lunedì 20 giugno 2011

Studi: III. Sulla guerra diplomatica israeliana per impedire il riconoscimento dello Stato palestinese da parte dell’ONU.

Verso Gaza - Antikermesse - BDS

Gli eventi storici nel loro divenire possono fra loro legarsi in un rapporto di causalità diacronico, per il quale ad un evento ne succede un altro conseguenza del primo, oppure possono avere fra di essi una rapporto di interdipendenza o anche di semplice correlazioni in rapporto diacronico e contestuale. Posto che il processo di pulizia etnica del popolo palestinese, in atto non già dal 1948 ad oggi, ma in nuce fin dal primo insediamento in Palestina nel 1882, è oggi forse la più grave sfida alla nostra concezione della relazione fra i popoli, noi abbiamo individuato quattro eventi che ci siamo messi a studiare e seguire nel loro svolgimento in modo sincronico: a) La vicenda della Flotilla I, II ed eventi connessi; b) la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) contro lo Stato di Israele; c) La recente campagna italiana contro l’«Occupazione israeliana di Milano»; d) i movimenti diplomatici di cui già si apprende e si legge nei media e nella dichiarazioni di uomini politici e di governo, per favorire o impedire che in settembre l’Assemblea Generale degli Stati della Terra rappresentanti in una strana organizzazione, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che nasce nell’immediato dopoguerra come creatura delle Potenze vincitrici, sostituendo la precedente Società delle Nazioni, morta di morte naturale e di insipienza. La nuova Organizzazione non è mai stata esente da ambiguità e contraddizioni nel corso della sua storia, ma ha una sua indubbia legittimità nella misura in cui riesce a riunire tutti i popoli della terra, ognuno libero di esprimersi e manifestare la sua volontà, al riparo da ricatti e condizionamenti che costellano la vita delle giovani nazioni uscite dal colonialismo per ricadere spesso sotto un dominio non meno spietato. Cercheremo dunque di seguire un evento di cui già intravediamo i contorni e soprattutto cercheremo di non lasciarci sopraffare dalla mera cronaca e di riconoscere i principi, le idee che stanno dietro i fatti.

SOMMARIO: 1. Si scaldano i motori. – 2. Lo strasbismo sionista. – 3. Fondati sospetti di tradimento. – 4. Dove non sta la decenza? – 5. Settembre si avvicina. – 6. L’esistenza di due ONU. – 7. Licenza di genocidio: l’Israele che conosci e che ti aspetti. – 8. Il “Corriere di Sion” scende in campo. – 9. Pure a capotavola vuole sedersi! – 10. Giudaismo e sionismo: loro differenza illustrata in un video. – 11. “Chi se ne frega dell’ONU”: parole di Ben Gurion. – 12. Preparativi di nuove stragi. – 13. L’isolamento degli Usa. – 14. Lobbismo parlamentare. – 15. Il riconoscimento sotto condizione. – 16. Quale «mistificazione»? – 17. Ma quali «negoziati»? – 18. Il quadro della situazione alla vigilia dell’Assemblea ONU. – 19. L’ipocrisia di chi dice di voler scongiurare una nuova ripresa della violenza. –

1. Si scaldano i motori. – I termine della questione paiono già delinearsi. Gli “amici” di Israele devono adoperarsi per costringere la parte palestinese ad un riconoscimento essenziale per Israele e letale per i palestinesi: che Israele è lo “stato-nazione” degli ebrei, quando non è neppure chiaro cosa siano gli “ebrei”, avventurieri provenienti da ogni parte del mondo, accettando il miraggio di una sistemazione in Israele. Se a ciò potranno venire costretti i palestinesi, se accetteranno proprio adesso quello che non hanno mai accettato da un un secolo a questa parte, è cosa da vedere a breve ed è perfettamente inutile prevederlo. Pare però che sia questione a se stante il riconoscimento dello stato palestinese con confini che non sono meno indefiniti di quelli dello stesso Israele. Si tratta di vedere se un riconoscimento dello stato palestinese, disgiunto da un riconoscimento coatto dello stato “ebraico” da parte dei palestinesi, renderà più forte o meno forte la causa palestinese. Sembra di capire che Israele tema molto il riconoscimento da parte di altri stati dello stato palestinese. Ogni nuovo stato che riconosca la Palestina è una crescita nella delegittimazione di Israele, inguaribilmente fondato su una pulizia etnica ed un’appropriazione del territorio con mezzi violenti inammissibili con tutta il sistema dell’ideologia giuridica coniata dopo il 1945.

