University ed il suo appena abolito Centro studi sull’antisemitismo. – 2. La definizione introvabile. – 3. Gli intenti “scientifici” di Carletto. – 4. Carletto e Fiammetta: una bella coppia. – 5. La trasferta berlinese di Carletto. – 6. Il dito puntato “degli” antisemiti o “sugli” antisemiti? – 7. Il Mosè di Rossini e di nuovo la taccia di antisemitismo. – 8. “Lo stretto legame fra sinagoghe e terrorismo”: il ‘mondo rovesciato’ dell’Hasbara. – 9. Stanche e stantie riproposizioni. –

1. La “prestigiosa” Yale University ed il suo appena abolito Centro studi sull’antisemitismo. – Andando al link del titolo si accede ad articolo di un “addetto” alla caccia di “antisemiti” e ipso facto critici di Israele, o viceversa, con il quale vogliamo risparmiarci una fin troppo facile polemica. In circostanze normali avremmo semplicemente ignorato l’articolo del “Foglio” ed il suo autore, ma è ricco di dati a noi ignoti. Non sapevamo ad esempio che l’università in questione fosse assai prestigiosa e che motivo del suo prestigio era un annesso centro studi sull’«antisemitismo» e - si badi bene – sul modo di combatterlo. A nostro avviso, di universitario italiano che mai ha studiato o soggiornato in università americane, un simile centro studi fa lo stesso effetto che potrebbe fare un centro studi sulle streghe e sui metodi migliori per combatterle. Siamo agli antipodi della scienza e personalmente non darei nessun credito ad una università che menasse vanto di un simile centro studi. Il fatto che Yale si sia deciso ad abolirlo corrisponde per me ad un ripristino della serietà scientifica: non sono in questo caso il il “complottista” che immagina questioni di soldi, dovuti a finanziamenti islamici. Curioso poi apprendere come la ricchissima America si debba basare per il finanziamento delle sue università di soldi islamici ed è anche piuttosto strano che i paesi islamici anziché curare le proprie università e fondarne nei propri paesi vadano a portare soldi in America. Veramente assurde le cose del mondo.

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2. La definizione introvabile. – Il criterio è di leggere anche questo testo, tralasciando altri elementi, in particolare propri del libro di Ottolenghi, di cui ci siamo occupati altrove, e di chiedersi: Ma cosa è questo “antisemitismo”. E non si trova una definizione oggettiva. Un diritto assolutamnente elementare come quello del ritorno alle loro case in Palestina, non di “ebrei” che mai ci sono stati”, ma dei palestinesi che ne sono stati cacciati nel 1948 e dopo, viene visto come un “intento polemico” da parte di intellettuali, poco importa se ebrei o no, che si pongono questo obiettivo. Curioso poi l’accennoa alla “peculiare interpretazione” dell’ebraismo da parte degli ebrei contrari alla pulizia etnica della palestina, dove “peculiare” lascia pensare a “peregrina”. Ma non è così. È se mai l’opposto. E per giunta l’ebraismo tutto quanto, non importa in quale interpretazione, rischia moltissimo, legando il suo nome alla pulizia etnica della Palestina ed in genere all’incomprensibile ed inaudita pretesa sulla base di un fantomatico “diritto storico” che si possa far piazza pulita degli “indigeni” di Palestina alla stregua degli indiani d’America, il cui genocidio è stato ormai metabilizzato dalla nostra superore moralità occidentale. Consumato quel pasto, accompagnato da sporadiche lacrime di coccodrillo, si pensa di poter consumare un analogo pasto, ingerendo i corpi degli autoctoni palestinesi. A chi non si vuole unire a questo pasto giunge implacabile l’accusa di “antisemitismo”. Altra definzione contestuale nel si ricava dal testo esaminato. Io almeno non la trovo. Viene citato come “autorità accademica” il Charles Small del Yale Center di cui abbiamo detto sopra che chiuderà i battenti. Noto una singolarità che mi aveva già stupito in una critica appena accenata su un libello di una affiliazione italiana di questi centri per lo più americani della costa occidentale. Non si osserva l’oggetto in sé, ma la qualità soggettiva degli “osservati”. Si rileva la loro ostilità o anche lieve posizione critica verso Israele e scatta subito l’«accusa», spesso penalmente sanzionata, di «antisemitismo». È una retrocessione del metodo scientifico degno dell’Inquisizione. Curioso poi l’accenno all’«odio ontologico per l’ebreo», che ignora e la definizione di Spinoza, che attribuiva un siffatto odio interamente al giudaismo, e una definizione oggettiva dell’ebreo stesso: un appartenente ad una religione? In un mondo per giunta dove la religione non ha più l’importanza assoluta che aveva nei secoli passati. Un appartenente ad una “razza”? Ma se ormai tutti dicono che le razze non esistono e sono un mito? Possibile che l’unica “razza” esistente e ammessa sia ebraica? O è qualcos’altro ancora? Ma qui ci fermiamo. Curiosa poi la rivendicazione di una identità legata alla stato di Israele e quindi la connessa accusa di antisemitismo per quelli che pretenderebbero dagli ebrei la rinuncia a una siffatta identità. E quando mai? E chi sarebbero costoro? Come a dire che non riconoscere agli attuali americani il diritto di uccidere i pellerossa superstiti o lo stigmatizzare che lo abbiano già largamente fatto sia fare loro un torto, negando la loro identità. Questi vogliono una licenza piena ed incondizionata di uccidere il palestinese ed il non riconoscere questo diritto vale una patente di moderno “antisemita”. Veramente mostruoso e barbarico, sotto il profilo giuridico, etico, morale. Mah!

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3. Gli intenti “scientifici” di Carletto. – Rispetto ai presunti “antisemiti” i loro “cacciatori” hanno un grandissimo vantaggio: finanziamenti immensi ed un collegamento internazionale e trasversale che coglie alla sprovvista e totalmente indifese e prive di mezze le loro vittime designate. Un’affiliazione italiana, che di recente ha avuto 300.000 euro di finanziamento tolti dalle tasce degni ignari cittadini, chiamati ad ogni sacrificio, il CDEC, così riportava anni addietro a proposito del programma scientifico di Charles Small:
«Durante la conferenza del Forum globale per la lotta all’antisemitismo in corso a Gerusalemme, Charles Small, direttore della Yale Initiative on the Study of Anti-Semitism, ha annunciato la creazione della International Association for the Study of Anti-Semitism, con sede alla Yale University. Obiettivo della nuova associazione è mettere insieme studiosi di tutto il mondo per facilitare lo scambio di informazioni e promuovere la ricerca. Small ha dichiarato di sperare che l’associazione aiuterà “ad organizzare ed imbrigliare il sapere in materia’ specialmente “in questi tempi, in cui leader nazionali e movimenti sociali auspicano apertamente la distruzione di Israele e della sua gente nel modo più brutale, mentre altri leader e studiosi in altre parti del mondo non vogliono analizzare in profondità questa realtà in rapida evoluzione”. Possono diventare membri dell’associazione studiosi e professionisti del campo, istituti di ricerca, università e dipartimenti e associazioni con studiosi attivi nell'indagine dei campi di relativo interesse» (Fonte).
Se questa sarebbe “scienza”, non è senza condivisibile motivo che i docenti inglesi ebbero a decidere il boicottaggio delle università israeliane. Ma io aggiungerei anche il boicottaggio delle università americane, dove non considero una perdita non aver mai studiato o lavorato. Curiosa la totale mancanza di spirito critico, ovvero autocritico, nell’accenno alla preoccupazione da parte di “legislatori eminenti” (?!), ovvero in un presunto stare «al di sopra delle parti» (sic!), e perfino a future «lauree» su tanta scienza! Che tempi! E dire che vogliono chiudere internet in tutto il pianeta. Se così sarà, nessuno si potrà più sottrarre alle amorevoli cure di Carletto, così attento alla nostra formazione intellettuale, politica e morale. Et de hoc satis: non ci occupiamo più di Carletto, se i links che troviamo in rete solo ultronei e ripetivi. Per adesso abbiamo potuto farci un’idea del personale di cui l’Hasbara si serve per convincerci anche quando dormiamo, siamo disattenti e disarmati, di quanto siano fondate le ragioni di Israele e perversa la nostra pertinacia nel non vedere e riconoscere siffatte ragioni. Da notare che il link da cui abbiamo preso le mosse ricompare puntualmente nel centro gemello con sede in Milano ed il cui redattore è un nostro carissimo “amico”, che non vi perde mai di vista, come noi cerchiamo pure di non perdere lui di vista.