2. Lo strabismo sionista. – È davvero incredibile la capacità di distorsione della quale è capace l’ideologia sionista da parte di quanti ne sono affetti. Se fosse soltanto un problema di chi più o meno colpevolmente ha adottato questa visione del mondo, ce ne potremmo anche disinteressare. Ma costoro pretendono che anche noi vediamo con i loro stessi occhi. Pretendono da noi l’identificazione totale con una terra ed una storia che non è nostra. Ma pretendono che: «Israele siamo noi!». Nel caso della Palestina un bello spirito, che indirizza cartoline quotidiane a non si sa bene quali amici, se davvero – come dice lui stesso – tutto il mondo gli è nemico, pretende che «La ‘Palestina’ non è fatta, ma non sono fatti neanche i ‘palestinesi’». Le virgolette maliziose sono assolutamente originali. La parafrasi è quella nota della storia d’Italia, che per nostra disgrazia e come estremo dileggio dell’infausta Unificazione viene riproposta in Alto Loco in salsa addirittura sionista, imparentando quello che ci hanno raccontato sul nostro Risorgimento nazionale con il Sionismo e lo stato “criminale” denominato Israele ed edificato sulle spoglie della Palestina, il cui nome continueremo ora ad usare, per principio, in luogo di Israele. La Palestina esiste da 2000 anni! Da quando i Romani le diedero questo nome, che da allora è diventato universale ed usato in tutte le lingue, conservandone la radice. Esistono anche i palestinesi, ossia persone in carne ed ossa che di generazione in generazione hanno sempre ininterrottamente abitato la stessa terra. Che poi la Gran Bretagna abbia disfatto popoli e territori che avevano consolidato unità, per applicare la massima “divide et impera”, è cosa che torna a disdoro ed infamia di ciò che è stato il colonialismo. Ad essere artificiali e posticci sono i “coloni” che dal 1882 in poi, e soprattutto sotto le ali protettive di Gran Bretagna, Russia di Stalin e Usa, sono sbarcati in Palestina, tentando di disfarla e di fare pulizia etnica dei palestinesi, che malgrado tutto continuano a resistere e a darci lezioni di eroismo. Se la storia dell’Unificazione italiana potesse essere apparentata con la storia dell’eroismo palestinese anzichè con l’infamia del sionismo, altra sarebbe la musica e vi sarebbe di che essere fieri e onorati. Le implicazioni che si annunciano con un semplice riconoscimento come unità statuale delle terre occupate dai coloni israelo-sionisti sono tali da far perdere la tramontano agli amici degli amici. Non ci resta che sorridere di tanto strabismo ed osservare lo svolgersi degli eventi, rigettando le panzane nelle quali potremmo cadere se il nostro senso critico non restasse sempre vigile. Ed il giorno in cui la stragrande maggioranza dei cittadini italiani ed europei si sarà liberata dagli effetti narcotizzanti dei mezzi di informazione di Murdoch, grande sostenitore dei coloni israeliani, forse sarà crollato di un botto solo, senza spargimento di sangue, l’ultima tirannia coloniale.

Torna al Sommario.

3. Fondati sospetti di tradimento. – Da qui a settembre sarà come in un giallo televisivo, dove se ne vedono di tutti i colori. Una politica costante da parte dello stato coloniale e razzista di Israele è stato la corruzione e il ricatto dei suoi interlocutori. Non appare sensata da parte palestinese, o meglio di alcuni esponenti dell’OLP, la proposta di far slittare di un anno la richiesta di riconoscimento da parte dell’ONU in attesa di un “processo di pace” che non ha mai avuto senso logico e che è stato solo uno stratagemma per Israele nell’avanzamento del suo piano di pulizia etnica. Vi è da sospettare che le persone in questione siano al soldo di Israele o abbiano interessi diversi da quelli della causa palestinese. Anche un eventuale insuccesso in sede di Assemblea Onu non recherebbe nessun svantaggio e la stessa richiesta potrebbe essere ripetuta fra un anno, come appunto chiedono gli esponenti OLP di cui al link. In caso di accoglimento della richiesta la causa palestinese riuscirebbe rafforzata, non indebolita. Ma se qualcosa avverrà, non sarà per la volontà di Netanyahu, che è sempre stata cattiva, ma per un generale mutamento del quadro geopolitico in Medio Oriente e nel Nord Africa, o nella politica interna statunitense. Che Israele sia sempre sul piede di guerra e che non abbia nessuna remora al genocidio dei palestinesi è cosa di cui non si può ragionevolmente dubitare. La sua offerta e richiesta di pace equivale all’autogenocidio politico dei palestinesi, che avverrebbe in caso di rinuncia al diritto al ritorno dei profughi e all’equiparazione dei diritti all’interno dello Stato che si dice “ebraico” e che in quanto tale sarebbe non di “distruggere” ma da “smantellare” ad opera della comunità internazionale, ponendo rimedio alla grande ingiustizia commessa nel 1948 ai danni del popolo palestinese contro ogni principio di diritto naturale.