4. Carletto e Fiammetta: una bella coppia. – A saperla appena usare i motori di ricerca consentono miracoli, non immaginabile con i vecchi strumenti cartacei delle biblioteche tradizionale. Possiamo trovare così una piena corrispondenza di “amorosi sensi” ovvero di “affinità elettive”, dove un Charle Small di Yale lascia un commento del seguente tenore: «Wonderful news. Mazel tov on all of your efforts», in data 6 marzo 2009 sulla pagina ufficiale di Fiamma Nirenstein, che va tutta fiera per la decisione fatta assumere all’Italia (?!) nel suo ritiro da Durban II. Non si dimentichi che a Durban I era stata sancita da numerosi stati usciti dalla dominazione coloniale l’equiparazione fra razzismo e sionismo. Ad ogni nuova riunione di Durban il problema della definizione e della natura del sionismo si ripropone in termini immutati se non aggravati. Naturalmente, noi ci vergogniamo di questa posizione fatta assumere all’Italia e per quanto ci è lecito disconosciamo e sconfessiamo interamente. Un problema ulteriore che si pone a monte è quello della rappresentanza politica. Questi signori che siedono con immensi privilegi nei palazzi del potere ci rappresentano veramente? La Grecia ci insegna qualcosa sulla natura della rappresentanza politica? Ma tornando alla pagina ufficiale, con i suoi commenti pubblicati, vale forse la pena cogliere alcune perle. Ad esempio, un Alessio di Somma Lombardo, scrive che:
«Io personalmente ritengo che Israele sia una “nazione” [?!] che merita un rispetto enorme
[da parte di chi?],
perché la sua nascita
[quando e a spese di chi?]
ha rappresentato una riscossa
[contro chi?]
incredibile per un popolo
[te lo sei letto Shlomo Sand? In Israele giungono ancora oggi immigrati lusingati da offerte di posti di lavoro, case e ogni possibile vantaggio a spese degli autoctoni, cui viene negato il “diritto al ritorno” nelle case loro tolte, per darle ai nuovi immigrati],
che, altrimenti, sarebbe stato cancellato dalla faccia della terra.
[Cancellato da chi? Quando? E se così fosse, i palestinesi cosa c’entrano?].
Chi si permette di diffamare Israele non dovrebbe avere nemmeno il diritto di parola, quindi è già scandaloso che ci sia addirittura una conferenza…
[e qui abbandoniamo Alessio alla sua follia, che nel “rifiuto” ad altri della libertà di parola ci riporta nella ragione stessa del lavoro di Carletto e di tutti i ricchissimi centri che si danno da fare in tutti i modi per togliercerla questa libertà di parola, senza scrupoli di sorta nei mezzi utilizzabili. Se a Yale hanno deciso di chiudere il centro diretto da Carletto, forse la misura era giunta al colmo e oltre.]».
La pagina presenta altre amenità del genere, ma non ci soffermiamo oltre. Chi vuole, può leggere quel che si commenta da sè, come suol dire con una espressione che non è propria del nostro vocabolario, ma che è frequente nella sua insipienza.