4. Dove non sta la decenza? – Se volessimo ripubblicare l’elenco dei 150 parlamentari bipartisan che hanno firmato un appello affinché l’Assemblea dell’ONU non faccia passare il riconoscimento dell’organizzazione palestinese come stato a tutti gli effetti probabilmente ci direbbero che abbiamo redato una nuova “lista nera”. Pertanto, si invita a leggere i nomi direttamente dal sito della signora Nirenstein, che per nostra somma felicità si fregia del titolo Onorevole e sarebbe perfino rappresentante di noi tutti italiani, che però ci ha ribattezzati tutti con una nuova identità nazionale: siamo tutti israeliani, se dobbiamo arguire una simile conclusione dal libro della signora uscito con titolo: “Israele siamo noi!”. Un testo esilarante, che potremmo anche commentare per divertimento dei nostri lettori, se non dovessimo aspettarci un deferimento alla DIGOS, come è successo al mite Maurizio Blondet, per una buffissima storia, che spero qualche volta ci vorrà raccontare lui stesso. Tornando ai magnifici 150 sarò certamente tra i firmatari del refendum per l’abolizione dell’attuale legge elettorale, che fa toccare con mano e sentire nello stomaco la natura non democratica, anzi anti-democratica di questo parlamento. Che Israele non abbia mai voluto nessuna “pace” in Palestina è cosa che non ha bisogno di dimostrazione e documentazione. Il disturbo nasce dalla maggiore difficoltà a procedere nella pulizia etnica una volta che l’Onu abbia riconosciuta la piena statualità di un territorio occupato. La propaganda dovrà fare nuove capriole per far passare i suoi incredibili messaggi. È già dato per scontato il veto degli Usa nel Consiglio di Sicurezza, ma è un veto che porrà nuovi interrogativi sulla natura democratica della massima rappresentanza internazionale degli Stati, nata come una consorteria delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale e poi trasformatasi per l’ingresso degli stati che sono usciti fuori dalla dominazione coloniale. In realtà, andrebbe abolito il Consiglio di Sicurezza e lasciata solo l’Assemblea come Tribuna morale e politica di tutti gli stati della terra. Inoltre, non è escluso qualche colpo di scena: fino a quando la Israel lobby riuscirà a fare del popolo americano lo zerbino dove riversare tutte le sue nefandezze che sono la vera distruzione e negazione del diritto internazionale. Non basta essere parlamentari per sapere di diritto internazionale. - Ne ero sicuro: lo stesso nome che leggo come probabile interrogante per una vicenda musicale, di cui è virgolettata la frase: «il fetore non solo dell'antisemitismo ma anche dell'antigiudaismo», ricorre nella lista dei 150, che non ricopiamo per non sentirci dire che abbiamo redatto una “lista nera”, dove tutto si tiene e chi danza da una parte, lo si ritrova anche dall’altra al suono della stessa musica, che fa “Israel lobby”, non meglio odorante. In fondo, si rivelano da soli e noi dobbiamo fare solo la fatica di trarre le conclusioni logiche e fattuali.

Links:
1. Articolo di Emma Mancini, in Megachip, dell’11 agosto 2011.

5. Settembre si avvicina. – È veramente assai penosa occuparsi di certi siti e di certi personaggi. Si ha come un senso di vergogna, di scarso rispetto per il proprio tempo, nel leggere testi che forse si dovrebbero solo ignorare e far finta che non esistano pur avendoli sbirciati. Una difficoltà ulteriore è quella di contenersi e non lasciarsi andare in commenti fuori decenza che offenderebbero più chi scrive che non chi ne potrebbe essere l’oggetto. Infinitamente ipocrita oltre che concettualmente inconsistente è l’argomentazione che uno Stato palestinese non si potrebbe fare o riconoscere perché non avrebbe un apparato burocratico, quasi che di questo debba farsi carico o darsi pensiero la potenza occupante. Un grande giurista ebbe a teorizzare che uno Stato prima di ogni altra cosa che lo possa materialmente contraddistinguere è espressione dell’unità politica di un popolo. Ed esiste quel popolo che una masnada di coloni ha sia tentato di distruggere, ed in buona parte riuscendoci, ma non del tutto, sia ha tentato di negare. Si ricordi il mito genocidario della terra vuota, disabitata, se non pochi bipedi che potevano percorrerla. Un simile mito è stato all’origine del genocidio degli amerindi del Nordamerica. Si è pensato di ripeterlo con i palestinesi ed in genere lo si tenta con tutto il mondo musulmano. Il boccone è però troppo grosso ed oggi l’opinione pubblica mondiale non può essere tenuto all’oscuro come ancora avveniva nel XIX secolo, quando i magnati della stampa erano gli stessi di oggi, i Murdoch di allora, gli stessi di oggi, solo che oggi possono avere qualche voce di contrasto. Non solo esiste il popolo palestinese, ma esiste anche la sua unità politica, che Abu Mazen pur succube dei sionisti avrebbe già infranto se non avesse trovato la resistenza di Hamas, non a caso bollato come “terrorista” in conseguenza di insigni meriti lobbistici di un Frattini. Di Abu Mazen si può leggere nella propaganda sionista che sarebbe ben disposto a fare “concessioni” (non di poco conto) ad Israele, se non fosse per il cattivo ed incorruttibile Hamas. Si tenta poi di tirare in ballo il solito mufti ed i suoi rapporti con il nazismo ed Hitler. Un argomento che non è difficile smontare sotto diversi punti di vista, ma basti qui dire che il nazismo finisce nel 1945 e la pulizia etnica della Palestina è del 1948, seguita – se non ricordiamo male – da una dichiarazione “unilaterale” dello Stato di Israele, su una Palestina arbitrariamente divisa e la cui divisione giustamente i palestinesi non accettarono mai: il giorno in cui lo faranno cesseranno di esistere come popolo, perderanno la loro unità politica e non saranno mai uno stato. Lo ha ben capito Hamas, lo capisce ancora meglio Israele, lo capisce anche Abu Mazen... La vera posta in gioco consiste nella differenza fra territori occupati di un residuo territoriale del mandato britannico di Palestina e l’occupazione di uno Stato pienamente riconosciuto dai due terzi delle unità statuali del Pianeta. Sarebbe come se Francia e Inghilterra che hanno mosso all’attacco della Libia, estromettendo l’Italia dall’uso delle risorse libiche, si spingessero poi a bombardare ed occupare anche l’Italia, occupandone il territorio. Il resto del mondo dovrebbe o starsene a guardare timoroso davanti a banditi prepotenti e pericolosi o dovrebbe assumere quelle posizioni che sono possibili senza ricorrere ad una guerra. Questa è la vera posta in gioco e tutto il resto sono chiacchiere che al massimo possono ingannare i disinformati o disattenti e possono solo contare sull’appoggio di “complici” di un misfatto ovvero di qualcosa visibilmente contrario a tutti i principi sbandierati di diritto internazionale, diritti umani, pacifica convivenza fra i popoli e i loro stati.