5. La trasferta berlinese di Carletto. – Veramente, non cessa di stupirci il motore di ricerca per le informazioni che ci restituisce inserendo semplicemente il nome “Charles Small Yale” e cliccando su un pulsante. Giungiamo su un blog, con un post del 16 giugno 2008, con un articolo che mette in evidenza una campagna preparatoria di una nuova guerra contro l’Iran, come se non fossero bastate quelle contro l’Afghanistan e l’Iraq, sempre fomentate dalla stessa Lobby mai sazia di guerre. Si rinvia alla lettura dell’interessante post, anche se di tre anni fa. Isoliamo soltanto un brano che ci consente di meglio valutare la valentia scientifica del nostro Carletto:
Non c’è dubbio che quest’anno tocca a Teheran. La conferenza AIPAC è tutta dedicata alla «settimana dell’odio contro l’Iran», allo scopo di premere sulla politica per un attacco preventivo e, allo stesso tempo, preparare psicologicamente l’opinione pubblica occidentale a tale attacco, aizzandola contro il «pericolo iraniano». Lo si sa per certo, perché la campagna è già cominciata in Europa. Ai primi di maggio, a Berlino, s’è tenuta una conferenza di una nuova organizzazione, il Mideast Freedom Forum Berlin, con 400 partecipanti e parecchi giornalisti (che non ne hanno quasi parlato). La conferenza aveva per titolo: «Il regime iraniano, la sua guerra santa contro Israele e l’Occidente - Come reagisce la Germania». La reazione della Germania (e dell’Europa) ad un bombardamento preventivo e non provocato dell’Iran evidentemente preoccupa: certe parole d’ordine e certi allarmismi che sono da anni nel discorso politico a Washington («Bomb, bomb, bomb Iran»), qui non sono ben accolti. C’è il rischio che in Europa si evochino concetti come atrocità e crimini contro l’umanità, specie se l’attacco sarà con testate nucleari. Così, a Berlino, il neonato Forum (una emanazione della lobby) ha mirato a creare la nuova mentalità, martellando nelle teste tedesche i concetti-base della propaganda, e giocando sui complessi di colpa germanici. Così il professor Charles Small, di Yale, ha spiegato ai 400 convenuti che l’Islam radicale e il Nazismo hanno una comune ideologia, sono un tutt’uno; e l’uno è la continuazione dell’altro con un nuovo volto (Fonte).
Lungi da noi qualsiasi intenzione di infierire contro Carletto, al quale riconosciamo tutto il diritto alle sue pulsioni politiche. La questione ci interessa soltanto per valutare se si tratta di un’attività propria della “prestigiosa” università di Yale. Anche io qui che scrivo distinguo i miei diritti politici di cittadino, perfettamente uguali a quelle di tutti gli altri, dai miei specifici oneri universitari ed in ancora più in genere dalla mia deontologia scientifica e filosofica. L’appunto che mi sembra di poter muovere è che in nome della scienza si spacciano posizioni contro le quale la resistenza ed opposizione non solo è lecita, ma doverosa. Di simili scempiaggini volti ad accomunare nazismo e Islam non è il caso di parlare, più di quanto sia fondato parlare di nazismo e sionismo. Siamo nel pieno di una “guerra ideologica” dove a cadere per primo è il nostro fondamentale diritto alla libertà di pensiero e di espressione, nonché di critica e contraddittorio politico, esistendo il quale posizioni come quella del professor Charles Small ci paiono assai facili da demolire, purché appunto ci si lasci la libertà di parola e non ci si venga a sbattere in faccia la frustra accusa di “antisemitismo” ad ogni accenno di critica ad uno stato come quello di Israele che si può fondamente chiamare “criminale”, se appena si chiede conto ai vari Small della pulizia etnica del 1948 e della pretesa di cacciare la gente dalla sua casa e dal suo villaggio, privandola di ogni avere, della dignità, della identità, della vita.