6. L’esistenza di due ONU. – Qualche anno fa ricordo come venisse brandita da parte USA la minaccia di abolire l’ONU ovvero di contrapporle una “Lega delle democrazie”, uscendo dall’ONU, che peraltro tiene finanziaramente sotto ricatto economico non pagando i dovuti contribuiti all’Organizzazione. Se il mondo – oggi più di ieri – non fosse governato dalla forza più brutale, dall’inganno e dall’ipocrisia che si ammanta di diritto, anche che pretende di creare essa il Diritto e la Giustizia, se su un piano geopolitico ci si potesse comportare con le stesse reazioni emotive dei singoli individui, basterebbe che le nazioni uscite da secoli di oppressioni e angherie di ogni genere, il cui numero rappresenta oggi la grande maggioranza di quelle entità giuridico-politiche dette Stati, il cui attributo principale dovrebbe essere la sovranità ed indipendenza, ebbene, se così fosse, basterebbe rispondere al duo US-Israel: “bene, accomodatevi!”. Creeremo noi una nuova assise dei popoli senza gli Stati Uniti ed Israele che in oltre sessant’anni hanno distrutto ogni criterio di diritto internazionale, di pacifica convivenza, di giustizia fra i popoli, di lotta alla povertà ed alla malattie, che hanno spinto la produzione di ordigni di morte fino a rendere incerta non già l’esistenza di quel singolo popolo o quell’altro ancora, ma la stessa esistenza del pianeta terra. Noi Resto del Mondo, con oltre 6 miliardi di abitanti ci estraniamo dalle poche centinaia di milioni di persone che vivono sotto il più tirannico e bugiardo dei governi che la storia dell’umanità ricordi. Le Grandi Decisioni sono quelle che cambiano la storia ed imprimono una nuova all’Umanità. È possibile ciò? È mera Utopia? Probabilmente si, ma ciò che si prepara per settembre, dietro l’agenda del riconoscimento della Palestina come stato a tutti gli effetti, fa uscire allo scoperto questa Utopia e quel mondo “radicalmente cattivo” con il quale l’ebreo Norman G. Finkelstein dice non essere possibile nessun “compromesso”: quel mondo “radicalmente” deve essere “radicalmente” respinto, ma non già con una impossibile forza militare soverchiante, ma con una volontà morale unità di tutto il Mondo davvero Libero. In questo contesto di formazione della volontà morale diventa quanto mai cruciale la lotta per il controllo delle coscienze e delle teste, della capacità dei singoli di avere un proprio giudizio, una propria autonomia critica. Il “mondo tossico di Murdoch”, fatto di media e controllo planetario dell’informazione e della formazione, è di fatto più pericoloso e nocivo degli arsenali atomici custoditi nei silos, fatti per non essere mai usati, pena la distruzione globale del pianeta terra ed il ritorno a forme di vita pre-umane.

7. Licenza di genocidio: l’Israele che conosci e che ti aspetti. – Quello che ci aspettavamo, succede puntualmente in questa giornate ferragostane. Per quanto riguardo attentati e rappresaglie di oggi 18 agosto il parere degli esperti è che si tratti di un false-flag, destinato per un verso ad ostacolare l’Assemblea Onu del 20 settembre e per l’altro a dare una svolta “patriottica” alle proteste interne in Israele. La condotta della nostra stampa è disgustosa come sempre. Forse è il caso di non prestare più ad essa la minima attenzione e di cercare fonti alternative di informazione, o meglio di basarsi solo su di esse e di considerare i canali ufficiali come mera propaganda e copertura di regime, del più bieco regime.

8. Il “Corriere di Sion” scende in campo. – Ci si aspetterebbe senso dell’equilibrio e della decenza dal primo quotidiano italiano, che stampa cioè il maggior numero di copie ed ha il maggior impatto economico. Risibile l’articolo di Pierluigi Battista, il cui sionismo militante esce sempre più allo scoperto. Nessuno o pochi vi presterebbero attenzione se appunto non uscisse sul “Corriere di Sion”. Gli argomenti che vi si leggono non hanno sufficiente dignità per essere discussi. Ci basta qui aver preso nota di questo intervento che squalifica ancor più di quanto noi il giornalismo italiano. Ormai chi vuole informarsi su certi temi non sono non deve leggere i giornali, ma deve anche evitarli, nel senso che di ogni cosa che vi si legge si deve supporre che sia il contrario di come te la raccontano. Bisognerà poi avere il tempo e la pazienza di andarsi a trovare fonti alternative.

9. Pure a capotavola vuole sedersi! – Se si va a guardare la rassegna cristiano sionista “Notizie su Israele” che esce in parallelo con altra rassegna sfrenatamente sionista (“perinde ac cadaver”) di cui riprende spesso gli stessi articolo cade alla nostra attenzione una posizione che rende ancora più evidente le posizioni ideologiche che in questa torrida estate appaiono più chiare e che si ripresenta più volte. Per chi ha presente tutto l’arco storico dell’insediamento coloniale dello stato che oggi si chiama Israele e che nel 1948 non esitò ad autoproclamarsi tale, forte del sostegno delle maggiori potenze del tempo, ma non di un maggior diritto, non riesce per nulla estraneo come una simile presenza sia del tutto estranea ed innaturale nell’area geopolitica del Vicino Oriente. Questa estraneità ha avuto modo di manifestarsi in modo del tutto naturale, quando organizzandosi l’ONU in gruppi di lavoro regionali, gli stati asiatici dell’area non ne hanno voluto sapere di riconoscere nel loro seno lo stato d’Israele, o come dicono «l’entità sionista». Ma vi sono non pochi bei spiriti, di forte tempra sionista, che non solo rivendicano il pieno diritto di Israele a far parte di un consesso che lo rifiuta, ma di esserne pure a capo. Non vi è limite alla prepotenza, che come avevamo previsto si presenta con la faccia classica dell’omicidio e della strage, via via che si avvicina la data del 20 settembre, quando la Palestina sia pure occupata chiederà a tutti i popoli del mondo, più o meno validamente rappresentati all’ONU, di essere ammessa a tutti gli effetti nel concerto delle nazioni e dei popoli. Le analisi sulle possibili implicazioni e conseguenze di questo fatto sono numerose, a volte alquanto lambiccate, ma basta un dato elementare: La Palestina esiste; è stato illegittimante spartita e occupata nel 1947; chiede giustizia ad un mondo che si richiama appunto ai valori della Giustizia e della Pace e rifiuta la violenza e la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: a parole però, solo a parole. La realtà che osserviamo davanti ai nostri occhi è assai diversa e lo stato che meglio rappresenta l’Ingiustizia di questo mondo è proprio lo stato di Israele.

10. Giudaismo e sionismo: loro differenza illustrata in un video. – La problematica fondamentale ci è nota dal libro di Jacob Rabkin, da noi letto due o tre volte e sempre istruttivo. In questo libro si chiarisce bene come vi sia contrapposizione fra giudaismo e sionismo. Il video che segue rende ancora più chiare e documentate queste tesi. In aggiunta a mie precedenti letture devo qui aggiungere una nuova cognizione. Se si va a vedere, si trova come già dal 1882 gli ebrei già residenti in Palestina, e dunque autoctoni insieme con i palestinesi vivessero in pace ed armonia con gli arabi. Mi era già noto come questi ebrei autoctoni della Palestina, poche migliaia, abbiano sempre osteggiato gli immigranti sionisti: li vedevano assolutamente estranei alla loro sensibilità religiosa. Ciò che non mi era noto fino all’altro ieri era il reciproco: i sionisti hanno sempre osteggiato e combattuto questi ebrei, o meglio giudei religiosi e praticanti, che erano un ostacolo ai loro piani di conquista coloniale e di pulizia etnica e genocidio. Purtroppo, è da riconoscere che la stragrande maggioranza delle comunità ebraiche dislocate nei vari paesi si riconoscono nel sionismo e fungono da Israel lobby negli stati in cui si trovano. Il video che segue è una preziosa documentazione di quanto abbiamo già osservato in parecchi luoghi.

Ne emerge anche l’unica, corretta, possibile soluzione della questione palestinese: l’esistenza di uno Stato unico di Palestina, dove gli ebrei, quelli veri e non fittizi, in pratica «ladri» di terre e case altrui, quando non anche «assassini», possano tutti vivere in pace, acquietati in un poderoso programma di riconciliazione nazionale, non a parole, ma con concreti atti di riparazione, restituendo e risarcendo ai palestinesi il maltolto: la Diaspora continuerà a mandare soldi per pagare le vittime? O che, loro i soldi li chiedono soltanto, a noi poveri tartassati europei, che glieli diamo, sottraendoli ai nostri figli, o li danno anche a quelli cui hanno fatto tanto male? Il rabbino che si può ascoltare nel video ha le idee molto chiare: uno stato di Israele non è legittimo. Il solo stato legittimo è quello dei Palestinesi, dove gli ebrei possano vivere come nel 1882. Gli altri non sono “ebrei”, ma solo “coloni”, cui non spettano diritti.

11. “Chi se ne frega dell’ONU”: parole di Ben Gurion. – Ogni tanto talune ammissioni di parte sono illuminanti e dirimenti. Via via che avanza la seduta dell’Assemblea dell’Onu dove si dovrebbe decidere sul riconoscimento statuale dell’Organizzazione palestinese si fanno più chiari taluni punti nodali dell’ideologia e della prassi sionista. A tutt’oggi, quando ci si imbatte in diatribe polemiche, il maggior titolo di legittimità che i sionisti riescono ad esibire per l’esistenza dello “Stato ebraico” è proprio un presunto riconoscimento dell’ONU in seguito a proclamazione unilaterale di Israele, come si chiamo l’entità coloniale, razzista e genocidaria, in incubazione fin dal 1882. Ma appunto in fondo i sionisti dell’Onu non se ne sono mai “fregati”, se no per ragioni puramente strumentali e contingenti. Si possono forse già capire taluni giochi nascosti. I propagandisti sionisti continuano ad insistere sulla mancata armonia in casa palestinese. Interesse curioso e quanto mai peloso. In realtà, quello che si può arguire è che di fronte ad una ricattabilità di Abu Mazen, cui si potrebbe concedere il riconoscimento a condizioni dettate dalla stessa Israele (appunto: riconoscimento dello stato ebraico, rinuncia al diritto al ritorno dei profughi, etc.), si opporrebbe fermamente Hamas, che è il legittimo e concreto rappresentante degli interessi palestinesi. Abu Mazen è sempre stato solo un fantoccio e la politica sionista in Medio Oriente è stata ed è sempre quella di produrre regimi fantocci, contrari agli interessi delle popolazioni arabe. È una politica che ha una lunghissima tradizione e risale al disfacimento dell’Impero ottomano, sotto la cui autorità gli arabi oggi sarebbero vissuti assai meglio se non si fossero lasciati irretire dalle lusinghe britanniche.