6. Il dito puntato “degli” antisemiti o “sugli” antisemiti? – Anche qui troviamo una tipica inversione di prospettiva, che caratterizza in maniera maniacale la propaganda sionista attraverso i suoi “intellettuali organici”, come in questo Ruth Wisse, che insegna Yiddish e letteratura ebraica ad Harvard. Di recente si è sollevata contro l’annunciata chiusura di una strano Centro per lo studio dell’antisemitismo e degli strumenti per reprimerlo nell’università di Yale. Ne abbiamo parlato sopra ampiamente. Adesso ci occupiamo di Ruth Wisse, il cui nome ci era finora totalmente ignoto, coltivando noi ben diversi interessi. Dicevamo una curiosa inversione di prospettiva: immaginiamo cosa e come potremmo apparire noi ad una pianta o a un coccodrillo o a una pietra, se questi potessero parlare. Solo che Ruth Wisse non è nessuna di queste cose, ma forse pretende che lo siamo noi. Il post linkato non è recente, ma del 3 novembre 2010 ed eccetto il nostro non ha commenti. Viene riportata una posizione dell’Associazion Italia-Svizzera, che anche nella sua versione svizzera dimostra di essere un centro lobbistico. In breve, anche qui è presunta una totale legittimazione dello stato sorto sulla pulizia etnica della Palestina. Non riconoscere che oggi la comune coscienza morale non consente di ripetere con i palestinesi ciò che i coloni americani hanno fatto con i pellerossa, è giudicato una forma di “antisemitismo”, come se essere “semiti” e “filosemiti” significasse avere il diritto di ammazzare e cacciare i palestinesi, che in senso proprio sarebbero i veri “semiti”. Se le argomentazioni riportate di Ruth Wisse sono quanto di meglio sa offrire l’ideologia sionista, paiono quanto mai fragili le sue ragioni e i fondamenti di legittimità di Israele. Qui non c’entra nulla essere “filo” o “anti” semiti. Vi è tutta l’oggettività della cosa in sé: la pulizia etnica della Palestina e che possa essere considerato lecito il precedente per il quale uno ti entra in casa, ti caccia, ti ammazza e pretende pure di aver ragione e di essere applaudito. La nostra ricerca del concetto odierno di “antisemitismo” diventa sempre più vana e si riduce ad una “lettre de cachet” che le varie lobbies sono riuscire ad estorcere ai parlamenti nazionali, dove la rappresentanza politica da parte degli eletti diventa sempre più chimerica, quanto più diventano trasparenti i collegamenti trasversali e le influenze delle lobbies.

7. Il Mosè di Rossini e di nuovo la taccia di antisemitismo. – È bene registrare tutti i casi di cui si viene a conoscenza per poter documentare la strumentalità dell’accusa di “antisemitismo”, ormai così abusata e spuntata che mi chiedo chi ancora presterebbe ad essa attenzione se non avesse una valenza penale-repressiva. Questa volta l’occasione è l’interpretazione che un artista, un regista, ritiene di poter e voler dare dell’opera di Rossini. Vi è chi addirittura pensa di presentare un’interrogazione parlamentare dimenticando gli articoli della costituzione sulla libertà della scienza e dell’arte. La pretesa che si debba pensare ed opinare in un modo piuttosto che un altro dà la misura per un verso della illiberalità della nostra presunta democrazia e per l’altro della complicità in una oppressione genocidaria avvertita da artisti ed ignorata e coperta da politici di professione. In questa svolta di regime ci chiediamo se questi personaggi vanno rubricati nel vecchio che passa ed è da abbandonare o è il nuovo che avanza. Non ci resta che attendere per saperlo.