12. Preparativi di nuove stragi. – Dall’articolo del “Foglio”, che da sempre esprime posizioni sioniste e che per questo può essere considerata una “fonte” di notizie più o meno dirette, rivela l’ennesima manovra da parte israeliana. Al previsto riconoscimento dell’Autorità palestinese si annette il significato di una nuova ondata di violenze che verrebbe indotta nei palestinesi delle zone occupate proprio dal riconoscimento Onu, che resta un fatto assolutamente formale. Si tratta in realtà di un nuovo espediente propagandistico, accompagnato tuttavia da nuovi giri di vite repressivi da parte dello stato sionista di Israele, che con l’occasione distribuisce armi e lacrimogeni ai suoi “coloni”, uno stato che in non pochi considerano “criminale” non per accidente, ma per essenza, e dunque irriformabile. In effetti, Israele può aver un fondato timore non per una impossibile prova di forza, stante la disparità assoluta sul piano militare fra occupanti e occupati, ma per la maggiore visibilità che i palestinesi sotto pulizia etnica da oltre un secolo verrebbero ad avere in una comunità internazionale che almeno sul piano dei principi non può accettare nel XXI secolo una sorte come quella inflitta ai Pellerossa nel XIX secolo. Un altro dei canovacci della propaganda israeliana si basa appunto sul “diritto” di poter fare ai palestinesi proprio ciò che è stato fatto ai Pellerossa in particolare ed ai popoli colonizzati in generale. È una pretesa quanto mai surreale ma la si riscontra costantemente nell’analisi della propaganda israeliana: ma perché guardate quel che faccio, mentre tanti altri farebbero la stessa cosa, restando impuniti. Quindi si invoca un eguale diritto all’impunità. Per chi analizza simili argomentazioni occorre compiere uno sforzo di oggettivazione scientifica per superare una pericolosa indignazione che farebbe scattare un altro strumento già pronto e collaudato da parte della stessa propaganda: l’accusa di antisemitismo. Sempre l’analisi accompagnata dallo studio consente di rilevare non solo la netta distinzione ma il rapporto di opposizione fra giudaismo e sionismo, anche se il movimento sionista è riuscito nel corso di un secolo ad egemonizzare gran parte delle comunità ebraiche dislocate nei vari paesi. Sono purtroppo pochi gli ebrei che comprendono e denunciano come questa equiparazione fra sionismo ed ebraismo sia particolarmente deleterio per il giudaismo in quanto espressione religiosa di quelli che noi comunemente chiamiamo “ebrei”.

13. L’isolamento degli Usa. – Mentre il parere degli esperti si va facendo sempre più articolato circa l’effettiva convenienza da parte di Abu Mazen nell’ottenere il riconoscimento pieno come Stato, si va anche evidenziando ciò che gli Usa ci rimetterebbe a opporre il loro veto contro l’Assemblea della Nazioni Unite: l’isolamento per un verso e per l’altro la sua dipendenza da una Lobby che stando ai due politogi Mearheimer e Walt si contrappone agli effettivi interessi della stragrande maggioranza del popolo statunitense.

14. Lobbismo parlamentare. – È già stato osservato ed è cosa di evidenza palmare come la Signora Fiammetta non interpreti il suo infausto ruolo parlamentare se non come un darsi da fare senza ritegno e senza misura per promuovere gli interessi del sionismo, che un filosofo italiano, da poco scomparso, ha definito una dottrina criminale per essenza, e non per mero accidente. Quindi per questo irriformabile. Se si dovrà mai ripetere un giorno gli scenari che hanno accompagnato la sconfitta militare del nazismo, questi personaggi non dovrebbero avere una sorte diversa. I loro nomi sono pubblici e sono loro stessi ad ostentarli, pensando di esibire titoli di gloria. Naturalmente, i giudizi – a dio piacendo – possono essere opposti. Di certo, non abbiamo la sfera di cristallo e non sappiamo come questo mondo andrà a finire. Noi siamo certi del nostro giudizio morale, della ferma condanna, della refrattarietà al sistema mediatico dell’inganno. Per capire, la cosa migliore è seguire gli eventi passo passo.

15. Il riconoscimento sotto condizione. – Sto seguendo gli scenari che si vanno delineando via via che si avvicina la data della seduta dell’Assemblea ONU che dovrebbe decidere sulla richiesta palestinese di riconoscimento come entità statuale. Viene pronosticata una maggioranza dei due terzi favorevoli all’accoglimento della richiesta. Ma di almeno due leggo che un simile riconoscimento avverrebbe sotto condizione. In pratica, il nuovo stato palestinese verrebbe riconosciuto a condizione che accetti ciò che Israele ha sempre preteso, ma che non è stato mai concesso dalla parte palestinese in sofferenza, fin da quando nel 1882 è stata dato il primo inizio al progetto sionista, razzista e genocidario. Non è chiaro se dal computo dei due terzi favorevoli si è tenuto conto anche di quegli stati che porrebbero una simile condizione, mai chiesta fin dalla sua fondazione allo stato di Israele, che ha deriso e offeso in tutti i modi la massima assise mondiale dei popoli. I due stati di cui per ora ho notizia sono la Spagna e Panamà.

16. Quale «mistificazione»? – Per leggere i cosiddetti “analisti” sionisti  occorre uno stomaco forte e nervi saldi. Non vogliamo indulgere in un’analisi di testi e di personaggi verso i quali il criterio più salutare è la distanza. Tuttavia, non li si può ignorare del tutto perché è loro costume tramare e sparare alle spalle. Non tutto mi è noto o mi riesce chiaro in uno sguardo su questo universo, che non apparire granitico. È curioso come sionisti già di per sé sfegatati che più non si può vengano a loro volta per così dire criticati e bacchettati sempre da sionisti, ma più stupidi e faziosi ancora. Non è facile capire se è un gioco delle parti. I commenti sempre più fetidi con il passare del tempo, di anno in anno, restano sempre anonimi. Non si sa se attribuirli al direttore di una strana testata, ai redattori, o a qualche agente residente in Israele negli uffici della Hasbara. Insomma, sono davvero stupidi oltre che faziosi e viscerali. E non sappiamo quanto dobbiamo considerarli rappresentativi di ciò che è il sionismo. Sul quale il discorso è presto fatto. Ci rifacciamo ad una citazione che apre il libro di Ghada Karmi, da noi spesso citato. L’immagine della sposa bella, ma sposata ad un altro uomo. Era ciò che telegrafarono al rabbino di Vienna gli inviati in Palestina per dare un giudizio sulla fattibilità del progetto sionista, che fin dal suo esordio aveva chiaro in mento il genocidio e la pulizia etnica della popolazione autoctona. Fu solo per immenso di un lobbismo capillare e feroce se da allora fino ad oggi il progetto è andato avanti fino a mettere in pericolo la pace del mondo. Uno dei ritornelli della propaganda sionista e dei suoi agenti, anche quelli più sofisticati, non certo quelli grevi e fetidi che curano le rassegne stampa in lingua italiana, è il “diritto all’esistenza di Israele” che ha il suo rovescio della medaglia nell’obbligo a scomparire, morire, della popolazione autoctona. Una simile pretesa è agli antipodi di qualsiasi civiltà giuridica mai esistita in tutto il corso della storia umana. Nei prossimi giorni questa farsa avrà la sua ripetizione in un ricettacolo, insalubre e pericoloso da frequentare, dove verranno chiamati in forza i maggiori lobbisti, per recitare intra moenia che «Questa terra è la mia terra», ossia quella che hanno tolto ed usurpata ai legittimi abitanti autoctoni. La pretesa è basata su un’assai dubbia e discutibile ricostruzione storica dell’Istituto del Mandato, già viziato nel suo presupposto razzista e coloniale, ma financo disatteso nei suoi stessi contenuti, posti a salvaguardia degli interessi delle popolazione residenti ed autoctone, non certo a tutela di coloni invasori ed espropriatori. Tutta la storia dalla Dichiarazione Balfour è narrata ad uso tutto interno, autoreferenziale e autopersuasivo. La forza della narrazione è tutta – abbiamo detto – nella capacità lobbistica e nel sostanziale controllo totale e capillare dei mezzi di comunicazione, anche se nel gioco delle parti basta una briciola di buon senso, negli stessi agit-prop sionisti, per scatenare la furia degli oltranzisti più ottusi. All’esterno di questa anima lobbistica vanno collocati due fattori: il primo presente soprattutto negli Usa, ma con qualche cellula in Italia, costituito dal “cristiano sionismo” o “sionismo cristiano”, che in realtà di “cristiano” non ha assolutamente nulla. Costoro usano il nome di Cristo per giustificare ed avallare il genocidio e la pulizia etnica delle popolazione autoctone, la cui “esistenza” si tenta di negare in ogni modo, in base al principio della “terra vuota”, poco contando qualche bipede che casualmente ne calpesti il suolo. Un simile razzismo è già stato praticato per gli indiani d’America, il cui modello piuttosto anacronistico si è pensato di poterlo applicare anche in Palestina, con il consenso e la complicità delle “nazioni civili” che si riunivano in congresso a Berlino nel XIX secolo, per decidere fra di loro i criteri da applicare alle nazioni “non civili”. Era il colonialismo vecchia maniera, sostituito oggi da quello dei Chicago boys. In sostanza, nella loro ottusa superstizione, dicono i presunti “cristiani”: ritornando gli Ebrei in Palestina, si realizzerà la profezia del seconda venuta del Cristo, ecc. ecc. Tanta ottusità all’inizio del terzo millennio è difficile da concepire. Vi è un secondo fattore esterno, questo tipicamente europeo e connesso alle vicende della seconda guerra mondiale, la cui rivisitazione e indagine storica è penalmente sanzionata. In pratica, si è costruito non solo per le generazioni passate, ma anche per quelle a venire un complesso di colpa, sul quale gli “eredi delle vittime” campano di rendita ed avanzano la pretesa di scaricare su terzi innocenti, i palestinesi, appunto, le insondabili “sofferenze” subite dai loro presunti avi. Ci siamo diffusi troppo, per non narrare nuovamente in un nuovo post concetti meglio illustrati e sviluppati altrove. Qui concludiamo rilevando forse un dato che altri analisti, pur veramente acuti e rispettabili, hanno forse perso di vista: se il mondo intero, rappresentato da due terzi degli stati presenti nell’Assemblea Onu, riconosce l’esistenza – poco importa quanto statuale secondo i criteri del diritto positivo (popolazione, territorio, apparato) – del popolo palestinese, viene a cadere definitamente il presupposto fondamentale dell’ideologia sionista: la non esistenza dell’autoctono, la terra vuota, il principio razzista e genocidario del “popolo senza terra per una terra senza popolo”. Sarà il disvelamento di una ipocrisia che è durata troppo tempo: la cosiddetta “comunità internazionale” dovrà chiedersi e decidere se vuole fondarsi sui principi del diritto o se vuole dare libero e definitivo corso alla legge del più forte, che è però in questo caso il regno dell’arbitrio, della sopraffazione, della violenza, del genocidio.