8. “Lo stretto legame fra sinagoghe e terrorismo sionista”: il ‘mondo rovesciato’ dell’Hasbara. – Non ho resistito alla tentazione di ribaltare un titolo che suonava “Lo stretto legame fra moschee e terrorismo islamico”. Quanto a Magdi Cristiano Allam ho perso ogni interesse a ciò che possa dire e che ormai non riserva per me alcuna sorpresa: prevedibile e scontato nella sua “islamofobia” e nel tentativo di convincere gli ignari che Israele è il Bene e l’Islam è il Male. Quanto alla sua italianità e cristianità acquisita è cosa per noi quanto mai pesante e difficile da accettare. Sarebbe tuttavia un errore ignorare o sottovalutare tutto il male che da questo genere di propaganda può venire a noi italiani di vecchia data, diciamo da almeno un millennio. Gli attacchi ostinati alla cultura e religione islamica, non quella abiurata da Magdi Cristiano Allam per abbracciare non sappiamo bene che genere di cristianesimo, si spiegano con la refrattarietà degli islamici alla propaganda sionista. Infatti, gli islamici sono le vittime dirette del progetto genocidiario del sionismo, insediatosi in Palestina sulla base del pregiudizio razzista che fosse una “terra vuota”, mentre noi italiani siamo le vittime indirette in quanto la nostra complicità è necessaria al progetto genocidario sionista. Gli slogans che con cadenze e metodiche da marketing vengono propagate ad ogni occasione tendono a produrre persuasione subliminale ed a formare “pregiudizi” presso tutte le persone criticamente sprovvedute. Questa dello “stretto legame” ci è parsa davvero di una grande spudoratezza. Mentre costituisce un titolo penale di reato l’accusa generica e inafferrabile di “antisemitismo”, sfugge a qualsiasi censura e riprovazione la diffamazione costante dell’Islam, che pure rappresenta oltre un miliardo di persone nel mondo. È di oggi 5 settembre 2011 la notizia dell’ennesimo moschea incendiata dai coloni sionisti a Ramallah. E poi hanno pure la faccia tosta di parlare di “terrorismo”.

9. Stanche e stantie riproposizioni. – Da tempo non ci occupiamo più del nostro Giorgino, dai suoi amici detto «eccelso sionista». Ed anche qui ci soffermiamo solo brevemente per smascherare un trucchetto ormai logoro. Parlare dell’«antisemitismo» dei tempi di Dreyfus non significa tracciare una linea di continuità con la realtà che oggi va sotto il nome di «stato ebraico di Israele», ovvero «entità sionista». Se si parte da un’analisi concettuale come quella tracciata da Jacob Rabkin un Lettore un poco informato e criticamente avvertito non dovrebbe faticare a distinguere fra la realtà della strati di popolazione di religione ebraica, alle prese dopo la rivoluzione francese fra l’assimilazione ed una loro specificità che comportava per sua natura un estraniamento dalle società nel cui seno pur volevano vivere. Quello che dal 1882 in poi si è avuto in terra di Palestina è un movimento di immigrazione coloniale e violenta, anche fraudolenta ed infine genocidaria. Per fare massa critica da opporre alle “inesistenti” ma maggioritarie popolazioni autoctone si sono rastrellati ed importati da ogni dove «ebrei» che di ebraico, in senso religioso, avevano poco o nulla. Giova ricordare che fin dal 1882 gli ebrei autentici, cioè i giudei religiosi, guardarono con ostilità e diffidenza i nuovi venuti. È da dire che questa ostilità è stata sempre ricambiata. Se oggi vi sono rabbini in Cisgiordania che benedicono gli omicidi degli autoctoni, si può dubitare che siano della stessa pasta religiosa degli ebrei-giudei di Neturei Karta. Li si possono considerare una escrescenza politica prodotta dallo stesso sionismo, ma niente a che fare con una esperienza e fenomenologia religiosa. Voler quindi sfruttare ancora una volta il cliché dell’«antisemitismo» a proposito dei recenti fatti di Francia, dove nell’ambito dell’istruzione si è appena avviato, assai timidamente, un processo di riflessione, significa voler passare ancora una volta all’incasso, che deve aver fruttato assai bene, se lo «lo stato ebraico di Israele» è al riparo da quella crisi che interessa gran parte degli altri paesi. Questi signori, in effetti, non possono vivere senza suscitare ad arte «odio» nei loro confronti, per poter a loro volta odiare anche più fortemente. È da chiedersi quanto sia ancora rimasto dell’ebraismo autentico, cioè caratterizzato da una pur discutibile fede religiosa, che diventa tuttavia qualcosa di assolutamente criminale, per essenza e non per accidente, se si trasforma in «sionismo». Gli ebrei, quelli veri, piuttosto pochi, che sono rimasti, lo hanno ben compreso. Paradossalmente, si può dire che per la distruzione dell’ebraismo il sionismo ha fatto molto di più di quanto il nazismo potesse concepire. Ma questa è una storia proibita e dovremo aspettare l’abbattimento di tanti altri muri perché sulla materia si possa condurre una libera e serena discussione.

(segue)

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