17Ma quali «negoziati»? – Andando al link del titolo si accede all’intervista di un ministro israeliano, tal Dan Meridor, che è certamente un «ministro», cioè un “pezzo grosso”, ma che per noi è soltanto un tale, di cui per la prima volta sentiamo il nome. Non ci interessa la persona, ma solo l’argomento che adduce e che è quello che sentiamo sempre ripetere dalla propaganda israeliana e dai suoi agenti, anche in Italia. Si dice che la via per il riconoscimento di uno stato palestinese è quella del «negoziato», che per poter essere tale deve incominciare con una rinuncia essenziale per i palestinesi: il «diritto al ritorno». Cosa altro resti da negoziare oltre al prezzo del tradimento per i negoziatori di parte palestinese, ed Abu Mazen è certamente un “traditore”, è arduo da capire, o meglio è facilissimo da comprendere, ma impossibile da formalizzare. Peraltro uno dei due partner non ha certo atteso la via del “negoziato” da quando ha incominciato a fare la «pulizia etnica della Palestina» non come si crede dal 1948, ma in nuce fin dal 1882, quando i primi biluim, i primi coloni sionisti, si insediavano in Palestina avendo in testa questa ideologia costitutiva ed essenziale del sionismo. Spiace vedere come recentemente l’ambasciatore Sergio Romano, pur costantemente attaccato come “antisionista”, non abbia visto questo vizio originario. In realtà, il riconoscimento da parte di due terzi del mondo di uno stato palestinese avrebbe forse il risultato di chiamare le cose con il loro nome: lo stato sionista ha sempre condotto un processo di esproprio e di genocidio in Palestina. Gli stati non possono far finta di non vedere e di non capire. E comunque Israele non ha mai interesse ha nessun negoziato di nessun genere. Ha sfruttato il succedersi del tempo nel costante perseguimento del suo obiettivo, cioè la completa pulizia etnica della Palestina. Lo ha sempre fatto con la complicità delle maggiori potenze. La connivenza e l’omertà non sono più possibili. Altro che ripresa dei «negoziati»! Tutto ciò è davvero penoso, ma è il contenuto della politica estera degli stati.

18. Il quadro della situazione alla vigilia dell’Assemblea ONU. – L’articolo di Mediarabs offre la migliore analisi della situazione in questo momento. Niente a che fare con la stampa embedded che serve soltanto a capire i desideri dei padroni e committenti di riferimento. Per non aggiungere osservazioni ultronee al testo ci limitiamo a considerare il ruolo di un’Organizzazione delle Nazioni Unite, nate come club dei vincitori della seconda guerra mondiale, allo stesso modo in cui la Società delle Nazioni nacque dagli esiti della prima guerra mondiale. La natura servente la si nota nel fatto eclatante che l’Assemblea degli Stati sovrani e riconosciuti della Terra non può decidere se ammettere o non ammettere nel suo seno un nuovo stato, ma ciò debba dipendere dal Consiglio di Sicurezza, in pratica composto dai cinque membri vincitori dell’ultimo conflitto mondiale. Sembra questa Organizzazione è all’origine del pasticcio che oggi le ritorna sul tavolo: nel 1948 decise la spartizione di un paese e di un popolo, la Palestina e i palestinesi, creando lo Stato di Israele, che da sempre irride alla stessa Organizzazione, forte della protezione del suo “padrino”. Forse, il problema non è la Palestina, ma l’ONU stessa, la sua natura, il suo ruolo, il suo diritto, la sua funzione.

19. L’ipocrisia di chi dice di voler scongiurare una nuova ripresa della violenza. – Una delle affermazioni che si trovano in quasi tutti i media è che si debba tornare a negoziati che in venti e più anni sono stati del tutto improduttivi perché altrimenti nei territori occupati vi sarà una ripresa della violenza. Ma a riflettere bene questa violenza non è mai cessata ed è stata meglio continuata in sordina durante i venti anni di negoziazioni che si sapeva erano una finta e non avrebbero approdato a nulla. Servivano soltanto a far avanzare il processo di pulizia etnica, il fatto compiuto, fra una chiacchiera e l’altra, con la complicità del negoziatore americano e soci. Se mai, da uno sblocco di una situazione ambigua e truffaldina, si potrebbe sperare nella cessazione di una violenza che inizia addirittura dal 1882, quando i primi sionisti sbarcano in Palestina, avendo ben chiara in mente la pulizia etnica dei palestinesi ed il loro genocidio. Come ciò sia potuto avvenire con la complicità delle maggiori potenze di ieri e di oggi è cosa che pone interrogativi sulla natura di una peculiarissima Lobby che dice di non esistere ed ama agire nell’ombra senza scrupoli di sorta. È sotto gli occhi di tutti come il più potente uomo della terra, il colorato Obama, sia ostaggio di una Lobby. Mai come oggi il Mondo è stato nella condizione di vedere le cose per quelle che sono. Ciò comporta ulteriori interrogativi sulla natura della nostra presunta “democrazia” e sulle istituzioni o i gruppi che dietro le quinte contano per davvero, facendosi beffa di quelli che credono ai miti democraticistici ed all’analfabetismo elettorale, fatto di segni di croce.

Nessun commento: